Adiecta (1905)/I/XXXVI

Elegia

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ELEGIA


     — Amici, addio! Col vostro amaro
col fraterno dolor non contristate
3questo ch’io vi consacro estremo canto!

     Al tragico destin m’abbandonate
serenamente! Siate forti e grandi!
6Nessun per me deve morir. Giurate!

     O chiaro sol, che su la terra spandi
il calor della vita e con i santi
9raggi le fiamme dell’amor ci mandi,

     o chiaro sol, che i tuoi sublimi incanti
agli occhi de’ mortali hai conceduto,
12che dai polline ai fior, baci agli amanti,

     che nel profondo ciel fermo hai veduto
i secoli passar come giornate,
15o sole, o dolce sole, io ti saluto!

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     Ah, moglie, ah, figli miei, non lacrimate!
Forse, chi sa? ci rivedremo ancora.
18È più clemente Iddio che non pensiate!

     Un bacio, figli, un altro bacio! Ed ora
mi stringa il birro le catene ai polsi
21e de’ rei mi trascini alla dimora! —

     Così parlai nel punto in che mi sciolsi
dai replicati amplessi e d’esser forte
24più che Regolo istesso in me risolsi.

     Fieramente portai le mie ritorte,
superbamente al cielo alzai la fronte,
27regalmente sorrisi alle mie scorte.

     La turrita prigion s’ergea sul monte
squallida e cupa ed allorché v’entrai
30udii levarsi cigolando il ponte.

     Nel fondo della torre ivi calai
e solo, stanco, pesto e scorticato,
33sul fracido terren mi coricai,

     ma non avevo ancor ripreso il fiato
che mi si fece adosso un aguzzino
36con un nerbo di bue ben lavorato.

     Costui per forza mi cacciò supino
e con quel nerbo me ne diede tante
39che qui, guardate! sono ancor turchino.

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     Poi sulla carne rotta e palpitante
mise per condimento aceto e sale,
42il manigoldo! e mi dicea: — Birbante,

     Sei dunque tu che osasti in un giornale
empio, scomunicato, e maledetto,
45un Vescovo trattar come un mortale?

     Sei tu, bestemmiator, che in un sonetto
offendesti la sua Magnificenza
48e parlasti di Lui senza rispetto?

     Disinteresse, carità, prudenza,
a farti condannar l’han consigliato:
51or degli scherzi tuoi fa penitenza.

     Starai qui fra le biscie incatenato,
in questa buca sozza e nauseante,
54nudo, sempre allo scuro e bastonato.

     Avrai per cibo scarso e rinfrescante
la simbolica fava, il durò cece
57e il fagiolo canoro e petulante.

     Qui legger libri non potrai, ma invece
mai non ti mancherà la Santa Messa.
60Accidenti ai sonetti e a chi li fece!

     Non c’è pietà per chi non si confessa
e se non chiedi a Monsignor perdono,
63la colpa mai non ti sarà rimessa! —

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     Disse ed uscì. Di quella voce al suono
io mi tenni perduto e disperai
66e in un’ora di strazio e d’abbandono

     piansi, come vedete, e m’impiccai.