Trattato completo di agricoltura/Volume II/Piante annuali leguminose, oleifere e tessili/8

Della Canapa

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Piante annuali leguminose, oleifere e tessili - 7 Piante annuali leguminose, oleifere e tessili - 9
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della canapa.

§ 796. La canapa (canabis sativa) è un’utilissima coltivazione estiva, quando vi siano alcune condizioni di terreno e [p. 47 modifica]di clima. Forma uno de’ principali prodotti del Bolognese, delle Romagne, ed anche di alcuni paesi della parte settentrionale dell’Italia.

A ben intendere la coltivazione della canapa giova assai l’esaminare la di lei composizione, ed il considerare l’uso cui vuolsi convertire la pianta.

L’analisi delle ceneri della canapa dà le seguenti sostanze organiche:

Pianta Grano
Potassa e soda 8,20 23,33
Calce 42,05 26,71
Magnesia 4,88 1,00
Ossidi di ferro e manganese. — ,— 0,77
Acido fosforico 3,22 34,96
    »     solforico 1,10 traccie
    »     silicico 6,75 14,04
    »     carbonico 31,90 — ,—
    »     cloroidrico 1,60 — ,—
Cloruri alcalini — ,— 0,09.

Da queste analisi risulta evidente la necessità della calce e dell’acido carbonico nel terreno che deve servire alla coltivazione della canapa, e sembrerebbe che fosse indispensabile anche una certa abbondanza di principj azotati, perchè l’acido fosforico trovasi in buona proporzione nel seme. Ma siccome la canapa si coltiva per ottenere la materia filamentosa del gambo, più che per aver semi, così ordinariamente si procura di ottenere piuttosto un gambo alto e gentile: tanto più che questa pianta essendo di quelle che portano i fiori maschi su d’un individuo ed i fiori femmine su di un altro, avviene che quelle che portano i semi si riducono ad un terzo della totalità.

Il clima per la canapa è una cosa secondaria, poichè si semina quando la temperatura media è giunta +9° circa, e la sua vegetazione dura più o meno secondo la durata della temperatura favorevole. Tutt’al più si avrà una pianta più o meno alta e consistente, ed i semi più o meno maturi riservandosi a comperar la semente per le successive coltivazioni, nel caso che in un dato paese non potesse maturare completamente. Nell’Italia però non matura più tardi dell’Agosto anche nella parte settentrionale. [p. 48 modifica]

Della massima importanza invece è la qualità del terreno. Un terreno fresco, ma non umido, profondo ma soffice, non argilloso ma piuttosto calcare sono una condizione indispensabile al buon successo della canapa. Egli è perciò che i terreni sciolti calcari posti al piede dei monti o dei colli sono atti ad una tale coltivazione, mentre in altri terreni, che sarebbero eccellenti pei cereali, la canapa non fa riuscita, perchè troppo umidi o duri se sono per avventura argillosi; come non ama i terreni sciolti quando siano umidi e poco profondi. La canapa vuol crescere in fretta senza impedimenti; anche l’ombra d’altre piante gli porta danno.

Ma non è tutto ancora il terreno, vuolsi il concime, e questo deve essere assai scomposto, cioè di una pronta attività, e che produca due effetti, fornisca cioè la calce e favorisca la rigogliosa vegetazione della pianta. Epperò ottime sono le ceneri, il gesso, la marna, il guano, il nero animale, la poudrette, la colombina, piume, penne, stracci di lana, raschiatura di corna, il letto de’ bachi da seta; molti di questi concimi sarebbero ancor più utili se si spandessero in istato di soluzione.

Ciononpertanto colla calce del terreno favoriremo la formazione dei sali inorganici necessarj alla parte legnosa della canapa, coi concimi assai scomposti ed azotati daremo vigoria alla prima vegetazione, ma noi abbiam vista eziandio l’abbondanza dell’acido carbonico nel fusto, indispensabile pure alla formazione della parte legnosa, e per conseguenza dovremo adoperarci onde il terreno che per sua natura non fosse atto allo sviluppo dell’acido carbonico, come sarebbero i terreni vegetali, possa artificialmente esser fornito di materiali che sviluppino quest’acido. A tal uopo la teoria c’insegna essere il sovescio il miglior mezzo, e la pratica ce lo conferma nell’osservare che nel Bolognese, ove meglio che ovunque si coltiva la canapa, si usa da tempo antichissimo seminarla sopra un sovescio di fave, di veccie, o di lupini, o nelle cotiche de’ prati dopo d’aver ben mondato il terreno dalle radici.

§ 797. La coltivazione della canapa può entrare utilmente in una buona rotazione, bulando il canapajo con semi di trifoglio e lojessa, oppure colla medica, nel qual caso la canapa non si estirpa, ma si taglia ben rasente al terreno. Se non si bula, allora si estirpa a mano, e si lascia la terra in riposo per seminarvi il frumento in autunno. La coltura dopo il raccolto della canapa non è indispensabile, per[p. 49 modifica]chè le sue radici penetrano e smuovono profondamente il terreno.

rotazione di 4 anni con canapajo

bulato.

1.° Canapa concimata e bulata, foraggio in autunno.

2.° Spianata.

3.° Melgone, od altra coltivazione estiva.

4.° Frumento, e poi coltura preparatoria alla canapa.

non bulato.

1.° Canapa concimata.

2.° Frumento bulato, o spianata.

3.° Foraggio in primavera poi melgone od altra coltivazione estiva.

4.° Frumento, e coltura preparatoria alla canapa.

rotazione di 3 anni con canapajo

bulato.

1.° Canapa concimata e bulata.

2.° Spianata di primavera, poi melgone od altra coltivazione estiva.

3.° Frumento, e lavoro preparatorio alla canapa.

non bulato.

1.° Canapa concimata.

2° Melgone od altra coltivazione estiva.

3.° Frumento, e lavoro preparatorio alla canapa.

Fra queste due rotazioni però mi sembra migliore la prima, perchè l’abbondante concimazione della canapa è intieramente ed utilmente consumata in quattro anni, e perchè è quella che fornisce la maggior quantità di foraggio.

Alcuni tengono il canapajo per quattro e sino otto anni sempre nell’egual pezzo di terra, siccome quello che forse trovasi unicamente adatto a tale coltivazione. Anche qui la teoria degli escrementi vegetali perde ogni valore, come in tanti altri casi. La sola cura è un ripetuto buon lavoro dopo il raccolto e prima della semina, con una concimazione ripetuta ogni anno, rendendo abbondantemente al terreno quanto gli venne levato col raccolto.

La coltura per la canapa suppone per conseguenza tre arature profonde avanti l’inverno, se non si fa il sovescio, cioè due in Agosto ed una in Novembre. Se si fa il sovescio si ara due volte prima dell’inverno ed il terzo lavoro e la [p. 50 modifica]semina della pianta da sovesciare si fa alla fine di febbrajo, od al principio di marzo. L’ultimo lavoro, quello che precede la semina della canapa si fa dalla fine di marzo al principio d’aprile, ingrassando, se non vi è da far sovescio, coi concimi indicati e specialmente coi meno decomposti fra di essi, come sono le penne, i stracci di lana, la raschiatura di corna, il letame da stalla, ecc., tenendo per ultimi e per una seconda concimazione i più polverulenti, o che possono rendersi facilmente sciolti o sospesi nell’acqua. Spesso però si usa fare il sovescio avanti l’inverno, seminando le fave od i lupini nel 2.° lavoro, e sotterrando colla terza aratura in Novembre, prima delle forti brine. Questo metodo conviene per quei paesi ove la pianta da sovesciare in primavera non potesse, pel tempo opportuno alla semina, arrivare almeno ad un’altezza di 0m,40 o 0m,50. Facendo poi il sovescio in autunno, si può nuovamente concimare il terreno avanti la semina della canapa.

La semente che occorre per un ettaro è di 125 a 130 litri; essa non deve avere più d’un anno di tempo; sarà lucente, e sfregata colle dita non deve perdere il colore; al gusto sarà dolce.

Molti invece di concimare il campo prima dell’ultimo lavoro, concimano esattamente tutta la superficie dopo d’aver fatta l’aratura, e gettano la semente, che zappano poi nel terreno unitamente al concime; indi tracciano i solchi, ed uguagliano le porche con rastrelli a denti assai fitti. Le porche devono essere larghe non più di 1m,50 allo scopo di poter in seguito sarchiare, restando sempre il lavoratore nel solco. — Altri invece avendo concimato prima dell’ultimo lavoro, seminano ed uguagliano il terreno, e poi concimano nuovamente alla superficie con sostanze assai scomposte e pulverulenti, che poi interrano colla prima sarchiatura; o meglio ancora spargono materie sciolte al dissopra, dopo però che i semi siano già completamente nati. Chi vuol avere piante di tessitura fina, seminerà piuttosto fitto, chi invece vorrà un filo più grosso e tenace seminerà alquanto più rado, ritenuta la distanza media di 0m,08 a 0m,10 fra pianta e pianta. Le piante dalle quali vogliasi la semente sarebbe meglio seminarle in disparte dando loro una distanza quattro volte magiore. Nel canapajo la pianta arriva ordinariamente a 2 metri d’altezza, più o meno secondo il maggior o minor spazio goduto; nelle piante che vengono coltivate più al largo per far semente, talvolta si riscontra un’altezza più che doppia. [p. 51 modifica]

Avviene bene spesso che la prima semina vada fallita per l’arida stagione, ed allora abbisogna immediatamente farne una seconda, interrando il seme colla zappa. Egli è perciò che la semina devesi fare appena che il tempo lo permetta, cioè appena che la temperatura atmosferica sia di +9° circa, poichè quanto meno la primavera è avanzata tanto più sono difficili le siccità continuate, e, quand’anche ciò avvenisse, si avrebbe ancora tempo per una seconda semina.

Allorchè la canapa abbia un’altezza di 0m,10 a 0m,15 la si zappa, diradandola al giusto punto qualora fosse troppo fitta. Dopo questa zappatura chi vuol bulare vi getta la semente di trifoglio, lojessa o medica, la quale va a cadere fra le ineguaglianze lasciate dalla zappa, interrandosi colle pioggie che uguagliano le prominenze, o con una seconda sarchiatura che si faccia dopo alcuni giorni quando le pianticelle hanno raggiunta l’altezza di 0m,25 circa; in seguito la canapa, ricoprendo interamente il terreno colla propria ombra, soffoca le piante nocive, e solo germogliano e crescono assai lentamente i semi delle erbe da foraggio che vi si fossero gettate.

La canapa resiste discretamente all’asciutto, e quantunque vi fosse l’opportunità d’irrigarla, non si dovrebbe usar dell’acqua se non allorquando mostri di soffrire. L’irrigazione si fa per imbibizione, facendo scorrere l’acqua nei solchi del campo, il quale sarà disposto come ho indicato per la spianata al § 453.

§ 798. L’epoca della maturanza per la canapa è la prima metà d’agosto. Vi ho detto però sin dapprincipio che questa pianta è di quel genere in cui una porta i soli fiori maschi ed altra i soli fiori femmine; la prima cioè serve soltanto alla fecondazione, e la seconda invece porta i semi. Dunque è chiaro che la pianta maschio maturerà più presto della pianta femmina (20 giorni circa prima), la quale, dopo la fecondazione, deve maturare anche il seme.

Epperò vi hanno tre metodi distinti per l’estirpamento o raccolto della canapa. 1.° Levare le piante maschie quando il loro fiore è appassito, e che le foglie cominciano ad ingiallire; in seguito levare le piante femmine, quando abbiano potuto maturare il seme. 2.° Levare tutte le piante ad un tempo, quando cioè si leverebbero le piante a fior maschio. 3.° Levare tutte le piante, ad eccezione di una certa quantità di piante femmine capaci di portare la semente che occorre pel venturo anno. [p. 52 modifica]

Il primo di questi metodi vale quando l’agricoltore vuole ottenere filo e grano o seme da vendere; ma in questo caso si diminuisce il prodotto ed il valore del filo, poichè riesce più grossolano. Il secondo metodo fornisce un filo più abbondante e pregevole, dando un prodotto che equivale press’a poco a quello del filo e del grano che si ha col primo, avuto riguardo alla diversa spesa della mano d’opera, ed è utilissimo a lasciar crescere le sottoposte erbe, quando siasi bulato il canapajo. Quest’uso però suppone che il coltivatore comperi ogni anno altrove la semente pel suo canapajo. Egli è perciò che molti adottano il terzo metodo, quello cioè di lasciare nel campo una sufficiente quantità di piante femmine. Ma io ritengo come cosa assai migliore il seminare e lasciar crescere alcune piante di canapa in luogo isolato, ove possano stendersi liberamente, e portare una quantità maggiore di semi, e di miglior qualità.

Nel raccolto della canapa alcuni usano di svellerla ed altri di tagliarla appena sopra terra; questi ultimi ottengono una minor quantità di stoppa, ma il filo è più pregiato. In ogni caso chi avrà bulato il canapajo sarà meglio che tagli onde non svellere insieme le piante seminate come foraggio, e per non guastare e rendere ineguale la superficie del terreno. Chi invece non abbia bulato potrà svellere la canapa, gettando in seguito sul terreno semente di rape, ravizzone, lupino, ecc., secondo il bisogno, e poscia erpicare o rastrellare per ricoprirla.

Estirpata o tagliata la canapa, la si raccoglie e si trasporta al coperto, e la si appoggia al muro, onde dissecchi alcun poco, lasciandovela tre o quattro giorni, secondo la stagione; con ciò si ottiene altresì che i semi delle piante femmine maturano più completamente, e che più presto e più facilmente in seguito si può spogliare lo stelo dalle foglie. Quando, o per la quantità del prodotto, o per la distanza delle cascine, o perchè il clima sia abbastanza asciutto, non convenga trasportare la canapa verso l’abitato, si possono fare dei mucchi circolari, disponendo in piedi gli steli di canapa gli uni appoggiati agli altri, non troppo fitti fra loro acciò passi l’aria a disseccarli, ed abbastanza larghi alla base da non essere con troppa facilità atterrati dal vento. Appena però si veda che le foglie possono staccarsi, e che i semi, quando si voglia anche il prodotto di questi, siano abbastanza maturi, abbisogna subito disporre la canapa alla macerazione, poichè, [p. 53 modifica]quanto maggior tempo passa tra questa e l’estirpamento, il filo che se ne ottiene riesce meno bianco.

§ 799. Per la macerazione si deve ridurre la canapa in fascetti d’una circonferenza di circa 0m,50, procurando nell’istesso tempo che ciascun fascetto sia formato da steli dell’eguale lunghezza e grossezza.

Perchè si macera la canapa, e qual’è l’effetto della macerazione? La canapa si macera perchè i filamenti tessili di questa pianta sono agglutinati e riuniti fra loro da una sostanza gommo-resinosa, che bisogna distruggere acciò possano disgiungersi; ed i mezzi che verrò indicando servono a suscitare, per mezzo della umidità e del calore, una specie di fermentazione che scioglie e decompone questa sostanza gommo-resinosa.

Nell’Italia, e specialmente nel Bolognese, tre mezzi diversi sono adoperati per la macerazione della canapa. Il primo, usato ove sia mancanza o scarsità d’acqua, è quello di stendere la canapa appena raccolta su d’un prato ove risenta l’azione della rugiada, rivoltandola ogni giorno ed ammonticchiandola alquanto al mattino, mentre è ancor umida, acciò il sole la riscaldi ma non la dissecchi. Un tal metodo, come si può supporre, è il più lungo e dispendioso durando circa un mese, e dà inoltre un filo di color grigiastro. Il secondo, che pure indica mancanza d’acqua, consiste nel cavare una profonda fossa, atta a contenere i fascetti, il cui fondo ed i cui lati siano d’argilla ben battuta. Indi si dispone uno strato di fastelli ed uno di terra, e così continuando sino alla superficie del suolo, avvertendo che l’ultimo strato deve essere più alto del terreno circostante onde non vi penetri l’acqua. Anche questo metodo è lungo, d’esito incerto, e fornisce una canapa inferiore. Il terzo mezzo di macerazione, che è il migliore ed il più adottato, è quello di porre la canapa nell’acqua. Questa operazione si può fare tanto coll’acqua corrente, quanto coll’acqua stagnante, però con qualche differenza di risultamento. L’acqua corrente scioglie lentamente e trasporta la materia gommo-resinosa e la colorante, e la canapa resta di un color bianco-gialliccio lucente, assai apprezzato. Coll’acqua stagnante l’operazione riesce più breve pel maggior calore che mantiene, e per quella specie di fermentazione putrida che facilmente si sviluppa nell’ammasso dei fascetti; ciononpertanto la canapa riesce meno bella di colore, per quanto forse acquista una maggior morbidezza. In ogni modo i maceratoj d’acqua [p. 54 modifica]stagnante sono i più usitati perchè più facili ad aversi in qualunque luogo, ove il terreno possa ricevere e trattenere l’acqua piovana, mentre il macerare nell’acqua corrente non è possibile che a pochissimi, e spesso anche non conviene intercettare o porre ostacoli al libero corso delle acque, tanto più se queste sono di piccoli cavi inservienti all’irrigazione. L’inconveniente capitale dei maceratoj stagnanti, posti di solito in vicinanza all’abitato, sono le emanazioni putride ed il cattivo odore che ancor manda la canapa dopo che la si estrae e si dispone a disseccare. La facilità colla quale si macera la canapa nei maceratoj d’acqua stagnante ed alquanto putrida, che è di sei giorni circa, suggerì a taluni di aggiungere previamente alla detta acqua delle sostanze putride o putrefacibili allo scopo di comunicarle il loro stato. In qualunque modo il maceratojo deve avere le sponde in legno od in muro, onde la terra non imbratti l’acqua e quindi la canapa; i fascetti devono disporsi orizzontalmente in modo che, essendo essi naturalmente conici, collocandoli l’uno contro l’altro in senso opposto, la superficie superiore dell’intiero ammasso presenti un piano orizzontale. Al dissopra di questa superficie, onde l’ammasso non galleggi, si mettono delle tavole che portano dei pesi sufficienti a mantenerlo interamente sott’acqua. È però da avvertire che sebben l’acqua stagnante conservi una temperatura di molto superiore a quella dell’acqua corrente, pure necessariamente la temperatura anche d’un maceratojo stagnante sarà maggiore alla superficie che non nelle parti sempre più basse, epperò giova talvolta rivoltare l’ammasso nel 3.° o 4.° giorno, mettendo in basso i fascetti che erano in alto e viceversa. La temperatura più opportuna per l’acqua d’un maceratojo è quella di 12° a 15°.

La canapa ben matura e cresciuta in estati aridi è più lenta a macerare che non quella immatura e che vegetò sempre rigogliosamente ed in estati umidi, a cagione della minor consistenza del legno dovuta a queste ultime condizioni. Il criterio per conoscere se la macerazione abbia compiuto il suo effetto consiste nel rompere uno stelo ed osservare se i fili si staccano facilmente dalla parte puramente legnosa e dalla corteccia.

Assai importerebbe che per macerare la canapa si potesse trovare un mezzo più breve, più comodo e più sicuro, perchè basato sopra cognizioni scientifiche. Finora si fecero solo dei tentativi, dai quali però non se ne trasse alcuna norma [p. 55 modifica]precisa. Chi asperse la canapa od aggiunse cenere e calce alle acque de’ maceratoj per abbreviarne l’operazione; chi potassa e carbonato di calce; chi fece bollire dell’acqua sciogliendovi sapone nero, indi versando quest’acqua sulla canapa disposta in altro recipiente adattato, la copriva, lasciandovela immersa per due ore, dopo il qual tempo si riteneva sufficiente macerata. Le proporzioni in peso per un tal metodo sarebbero le seguenti: 1 di sapone, 48 di canapa e 650 di acqua: questo mezzo però è applicabile solo alle piccole quantità.

Tolta la canapa dal maceratojo convien tosto lavarla nell’acqua pura o corrente, o sciacquarla nello stesso maceratojo quando non si abbia una simile comodità. La lavatura deve essere ben fatta per ripulirla esattamente da qualunque materia che vi si fosse frammista, e che l’avesse macchiata; poscia si dispone in piedi a mucchi conici in un prato, o si appoggia ad un muro, e sempre in modo che il sole e l’aria vi circolino liberamente. Nei clima nostro di solito in un giorno o due gli steli sono perfettamente secchi, e si può passare alla gramola, istrumento semplicissimo che tutti conoscono.

§ 800. Il prodotto della canapa varia secondo la stagione, il concime, l’altezza cui può giungere, il maggior o minor numero di piante che sono in una data superficie, ed infine secondo l’uso cui vuolsi convertire la pianta, cioè se vuolsi filo da tela o da corde, oppure semi.

Nelle stagioni umide la canapa dà una maggior proporzione di filo che nelle stagioni aride; come pure il suo reddito in filo è maggiore quando siansi usati concimi umidi vegetali e polverulenti, quando insomma la vegetazione sia stata rapida e rigogliosa. Finalmente quanto più la canapa è fitta, e che per conseguenza non ingrossa molto lo stelo con parte legnosa, essa si perde meno in diramazioni laterali, cresce più alta e dà un filo più abbondante e sottile; laddove se è rada ingrossa di molto lo stelo, riesce più legnosa e dà maggior proporzione di semi che di filo. Perciò quando vuolsi filo da corda si mantiene rada; e fitta invece se vuolsi filo da tela. Egli è pure per tutte queste circostanze che nei climi meno che temperati, umidi, dove insomma il seme maturerebbe a stento, la canapa si semina più fitta e se ne ottiene un filo più pregiato. [p. 56 modifica]

Una pianta di canapa di 0m,45 di circonferenza alla base diede il seguente risultato:

Legno 80gr.
Filaccia verde dopo la macerazione 18gr.
Foglie 92gr.
190gr.

Dunque la diaccia stava come 0,22 a 100 di legno verde, oppure come 1,77 a 100 di legno secco.

All’incontro una pianta di 0m,16 di circonferenza alla base fornì:

Legno 18gr.
Filaccia verde 7gr.
Foglie 36gr.
61gr.

ossia 0,39 di filo verde per ogni 100 di legno verde, e 2,03 per ogni 100 di legno secco.

Colla macerazione la pianta, già dedotte le foglie, perde il 42 per 100 circa.

Il prodotto di filo per ogni ettaro varia tra i chil. 1000 ed i 1300, supposto che vi siano dalle 250 alle 300 piante per ogni metro quadrato di superficie, e che soltanto si miri ad ottenere il filo. Se all’incontro si vuol avere il filo ed il seme, il prodotto del primo diminuisce da un quinto ad un sesto, oltre che si rende meno apprezzato. Questa diminuzione e compensata però da un egual peso di semi, calcolabile a chil. 300 circa. Ciononpertanto chi vuol vendere bene il filo deve rinunziare al raccolto dei semi, seminando a parte alcune piante che forniscano una miglior semente per l’anno venturo.

Il seme di canapa dà il 19 per % di olio, ed i tortelli residui contengono 4,78 d’azoto per ogni 100 parti secche.