Acarnesi (Aristofane-Romagnoli)/Episodio secondo

Episodio II

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Aristofane - Gli Acarnesi (425 a.C.)
Traduzione dal greco di Ettore Romagnoli (1924)
Episodio II
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Entra un Beota accompagnato da un servo: portano una soma di salvastrella e molti uccelletti. Li seguono alcuni goffi suonatori di flauto.


beota
Uah! Puvureglie a mmi! So’ tutte sfrante!
Pusa la pimpinella, Ismè, fa’ piane!
Ai suonatori.
E wu che mo’ venéte tutti a jècco
fine da Tèbba, cu ssi ciufulitti,
jete a zuffia’ lu cule alle cicale!
diceopoli
Finitela, all’inferno! — Vi levate,
vespe, dall’uscio mio? Di dove mai
sono venuti alla mia porta, questi
calabroni, discepoli di Chèride?
Li fa scappare con la frusta.

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beota
Che puzz’èsse bennitto, furastie’!
Fine da Tèbba, cu sti zuffle arrète
m’hanno fatte casca’, jècco pe tterra,
tutti li fíuri de la pimpinella.
Mbe’ de sta robba me’, cu vvll’ cumpra’?
Ecco, vide, so’ rigli e passaregli.
diceopoli
Buon df, sgranapagnotte Boiotuccio!
Che porti?
beota
Tutta quanta robba bona
de la Biozzia nostra: pimpinella,
ricano, trezze, papere, stuppini,
cumacchie, futtivente, trottaregli....
diceopoli
Trascini uccelli come il vento, pare!
beota
Po’ tengo lèbbri, vólbe, paparèlle,
spinóse, tròcchie, lontre, dunnulicchie,
fajine, tasci, i anguille de Cupaide.

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declama ispirato.
Tu qhe il boccon piú ghiotto adduci agli uomini,
se anguille hai teco, fa’ ch’io le saluti!
beota
cercando nel sacco delle anguille
Mbe’, jesci afora tu chi ssi’ la capa
de ste cinquanta figlie de Cupàide;
fa’ nu salute a quistu furastiere.
diceopoli
impugnando l’anguilla, con enfasi tragica.
O carissima, tu, tu da gran tempo
desiata, giungesti, o ai cori comici
grata, e diletta a Mòrico! — Qui, famuli,
il braciere e il mantice adducetemi. —
Vedete, o amici, questo fior d’anguilla
che, desiata, vien dopo sei anni!
Salutatela, o figli! Io della brace
per cuocerla vi do. (A un servo) Portala dentro.—
Da te neppur la morte, se di bietole
ti vegga cinta, fia che mi separi!
beota
Quante me da’ pe quessa?

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diceopoli
Nulla: questa
me la dài per gabella di mercato;
ma di’ se vendi qualcos’altro.
beota
I’ venno
tutte cose!
diceopoli
A che prezzo? O preferisci
delle derrate in cambio?
beota
Scine, robba
che sta pe Atene, i no pella Biozzia.
diceopoli
Acciughe del Falero, allora, o cocci.
beota
Acciuche u còcce? Ne vulisci alloco!
Robba che Uà ’n se trova, i a wu se spreca!

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diceopoli
Ho il genere per te. Porta, imballato
a mo’ di vaso, un sicofante.
beota
Scine?
Sa’ cu affare sarria quiste, pe Ddie,
talicquale a ppurta’ na scimmia ’nfame.
diceopoli
Giusto, vedi, Nicarco s’avvicina
per far la spia.
beota
Chi? Quillu pizzangrille?
diceopoli
Già; ma tutto veleno!
Entra il sicofante
nicarco
Di chi è
quella merce?

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beota
È la me’, corpe de Ddie!
E vvie’ jécco da Tèbba!
nicarco
È contrabbando,
e lo denuncio.
beota
Ma cu tt’ha pigliate,
che vvll’ cummatte cu li passaregli?
nicarco
E te per giunta!
beota
E i’ cu t’agge fatte?
nicarco
Tel dirò, per riguardo agli uditori:
da terra ostil tu gli stoppini apporti.
diceopoli
Uno stoppino, arrivi a denunziare?

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nicarco
Uno stoppino basta ad incendiare
il cantiere!
diceopoli
Il cantiere uno stoppino?
nicarco
Lo credo!
diceopoli
E come?
nicarco
Accesolo, l’amico
Io potrebbe adattare in cima a un fusto
di canna, e poi, per mezzo d’un doccione,
soffiarlo su ’l cantiere, un di di grande
Bora; e le navi, appena preso fuoco,
farebbero un falò.
diceopoli
Fior di canaglia,
farebbero un falò per una canna
e uno stoppino?
Lo acciuffa.

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nicarco
rivolgendosi agli spettatori.
Siate testimoni....
diceopoli
Ai servi.
Tappategli la bocca! — Dammi corda,
ché lo voglio legare come un coccio,
perché strada facendo non si rompa.
Aiutato dai servi, incomincia a legare Nicarco,
che oppone vivissima resistenza.

coro
Strofe
Lega, caro, a dovere
codesta mercanzia,
ché il forestiere
non la spezzi per via!
diceopoli
Certo, ché manda un fioco
suon, come se incrinato
si fosse al fuoco,
e uggioso a ogni Beato.
coro
E a che l’userà mai?

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diceopoli
A tutto! Mesci-guai
sarà, lume da spia,
macina-cause, tazza
dove ogni razza
d’affari intrisa sia.
coro
Antistrofe
E chi mai persuaso
speri tu far che appresso
si tiri un vaso
che manda suon si fesso?
diceopoli
al Beota.
Amico, è molto duro;
né andrà in pezzi, se tu
lo appicchi al muro
con la testa all’ingiú.
coro
Legata è questa peste.
beota
I’ po’ lu spacce preste.

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coro
Spacciai dove ti piace,
ottimo forestiero,
quel paltoniero,
che di tutto è capace.
diceopoli
Ce ne voluto, a legar questo canchero!
Prendilo su, portalo via. Beota!
beota
al servo
Mittete sotte, Ismè, ’ncucca la schina!
diceopoli
E bada di portarlo con riguardo!
Non porterai nulla di buono: pure,
se buscherai, portando questo carico,
dovrai la tua ventura ai sicofanti.
Il Beota se ne va.
Si presenta sulla scena un servo di Lamaco.

servo
Diceopoli!
diceopoli
Eh! Perché mi chiami?

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servo
Perché’? Lamaco vuol che pei Boccali
una dramma di tordi tu gli ceda
e tre dramme d’anguille di Copàide.
diceopoli
E chi è questo Lamaco anguiliofilo?
servo
Marte secondo, il tremendo, colui
che brandisce la Gorgone, e tre crolla
cimieri ombre-versanti.
diceopoli
Perdio, manco
se mi cede lo scudo! E se li crolli
sopra la salamoia, i suoi cimieri!
E se fa chiasso, poi, chiamo i guardiani.
Il servo parte.
E con questo fardello a casa io vòmmene,
sulle penne dei meroli e dei tordi.
Entra in casa carico d’uccelletti.