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CANTO XXIX



[1]

O
De glihuomini inſerma e inſtabil niente

     Come ſian pretti a variar diſegno
     Tutti i pender mutamo facilmente
     Piū quei che naſcon d’amorofo ſdegno
     Io vidi dianzi il Saracin ſi ardente
     Contra le donne, e paſſar tanto il ſegno
     Che non che ſpegner l’odio, ma penſai
     Che non doueſſe intiepidirlo mai.

[2]
Donne gentil p quel ch’a biaſmo voſtro
     Tarlo contra il douer, ſi oſſeſo ſono
     Che ſin che col ſuo mal, no gli dimoſtro
     Quato habbia fatto error, no gli pdono
     Io faro ſi con pena e con inchioſtro
     Ch’ognii vedrā che gliera vtile e buono
     Hauer taciuto, e morderfi ancho poi
     Prima la lingua, che dir mal di voi.

[3]
Ma che parlo come ignorante e ſciocco
     Ve lo dimoſtra chiara eſperientia:
     Incontra tutte traſſe ſuor lo ſtocco
     De P ira, ſenza fami diſterentia,
     Poi d’Iſſabella vn ſguardo, ſi l’ha tocco
     Che ſubito gli fa mutar ſententia,
     Giā in cambio di quell’altra la diſia
     l’ha viſta a pena, e non fa anchor chi ſia.

[4]
E come il nuouo amor lo punge e ſcalda
     Muoue alcune ragion di poco ſrutto,
     Per romper quella mente intera e ſalda
     Ch’ella hauea ſiſſa al Creator del tutto,
     Ma P Eremita che P e ſcudo e ſalda
     Perche il caſto pender non ſia diſtrutto:
     Con argumenti piū validi e fermi
     Quato piū può le fa ripari e ſchermi.

[5]
Poi che l’empio Pagan molto ha foſſerto
     Con lunga noia quel monacho audace,
     E che gli ha detto in va ch’al ſuo deſerto
     Senza lei può tornar quando gli piace,
     E che nuocer ſi vede a viſo aperto
     E che ſeco non vuol triegua ne pace:
     La mano al mento con furor gli ſtefe
     E tanto ne pelo quanto ne preſe.

[6]
E ſi crebbe la ſuria, che nel collo
     Con man lo ſtringe a guiſa di tanaglia,
     E poi ch’una e due volte raggirollo.
     Da ſé per P aria e verſo il mar lo ſcaglia
     Che n’aueniſle ne dico ne ſollo
     Varia fama e di lui, ne ſi raguaglia,
     Dice alcun che ſi rotto a un ſaſſo reſta
     Che’l pie non ſi diſcerne da la teſta.

[7]
Et altri, ch’a cadere andò nel mare
     Ch’era piū di tre miglia indi lontano:
     E che mori per non ſaper notare
     Fatti assai prieghi e orationi in vano:
     Altri, ch’un ſanto lo venne aiutare
     l.o traſſe al lito con viſibil mano:
     Di queſte qual ſi vuol la vera ſia
     Di lui non parla piū l’hiſtoria mia.