Orlando furioso (sec. la stampa 1532)/Canto 29

Canto 29

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Canto 28 Canto 30

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CANTO XXIX



[1]

O
De glihuomini inſerma e inſtabil niente

     Come ſian pretti a variar diſegno
     Tutti i pender mutamo facilmente
     Piū quei che naſcon d’amorofo ſdegno
     Io vidi dianzi il Saracin ſi ardente
     Contra le donne, e paſſar tanto il ſegno
     Che non che ſpegner l’odio, ma penſai
     Che non doueſſe intiepidirlo mai.

[2]
Donne gentil p quel ch’a biaſmo voſtro
     Tarlo contra il douer, ſi oſſeſo ſono
     Che ſin che col ſuo mal, no gli dimoſtro
     Quato habbia fatto error, no gli pdono
     Io faro ſi con pena e con inchioſtro
     Ch’ognii vedrā che gliera vtile e buono
     Hauer taciuto, e morderfi ancho poi
     Prima la lingua, che dir mal di voi.

[3]
Ma che parlo come ignorante e ſciocco
     Ve lo dimoſtra chiara eſperientia:
     Incontra tutte traſſe ſuor lo ſtocco
     De P ira, ſenza fami diſterentia,
     Poi d’Iſſabella vn ſguardo, ſi l’ha tocco
     Che ſubito gli fa mutar ſententia,
     Giā in cambio di quell’altra la diſia
     l’ha viſta a pena, e non fa anchor chi ſia.

[4]
E come il nuouo amor lo punge e ſcalda
     Muoue alcune ragion di poco ſrutto,
     Per romper quella mente intera e ſalda
     Ch’ella hauea ſiſſa al Creator del tutto,
     Ma P Eremita che P e ſcudo e ſalda
     Perche il caſto pender non ſia diſtrutto:
     Con argumenti piū validi e fermi
     Quato piū può le fa ripari e ſchermi.

[5]
Poi che l’empio Pagan molto ha foſſerto
     Con lunga noia quel monacho audace,
     E che gli ha detto in va ch’al ſuo deſerto
     Senza lei può tornar quando gli piace,
     E che nuocer ſi vede a viſo aperto
     E che ſeco non vuol triegua ne pace:
     La mano al mento con furor gli ſtefe
     E tanto ne pelo quanto ne preſe.

[6]
E ſi crebbe la ſuria, che nel collo
     Con man lo ſtringe a guiſa di tanaglia,
     E poi ch’una e due volte raggirollo.
     Da ſé per P aria e verſo il mar lo ſcaglia
     Che n’aueniſle ne dico ne ſollo
     Varia fama e di lui, ne ſi raguaglia,
     Dice alcun che ſi rotto a un ſaſſo reſta
     Che’l pie non ſi diſcerne da la teſta.

[7]
Et altri, ch’a cadere andò nel mare
     Ch’era piū di tre miglia indi lontano:
     E che mori per non ſaper notare
     Fatti assai prieghi e orationi in vano:
     Altri, ch’un ſanto lo venne aiutare
     l.o traſſe al lito con viſibil mano:
     Di queſte qual ſi vuol la vera ſia
     Di lui non parla piū l’hiſtoria mia.

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[8]
Rodomonte crudel poi che leuato
     S’ hebbe da canto il garrulo Eremita,
     Si ritorno con viſo men turbato
     Verſo la donna meſta e ſbigottita
     E col parlar ch’e ſra gliamanti uſato
     Dicea ch’era il ſuo core, e la ſua vita:
     E’l ſuo conſorto: e la ſua cara ſpeme:
     Etaltri nomi tai che vanno inſieme.

[9]
E ſi moſtro ſi coſtumato allhora
     Che non le fece alcun ſegno di ſorza,
     Il ſembiante gentil che l’innamora
     l’uſato orgoglio in lui ſpegne & amorza
     E ben che’l ſrutto trar ne poſſa ſuora
     Paſſar non perho vuole oltre a la ſcorza,
     Che non gli par che poteſſe eſſer buono
     Quado da lei non lo accetaffe in dono.

[10]
Et coſi di diſporre a poco a poco
     A ſuoi piaceri Iſſabella credea
     Ella che in ſi ſolingo e ſtrano loco
     Qual topo in piede al gatto ſi vedea,
     Vorria trouarſi inanzi in mezo il fuoco
     E ſeco tutta volta riuolgea
     S’ alcun partito alcuna via foſſe atta
     A trarla quindi immaculata e intatta,

[11]
Fa nel animo ſuo proponimento
     Di darſi con ſua man prima la morte
     Ch’I barbaro crudel n’habbia il ſuoltéto.
     E che le ſia cagion d’ errar ſi ſorte
     Cétra quel cauallier ch’in braccio ſpeto
     l’hauea crudele e diſpietata ſorte,
     A cui fatto haue col penſier deuoto
     De la ſua caſtita perpetuo voto.

[12]
Creſcer piú ſempre l’appetito cieco
     Vede del Re pagan ne fa che farſi:
     Ben fa che vuol venire all’atto bieco
     Oue i contraſti ſuoi tutti ſien ſcarfi:
     Pur diſcorrendo molte coſe ſeco
     Il modo trouo al ſin di ripararli:
     E di ſaluar la caſtita ſua, come
     Io vi diro con lungo e chiaro nome.

[13]
Al brutto Saracin che le venia
     Giá contra con parole e con effetti
     Priui di tutta quella corteſia
     Che moſtrata le hauea ne primi detti:
     Se fate che con voi ſicura io ſia
     del mio honor, diſſe, e ch’io nò nefoſpetti
     Coſa all’incontro vi darò, che molto
     Piú vi varrá, e’ hauermi l’honor tolto.

[14]
Per vn piacer di ſi poco momento
     Di che n’ ha ſi abondaza tutto’l mondo
     Non diſprezzate vn perpetuo contento:
     Vn vero gaudio a nullo altro fecondo,
     Potrete tuttauia ritrouar cento
     E mille donne di viſo giocondo,
     Ma chi vi poſſa dar queſto mio dono
     Neſſuno al mondo o pochi altri ci ſono.

[15]
Ho notitia d’un’ herba, e l’ho veduta
     Venendo, e ſo doue tremarne appreſſo:
     Che bollita con helera e con ruta
     Ad vn fuoco di legna di cypreſſo,
     E ſra mano innocenti indi premuta:
     Manda vn liquor che chi ſi bagna d’effo
     Tre volte il corpo, in tal modo l’indura
     Che dal ferro e dal fuoco l’aſſicura.

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[16]
Io dico ſé tre volte ſé n’ immolla
     Vn meſe inuulnerabile ſi troua,
     Oprar conuienſi ogni meſe l’ampolla
     Che ſua virtú piú termine non gioua:
     Io ſo far l’acqua, & hoggi anchor farolla
     Et hoggi anchor voi ne vedrete proua:
     E vi può (s’ io non fallo) eſſer piú grata
     Ch d’ hauer tutta Europa hoggi acqſtata

[17]
Da voi domado in guiderdon di queſto
     Che ſu la fede voſtra mi giuriate:
     Che ne in detto ne in opera moleſto
     Mai piú farete alla mia caſtitate,
     Coſi dicendo, Rodomonte honeſto
     Fé ritornar, ch’in tanta voluntate
     Venne, ch’inuiolabil ſi faceſſe
     Che piú ch’ella non diſſe, le promeſſe.

[18]
E ſeruaralle ſin che vegga fatto
     De la mirabil’acqua eſperientia:
     E sſorzeraſſe intanto a non fare atto
     A non far ſegno alcun di violentia,
     Ma penſa poi di non tenere il patto:
     Perche non ha timor ne riuerentia
     Di Dio, o di fanti, e nel mancar di fede
     Tutta a lui la bugiarda Africa cede.

[19]
Ad Iſſabella il Re d’ Algier, ſcongiuri
     Di non la moleſtar ſé piú di mille:
     Pur ch’effa lauorar l’acqua procuri
     Ch far lo può qual ſu giá Cigno e Achille
     Ella p balze e p valloni oſcuri
     Da le citta lontana e da le ville
     Ricoglie di molte herbe, e il Saracino
     Non l’abandona, e l’è ſempre vicino.

[20]
Poi ch’in piú parti quant’ era a baſtanza
     Colfon de l’herbe, e con radici e ſenza:
     Tardi ſi ritornaro alla lor ſtanza,
     Doue quel paragon di continenza
     Tutta la notte ſpende che l’auanza
     A bollir herbe con molta auertenza,
     E a tutta l’opra e a tutti quei myſteri
     Si troua ogn’hor pſente il Re d’Algieri.

[21]
Che producendo quella notte in giuoco
     Con quelli pochi feriti rh’eran ſeco:
     Sentia per lo calor del uicin fuoco
     Ch’ era rinchiuſo í quello a guſto ſpeco:
     Tal ſete, ch beuédo hor molto hor poco:
     Duo barili votar pieni di greco,
     C’haueano tolto vno o duo giorni inati
     I ſuoi feudieri a certi viandanti.

[22]
Non era Rodomonte vſato al vino
     Perche la legge ſua lo vieta e danna,
     E poi che lo guſto, liquor diuino
     ('.li par miglior che’l Nectare o la Manna
     K riprendendo il rito ſaracino
     Gran tazze e pieni ſiaſchi ne tracanna,
     Fece il buon vino ch’andò ſpeffo intorno
     Girare il capo a tutti come vn torno.

[23]
La donna in queſto mezo la caldaia
     Dal fuoco tolſe, oue quel!’ herbe coffe:
     E diſſe a Rodomonte, accio che paia
     Che mie parole al vento non ho moſſe,
     Quella che’l ver da la bugia diſpaia
     E che può dotte far le genti graſſe:
     Te ne faro P eſperientia anchora
     No ne l’altrui, ma nel mio corpo hor’ hora.

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[24]
Io voglio a far il faggio eſſer la prima
     Del felice liquor di virtú pieno,
     Accio tu ſorſè non faceſſi ſtima
     Che ci foſſe mortiſero veneno,
     Di queſto bagnerommi da la cima
     Del capo giú pel collo e per lo ſeno:
     Tu poi tua ſorza i me pua e tua ſpada
     Se queſto habbia vigor, ſé quella rada.

[25]
Bagnoſſi come diſſe, e lieta porſe
     All’incauto Pagano il collo ignudo:
     Incauto, e vinto ancho dal vino ſorſè
     Incontra a cui no vale elmo ne ſcudo:
     Quel huom beſtial le pſto fede e ſcorſe
     Si con la mano, e ſi col ferro crudo,
     Che del bel capo giá d’Amore albergo
     Fé tróco rimaere il petto e il tergo.

[26]
Quel ſé tre balzi e ſunne vdita chiara
     Voce, ch’uſcendo nomino Zerbino,
     Per cui ſeguire ella trouo ſi rara
     Via di ſuggir di ma del Saracino:
     Alma e’ haueſti piú la fede cara
     E’l nome quaſi ignoto e peregrino
     Al tempo noſtro de la caſtitade,
     Che la tua vita e la tua verde etade.

[27]
Vattene in pace alma beata e bella,
     Coſi i miei verſi haueſſon ſorza, come
     Ben ni’ affaticherei con tutta quella
     Arte, che tanto il parlar orna, e come,
     Perche mille e mill’anni e piú, nouella
     Sentiſſe il mondo del tuo chiaro nome,
     Vattene in pace alla ſuperna fede
     E laſcia all’altre eſempio di tua fede.

[28]
All’atto incomparabile e ſtupendo
     Dal cielo il Creator giú gliocchi volſe,
     E diſſe, piú di quella ti commendo
     La cui morte a Tarquinio il regno tolſe,
     E per queſto vna legge fare intendo
     Tra quelle mie, che mai tépo no ſciolſe:
     Laqual per le inuiolabil’acque giuro
     Che non muterá ſeculo ſuturo.

[29]
Per l’auuenir vo che ciaſcuna e’ haggia
     Il nome tuo, ſia di ſublime ingegno,
     E ſia bella, gentil, corteſe, e ſaggia,
     E di vera honeſtade arriui al ſegno,
     Onde materia a gli ſcrittori caggia
     Di celebrare il nome inclyto e degno
     Tal che Parnaſſo, Pindo, & Helicone
     Sempre iſſabella, Iſſabella riſuone.

[30]
Dio coſi diſſe, e ſé ſerena intorno
     l’aria, e traquillo il mar piú ch mai ſuſſe,
     Fé l’alma caſta al terzo ciel ritorno
     E in braccio al ſuo Zerbin ſi riconduſſe:
     Rimaſe in terra con vergogna e ſcorno
     Quel ſier ſenza pietá nuouo Breuffe,
     Ch poi che’l troppo vino hebbe digeſto
     Biaſmo il ſuo errore, e ne reſto funeſto.

[31]
Placare o in parte ſatisfar penſoſſe
     A l’anima beata d’ iſſabella:
     Se poi ch’a morte il corpo le percoſſe
     Deſſe almen vita alla memoria d’ella:
     Trouo per mezo, accio che coſi foſſe,
     Di conuertirle quella chieſa, quella
     Doue habitaua, e doue ella ſu vcciſa
     In vn ſepolchro, e vi diro in che guiſa.

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32]
Di tutti i lochi intorno, fa venire
     Maſtri, chi per amore e chi per tema,
     E fatto bè fei mila huomini vnire
     De graui faſſi i vicin monti ſcema,
     E ne fa vna gran maſſa ſtabilire
     Che da la cima era alla parte eſtrema
     Nouanta braccia, e vi rinchiude dentro
     La chieſa, che i duo amati haue nel cétro

[33]
Imita quaſi la ſuperba mole
     Che ſé Adriano all’onda tyberina:
     Preſſo al ſepolchro vna torre alta vuole
     C’habitarui alcun tempo ſi deſtina:
     Vn ponte ſtretto, e di due braccia ſole
     Fece ſu l’acqua che correa vicina:
     Lungo il ponte, ma largo era ſi poco
     Che daua a pena a duo caualli loco

[34]
A duo caualli che venuti a paro
     O ch’infieme ſi foſſero ſcontrati:
     E non hauea ne ſponda ne riparo
     E ſi potea cader da tutti i lati:
     Il paſſar quindi, vuol che coſti caro
     A guerrieri o pagani o battezati:
     Che de le ſpoglie lor mille trophei
     Promette al cimiterio di cortei.

[35]
In dieci giorni e in manco: ſu perfetta,
     L’opra del ponticel che paſſa il fiume,
     Ma non ſu giá il ſepolchro coſi in fretta
     Ne la torre condutta al ſuo cacume,
     Pur ſu leuata ſi, ch’alia veletta
     Starui in cima vna guardia hauea coſtue
     Che d’ogni cauallier che venia al ponte
     Col corno facea ſegno a Rodomonte.

[36]
E quel s’ armaua, e ſé gli venia a opporre
     Hora ſu l’una: hora ſu l’altra riua:
     Che fe’l guerrier venia di ver la torre
     Su l’altra proda il Re d’ Algier veniua:
     Il ponticello eil campo oue ſi corre
     E fe’l deſtrier poco del ſegno vſciua
     Cadea nel fiume, ch’alto era e profondo
     Vgual periglio a quel, no hauea ilmodo.

[37]
Haueaſi imaginato il Saracino
     Che per gir ſpeffo a riſchio di cadere
     Dal ponticel nel fiume a capo chino:
     Doue gli conuerria molt’ acqua bere:
     Del fallo a che l’induſſe il troppo vino
     Doueſſe netto e mondo rimanere:
     Come l’acqua no men che’l vino: eſtigua
     l’error che fa pel vino o mano o lingua.

[38]
Molti ſra pochi di vi capitaro:
     Alcuni la via dritta vi conduſſe,
     Ch’a qi che verſo Italia o Spagna adaro
     Altra non era che piú trita ſuſſe:
     Altri, l’ardire, e piú che vita caro
     l’honore, a fami di ſé pua induſſe.
     E tutti, oue acquiſtar credean la palma,
     Laſciauan l’arme, e molti inſieme l’alma.

[39]
Di quelli ch’abbattea, s’eran pagani
Si contentaua d’hauer ſpoglie & armi:
E di chi prima ſuro i nomi piani
Vi facea fopra, e foſpendeale a i marmi,
Ma ritenea in prigion tutti i Chriſtiani
E che in Algier poi li mandaſſe, parmi.
Finita anchor non era l’opra, quando
Vi venne a capitare il pazzo Orlando.

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[40]
A caſo venne il ſurioſo Conte
     A capitar ſu queſta gran
     Doue (come io vi dico) Rodomonte
     Fare infretta facea, ne ſinito era,
     La torre ne il ſepolchro, e a pena il ponte,
     E di tutte arme ſuor che di viſiera
     A qll’hora il Pagan ſi trouo í puto
     Ch’ Orlando al fiume e al ponte e fopragiuto

[41]
Orlando (come il ſuo furor lo caccia)
     Salta la ſbarra e fopra il ponte corre:
     Ma Rodomonte con turbata faccia
     A pie com’era inanzi a la gran torre
     Gli grida di lontano, e gli minaccia,
     Ne ſé gli degna con la ſpada opporre:
     Indiſcreto villan ferma le piante
     Temerario importuno & arrogante.

[42]
Sol per ſignori e cauallieri e fatto
     Il ponte, non per te beſtia balorda,
     Orládo ch’era in gran penſier diſtratto
     Vien pur inanzi, e fa l’orecchia ſorda,
     Biſogna ch’io caſtighi queſto matto
     (Diſſe il Pagano) e co la voglia ingorda
     Venia per traboccarlo giú ne l’onda:
     Non penſando trouar chi gli riſponda.

[43]
In queſto tempo vna gentil donzella
     Per paſſar ſoura il ponte, al fiume arriua,
     Leggiadramente ornata, e in viſo bella
     E ne i ſembianti accortamente ſchiua:
     Era (ſé vi ricorda Signor) quella
     Che per ognialtra via cercando giua,
     Di Brandimarte il ſuo amator veſtigi
     Fuor che doue era dentro da Parigi.

[45]
Nel’arriuar di Fiordiligi al ponte
     (Che coſi la donzella nomata era)
     Orlando s’attacco con Rodomonte
     Che lo volea gittar ne la riuiera,
     La donna e’ hauea pratica del Conte
     Subito n’hebbe conoſcenza vera,
     E reſto d’alta marauiglia piena
     De la ſollia che coſi nudo il mena.

[45]
Fermali a riguardar che ſine hauere
     Debba il furor de i duo tati poſſenti,
     Per far del ponte l’un l’altro cadere
     A por tutta lor ſorza ſono intenti,
     Come e ch’un pazzo debba ſi valere?
     Seco il fiero Pagan dice tra denti,
     E qua e la ſi volge e ſi raggira
     Pieno di ſdegno e di ſuperbia e d’ ira.

[46]
Con l’una e l’altra man va ricercando
     Far nuoua preſa, oue il ſuo meglio vede,
     Hor tra le gábe, hor ſuor gli pone, qn
     Co arte il deſtro, e quado il máco piede,
     Simiglia Rodomote intorno a Orlando
     Lo ſtolido Orio che ſueller ſi crede
     l’arbor onde e caduto, e come n’ habbia
     Quello ogni colpa, odio gli porta e rabbia

[47]
Orlando che l’ingegno hauea ſommerſo
     Io non ſo doue, e ſol la ſorza vſaua,
     l’eſtrema ſorza a cui per l’uniuerſo
     Neſſuno o raro paragon ſi daua,
     Cader del ponte ſi laſcio riuerſo
     Col Pagano abbracciato come ſtaua,
     Cadon nel fiume e vanno al fondo iſieme
     Ne ſalta in aria l’onda, e il lito geme.

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[48]
l’acqua gli fece diſtaccare in fretta
     Orlando e nudo e nuota com’un peſce:
     Di qua le braccia, e di la i piedi getta:
     E viene a proda, e come di ſuor eſce
     Correndo va, ne per mirare aſpetta
     Se in biaſmo o in loda queſto gli rieſce,
     Ma il Pagan che da l’arme era impedito
     Torno piú tardo e co piú affanno al lito.

[49]
Sicuramente Fiordiligi intanto
     Hauea paſlato il ponte e la riuiera,
     E guardato il ſepolchro in ogni canto
     Se del ſuo Brandimarte inſegna v’era,
     Poi che ne l’arme ſue vede ne il manto:
     Di ritrouarlo in altra parte ſpera:
     Ma ritorniamo a ragionar del Conte
     Che laſcia a dietro e torre e fiume e potè,

[50]
Pazzia fará ſé le pazzie d’Orlando
     Prometto raccontami ad vna ad vna,
     Che tante e tante ſur, ch’io non ſo quado
     Finir, ma ve n’andrò ſcegliendo alcuna
     Solenne, & atta da narrar cantando
     Et ch’all’hiſtoria mi parrá oportuna,
     Ne quella tacerò miraculofa
     Che ſu ne i Pyrenei fopra Tolofa

[51]
Traſcorfo hauea molto paeſe il Conte
     Come dal graue ſuo furor ſu ſpinto.
     Et al ſin capito fopra quel monte
     Per cui dal Franco e il Tarracon diſtito,
     Tenendo tuttauia volta la ſronte
     Verſo la doue il Sol ne viene eſtinto,
     E quiui giunſe in vno anguſto calle
     Che pendea fopra vna profonda valle.

[52]
Si vennero a incontrar con eſſo al varco
     Duo boſcherecci gioueni, ch’inante
     Hauean di legna vn loro aſino carco,
     E perche ben s’accorfero al ſembiante
     C hauea di cernei ſano il capo ſcarco,
     Gli gridano con voce minacciante,
     O ch’a dietro o da parte ſé ne vada
     E che ſi leui di mezo la ſtrada.

[53]
Orlando non riſponde altro a quel detto
     Se non che con furor tira d’un piede:
     E giunge a punto l’aſino nel petto
     Con quella ſorza che tutte altre eccede:
     Et alto il leua ſi, ch’uno augelletto
     Che voli in aria ſembra a chi lo vede,
     Quel va a cadere alla cima d’ un colle
     Ch’ u miglio oltre la valle il giogo eſtolle

[54]
Indi verſo i duo gioueni s’ auenta
     De i quali u piú ch ſenno hebbe auétura,
     Che da la balza che due volte trenta
     Braccia cadea, ſi gitto per paura,
     A mezo il tratto trouo molle e lenta
     Vna macchia di rubi e di verzura,
     A cui baffo graſſiargli vn poco il volto
     Del reſto lo mando libero e ſciolto.

[55]
l’altro s’ attacca ad un ſcheggio ch’uſciua
     Fuor de la roccia, per ſalirui fopra:
     Perche ſi ſpera s’alia cima arriua
     Di trouar via che dal pazzo lo cuopra,
     Ma ql ne i piedi, che no vuol che viua
     Lo piglia, mentre di ſalir s’ ad opra:
     E quanto piú sbarrar puote le braccia
     Le sbarra ſi, ch’in duo pezzi lo ſtraccia.

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[56]
A quella guiſa che veggian tal’hora
     Farſi d’uno aeron: farli d’uno pollo:
     Quando ſi vuol de le calde interiora
     Che Falcone o ch’Aſtor reſti ſatollo:
     Quáto e bene accaduto che non muora
     Quel che ſu a riſco di ſiaccarli il collo:
     Ch’ad altri poi queſto miracol diſſe
     Si che l’udi Turpino, e a noi lo ſcriffe.

[57]
E queſte & altre assai coſe ſtupende
     Fece nel trauerſar de la montagna,
     Dopo molto cercare al ſin diſcende
     Verſo Meriggie alla terra di ſpagna:
     E lungo la marina il camin prende
     Ch’ intorno a Taracona il lito bagna,
     E come vuol la ſuria che lo mena
     Penſa farſi vno albergo in quella arena.

[58]
Doue dal Sole alquanto ſi ricuopra
     E nel ſabbion ſi caccia arrido e trito,
     Stando coſi, gli venne a caſo fopra
     Angelica la bella e il ſuo marito:
     Ch’ eran (ſi come io vi narrai di fopra)
     Sceſi da i monti in ſu l’Hiſpano lito:
     A men d’ un braccio ella gli giuſe appſſo
     Perche non s’ era accorta achora d’ eſſo,

[59]
Che foſſe Orlando nulla le ſouiene
     Troppo e diuerſo da quel ch’eſſer ſuole,
     Da indi in qua che ql furor lo tienne
     E ſemp ádato nudo all’ombra e al Sole,
     Se foſſe nato all’aprica Syene:
     O doue Ammone il Garamante cole
     O preſſo a i moti onde il grá Nilo ſpiccia
     No dourebbe la carne hauer piú arficcia

[60]
Quaſi aſcoſi hauea gliocchi ne la teſta
     La faccia macra, e come vn’offo aſciutta:
     La chioma rabufTata horrida e meſta
     La barba ſolta ſpauentofa e brutta,
     Non piú a vederlo Angelica ſu preſta
     Che foſſe a ritornar tremando tutta:
     Tutta tremado e empièdo il ciel di grida
     Si volſe per aiuto alla ſua guida.

[61]
Come di lei s’accorfe Orlando ſtolto
     Per ritenerla ſi leuo di botto,
     Coſi gli piacque il delicato volto
     Coſi ne venne immantinente giotto,
     D’hauerla amata e riuerita molto
     Ogni ricordo era in lui guaſto e rotto,
     Gli corre dietro, e tien qlla maniera
     Che terria il cane a ſeguitar la ſera.

[62]
Il giouine che’l pazzo ſeguir vede
     La donna ſua, gli vrta il cauallo adoſſo,
     E tutto a vn tempo lo percuote e ſiede
     Come lo troua, che gli volta il doſſo,
     Spiccar dal buſto il capo ſé gli crede
     Ma la pelle trouo dura come oſſo:
     Anzi via piú ch’acciar, ch’Orlando nato
     Impenetrabile era, & aflatato.

[63]
Come Orlando ſenti batterſi dietro
     Giroſſi, e nel girare il pugno ſtrinfe,
     E con la ſorza che paſſa ogni metro
     Feri il deſtrier che’l Saracino ſpinfe:
     Ferii fu’l capo, e come foſſe vetro
     Lo ſpezzo ſi, che quel cauallo eſtinfe,
     E riuoltoſſe in vn medeſmo inſtante
     Dietro a colei che gli fuggiua inante.

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[383]

[64]
     Caccia Angelica in fretta la giumenta
     E co sferza e con ſpron tocca e ritocca:
     Che le parrebbe a quel biſogno lenta
     Se ben volaſſe piú che ſtral da cocca,
     De P annel e’ ha nel dito ſi ramenta
     Che può ſaluarla, e ſé lo getta in bocca,
     E P annel che non perde il ſuo coſtume
La fa ſparir come ad vn ſoſſio il lume.

[65]
O foſſe la paura, o che pigliaſſe
     Tanto diſconcio nel mutar l’annello
     O pur che la giumenta traboccale:
     Che no poſſo affermar queſto ne quello,
     Nel medeſmo momento che ſi traſſe
     l’annello in bocca, e celo il viſo bello
     Leuo le gambe, & vſci de l’arcione
     E ſi trouo riuerſa in fu’l fabbione.

[66]
Piú corto che quel ſalto era dua dita
     Auiluppata rimanea col matto,
     Che con l’urto le hauria tolta la vita:
     Ma gran ventura l’aiuto a quel tratto,
     Cerchi pur ch’altro ſurto le dia aita
     D’un’ altra beſtia, come prima ha fatto,
     Che piú non e per rihauer mai queſta
     Ch’ inanzi al Paladin l’arena peſta.

[67]
Non dubitate giá, ch’ella non s’ habbia
     A prouedere, e ſeguitiamo Orlando,
     In cui non ceſſa P impeto e la rabbia
     Perche ſi vada Angelica celando,
     Segue la beſtia per la nuda ſabbia
     E ſé le vien piú ſempre approſſimando,
     Giá giá la tocca, & ecco l’ha nel crine
     Indi nel ſreno, e la ritiene al ſine.

[68]
Con quella feſta il Paladin la piglia
     Ch’ un’ altro haurebbe fatto vna dozella
     Le raffetta le redine e la briglia
     E ſpicca vn ſalto & entra ne la fella:
     E correndo la caccia molte miglia
     Senza ripoſo in qſta parte e in quella,
     Mai non le leua ne fella ne ſreno
     Ne le laſcia guſtare herba ne ſieno.

[69]
Volendoli cacciare oltre vna ſoſſa
     Sozopra ſé ne va con la caualla,
     Non nocque a lui ne ſenti la percoſſa:
     Ma nel fondo la miſera ſi ſpalla,
     Non vede Orlando come trar la poſſa
     E ſinalmente ſé l’arreca in ſpalla
     E ſu ritorna e va con tutto il carco
     Quato in tre volte no trarrebbe vn’ arco.

[70]
Sentendo poi che gli grauaua troppo
     La poſe in terra: e volea trarla a mano:
     Ella il ſeguia con palio lento e zoppo
     Dicea Orlado camina, e dicea in vano:
     Se l’haueſſe ſeguito di galoppo
     Affai non era al deſiderio inſano,
     AI ſin dal capo le leuo il capeſtro
     E dietro la lego fopra il pie deſtro.

[71]
E coli la ſtrafeina e la conforta
     Che lo potrá ſeguir con maggior agio,
     Qual leua il pelo, e quale il cuoio porta
     De i faſſi ch’eran nel camin maluagio,
     La mal condotta beſtia reſto morta
     Finalmente di ſtratio e di diſagio:
     Oliando non le penſa e non la guarda
     E via correndo il ſuo camin non tarda.

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[72]
Di trarla, ancho che morta, non rimaſe
     Continoando il corſo ad occidente:
     E tutta via ſaccheggia ville e caſe
     Se biſogno di cibo hauer ſi ſente,
     E ſrutte e carne e pa pur ch’egli in vaſe
     Rapiſce & vſa ſorza ad ogni gente:
     Qual laſcia morto, e qual ſtorpiato laſſa
     Poco ſi ferma e ſempre inanzi paſſa.

[73]
Haurebbe coſi fatto o poco manco
     Alla ſua donna: ſé non s’aſcondea
     Perche non diſcernea il nero dal bianco
     E di giouar nocendo ſi credea:
     Deh maledetto ſia l’annello, & ancho
     Il cauallier che dato le l’hauea
     Che ſé non era, haurebbe Orlando fatto
     Di ſé vendetta, e di mill’altri, a vn tratto.

[74]
Ne queſta ſola, ma foſſer pur ſtate
     In man d’Orlando quate hoggi ne ſono:
     Ch’ad ogni modo tutte ſono ingrate
     Ne ſi troua tra loro oncia di buono:
     Ma prima che le chorde rallentate
     Al canto diſugual rendano il ſuono,
     Fia meglio differirlo a vn’altra volta:
     Accio raen ſia noioſo a chi l’aſcolta.