Sulla venuta in Italia degli arciduchi d'Austria conti del Tirolo/Testo

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Nella primavera del 1652 gli arciduchi d’Austria conti del Tirolo Ferdinando Carlo colla moglie e Sigismondo Francesco, si partirono dal castello imperiale di Innsbruck1 con un seguito di 400 persone2 per recarsi in Italia a visitare la sorella Isabella Chiara maritata da circa due anni a Carlo II Gonzaga Duca di Mantova3.

Erano figli dell’arciduca Leopoldo conte del Tirolo e della Claudia Medici sorella di Cosimo II4, che, rimasta vedova, ebbe per tre anni a maggiordomo e consigliere di Stato nella [p. 10 modifica]tutela dei figli Girolamo Montecuccoli zio del famoso Raimondo5. Ferdinando Carlo aveva poi sposato nel 1646 Anna Medici sorella di Ferdinando II ed a Firenze, ove gli arciduchi recaronsi più tardi, come vedremo, invitati dal granduca cognato del primo e cugino di entrambi, l’arciduca Ferdinando potè liquidare la dote alla sorella con una parte di quella della moglie. Lo racconta l’abate Nicola Strozzi incaricato estense in una sua da Firenze, 4 maggio 1652,6 «si è aggiustato il paghamento del resto della dote (dell’arciduchessa Anna) in tanti beni nel mantovano ed il sig. Duca (Carlo II) ne prende parte per la sua dote».

A Mantova si fecero grandi feste7, alle [p. 11 modifica]quali, come narra il Muratori8, intervenne anche il duca di Modena Francesco I; poscia gli arciduchi, passando da Piacenza, vennero a Parma alli 15 di marzo.

Che vi fossero attesi lo prova una lettera scritta da Firenze dieci giorni innanzi, ossia il 5 marzo, dal Cav. Tommaso Guidoni residente estense presso la corte di Toscana9. La lettera sembra diretta al principe ereditario Alfonso d’Este e comincia così: «Scrivo dall’Ambrogiana10 dove queste Altezze (parla della famiglia del granduca) sono per quattro giorni stati a caccia a cignali et n’hanno amazzati una buona quantità et alcuni presi vivi con le reti. Questa sera si torna a Firenze, di dove partirà in breve il sig. Bartolomeo Ugolini Gran Generale delle Poste con due camerati per andare a Parma a invitare i Serenissimi Arciduchi da parte di queste Altezze a venire a Firenze. Dicono che sarà spedito con titolo di Ambasciatore et mostrerà d’andare per la posta.»

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E qui ci sia concessa una breve digressione, Vogliamo avvertire, che quantunque il brano di storia, che abbiamo preso a trattare, non possa essere ricco di documenti di molto rilievo, pure coi pochi mezzi consentitici dalla brevità del tempo cercammo corredarlo di minuti particolari, onde in qualche modo renderlo interessante. E come una parte dei fatti che avremo a narrare riguarda la corte Toscana, non potendo in questi giorni recarci in persona a rovistare nel R. Archivio di Stato in Firenze, ci rivolgemmo alla cortesia di un amico, all’erudito giovane sig. Eugenio Casanova impiegato a quell’Archivio, cui rendiamo pubblico atto di grazie, poichè quanto ci occorreva dalla Toscana a completare il nostro studio ci venne da lui.


Nel celebre diario del Settimanni MS. fiorentino al tomo X, c. 285 e seguenti, (R. Archivio di Stato in Firenze), troviamo una conferma di quanto scriveva il Guidoni da Firenze, che cioè «il giorno 7 di marzo il Granduca commette a Bartolomeo di Giorgio Ugolini suo gentiluomo di camera e generale delle poste di trovarsi il 17 del mese nello Stato di Parma e d’invitare gli arciduchi a venire in Toscana. L’Ugolini parte il giorno 8 insieme con Alessandro Marzimedici e Lodovico Magalotti e arriva a Modena [p. 13 modifica]il 9 a ora 1 di notte. Viene a prenderlo con due carrozze il sig. Francesco Tirignani scudiere del Duca e lo conduce a Palazzo, ove desina. — Il 10 ottiene un’udienza dal Duca. Il marchese Rangoni maestro di camera lo riceve alla porta della sala degli staffieri. Visita i principi modenesi. — Il giorno appresso, 11, parte per Reggio colle carrozze del sig. Trattenitore (il Tirignani) sino fuori la porta della città, dove n’era stata inviata una a sei cavalli di velluto verde, d’ordine del Duca. A ore 21 arriva a Reggio, ove il Cardinale11, avendo inteso il suo arrivo lo manda a prendere in carrozza dal suo scudiere Alfonso Signoretti. — Il giorno 12 parte da Reggio in carrozza a sei di velluto paonazzo messa a sua disposizione dal Cardinale, giunge a Parma, ove scende all’osteria della Posta per non esservi la corte. La sera riparte per Borgo San Donnino sempre nella carrozza del Cardinale. — Il 13, avendo inteso che gli Arciduchi dovevano arrivare in giornata da Pavia e che il Duca di Parma si era recato ai confini in [p. 14 modifica]riva del Po per riceverli, prosegue il suo viaggio. Ma, giunto al Monastero dei Canonici Lateranensi 8 miglia distante da Piacenza, sente che le LL. AA. non verranno altrimenti quel giorno e delibera di riposarsi in detto monastero e rimanda la carrozza del Cardinale. — Arriva in posta a Piacenza il 15 alle 24, cioè due ore dopo che v’erano entrati gli Arciduchi, li quali erano stati incontrati da 62 carrozze a 6. Per mezzo del suo segretario Lorenzo Chimentelli avvisò del suo arrivo il barone Chinigh maestro di camera dell’Arciduca Carlo, il Conte di Aspur maestro di camera dell’Arciduchessa e il Conte Giorgio Cherghen maestro di camera dell’Arciduca Sigismondo12, il Marchese Pallavicino maestro di camera del Duca di Parma e il Marchese Lando d.o della Duchessa13. Fu mandato a prendere in 2 carrozze ed accompagnato a Palazzo. Viene ricevuto il giorno dopo, 16, dagli Arciduchi, dal [p. 15 modifica]Duca, non dall’Arciduchessa. — Il 17 visita l’Arciduchessa. Le LL. AA. partono per Parma. Egli le segue in due carrozze messe a sua disposizione. Dorme alla Badia di Cadè. — Arriva a Parma la sera del 18 ed è condotto a palazzo in due carrozze. Non vede le AA. perchè parte erano andate alla commedia degli Strioni. — Il 19 visita la Duchessa di Parma, che vuole rimanga nella città anche quella sera. L’Arciduchessa lo vuole rivedere14. — Il giorno 20 con due carrozze del Duca di Parma giunge a Modena di sera, vede il Duca, che vuole che il 21 vada a visitare la sua bellissima villa di Sassuolo15. Parte per Bologna il 22 in una carrozza a 6 di velluto rosso del Duca e arriva il 23 a Firenze.»


Riporta il Muratori che «invitati que’ principi, da Francesco I, vennero nel dì dieci d’aprile insieme col Duca Carlo II e colla Duchessa di Mantova a Modena.» Quanto alla data, sembra che il Muratori abbia preso un equivoco, poichè [p. 16 modifica]un diario di quell’epoca, che conservasi nell’archivio privato dei conti Forni di Modena, scritto dal conte Guglielmo Codebò e pubblicato dal Campori16, parlando delle feste fatte in quei giorni, dice, che «il Duca va il 5 aprile ad incontrare i Principi forestieri all’Enza (ossia al confine tra Parma e Reggio) con 48 carrozze a 6 cavalli, pernotta a Reggio e giungono il 6 a Modena, primi i Duchi di Mantova, poi gli Arciduchi incontrati da 190 carrozze.»

Non apparisce dal diario del Codebò che gli arciduchi prima del loro ingresso nella capitale estense abbiano fatto sosta a Reggio, eppure trovammo fra i mandati del 165217 «i recapiti di spese fatte dal sig. Francesco Boccalini Proveditore a Reggio per l’Illuminazione in occasione delle Foresterie degli Arciduchi Leopoldi (così detti, perchè figli dell’Arc. Leopoldo) per le quali s’è gli è spedito mandato, ecc.» ed acclusa vedesi una «nota di pittori che hanno servito sotto il comando di me Paolo Emilio Besenzi nel dipingere le aquile, gilli et torziere (ossia candelabri) et altri edifici per illuminazione del cortile, portone e porta della Cittadella a Reggio in occasione della venuta de Ser.mi [p. 17 modifica]Arc.i d’Austria, come per ordine e comando del Seren.mo Principe Cardinale d’Este.»


Il giorno stesso della venuta in Modena degli arciduchi, 6 aprile, il Cav. Guidoni scriveva da Firenze al principe Alfonso, annunciando la venuta a Modena dei principi di Toscana Leopoldo e Cardinale Gio. Carlo per assistere alle feste18. — «Ill.mo mio Padrone colen.mo — Firenze 6 aprile 1652 — Si è poi risoluto il sig. Principe Leopoldo di aspettare il ritorno di Nocchio corriere, che si è mandato costà, per partire a questa volta subito che vi sia avviso sicuro della partenza da Parma de Ser.mi Arciduchi et subito arriverà detto corriere partirà il sig. Principe et il sig. Card. Gio. Carlo un giorno doppo volendo far la strada di qui a Bologna in un giorno et il sig. Principe in due. Anderanno in Bologna in Casa del sig. Marchese Cospi et in Modena in quella del sig. Marchese Bagnesi o dove lui havrà proveduto, volendo essere affatto incogniti19. Doppo la festa vorrebbono veder Sassuolo, ma non dare, ne ricevere soggezione alcuna. Da Sassuolo poi hanno qualche pensiero d’arrivar fino a Parma, ma questo non è per ancora affatto [p. 18 modifica]risoluto. Il sig. Card. conduce seco il S. D. Giulio Medici20, sig. Bartolomeo Ugolini, sig. Giovanni Cellesi, sig. Baron Bonsi e sig. Bernardino Guasconi suo coppiero et circa 12 altre persone di servizio, che in tutti arriveranno alla somma di 18 persone. Il sig. Principe non ha seco altri che il sig. Conte Ferdinando Bardi che non sia suo servitore stipendiato. Gli altri sono il sig. Com. Gallilei suo maiordomo maggiore21, sig. Rabistufà suo coppiere e il sig. Cav. Martelli suo gentiluomo della Camera con circa otto altre persone di servizio basso.»

I Principi di Toscana passarono da Bologna l’8 aprile e giunsero a Modena il 9, ossia alla vigilia del torneo che, come vedremo, si tenne il 10. Da un diario Bolognese comunicatoci dalla cortesia del chiar.mo Comm. Carlo Malagola Direttore di quell’Archivio di Stato22, rileviamo infatti che «a dì suddetto — 8 aprile 1652 — verso le 23 hore in lunedì per via di Fiorenza [p. 19 modifica]giunse qui incognito il Ser.mo Principe Leopoldo Medici nella carrozza del sig. Balì Marchese Ferdinando Cospi et andò a smontare a San Petronio. Donde a piedi si portò a casa del suddetto sig. Marchese et verso le 4 hore di notte vi arrivò l’Em.mo sig. Principe Cardinale Gio. Carlo suo Fratello et alloggiarono quivi ambidue, la mattina seguente sul tardi pure incogniti serviti dalla carrozza dell’Em.mo Legato Carafa, se ne passorno alla volta di Modena.»

Ed ora, due parole su questo cavaliere bolognese, che ospitò i principi di Toscana e più tardi, come vedremo, gli arciduchi. Ferdinando Cospi era senatore di Bologna, ministro del granduca, balì di Arezzo, marchese di Petriolo e fu il fondatore del museo Cospi, che poi regalò alla sua città natale. Ebbe in moglie Smeralda Banzi di Bologna, dalla quale ebbe solo una figlia, per nome Dorotea, che sposò il Conte Annibale Ranuzzi. Il Comelli,23 che ha scritto sul Cospi un’erudita biografia, lo dice « [p. 20 modifica]gentiluomo eminente per senno e per lo spirito cavalleresco de suoi tempi e sopratutto pel nobile uso delle sue ricchezze e per l’amore con cui protesse le lettere e le arti»24.

In casa Cospi, in via S. Vitale, dimora modesta, ma decorata all’interno con sfarzo, ove più volte fu accolto anche il granduca, certamente i principi toscani e gli arciduchi saranno stati degnamente ospitati. Quanto ai particolari, non tralasciammo di fare ricerche nell’archivio Cospi, per mezzo di un amico, il sig. Dott. Cav. Umberto Dallari sottarchivista al R. Archivio di Stato in Bologna, previo gentile consenso dell’attuale possessore marchese Francesco Ranuzzi Cospi, cui dobbiamo rendere atto di riconoscenza; ma disgraziatamente i Registri dei conti di casa, poco prima del 1652, sono interrotti. [p. 21 modifica]

Non è a dire quanto festosamente venissero ospitati gli arciduchi alla Corte di Francesco I. «E perchè, (continua il Muratori) uno dei pregi dell’Estense era la magnificenza, trattenne egli per più dì quell’illustre brigata con suntuosi divertimenti di commedie, caccie, conviti e danze. Superbo spezialmente riuscì un torneamento a cavallo fatto nella piazza del castello, per le ricche comparse, per la rarità delle macchine, voli e battaglie, spettacolo descritto e pubblicato dalla famosa penna del Conte Girolamo Graziani Segretario del Duca25. Restò nullameno funestata sì allegra giornata da un sinistro accidente, cioè la morte di Giovanni Maria Molza cavaliere Modenese, il quale correndo colla lancia incontro al Conte Raimondo Montecuccoli miseramente ferito alla gola perdè tosto la vita.»

La festa d’armi, secondo il citato diario del Codebò, ed altri documenti da noi trovati, fu data la sera del 10 aprile, mentre il triste caso era successo sugli ultimi di marzo, durante le [p. 22 modifica]prove26. Ciò è constatato da due lettere. Una del Guidoni al Principe Alfonso sotto la data del 1° aprile, che termina con queste parole: «et compassionando grandemente al caso del signor Giovanni Molza a V. A. humilissimamente mi inchino, ecc.» L’altra dell’Abate Strozzi, che scrive da Firenze il 2 aprile al Segretario Graziani «confesso a V. S. Ill.ma che il caso funesto del sig. Giovanni Molza m’ha grandemente stordito, come tutti quelli che lo conoscevano, ed il sig. Principe Mattias mi disse ieri, che aveva perso un grande amico e gliene dispiaceva fino al cuore.»


Da questa lettera si dovrebbe arguire, che il Molza onorato dell’intimità del principe, fosse persona di merito particolare e non ne dubitiamo. Però per dovere di imparzialità abbiamo da notare una circostanza, che potrebbe scemare il lustro di questa amicizia.

È noto che il principe Mattias in vari [p. 23 modifica]incontri e specialmente alla battaglia di Lutzen, lasciò memorie splendide del suo valore, ma quale governatore di Siena, e lo fu per molti anni, sembra fosse dedito al giuoco. Ciò è comprovato da una lettera del marchese Ferdinando Cospi diretta a un suo nipote, alto locato, sotto la data 6 gennaio 1679 ossia 12 anni dopo la morte del Principe. «Il Serenissimo signor Principe Mattias, quando stava al governo di Siena in verno et massime in carnovale, andava a tutti i festini di gioco, che si facevano in casa di cavalieri e dame, smascherato e giocava con quelli domesticamenti ogni sera, perchè sapendo quella nobiltà il gusto di S. A., sempre ci era chi faceva il ridotto et io lo posso dire a V. S. Ill.ma con verità, non solo per saper l’uso di questo Principe in simili conversationi, ma essere stato in fatto quando andai a Roma avanti il Ser.mo sig. Principe Cardinale Gio. Carlo, il Serenissimo sig. Principe Mattias mi trattenne 6 giorni in Siena, giusto al principio di carnovale et ogni sera mi condusse a festino di gioco, seco giocando anch’io al medesimo tavolino, ch’è questo devo dirlo in ubbidienza del suo comandamento27[p. 24 modifica]

Volendo ora presentare al lettore almeno un cenno delle feste date da Francesco I a suoi ospiti augusti, riporteremo il diario del Codebò, quantunque, come dicemmo, già reso noto dal Campori.

«6 aprile. Giungono in Modena prima i Duchi di Mantova, poi gli Arciduchi incontrati da 190 carrozze.

«Alle porte della città il Duca presenta loro i principi della sua casa e vengono accompagnati al Palazzo Ducale da cinque compagnie di carabine e due di corazze comandate dal Conte Boiardi tenente generale della cavalleria dello Stato.

«7 detto. Corso di maschere con 250 carrozze. I Principi percorrono il corso in cocchi splendidi. Il Cardinale d’Este in incognito entro una carrozza assai positiva28. Nella sera festa di ballo in casa Campori. [p. 25 modifica]

«8 detto. Nella mattina gran caccia al bosco di Nonantola con presa di 250 cinghiali, lepri, fagiani. Nella giornata il palazzo ducale è aperto al pubblico, che ammira i famosi arazzi dei Re d’Aragona29.

«9 detto. Giungono i Principi di Toscana.

«Corso mascherato, poi corsa de barberi, alla sera, dopo la commedia, balletto nella sala di comunità30. [p. 26 modifica]

«10 detto. Torneo nel cortile del castello.

«11 detto. Corso. La sera balletto in corte.

«12 detto. Gita dei Principi a Sassuolo. La sera commedia.

«13 detto. Esercizi equestri in cavallerizza. Solito corso nel giardino di S. Altezza. Giostra detta della Quintana di 40 cavalieri nel gran teatro di S. A. Nella sera commedia nel teatrino del castello, poi festa suntuosissima data dal Duca.

«15 detto. Partenza de Principi per Bologna.

Segue la nota dei regali, che il Duca fece a suoi ospiti. Agli arciduchi regalò tre cavalli di gran prezzo, uno di questi celebre per essere ballerino e al duca di Mantova un carro di vitelli, un carro di formaggio di Lodi, venti botti di vino scelto e rinfreschi da caricarne ottanta facchini.»

Sul torneo converrà trattenerci un istante. Nel R. Archivio di Stato in Modena se ne conserva la relazione stampata per Giuliano Cassiani stampatore ducale 1652 e porta per titolo «la Gara delle Stagioni — Torneo a cavallo rappresentato in Modana nel passaggio de Serenissimi Principi Ferdinando Carlo, Sigismondo Francesco d’Austria et Arciduchessa Anna di Toscana». Dal libretto rileviamo la descrizione della festa, che essendo prolissa ommettiamo per [p. 27 modifica]non infastidire il lettore. A darne però un’idea e in pari tempo come saggio dello stile dell’epoca, riporteremo, che verso la fine comparvero i cavalieri «di Zefiro, di cui era capo il Sig. Duca Serenissimo, il quale teneva una ferrata mazza colla destra... cavalcava un gran destriero baio, che nel pelo tendeva al color dell’oro, balzano d’un piede, che negli occhi era fuoco ardente, nelle chiome mare ondeggiante e che con la testa elevata emulava l’alta condizione del suo signore e con sonori nitriti publicava i vanti della sua gloriosa servitù, tanto superbo di questa, che co’ lampi che uscivano dalle accese nari e co’ tuoni, che scoteva dal ferrato piede, minacciava fulmini a chi avesse preteso di contrastargliene le prerogative.»

«La sopraveste di S. A. era di raso turchino coperta di preziosi ricami d’oro e d’argento tempestati di canutiglie, e di perle preziose e così pure la bardatura del cavallo. Superbo era il Cimiero composto di penne bianche, turchine e di color d’Isabella.»

«Padrini del torneo erano «il Serenissimo sig. Principe Almerico e il sig. Marchese Claudio Rangoni31. Questo giovinetto Principe, che [p. 28 modifica]appena toccava il confine del decimo anno, colla bellezza del volto e la vivacità dello spirito rapiva le lingue al lodarlo, i cuori ad amarlo.»

«L’habito di S. A. era di velluto nero, ma tutto sparso di ricami d’incomparabil valore, come pure il giubbone di broccato turchino risplendeva tutto ricamato di oro e di perle, di gemme, che d’ogni intorno spargevano lampi di magnificenza, ecc. Haveva in capo una beretta tutta folgoreggiante di lucidi adamanti et adorna di finissimi aironi e di penne bianche e turchine e di colore d’Isabella. Cavalcava un Ginnetto di Spagna sauro balzano da due piedi e stellato in fronte, di lungo crine, di testa piccola, di occhi lucidi. Biancheggiava di spuma d’argento il freno d’oro e lampeggiava lo steccato ai baleni.»

«Del medesimo colore e maniera era l’habito del sig. Marchese Rangoni adorno anch’egli di ricche gemme e di aironi e piume simili.»

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Mastro di campo nel torneo fu il Marchese Fortunato Rangoni capitano delle Guardie32.

«Al seg.o Graziani fu commessa la cura di animare coll’invenzione e co’ versi la qualità del Torneo e la comparsa delle macchine, di cui hebbe l’incumbenze l’Architetto Vigarani, e fu incaricata al Maestro di Cappella Crivelli la composizione della musica33 et all’Architetto Avanzini la disposizione del Teatro, al quale si deputò sito opportuno dentro al castello34».


Splendida riescì questa festa d’armi, tanto che il Guidoni da Firenze se ne rallegrava col [p. 30 modifica]Principe Alfonso con sua del 16 aprile. «Mi rallegro con V. A. della bella festa che costà hanno fatta, che in verità gli applausi non possono essere maggiori et questi nostri Fiorentini che l’hanno veduta hanno detto gran cose, ma a me non punto nuove, sapendo quanto sia grande il valore l’ingegno e la generosità del Serenissimo signor Duca e di Vostra Altezza, miei Signori e Padroni» e nello stesso giorno altra lettera invia al Graziani di ringraziamento, perchè gli aveva mandata la relazione a stampa del torneo e gli dice «che in verità la festa ha reso ammirazione a tutti questi signori Fiorentini che l’hanno veduta et particolarmente al sig. Card. Giov. Carlo, che non si sazia di lodarla. A me non giungan nuove queste meraviglie per la scienza che ho del Serenissimo sig. Duca mio Padrone, il quale non si mette ad impresa alcuna che il tutto non faccia con intiera perfezione et l’averla abbellita V. S. Ill.ma con la poesia, l’avrà fatta maggiormente risplendere.»


Non dobbiamo sorprenderci, se il Guidoni nel giorno 16 aprile scriveva d’avere già veduto il Cardinale Gio. Carlo, mentre il diario del Settimanni registra appunto l’arrivo in Firenze dei principi toscani il 16, avendo lasciato Modena un giorno prima della partenza degli arciduchi. [p. 31 modifica]

E nel diario bolognese è pure notato sotto la data del 14 il passaggio dei principi Medicei, e si rileva, come «il sig. Cardinale Gio. Carlo andasse ad alloggiare a casa dei signori Conti Ulisse e fratelli Bentivogli, il Principe Leopoldo a casa del sig. Lucio Malvezzi e ciò stante, che aspettandosi il giorno seguente la venuta delli Serenissimi Arciduchi d’Austria d’Inspruch, non era capace la casa del sig. Marchese Cospi di tanti alloggi. La mattina del lunedì seguente per tempo si partì il sig. Cardinale Gio. Carlo verso Fiorenza et il medesimo giorno verso l’Ave Maria giunsero di Modena parimenti incogniti li Serenissimi Arciduchi d’Austria marito e moglie e il Ser.mo Arcivescovo Sigismondo Prencipe fratello del detto Arciduca35 quali tutti alloggiorono in casa del suddetto sig. Balì Marchese Cospi, dove si trattennero sino al giovedì mattina. La sera delli 16 martedì giunse parimente il Ser.mo sig. Duca di Mantova e Ser.ma Duchessa [p. 32 modifica]sua Consorte et furono alloggiati dal sig. Con. Odoardo Pepoli. Si trattennero detti Principi in Bologna sino a giovedì... eccetto il sig. Duca di Mantova che tardò un giorno doppo. Per trattenimento di detti Principi furono fatte due belle feste da ballo, una in casa del sig. Senatore Caprara, e l’altra del sig. Con. Gioseffo Carlo Zambeccari. Il giovedì mattina alli 18 aprile si partirono tutti detti Principi incognitamente verso Fiorenza, eccetto che il sig. Duca di Mantova qual, come s’è detto, tardò un giorno a fare il med.mo viaggio et furono serviti d’alcune carrozze a sei di gentilhuomini particolari.»


Dell’ingresso in Firenze degli arciduchi parleremo più avanti. Intanto dobbiamo premettere, che sino dai primi di marzo stavansi preparando alla corte di Toscana feste ed onoranze, onde accogliere degnamente ospiti così illustri e tanto stretti in parentela colla casa medicea. In tale

[p. 33 modifica]circostanza un torneo era d’obbligo e il granduca ne dà incarico al Cav. Tommaso Guidoni gentiluomo tenuto in molta considerazione tra i favoriti della corte e che da vari anni stava a Firenze, come dicemmo, quale residente estense. Il Guidoni era poeta ed artista e il Vedriani nella sua raccolta de pittori, scultori e architetti Modenesi (Modena 1662) lo dice «eccellente nel disegnare e miniare e che meritò gli applausi della casa granducale di Toscana per lo spatio di molti anni»36. Ma ormai era avanzato in età, anzi in una sua del 6 gennaio 1652 se ne lamenta col principe estense. «Questa sera si comincia il carnevale con un bel festino, mentre io, da povero vecchietto, me ne starò in un cantoncino al fuoco» e in un’altra al Graziani del 12 marzo scrive «ancora quà si và facendo qualche cosa (a proposito delle feste di Firenze) et anche a me, benchè vecchio, non mancherà di travagliare» e preoccupato dell’arduo incarico ricevuto, scrive al principe estense il 19 marzo «V. A. avrà inteso, che quà s’è trovato la via [p. 34 modifica]di farmi minchionare, essendomi stato comandato ch’io componga una battaglia et uno balletto a cavallo, che si dovrà fare con l’occasione della venuta di questi Serenissimi Arciduchi» e poi aggiunge «io mi sono sognato che V. A. verrà a vederlo. Oh quanto pagherei di vedere che questo sogno riuscisse vero». Ma non passò gran tempo che si sparse davvero la voce della venuta del duca e dei principi modenesi. Anche il Conte Giuseppe Ronchi oratore estense, mandato a Firenze in quella circostanza37, scrive al Graziani «tutti credono, che il Principe Serenissimo sia per venire et i Principi lo desiderano et è bella che dicono di saperlo accertatamente da Bologna et pongono me in croce per così dire».


Quantunque la notizia non fosse accertata il Marchese Bartolomeo Corsini, che certamente [p. 35 modifica]doveva godere presso gli estensi di particolare favore, senza frapporre indugio, si reca dal Guidoni, sollecitandolo a procurargli l’onore d’ospitare in sua casa il duca ed i principi. E sotto la data 6 aprile il Guidoni scrive in fatti al duca, che «Il Sig. Marchese Bartolomeo Corsini è venuto a trovarmi et mi ha rappresentato che discorrendosi per la città, che possa il Ser.mo sig. Duca, nostro comune padrone, venire incognito a vedere la festa che si fà qui in Firenze con l’occasione della venuta dei Ser.mi Arciduchi, che perciò mi prega a far sapere a V. A. che stimerà per grazia particolare, che venga ad honorare la sua casa, dove potrà stare con ogni libertà et che si troverà per dire così affrontato, mentre S. A. lasciasse la sua per valersi d’altra casa: et mi risponda qualche cosa, affinchè ancor io possa rispondere a questo cavaliere...»

E nella sera dello stesso giorno, 6 aprile, il Guidoni scrive al Seg.o Graziani un’altra lettera informandolo, primieramente «che al Sig. Marchese Corsini è nato questa sera un figlio maschio» poi «che questo signore offerisse la casa et il casino con l’orto per servire il Sereniss.o Sig. Duca. L’orto sarà meglio e più sbarazzato, mentre S.a A.a venga et io sarò qui per attendere i comandamenti di S.a A.a.» L’11 aprile torna ancora sull’argomento scrivendo al [p. 36 modifica]Graziani «Quando S. A. si risolvesse di venire, saria servita in tutti quei modi che avesse gusto et se volesse vedere la festa ancora senza essere visto, ancora questo si potrà fare et se vorria buona compagnia, l’havrà. Insomma havrà tutta quella libertà che vorrà. Ma se viene, di gratia conduca seco il Serenissimo Sig. Principe mio Signore: se vorrà stare all’orto del S. Marchese Corsini starà benissimo et se vorrà stare in qualche convento, basta ch’io lo sappi un poco avanti. Io ho detto tutto questo perchè suppongo S. A. voglia venire incognito.

«Quando però si risolvesse di fare questo viaggio son ben certo che il Ser.mo Gran Duca e tutte queste Serenissime Altezze ne havrebbero un grandissimo contento», e finalmente chiude un’altra sua del 16 aprile sempre al Graziani con queste parole: «Qua si sta con qualche speranza che li Serenissimi Signori Duca, Sig. Principe Cardinale et Sig. Principe Alfonso sieno per venire a vedere la festa et se ne mostra gran desiderio. Il Sig. Marchese Corsini sta attendendo di ricevere l’onore da coteste Serenissime Altezze in sua casa. Vorrei solo essere avvisato un mezzo giorno almeno avanti, così anche sarebbe bene sapere il tempo, mentre si risolvessero di andare in qualche convento, se bene qualcheduno ha detto, che non saria gran [p. 37 modifica]cosa, che venendo andassero in casa del Signor Marchese Bagnesi et io sono et sarò sempre prontissimo ad ubbidire et servire le medesime Serenissime Altezze in tutto quello che si degneranno di comandarmi......»

E non limitandosi il marchese Corsini a dare incarico al Cav. Guidoni della cosa, scrive esso stesso a Modena a persona di corte in data 7 aprile questa, che riportiamo intera:

«La benignità di S. V. Ill.ma è stata sempre da me riconosciuta per tale, che in ogni occasione mi rende ardito l’occorrere alle sue gratie. Presento che il Ser.mo Sig. Duca suo e mio Signore sia per arrivare in questa Città, incognito, nello stesso tempo, che si saranno i Seren.mi Arciduchi d’Innspruck. Suppongo che facelmente non vorrà sua Altezza valersi della comodità del Palazzo (Pitti) per minor suggetione. In questo caso vorrei rammemorarli la mia umilissima servitù, con l’innumerabili obbligationi da me dovuteli et offerirli la casa mia e tutto quello potesse esser di maggior servitio di S. A. in questa sua venuta. Rappresento a V. S. Ill.ma questo mio sentemento non havendo maggior ardire d’invitare il Sig. Duca, sapendo che sarebbe questo un abusare le gratie di Principe grande col pretendere così segnalati favori, ma non resto già di supplicarla a volermi con buona [p. 38 modifica]congiuntiva procurare questo honore da Sua Altezza che da me sarebbe riconosciuto e stimato per supremo e resterebbono in gran parte accresciute le mie obbligationi verso di V. S. Ill.ma, alla quale faccio per fine Umilissima Reverenza.

Di S. V. Ill.ma

Firenze, 7 aprile 1652

Devot. et Oblig.mo Servo.

Bartolomeo Corsini


E come sembra che a queste lettere venissero risposte indecise, il Corsini scrive quest’ultima al Graziani.


Illust.mo Sig.re e Pad.ne mio Osserv.mo


«La venuta quà de Serenissimi Arciduchi e l’avvicinarsi il tempo della festa a cavallo, mi danno occas.ne di riverire Vostra Signoria Illustrissima e di supplicarla a reiterare gli ofitij appresso il Serenissimo Signore Duca, acciò risolvendo di venire in questa città, resti con la sua venuta favorita et honorata la mia Casa e perchè si và voceferando quà, che possa facelmente in mancanza del Sig.re Duca venire il Signor Principe et il Signor Cardinale d’Este [p. 39 modifica]vorrei da qualsivoglia di questi Serenissimi ricevere il medesimo favore per autorizzare con questa demostrazione il titolo, di cui tanto mi pregio di vero servitore di cotesta Serenissima Casa.

Ardisco d’apportare tante brighe al Signor Girolamo Gratiani, come tanto mio Signore e per la speranza che tengo di impetrare per il suo mezzo gratie così singolari.

Resto poi infinitamente tenuto alla benignità di V. S. Ill.ma per la cortese espressione del suo contento, nella nascita di mio figlio, e vorrei potere corrispondere a tanti innumerabili favori, che da Lei ricevo, con i pronti effetti della mia devotione e per la gratia che mi fa S. A. S.ma nell’istessa occasione.

Passerò con silenzio, conoscendomi incapace ad esprimere sensi adeguati a gli effetti della somma generosità di S. A.za quale prego V. S. Ill. ad inclinare da parte mia. Et a lei bacio affetuosamente le mani».

Di V. S. Ill.ma

Firenze, 20 aprile 1651

Devot.mo et Obblig.mo Serv.re

Bartolomeo Corsini.


(R. Archivio di Stato di Modena). [p. 40 modifica]

Il marchese Bartolomeo Corsini figlio di Filippo di Lorenzo era nato il 25 aprile 1622. In famiglia si conserva un suo ritratto, splendido dipinto del Suttermans, che lo rappresenta giovinetto di otto o nove anni38. Educato fra i paggi, prende parte al torneo, come vedremo, quale capo squadra bianco, nel 54 è nominato cavallerizzo maggiore; e alla morte di Ferdinando II nel 1670 fatto maestro di camera della granduchessa Vittoria della Rovere. Ebbe per moglie Elisabetta del Principe Giovan Battista Strozzi e il figlio natogli la sera del 6 aprile, a cui accennava la lettera del Guidoni e del quale parla esso pure nella sua del 20, fu Lorenzo che, eletto papa nel 1730, prese il nome di Clemente XII39. [p. 41 modifica]

«La casa» che il marchese poneva a disposizione degli Estensi, non occorre dire essere il noto palazzo di Lungarno, ma come il Lungarno è di epoca posteriore, esso aveva allora la facciata principale sulla via del Parione. «Il casino coll’orto» era l’altro palazzo del Prato, anche oggi esistente, e che, pochi anni fa, aveva ancora una piccola facciata, ma con grandiosa scalinata all’ingresso.

Abbiamo veduto, che il Guidoni considerava cosa probabile che gli Estensi, recandosi a Firenze, avessero alloggiato in qualche convento,

[p. 42 modifica]come era costume di quei tempi, quando un principe non voleva dare incommodo ad alcuno, ma che non era neppure da farsi caso, che i principi fossero andati ad abitare «in casa del Marchese Bagnesi». Era questi il marchese Francesco modenese, da poco stabilitosi a Firenze, essendo entrato in possesso nel gennaio del 1652 di un lauto maggiorasco pervenutogli per testamento di Giuliano Bagnesi senatore fiorentino, suo parente40. Un lungo carteggio da noi trascorso, che si conserva nel R. Archivio di Stato in Modena prova quali rapporti confidenziali esistessero tra il marchese Francesco e il duca, quindi nessuna meraviglia, che Francesco I avesse preferito andare da lui, giacchè si sarebbe trovato come in casa propria, mentre in casa Corsini sarebbe stata inevitabile un’ [p. 43 modifica]accoglienza, quale si addiceva ad un sovrano. Comunque sia, forse per non disgustare nessuno, il Duca preferì di non muoversi e poi dobbiamo notare, che Francesco I era stato a Firenze anche nel gennaio.

Tornando ai preparativi per le feste di Firenze, vediamo il nostro Guidoni talmente occupato nell’allestire il torneo, che il conte Ronchi scrivendo al Duca e parlando di lui, dice che «è invisibile et appena ha il tempo di mangiare, che tutti lo travagliano, ora aggiungendo, ora diminuendo qualche circostanza alla festa... che alle difficoltà, che non sono poche, vi si aggiunge quella del tempo, che ogni giorno con due o tre ore di pioggia impedisce la continuazione del lavoriero et apporta pregiudizio al già fatto» ed il Guidoni stesso scrive al Graziani il 16 aprile «io credo che in pochi giorni saremo all’ordine; gli è ben vero che prima che martedì o mercoledì prossimo avvenire non credo sia per farsi et oltre a questo per essere festa da farsi di notte, allo scopo bisogna stare col tempo.»


Gli arciduchi giunsero in Firenze la sera del 19 aprile. Il diario del Settimanni a c. 294 ne descrive l’entrata in questi termini «Addì XIX di aprile 1652 venerdì sera arrivarono in Firenze i Ser.mi Arciduchi Ferdinando Carlo e [p. 44 modifica]Sigismondo Francesco d’Austria colla Ser.ma Arciduchessa Anna Medici di Toscana moglie di detto Arciduca Ferdinando; e ciò seguì intorno le due ore di notte dalla Porta a S. Gallo, ed il Granduca, Granduchessa, Principe Mattias e Leopoldo andarono ad incontrarli molte miglia lontano da Firenze. Per tutte le strade e per le traverse dove passarono per la città furono grandissimi luminari nelle case ed a palazzi de Gentiluomini erano gran numero di torce, ed alle case de Poveri furono dal Monte delle Graticole mandate candele, fogli, e scodellini. Nel loro ingresso le fortezze spararono tutte le loro artiglierie; e tutte le Gentildonne fiorentine andarono in carrozza alla detta Porta a S. Gallo con due torce per carrozza, come fecero ancora gran quantità di gentiluomini parte in carrozza e parte a cavallo; e i detti Principi vennero a cavallo e per la via San Gallo, Via degli Armaiuoli, Piazza di S. Marco, via Larga, via de’ Martelli, per la piazza di S. Giovanni, Santa Maria Maggiore, del Centauro, Piazza degli Antinori, dal Canto de Tornaquinci, dal Ponte a S. Trinita, per via Maggio e dallo Sdrucciolo de’ Pitti arrivarono al Palazzo Pitti circa le tre ore di notte, nell’ingresso della qual piazza furono fatte diverse sinfonie con istrumenti da fiato ed altre più sorte.» [p. 45 modifica]

Dallo stesso diario vediamo, che il giorno dopo 20 aprile il Principe Sigismondo era malato e che arrivò «il Duca e Duchessa di Mantova incogniti per assistere alle feste e scendono dal Cav. Dragomanni in Piazza SS. Annunziata. Arrivo di un ambasciatore straordinario Lucchese con belle livree per invitare gli arciduchi a passare al ritorno per Lucca.»


Dei giorni 21, 22 e 23 il Settimanni non parla, ma noi possiamo supplire con lettera del Ronchi al Duca, 22 aprile «Ieri mattina io ricevei tutti questi Ser.mi Principi (il Ronchi era considerato quale ambasciatore estense) che gradirono oltremodo l’espressioni ch’io feci dell’osservanza, che professa loro V. A. Ser.ma e certo la corrispondenza non può essere più affettuosa, ne più cordiale, come dirò più precisamente a V. A. Ser.ma in voce. Ieri dopo pranzo che fu Domenica, cioè ben tardi, perchè alle 20 ore andarono a tavola, havendo desinato in pubblico alle stanze della Serenissima Arciduchessa il Granduca, la Granduchessa e li signori Principi Mattias e Leopoldo, si fece corso da Palazzo alla S.ma Annunziata, alla cui chiesa smontarono di carrozza per vedervi quella sacratissima Immagine. La devozione però pregiudicò al corso e la pioggia concorse anch’essa a guastarlo [p. 46 modifica]totalmente. La sera si fece festa da ballo nella solita sala di Palazzo e veramente riuscì numerosissima di Dame e di Cavalieri. Questa mattina, che è lunedì (22 aprile), il Serenissimo Arciduca ha dato udienza agli Ambasciatori di Lucca. Il Duca Salviati m’ha detto di avere durata gran fatica per ridurre sua Altezza a farli coprire e che pure gli è riuscito41. Oggi dopo pranzo sono andati a caccia verso Pratolino. Ma! havranno fatto poco, perchè è quasi sempre piovuto».

«Il Duca di Mantova stà risoluto di non trattare d’Altezza i signori Principi e però non vi è gran sodisfazione42. Ha detto oggi di volere andar domani a Livorno e il Marchese Valenti m’ha detto, che ha qualche pensiero d’arrivare fino a Roma. Creda V. A. Ser.ma che la scena è curiosissima...».43 [p. 47 modifica]

Sotto la data del 24 aprile registra il Settimanni nel suo diario che «gli arciduchi vanno a desinare al Poggio Imperiale, ove fu fatta una giostra al burato, che divertì molto le Loro Altezze». Anche il Ronchi ne scriveva al duca, come di divertimento compreso nel programma delle feste «pensano di fare una corsa al burato al Poggio Imperiale44, una comedia in musica et una caccia di fiere nel theatro, ove si fece la festa per Vostra Altezza.

[p. 48 modifica]

La caccia di fiere, non pare abbia avuto luogo, almeno il diario fiorentino non ne parla, quantunque a Firenze non sarebbe stata una novità, giacchè abbiamo trovato, che il Guidoni scriveva al Duca il 6 febbraio 1651 «il tempo si è messo al cattivo et ha impedito, che hoggi si facesse nella piazza di Santa Maria Novella una caccia di tori, cignali, lupi et altri animali selvatici.»


Nel giorno 25, secondo il diario fiorentino, fu «giuocato il calcio in piazza S. Croce con divise verdi e gialle. Gran folla, molto piacere degli arciduchi.»

Questo giuoco era stato dato anche nel gennaio per la venuta di Francesco I e il Guidoni ne parlava scrivendo al Principe Alfonso «24 gennaio 1652. Oggi si è fatto il giuoco del calcio et è riuscito di sommo gusto al Padrone Serenissimo per la bizzaria del comparire, e per la nuovità dello stesso giuoco, che si rende tanto più raguardevole, perchè in esso non operano che Cavalieri di nascita.» Conservasi nella Biblioteca Estense un’operetta intitolata «Discorso sopra il giuoco del calcio fiorentino del Puro Accademico Alterato al Ser.mo Gran Duca di Toscana suo Signore — In Firenze nella Stamperia de Giunti, 1580.» Si rileva come fosse «un giuoco pubblico di due schiere di giovani [p. 49 modifica]a piedi senza arme, che gareggiavano di fare passare oltre allo opposto termine un mediocre pallone a vento a fine d’honore... Dal calcio fu nominato, il quale solo oltre al pugno può far passare la palla sopra lo steccato... I giuocatori devono essere in tutto cinquantaquattro... belli et bene armonizzati, nobili et di buona fama... graziosi con habiti belli et leggiadri, avendo dintorno a vedergli le più vaghe Dame et principali Gentilhuomini della città... La corsa, il salto, la lotta, il pugilato, il nuoto, il cavallo, la scherma non sono che gli elementi, i principij, l’antipasto del giuoco del calcio, al cui confronto tutti gli altri giuochi (dice l’autore) non sono che battaglie da scherzo, poichè in questo si esige velocità de piedi, destrezza del lottare, saltare et il pugno, ecc.45»

Sotto il giorno 26 il diario non ha che questa nota «La Granduchessa Vittoria ha un po’ di febbre e si leva del sangue» e nel 27 che «gli Arciduchi visitano la fortezza da basso.» [p. 50 modifica]

Ed eccoci giunti al 28, alla giornata del torneo. Il Settimanni riferisce quanto segue (a c. 299-300): «Addì XXVIII di Aprile 1652 Domenica sera fu fatto un bellissimo balletto di cavalli a’ Seren.mi Arciduchi d’Austria nel teatro del Giardino di Boboli, che cominciò a un’ora di notte e finì alle quattro. Operarono a detto balletto 52 cavalieri in diverse squadre divisi ed armati e con bellissime Pennacchiere: ed ogni squadra aveva un colore diverso dall’altro. Capo di detta festa fu il Ser.mo principe Cosimo de Medici primogenito del Granduca. Tutti li cavalieri avevano un gran numero di staffieri vestiti di tele del colore del Padrone inargentate e dorate con spada a lato e dardo in mano. Ed il teatro era di maniera illuminato che pareva di giorno. Comparvevi una grand Orca marina che camminava nel teatro senza vedersi, ne sentirsi chi la movesse e nell’andare girava gli occhi, ed apriva e serrava la bocca e sopra il dorso era un musico benissimo vestito, e dopo avere la detta Orca girato attorno il teatro si fermò davanti li Ser.mi Principi, dove cantò detto Musico assai eccellentemente: e dopo aver finito di cantare si partì l’Orca e si pose nel mezzo del teatro, ed in un momento si disfece quella Machina, la quale di Orca diventò una grossa barca [p. 51 modifica]con tutte le sue parti, con un grand’Albero e vele, e quel musico senza muoversi rimase nella poppa della nave, la quale cominciò da tutte le bande a sparare molti colpi di Moschetto da diverse buche ch’erano per tutte le parti di detta Nave. Ed in essa si viddero 50 altri musici tutti vestiti di abiti diversi e cominciarono tutti a cantare girando la nave attorno al teatro, e di poi si partì. Comparve dopo un altro bellissimo carro pieno di Musici tutti magnificamente ornati, sempre cantando ed invitando quei cavalieri a combattere; e dopo aver cantato alquanto, il carro si ritirò da una parte del teatro ed i cavalieri cominciarono quando a solo a solo, quando a due a due e quando a più caracollando con spararsi sopra la persona delle pistolettate e poscia vennero all’arma bianca. Finito di combattere, ebbe principio il balletto di cavalli, che fu cosa tanto bella e tanto bene ordinata, che appena immaginare, non che descrivere si potrebbe per la maestria de cavalli, che nell’andare così a tempo sarebbero stati a prova con gli uomini istessi; e da tutto il popolo, che vide tal festa fu stimato uno de’ più belli spettacoli, che da anni 50 in qua fossero stati veduti in Firenze».

Trovansi altri particolari in una relazione a stampa che si conserva nella Biblioteca Estense, [p. 52 modifica]la quale ha per titolo: «Combattimento e balletto a cavallo rappresentato di notte in Fiorenza a Serenissi.mi Arciduchi et Arciduchessa d’Austria ecc. nel Teatro contiguo al Palazzo del Ser.mo Gran Duca in Fiorenza — nella stamperia di S. A. R. alla Condotta 1652.»

Il torneo è così descritto:

«Proteo figlio dell’Oceano e Nume potentissimo delle Acque esce sopra una Balena da una spaziosa Grotta di mare con la FAMA sopra una Nuvola, posata su ’l dorso del medesimo Mostro, seguita da quaranta Cavalieri a Cavallo divisi in due Drappelli uno di Germania e l’altro di Spagna. Questi cinti di arnesi Militari et adorni di preziosissime Spoglie con numerosa comitiva a piedi, repartiti in vaga ordinanza, passeggiano il Campo, insieme con l’Orca Marina, la quale avvicinatasi alla Residenza delle Loro AA. Serenissime, Proteo e la Fama cantando, danno introduzione alla Festa.

La Balena prende forma di vastissima Nave, ondeggiante nel Mare..... tempestata d’oro e d’argento con Trofei e Imprese, restando Proteo e la Fama a Poppa della medesima, mentre da numeroso Coro di Nereidi e di Tritoni ripiena la Nave, si vanno cantando le glorie di casa d’Austria. ecc.

La Nave si ritira dando luogo a Cavalieri che si preparino alla Battaglia. [p. 53 modifica]

Vengono i Guerrieri all’assalto, con la destra prima armata di pistola e poi di stocco e doppo haver combattuto per buon spatio di tempo, escono da alcuni scogli cavernosi dodici Cavalieri a Cavallo in forma di Numi Marini che portatisi velocemente al Campo, dividono la Battaglia; precorrendo Netunno, il quale sopra un maestoso Carro servito da un Coro di Mari e di Fiumi, passa per il mezzo delle Squadre Guerriere, fa depor le Armi e con versi cantando li rappacifica e l’invita a danzare:

· · · · · · · · · · ·

Coro di Marini.

Al Ballo Guerrieri,
Sdegnati non più,
Spronate i Destrieri
Veloci sù sù.

Già l’onda con l’onda
Ridente nel Mare,
Festosa e gioconda
N’invita a danzare;
Non più non pugnate
Danzate, Danzate.

Si fa il Balletto a Cavallo all’armonia di gran quantità e varietà d’istrumenti, cantandosi nel medesimo tempo le seguenti parole: [p. 54 modifica]

Non più le Trombe ormai le Rive assordino
Ma con le Cetre il suon Guerriero accordino
Qui sol guerre d’amor ne petti regnino,

ecc. ecc.

Finito il Balletto partono i Cavalieri con tutta la Comitiva, mentre li due Cori del Carro e della Nave cantano le seguenti Stanze:

Lasciate o Forti, lasciate,
L’amico Tosco Terren.
Le Palme che voi bramate
Verdeggiano all’Alba in sen,
D’Allôr vi cinga la fronte
L’Eufrate, ’l Gange e l’Oronte.

ecc. ecc.

«Nomi de quaranta Cavalieri, che fanno il Combattimento, i quali di poi congiunti con altri dodici Cavalieri, che in forma di Numi Marini dividano la Battaglia, fanno il Balletto.

Capo Squadra Nera.
Il Sereniss.o Principe Mattias
Sig. Iacopo Guicciardini
» Marchese Scipion Capponi
» Priore Francescomaria Covoni
» Marchese Gio. Battista del Monte.
Tenente e Caposquadra Nera.
Sig. Marchese Pier’ Antonio Lunati
» Enrigo Minerbetti
» Guglielmo della Rena
» Conte Giovanni d’Elce
» Carloventura del Nero.
Capo Squadra Giallo.
Sig. Marchese Pier Francesco Vitelli
» Conte Ferdinando Zeffirini
» Conte Filippo Bentivogli
» Girolamo Petrucci
» Ruberto Pucci.
Tenente e Caposquadra Giallo.
Sig. Carlo Torrigiani
» Cav. Francesco Serristori
» Marc’ Antonio Altoviti
» Cav. Fra Zenobi Ricci
» Cav. Giovangualberto del Rosso.
Capo Squadra Verde.
Sig. Don Antonio Medici
» Conte Nicola Spada
» Barone Agostino del Nero
» Conte Ridolfo Bardi
» Luigi Ridolfi.
Tenente e Caposquadra Verde.
Sig. Cav. Dante da Castiglione
» Filippo Ginori
» Cav. Pietro Suarex
» Cav. Fra Andrea Minerbetti
» Francesco Portinari.
Capo Squadra Bianco.
Sig. Marchese Bartolomeo Corsini
» Cav. Vieri da Castiglione
» Francesco Guicciardini
» Girolamo Guicciardini
» Pietro Strozzi
Tenente e Caposquadra Bianco.
Sig. Conte Francesco Montauti
» Cav. Carlo Geraldini
» Bernardo Bini
» Cav. Lorenzo Medici
» Conte Ferdinando d’Elce.

«Nomi de’ dodici Cavalieri, che in habito di Numi del Mare, precorrano le venuta di Netunno e doppo haver diviso la Battaglia fanno il Balletto a Cavallo con li quaranta Cavalieri. [p. 57 modifica]

Cavalieri che operano nel mezzo.
Raddoppiano.
Sig. Marchese Carlo Gerini
» Marchese Ferdinando Malaspina
» Ippolito de Vic
» Alessandro Carducci.
Corvèttano e raddoppiano.
Sig. Marchese Giovanbattista Schinchinelli
» Conte Francesco Strasoldo.
Corvèttano su le volte.
Sig. Alessandro Visconti
» Leonardo Mantellini.
Corvèttano a diritto.
Sig. Marchese Ferdinando Ridolfi
» Filippo Franceschi
» Cav. Gio. Battista Bolognetti
» Francesco Rucellai.

«La Battaglia e il Balletto fu invenzione e composizione del Sig. Cav. Tommaso Guidoni.

«Gli abiti de’ Cavalieri e di tutta la festa furono fatti con la sovraintendenza del Sig. Annibale Doura. [p. 58 modifica]

«Il Componimento e la Poesia fu del Sig. Benedetto Rigogli46.

«Il Carro di Netunno, le prospettive, gli abiti etc. e gli altri ornamenti del Teatro furono invenzione del Sig. Alfonso Parigi47.

«La macchina grande dell’Orca Marina, che si trasforma in Nave fu invenzione del Sig. Ferdinando Tacca48.


Se i principi e la città restarono, come dice il Settimanni, soddisfatti della festa, tanto più ebbe ad esserlo il Guidoni, che ricevè dal Granduca un contrassegno del suo compiacimento. Lo scrive esso stesso al Graziani il 7 maggio. «Veramente si può dire che la nostra festa abbia avuto applauso ed io ho avuto di più questo che il Ser.mo Gran Duca con le sue mani [p. 59 modifica]proprie mi ha regalato un Diamante posto in un Anello di circa cento Doble di valore, dichiarando, ciò fare per la soddisfazione che egli aveva auto della suddetta festa, come anche per la fatica, che io vi avevo durato, del che io sono rimasto molto confuso della benignità di S. A....» E al duca aveva già scritto il 30 aprile, annunciandogli che «habbiamo terminata la nostra festa domenica pross.a passata et già che V. A. non ha voluto pigliarsi incomodo di venire a vederla, io li mando insieme con questa il libretto stampato in questa occasione. Hoggi i Sig.i Arciduchi vanno alla villa della Petraia, dove vi si farà un ballo di Contadini et altri scherzi pur di contadini, et si finirà poi con una bella merenda. Questa sera si farà la Comedia in musica. Domani il palio e la sera la festa di ballo a Palazzo, il sabato partiranno per il loro viaggio»

Codesta lettera ci dispensa dal ricorrere al diario fiorentino. Noteremo solo, che in esso non si parla della corsa al palio e che sotto la data del 30 dicembre dice, che «gli arciduchi desinano alla Villa del Castello, dove andò una truppa di trattori di Firenze vestiti tutti di bianco e che fecero a detti principi il giuoco della Contadina. Il 2 maggio partono i duchi di Mantova e il 4, sabato, partono gli Arciduchi [p. 60 modifica]per Bologna e Venezia e mandano due ambasciatori a ringraziare i Granduchi».

Sotto la stessa data del 4 maggio troviamo una lettera dell’Abate Strozzi al Duca, che completa le notizie relative alla loro partenza: «Questa mattina sono partiti gli Arciduchi. Si è portato il granduca mio signore con notevole comitiva ad accompagnarli a Trespiano49 con animo di andare più avanti, ma l’Arciduca con cortese violenza non ha voluto...». Parla quindi dei donativi fatti dall’Arciduca Ferdinando ai principi di Toscana. «Di quattro speciosi et guarniti archibusi di gioie ha l’Arciduca reghalato il Gran Duca et anco gli altri principi d’altri donativi di belle pistole et d’altro».

Da nessun documento risulta, che da sua parte il granduca abbia presentato a’ suoi ospiti donativi, come è supponibile.


Finalmente a completare, per quanto possiamo, le notizie relative alla dimora dei principi del Tirolo [p. 61 modifica]alla Corte Medicea, aggiungeremo un’ultima lettera del Guidoni, d’un interesse tutto particolare, dalla quale si potrebbe dedurre, che in quei giorni il Suttermans avesse fatto il loro ritratto, quando il duca Francesco I, che aveva già chiamato a Modena il pittore nel 1645, dava incarico al Guidoni di farlo ritornare e, forse perchè il pittore era cresciuto di fama, desiderava sapere, quanto esigesse per fare un ritratto. La risposta è diretta al Seg.o Graziani: «Quanto a Giusto Pittore,50 mi occorre dire a V. S. Ill.a che di presente mediante l’esser quà questi Principi forestieri, ha qualche ritratto da fare per servizio di queste Altezze, subito che sarà sbrigato et che saranno andati via questi S.mi Arciduchi, procurerò che se ne possa venire a servire il Sereniss.o Sig. Duca, et intanto starò attendendo nuovi Avvisi da V. S. Ill.ma in riguardo anche del prezzo de ritratti, che costà deve fare, che si riduce a questo. De ritratti intieri al naturale non vorrebbe meno che piastre 5051. De mezzi ritratti, ma con tutte due le mani si contenterà di trenta in [p. 62 modifica]trentacinque piastre et delle teste venti in venticinque piastre. Queste sono le sue chieste, dice ben però, che intende di volere incontrare il gusto del Sig. Duca anche nel prezzo col pigliar poi quello che dalla sua benigna mano li sarà dato».


Da Firenze i Principi si recarono a Ferrara ospitati dal Marchese Federico Mirogli52. Fra i dispacci ferraresi alla corte estense, che conservansi nel R. Archivio di Stato in Modena53, sotto la data 30 aprile troviamo relazione «dei diversi preparamenti che il marchese fa nel suo palazzo per l’alloggio dei Ser.mi Arciduchi, allestendo anche un’opera da recitarsi in musica nel medesimo palazzo per non aver potuto ottenere licenza dal sig. Cardinale Legato di farla rappresentare in theatro pubblico54. Ha il medesimo sig. Marchese ancora fatto [p. 63 modifica]aggiustare nella Villa di Quartesana un suo palazzo con pensiero di condurre a diporto li dd. Ser.mi Arciduchi, per trattenimento de quali ha di più impetrato differirsi il corso del Pallio di S. Marco per il giorno della domenica».

Gli arciduchi giunsero in Ferrara il mercoledì 8 di maggio. Sulla loro dimora presso il Mirogli parla un dispaccio inviato alla corte estense parecchi giorni dopo la partenza dei principi.

Ferrara 25 maggio 1652. — «Partirono per Venezia li Serenissimi Arciduchi lunedì 13 del corrente essendo stati alloggiati dal sig. Marchese Mirogli cinque giorni continui con diversi trattenimenti di quintanate, feste da Ballo e caccia del toro et sopra tutto d’un opera in Musica fatta recitare con molto applauso delle medesime Altezze Serenissime.»

«Si sente, che la sig.ra Arciduchessa habbia regalata la moglie del medesimo sig. Marchese di una argantiglia di diamanti insieme con una goccia da Capo figurata di valore di doble cinquecento, come anche il sig. Arciduca si sia

[p. 64 modifica]dichiarato di mandar a detto sig. Marchese una Credenza d’Argento dorato per otto bocche, oltre l’averle consegnata Patente di fare leva di mille huomini dal Tirolo per servizio de Veneziani.»

«Alla famiglia del med.o sig. Marchese S. A. lasciò doble cento et ungari cinquanta per li Musici, havendo fatto anche distribuire altri regali a diversi, se bene di poco rilievo.»

«Non essendo intervenuti gli Eminentissimi sig.ri Cardinale Legato e Vescovo all’opera recitata per le difficoltà non aggiustate di precedenza, fu replicata la medesima opera sabbato passato che riuscì con molto plauso.»


Come abbiamo veduto, gli arciduchi mossero per Venezia il 13 maggio. Desiderando seguirli, onde il nostro studio non rimanesse incompleto, dobbiamo essere grati al Sovrintendente degli Archivi Veneti e Direttore del R. Archivio di Stato in Venezia Comm. Federico Stefani, che da noi pregato, ebbe la cortesia di comunicarci ciò che relativamente al soggiorno di questi principi in Venezia trovasi inserito nel libro dei Cerimoniali a pag. 61, corredato di note.

Da questo veniamo a sapere, che gli arciduchi alloggiarono in casa Grimani Calergi e che avevano un seguito di 400 persone. Complimentati da parte della Serenissima, i principi pregarono [p. 65 modifica]si lasciassero tranquilli, onde visitare a loro agio i monumenti della città. Soltanto in ordine a pubblici decreti furono loro inviati copiosi rinfreschi e data una festa da ballo con grande soddisfazione dell’Arciduchessa, che l’aveva desiderata.

Il 21 maggio lasciarono Venezia per recarsi a Treviso, ospitati dai conti Onighi e fatta breve sosta a Bussolengo nel palazzo del Conte Rodella, passarono da Bergamo, ove il podestà e capitano avevano ricevuto ordine dalla Serenissima di ossequiarli e servirli a rinfreschi. Finalmente, forse per la via di Sondrio, Bormio e passo dello Stelvio, gli arciduchi si ricondussero a Innsbruck.


R. Archivio di Stato in Venezia. — Cerimoniali e feste in occasione di avvenimenti e passaggi nelli Stati della Repubblica Veneta di duchi, arciduchi ed imperatori dell’Aug.ma Casa d’Austria dal 1361 al 1797 del cav. Teodoro Toderini. Venezia, 1857


1652. 25. Maggio. — «Sendosi perinteso dall’Eccell.o Collegio, che fosse pervenuto in questa città l’Arciduca Carlo Ferdinando d’Inspruch con la moglie55 e fratello56, deliberò col Senato la sera de 15. corrente di mandar un secretario di Pregadi a complir a nome pubblico con le loro Altezze. La [p. 66 modifica]mattina dei 16 si portò il secretario alla casa de gl’Illust. Sigg. Grimani Calergi, dove alloggiavano et fatto capo col cameriere maggiore per adempir gli ufficii dopo d’haver atteso che l’Arciduca finisse di vestirsi, fu introdotto da S. A. che con espressioni cortesi et di doverne conservar perpetua memoria gradì le dimostrationi di stima. Non si passò ad altra visita dalli Eccell. Sigg. Savio del Consiglio e di terraferma, come si accostuma in casi simili, per haver replicatamente l’Arciduca detto, che pregava la Repubblica di non farlo, ma lasciargli godere l’intiera libertà. Dal Magistrato alle Rason vecchie in ordine a pubblici decreti furono spesi ducati 600, buona valuta, in tanti rinfreschi che sopra abbondanti bacili gli furono inviati. Essendosi l’Arciduchessa lasciata intender che havrebbe goduto in veder una festa di gentildonne; il che riferito dagli Illustri Sigg. Grimani nebbero facoltà da proprj magistrati di poterne convitar quel numero che fosse stato sufficiente, come fu eseguito con grande sodisfatione delle loro Altezze, quali trattenutesi con somma libertà e piacere, portandosi in ogni luogo a vedere tutte le cose più cospicue della città, se ne partirono la mattina del 21 corrente, prendendo la via di Treviso, per ritornarsene alla patria loro. Lasciarono una collana di ducati 150 in circa al figliuolo del Cardinale Maggiordomo della Serenissima Signoria et 100 ongari, 50, per quelli dell’Arsenale et 50 alli Offitiali alle Rason vecchie».


Cerimoniale III — R. Arch. di Stato in Venezia

Note

  1. Il Chiar.mo D.re Hirn Prof. dell’Università di Innsbruck ebbe la cortesia di comunicarci, che la residenza abituale dell’Arciduca Ferdinando Carlo in Innsbruck era nella Burg, mentre il castello dell’Ambras era soltanto un soggiorno di piacere.
  2. Tanto numeroso acompagnamento è ricordato in una nota dei Cerimoniali ecc. pubblicati dal Toderini — Venezia 1857 — che il lettore troverà in fine.
  3. Isabella Chiara era nata nel 1629.
  4. L’Arc.a Leopoldo conte del Tirolo fratello dell’Imperatore Ferdinando II, aveva sposata Claudia Medici nel 1626.
  5. Che Girolamo fosse zio del maresciallo è provato da una sua lettera scritta nel 1644 al Conte Trautmendorf primo ministro dell’Imperatore, riportata dal Tiraboschi, Biblioteca Modenese.
  6. R. Arch. di Stato in Modena. Dispacci da Firenze di Nicola Strozzi 1652. L’abate Nicolò Strozzi nato nel 1570 morì nel 1655. Fu canonico della Metropolitana e Maria de’ Medici lo fece fare gentiluomo e ministro residente in Toscana di Luigi XIII re di Francia. Questo posto egli occupò fino alla morte. Noi vediamo, che era pure incaricato d’affari della corte estense.
  7. Il Tiraboschi, Bib. Mod.: dice, che il Vigarani, famoso ingegnere alla corte estense, era stato richiamato a Mantova dalla corte affine di dare l’idea delle feste, che ivi si preparavano per la venuta degli arciduchi Ferdinando e Sigismondo fratelli della duchessa.
  8. Annali d’Italia. Tomo XI.
  9. R. Arch. di Stato in Modena. Dispacci da Firenze di Tommaso Guidoni 1652.
  10. L’Ambrogiana era un’antica villa granducale sulla strada pisana, vicino a Montelupo, presso la confluenza della Pesa nell’Arno, alla seconda posta da Firenze. Non era frequentata che di passaggio.
  11. Il Cardinale Rinaldo d’Este fratello del duca. Risiedeva prima a Roma, ove esercitava una protezione in favore della Francia che dava imbarazzi al duca. Volendo esso vivere in buon aarmonia colla Spagna tanto si adoperò, che nel 1651 indusse il cardinale a ritirarsi da Roma ed accettare il Vescovato di Reggio.
  12. Riportiamo i nomi di questi cavalieri tedeschi, come sono citati dal Settimanni, declinando ogni resposabilità sull’esattezza grafica.
  13. Era duca di Parma Ranuccio II, che nel 1652 non aveva ancora sposato l’avvenente Margherita Violante figlia di Vittorio Amedeo I duca di Savoia, matrimonio, che successe nel 1660.
         Duchessa di Parma era la madre del duca, (vedova da 6 anni e ne aveva 54), Margherita, figlia di Cosimo II e di Maddalena d’Austria.
  14. Essendo toscane tanto la duchessa di Parma, che l’arciduchessa Anna, il gentiluomo ambasciatore del granduca doveva essere per amendue un vecchio conoscente.
  15. Era da poco, che Francesco I aveva convertito la rocca di Sassuolo in superbo e vasto palazzo disegnato dall’Avanzini e ornato di parco, giardini, grotte, perschieri, ecc.
  16. G. Campori, Strenna modenese, 1844. - (Biblioteca estense).
  17. R. Archivio di Stato di Modena - Mandati n. 6539.
  18. Fratelli del granduca.
  19. Del Bagnesi e del Cospi parleremo più avanti.
  20. Don Giulio Medici apparteneva ad uno dei rami collaterali della casa regnante.
  21. Galilei, cavaliere di Malta, quinto cugino del sommo Galileo.
  22. R. Archivio di Stato di Bologna — «Diario delle cose notabili che succedono alla giornata, acciochè serva di ricordo e d’aviso anzi d’avertiemento all’avenire in servitio publico nella segreteria dell’Ill.mo Senato di Bologna. Dal 1645 al 1655» a. c. 75. V.
  23. Atti e Memorie della R. Deputazione di Storia Patria per le provincie di Romagna. Terza Serie, Vol. VII, Fasc. III. G. B. Comelli — Ferdinando Cospi e le origini del Museo civico del Museo Civico di Bologna.
         Sulle origini della famiglia Cospi, il Comelli non parla, ma trovammo, che il Dolfi nella sua Cronologia delle famiglia nobili di Bologna MDCCXX ha qualche dubbio possa essere di provenienza toscana.
  24. Il culto per le scienze e per le arti dovava essergli stato inspirato, come nota il Comelli, quando giovinetto, essendo a Firenze col padre, venne educato in corte coi figli di Cosimo II.
         Non è a dire di quanti favori al suo ritorno a Bologna fosse onorato il Cospi dal graduca Ferdinando; e da carteggo esistenti presso il R. Archivio di Stato in Modena risulterebbe, che anche colla corte estense fosse il Cospi in relazioni confidenziali, tanto che in sua casa facevano capo i mulattieri, che spesso portavano da Firenze oggetti ordinati da Francesco I, persino commestibili, barili d’olio e di vino, ecc. incaricandosi il marchese della trasmissione a Modena.
  25. Dai «Libri delle Provvigioni» R. Archivio di Stato in Modena, risulta, che il Conte Graziani prima del 1653 non ebbe titolo di segretario di Stato, ma forse ne fungeva le veci. Nel 1652 lo troviamo indicato come «secretario di S. A. il principe Alfonso» mentre in detto anno il segretario e consigliere di Stato era Alessandro Bernardi, successo a Fulvio Testi, che aveva cessato da quell’ufficio nel 1645.
  26. Nelle Antichità Estensi il Muratori ripetendo il fatto dice esso pure, che successe durante «le pruove di questo insigne spettacolo». Sulla presenza casuale del Montecuccoli a Modena diremo, che fino dal gennaio il ministro estense presso la corte cesarea, Nicolò Siri, aveva già annunciato a Francesco I la partenza per Modena del Montecuccoli e sembra che fosse estraneo uno scopo politico; altri invece suppongono, come rileva C. Campori nella vita del maresciallo, non avesse altro motivo che di rivedere la patria.
  27. E pensare, che a quel tempo ovunque era severamente vietato il giuoco! A Venezia (1628) chi teneva ridotti, se nobile, era escluso dal Consiglio per 3 anni, non essendolo, condannato al bando o alla galera per 18 mesi. Luigi XIII pensava di distruggere il vizio, dichiarando nulli i debiti di giuoco.
  28. Le carrozze cardinalizie, tanto di treno nobile quanto quelle di trottata, erano grandi in eccesso. Il Morroni racconta, che a Roma non era raro il vedere sei cardinali assieme. Il primo posto era quello di dritta in poppa, riservato al cardinale più anziano, il secondo quello di sinistra, ecc. Non occorre aggiungere, che nel secolo XVII si usavano più che mai carrozze dipinte, intarsiate in oro, con guarnizioni in seta ne’ fornimenti delle carrozze e dei cavalli e che i cocchieri e staffieri vestivano casacche di panno o velluto in seta e gallonate.
  29. Questi famosi arazzi del Re d’Aragona erano venuti in casa d’Este col corredo di Eleonora nel 1473. Il palazzo era l’antico, ristaurato dal Duca Cesare, poi da Alfonso III, giacchè l’attuale nel 1652 doveva essere appena cominciato, se l’Avanzini - R. Arch. di Stato di Modena - il 6 maggio 1650, scriveva che stava «travagliando per ridurre i disegni a perfezione». G. Campori riporta nella sua Storia degli Artisti Italiani e Stranieri negli Stati Estensi un brano di una lettera del Misson che, parlando di Modena dice «le vieux palais de le Prince etoit peu de chose, mais le nouveau qui se bastit... a de commencemens qui promettent beaucoup, e la lettera porta la data del 28 maggio 1688.
  30. Nell’Archivio Comunale di Modena trovammo notato nel libro dei Partiti sotto la data 8 aprile 1652 car. 74, che «Riferisce il sig. Priore essere stato chiamato dal sig. Segretario Sacrati, quale le haveva detto che S. A. voleva la sala della ragione per fare la festa e che perciò si dovesse far sgombrare incontinenti facendo ancor levar il Banco della ragione eccettuato il sedile del sig. Podestà, qual potria servire per i sonatori; che parimente si facesse adobar la sala di spaliere, valendosi di quelle della Chiesa di S. Pietro e del Carmine e si provedesse di sedili necessari per tale occasione».
  31. Almerico d’Este figlio di Francesco I. Giovinetto volle militare a fianco del padre nella guerra del Piemonte contro gli Spagnuoli. Chiesto da Veneziani per la guerra di Candia contro il turco, sedò appena giunto un’ammutinamento nel campo del Morosini e poco dopo preso da malattia morì a Paros in età di 20 anni. — Vedi un’interessante memoria sul principe Almerico d’Este elaborata dal nostro egregio collega Ing. Giovanni Messori pubblicata per nozze Giberti-Paravicini, Sassuolo, 1880.
         Claudio Rangoni era figlio del marchese Fulvio.
  32. Il Marchese Fortunato Rangoni seguì il Duca nella guerra del 1635, e tre anni dopo nel suo viaggio a Madrid. Nel 1654 accompagnò il Principe Luigi d’Este mandata a ricevere D.a Lucrezia Barberini, nipote di Urbano VIII, che veniva terza sposa a Francesco I.
  33. Crivelli Giovan Battista compositore distinto, nato sugli ultimi del secolo XVI a Scandiano presso Reggio.
         Nei primordi della sua carriera fu organista della cattedrale di Reggio, poi a Ferrara e finalmente passò ai servigi di Francesco I quale maestro di cappella di corte. Il Fetìs dice, che morì nel marzo del 1652. Se la notizia fosse vera, sarebbe morto prima, che fosse fatto il torneo.
  34. Anche G. Campori «Artisti Italiani e Stranieri negli Stati Estensi» ricorda che fu l’Avanzini che eresse il teatro di legno per questo torneo nella corte del castello. L’Avanzini era romano e lasciò fama per vari edifici grandiosi, ma specialmente per il superbo palazzo di Modena, i di cui disegni lasciò morendo nel 1658 al Loraghi suo allievo.
  35. La qualifica di Arcivescovo data dall’arciduca Sigismondo nel diario bolognese ha fatto a noi meraviglia, poichè il Muratori lo chiama semplicemente arciduca. Il Chiar. Comm. Federico Stefani Sovrintendente agli Archivi veneti ci comunica un’epigrafe, che riporteremo alla fine di questo nostro studio e che trovasi a Bussolengo nel Veronese a ricordare il passaggio degli arciduchi, ove leggesi: ...Arcidux frater Franciscus — Sigismundus Episcopus. Il Krafft nella storia di Casa d’Austria lo dice «cardinale e vescovo di Ausburgo e di Trento.» Però fra cardinali la storia del Ciconio, continuata dal Guarnacci, non lo ricorda. Neppure il Gams «Series Episcoporum» Ratisbonæ 1873, pone l’arciduca Sigismondo fra i cardinali, ma troviamo a pag. 258 (1646), Sigismund. Franc. v. Oesterreich Episcopus Augsburgi: resignat, dignitatem abdicat. E a pag. 317 lo dice, Episcopus Tridenti, (1659) administrator episcopatus: mortuus 1665. Da tutto ciò si conclude, che l’arciduca nel 1652 doveva essere vescovo di Augsburg.
  36. Si trovano dei De Guidonibus inscritti nella Magna massa populi civitatis Mutinæ - Liber nobilium et potentum, 1306. - Tommaso Guidoni, essendo stato al servigio del Principe Alfonso, come segretario, godeva di un’annua pensione di 200 scudi d’argento dal duca. - R. Arch. di Stato in Modena - «Cassa Secreta» - Lasciò varie poesie per nozze.
  37. Che la famiglia Ronchi sia antica modenese è provato dal trovarla nella Magna Massa Populi civitatis Mutinæ, 1306, ove a car. 9, è notato un Zanes de Roncho bandito, quale ribelle al comune; indizio che apparteneva al partito de’ nobili.
         Appena giunto in Firenze il Conte Ronchi scrive al Graziani, 20 aprile «Ho veduto il Cav. Guidoni fuori di corte e voleva in tutte le maniere che andassi alle sue stanze, ma essendomi accomodato nell’osteria della Campana, son risoluto di starmene in libertà...» Dalle quali parole si potrebbe dedurre, che il Guidoni abitasse in corte.
  38. Questo ritratto deve essere stato fatto circa al 1680. Porta un giubbettino colle maniche di stoffa operata a fondo giallo e l’opera presenta disegni in forma di S disposti a quadretti, tipo appunto in voga nella prima metà del Secolo XVII.
  39. Prova la continuata relazione fra gli Estensi e la casa Corsini la seguente lettera di Neri Corsini, che fu poi creato Cardinale nello stesso anno 1730, colla quale partecipa al Duca RInaldo d’Este l’elezione al Pontificato dello zio.

    «Sereniss.o Sig. Padrone Colen.o

         «Lo Spirito del Signore, che spira dove più li piace, ha mosso il Sagro Collegio a concorrere unanimamente nell’Elezione del Cardinale Corsini mio Signore e Zio al Sommo Pontificato, e l’ossequio rispettosissimo ch’io professo all’Altezza Vostra mi obbliga a parteciparglielo; poichè interessando quest’avvenimento tutta la Repubblica Cristiana, farà ancora, che Vostra Altezza nè risenta singolare piacere, come quella, che nel grado di Cardinale è stata sempre da Nostro Signore con distinzione di stima meritamente considerata.
    Si degni intanto Vostra Altezza di gradire generosamente quest’atto ossequioso della mia vera osservanza, mentre desideroso di esercitare e distinguere la mia servitù nell’onore de suoi venerati comandamenti bacio all’Altezza Vostra umilmente le mani.»
              Roma, 15 luglio 1730.
         Di Vostra Altezza Serenissima.

    Umil.mo Obblig.mo Serv.re

    Neri Corsini.


    (R. Archivio di Stato in Modena).

  40. I Bagnesi, di antica e nobilissima famiglia fiorentina, ebbero le loro case presso la chiesa di S. Remigio. Di parte guelfa combatterono nel 1246 contro gli Uberti e nel 1260 presero parte alla battaglia di Montaperto. Nel sec. XIII un Bellencino di Catalano Bagnesi giureconsulto si rifugiò a Modena. Questi il capostipite del ramo modenese. Giuliano di Simone fu l’ultimo de’ Bagnesi di Firenze. Aveva lasciato eredi il Balì Tommaso de Medici e figli, ma premorti al testatore, l’eredità passò al marchese Francesco con l’obbligo di dimorare in Firenze. Restò a Modena Girolamo suo fratello, e una sua sorella per nome Ginevra, che era moglie del conte Giuseppe Ronchi oratore estense alla corte di Toscana nel 1652, come s’è detto.
  41. Non siamo riusciti a sapere quale carica di corte occupasse il Duca Salviati.
  42. È noto, come il Duca di Mantova fosse di carattere alquanto bizzarro.
  43. Ecco quanto ci comunica sul marchese Valenti l’erudito e gentilissimo sig. Stefano Davari Direttore dell’Archivio storico Gonzaga: «Il Valenti, che accompagnò il Duca a Firenze era il marchese Odoardo, del quale scrive il d’Arco «si intitolò cavaliere del Redentore e Marchese di Montiglio e tenne ufficio di secretario ducale, poi intimo consigliere di Stato e al 1658 fu spedito ambasciatore alla corte di Francia e cinque anni dopo alla repubblica veneta e fu allora, che il Gaudenzio Brunacci scrisse la relazione del seguito nella ambasciata del marchese Odoardo Valenti Gonzaga per il Serenissimo di Mantova l’anno 1663 alla Serenissima repubblica di Venezia e che fu posto in stampa il discorso del Valenti diretto al Doge, il quale cominciava così: Pur troppo il mondo restarebbe oppresso fra l’infelicità del destino se le ationi degli huomini illustri condannati ad una perpetua oblivione fossero trionfo del tempo. Chi havrebbe guidati i Temistocli per gli Elesponti, spronati i Curtij nelle voragini, se quelli non avessero ambito al pari di Milziade una memoria su la piazza d’Athene e questi eternato un trofeo nel Campidoglio?...»
         Vedovo dell’Eleonora Copini si strinse in seconde nozze a Laura di Castelbarco, che a lui sopravisse fino al 1690. Era rimasta vedova nel 1677.
  44. Correre al buratto vale quanto correre la quintana, che è come dire, rompere la lancia correndo contro una figura di legno. Ma sembra, che fra queste due corse passasse divario, poichè in quella al buratto, l’uomo di legno portava nella destra una spada o un bastone, col quale percuoteva chi nel corrergli accanto non riuscia a colpirlo.
  45. Chi desiderasse più estese notizie sul giuoco del calcio fiorentino, anticamente detto Harpastum, può cercarne alla Nazionale a Firenze nel — Gaetani «Discorso sul giuoco del Calcio Fiorentino. Firenze, Giunti, 1615» — nel Gio. Batt. Ferrari «Florentium Harpastum, sive Calcis ludus. Senis, 1652» — nelle «Memorie del Calcio Fiorent. Firenze, 1688» — e nell’Aubert Andrea «Discorso sul Giuoco del Calcio Fior.» Livorno, 1766.»
  46. Il P. Giulio Negri d. C. d. G. nella — Istoria degli Scrittori fiorentini — Ferrara, MDCCXXII — lo dice «eccellente nel comporre in Prosa e Versi» ma da quel poco che ne abbiamo veduto, non si direbbe.
  47. Allievo del Buontalenti, fu educato dal padre nelle matematiche e nell’architettura civile e militare. Servì un tempo in artiglieria. Lavorò nel secondo piano e cominciò l’ala sinistra del palazzo Pitti. Morì nel 1656 — De Bono, Biografia degli artisti, Venezia, 1852.
  48. Figlio dello scultore Pietro e suo allievo. Collaboratore del padre nella statua di Ferdinando I in San Lorenzo. Dotto in architettura, ma ricco, poco condusse di importante. — Id. id.
  49. Trespiano piccola borgata a tre miglia al nord di Firenze sul poggio, che divide la valle del Mugnone da quella del Terzolle. La via, che probabilmente tennero gli Arciduchi tanto nell’andata, che nel ritorno, deve essere stata quella che sortendo da Firenze per Porta S. Gallo passa da Pratolino, Vaglia, S. Piero a Sieve, passo della Futa, e da Scaracalasino giunge a Bologna.
  50. Suttremans Giusto d’Anversa 1597, 1681.
  51. La piastra d’argento di Ferdinando II un iso nel 1562, una delle tante monete allora in corso, era quella coniata nel 1634 a oncie 11 e den. 12 d’argento fino per Lib.a valeva 7 lire. (Orsini, Delle monete dei Granduchi di Toscana, pag. 88).
  52. I Mirogli appartengono a famiglia illustre originaria del Monferrato. Il Marchese Federico, che si distinse nelle lettere e nelle armi, fu maestro di campo di Urbano VIII e passò poscia al servigio dei Veneziani in Dalmazia.
  53. Questi dispacci da Ferrara alla corte estense non sono firmati.
  54. Era Legato di Ferrara a quel tempo il Cardinale Alderano Cybo figlio di Don Carlo Principe regnante di Massa. Alle prime voci della probabile venuta in Ferrara degli Arciduchi, sorsero tali difficoltà, nate da reciproci diritti di preminenza, da far dubitare che i principi scegliessero un’altra via per recarsi a Venezia. È un dispaccio del 19 marzo che lo dice apertamente. - R. Archivio di Stato in Modena - Ferrara il 19 marzo 1652. «Molti dubbitano che li Serenissimi Arciduchi habbino a pigliare altra strada per passare a Venetia, senza portarsi nella città, come si credeva, stando le differenze di preminenza, che non si aggiustarano con il sig. Cardinale Legato.»
  55. Anna de Medici.
  56. Sigismondo Francesco.