Orlando furioso (sec. la stampa 1532)/Canto 30

Canto 30

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Canto 29 Canto 31

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CANTO XXX



[1]

Q
Vado vincer da l’impeto e da l’ira

     V/ Si laſcia la ragion, ne ſi difende:
     E che’l cieco furor ſi inanzi tira
     O mano, o lingua che gliamici oſſende:
     Se ben dipoi ſi piange e ſi ſoſpira
     Non e per queſto che l’error s’emende:
     Laſſo io mi doglio e affligo I van, di qjto
     Diſſi per ira al ſin de l’altro canto.

[2]
Ma ſimile ſon fatto ad vno inſermo
     Che dopo molta patientia e molta
     Quado 9tra il dolor nò ha piū ſchermo
     Cede alla rabbia, e a beſtemmiar ſivolta,
     Manca il dolor, ne l’impeto ſta fermo
     Che la lingua al dir mal facea ſi ſciolta,
     E ſi rauuede e pente, e n’ha diſpetto
     Ma ql e’ ha detto non può far non detto.

[3]
Ben ſpero donne in voſtra corteſia
     Hauer davoi pdo poi ch’iovel chieggio
     Voi ſcuſarete che per ſreneſia
     Vinto da l’aſpra paſſion, vaneggio,
     Date la colpa alla nimica mia
     Ch mi fa ſtar ch’io no potrei ſtar peggio,
     E mi fa dir quel, di ch’io ſon poi gramo
     Sallo Idio s’ella ha il torto, eſſa s’io l’amo

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[4]
Nò men ſon ſuor di me che foſſe OrlSdo
     E no ſon men di lui di ſcufa degno,
     C hor p li monti, hor p le piagge errado
     Scorſe in gran parte di Marſilio il regno:
     Molti di la caualla ſtraſcinando
     Morta come era: ſenza alcun ritegno:
     Ma giuto ouevn gra fiume entra nel mare
     Gli ſu ſorza il cadauero laſciare.

[5]
E perche fa nuotar come vna lontra
     Entra nel fiume, e ſurge all’altra riua:
     Ecco vn paſtor fopra vn cauallo incótra
     Che per abeuerarlo al fiume arriua,
     Colui ben che gli vada Orlado incontra
     Perche egli e ſolo e nudo: non lo ſchiua
     Vorrei del tuo ronzin (gli diſſe il matto)
     Con la giumenta mia far vn baratto.

[6]
Io te la moſtrero di qui ſé vuoi
     Che morta la ſu l’altra ripa giace:
     La potrai far tu medicar dipoi,
     Altro diffetto in lei non mi diſpiace,
     Co qualche aggiuta il rózin dar mi puoi
     Smontane in corteſia perche mi piace,
     11 paſtor ride, e fenz’ altra riſpoſta
     Va verſo il guado, e dal pazzo ſi ſcoſta.

[7]
Io voglio il tuo cauallo, oh la non odi,
     Suggiunſe Orlando, e con furor ſi moſſe:
     Hauea vn baſton con nodi ſpeſſi e ſodi
     Quel paſtor ſeco, e il Paladin percoſſe,
     La rabbia e l’ira, paſſo tutti i modi
     Del Còte, e panie rier piú che mai fofſc:
     Su’l capo del paſtore vn pugno ferra
     Ch ſpezza l’offo, e morto il caccia í terra

[8]
Salta a cauallo, e per diuerſa ſtrada
     Va diſcorrendo, e molti pone a ſacco,
     Nò guſta il ronzin mai ſieno ne biada
     Tanto ch’in pochi di ne riman ſiacco,
     M.i no perho ch’Orlando a piedi vada
     Che di vetture vuol viuere a macco,
     E quante ne trouo tante ne miſe
     In vſo, poi che i lor patroni vcciſe,

[9]
Capito al ſin a Malega, e piú danno
     Vi fece, ch’egli haueſſe altroue fatto,
     Che oltre che poneſſe a ſaccomano
     Il popul ſi, che ne reſto diffatto,
     Ne ſi potè rifar quel ne l’altr’anno,
     Tanti n’uocife il periglioſo matto:
     Vi ſpiano tante caſe, e tante acceſe,
     Che disfe piú che’l terzo del paeſe,

[10]
Quindi partito venne ad vna terra
     Zizera detta, che ſiede allo ſtretto
     Di Zibeltarro, o vuoi di Zibelterra
     Che l’uno e l’altro nome le vien detto:
     Ouevn a barca che ſciogliea da terra
     Vide piena di gente da diletto,
     Che folazzando all’aura matutina
     Giá per la tranquiliffima marina,

[11]
Comincio il pazzo a gridar ſorte, aſpetta
     Che gli venne diſio d’andare in barca,
     Ma bene i vano e i gridi e gliurli getta
     Che volentier tal merce non ſi carca,
     Per P acqua il legno va con quella fretta
     Che va per Paria hirondine che varca:
     Orlando vrta il cauallo e batte e ſtringc
     1. (ò vn mazzafruſto all’acqua ſpinge.

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[12]
Forza e ch’ai ſin nell’acq il cauallo entre
     Ch’i va 9traſta, e ſpéde í vano ogni opra
     Bagna i genocchi e poi la groppa e’l vétre
     Indi la teſta, e a pena appar di fopra,
     Tornare a dietro non ſi ſperi mentre
     La verga tra l’orecchie ſé gli adopra,
     Mifero, o ſi conuien tra via affogare
     O nel lito African paſſare il mare.

[13]
NO vede Orlando piú poppe ne ſponde
     Ch tratto in mar l’hauea dal lito aſciutto:
     Che ſon troppo lontane, e le naſconde
     A gliocchi baffi: l’alto e mobil ſlutto:
     E tuttauia il deſtrier caccia tra l’onde
     Ch’andar di la dal mar diſpone in tutto:
     Il deſtrier d’acqua pieno e d’alma voto
     Finalmente ſini la vita e il nuoto.

[14]
Ando nel fondo e vi trahea la ſalma
     Se non ſi tenea Orlando in ſu le braccia:
     Mena le gambe, e l’una e l’altra palma,
     E foffía, e l’onda ſpinge da la faccia,
     Era l’aria ſoaue, e il mare in calma:
     E ben vi biſogno piú che bonaccia:
     Ch’ ogni poco che’l mar foſſe piú ſorto
     Reſtaua il Paladin ne l’acqua morto.

[15]
Ma la Fortuna che de i pazzi ha cura
     Del mar lo traſſe nel lito di Setta:
     In vna ſpiaggia, lungi da le mura
     Quanto farian duo tratti di ſaetta,
     Lungo il mar molti giorni alla ventura
     Verſo leuante andò correndo in fretta,
     Fin che trouo doue tendea fu’l lito
     Di nera gente eſercito inſinito.

[16]
Laſciamo il Paladin ch’errando vada
     Ben di parlar di lui tornerá tempo.
     Quanto Signore ad Angelica accada
     Dopo ch’uſei di man del pazzo a tépo,
     E come a ritornare in ſua contrada
     Trouaſſe e buon nauilio e miglior tépo
     E de l’India a Medor deſſe lo ſcettro
     Forſè altri cantera con miglior plettro.

[17]
Io ſono a dir tante altre coſe intento
     Che di ſeguir piú queſta non mi cale,
     Volger conuiemmi il bel ragionamento
     Al Tartaro, che ſpinto il ſuo riuale
     Quella bellezza ſi godea contento
     A cui non reſta in tutta Europa vguale:
     Poſcia che ſé n’e Angelica partita
     E la caſta Iſſabella al ciel ſalita.

[18]
De la ſententia Mandricardo altiero
     Ch’ in ſuo fauor la bella donna diede,
     Non può ſruir tutto il diletto intero
     Che contra lui fon’ altre liti in piede,
     l’una gli muoue il giouene Ruggiero
     Perche l’aquila bianca non gli cede,
     l’altra il famoſo Re di Sericana
     Che da lui vuol la ſpada Durindana.

[19]
S’ affatica Agramante, ne diſciorre
     Ne Marſilio con lui fa queſto intrico:
     Ne ſolamente non li può diſporre
     Che voglia l’un de l’altro eſſere amico:
     Ma che Ruggiero a Madricardo torre
     Laſci lo ſcudo del Troiano antico,
     O Gradaſſo la ſpada nò gli vieti
     Tanto che qſta o quella lite accheti.

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[20]
Ruggier nò vuol ch’in altra pugnavada
     Con lo ſuo ſcudo, ne Gradaſſo vuole
     Che ſuor che contra ſé porti la ſpada
     Che’l glorioſo Orlando portar ſuole,
     Al ſin veggiamo in cui la ſorte cada
     (Diſſe Agramante) e non ſian piú parole
     Veggian ql che Fortuna ne diſponga
     E ſia prepoſto quel ch’ella preponga.

[21]
E ſé compiacer meglio mi volete
     Onde d’hauer ve n’habbia obligo ogn’ bora
     Chi de di voi combatter ſortirete:
     Ma con patto, ch’ai primo ch’efea ſuora
     Amendue le querele in man porrete:
     Si che per ſé vincendo, vinca anchora
     Pel cópagno, e perdendo l’un di vui
     Coſi perduto habbia per ambidui,

[22]
Tra Gradaſſo e Ruggier credo che ſia
     Di valor nulla, o poca differenza:
     E di lor qual ſi vuol vèga ſuor pria
     So ch’in arme fará per eccellenza,
     Poi la vittoria da quel canto ſtia
     Che vorrá la diuina prouidenza,
     Il cauallier non haura colpa alcuna
     Ma il tutto imputeraffi alla Fortuna.

[23]
Steron taciti al detto d’ Agramante
E Ruggiero e Gradaſſo, & accordarſi
Che qualunque di loro vſcira inante
E l’una briga e l’altra habbia a pigliarſi,
Coſi in duo breui e’ hauean ſimigliante
Et vgual ſorma, i nomi lor notarſi,
E dentro vn’ urna qlli hanno rinchiuſi
Verſati molto, e ſozopra confuſi.

[24]
Vn ſemplice fanciul nell’urna meſſe
La mano, e preſe vn breue, e vene a caſo
Ch’in qſto il nome di Ruggier ſi leſſe:
Eſſendo quel del Serican rimaſo,
Non ſi può dir quata allegrezza haueffe
Quando Ruggier ſi ſenti trar del vaſo,
E d’altra parte il Sericano doglia:
Ma ql ch mada il ciel ſorza e che toglia.

[25]
Ogni ſuo ſtudio il Sericano ogni opra
A fauorire ad aiutar conuerte
PerchRuggiero habbia a reſtar difopra
E le coſe in ſuo prò e’ hauea giá eſperte,
Còe hor di ſpada, hor di ſcudo ſi cuopra
Qual ſien botte fallaci, e qual ſien certe:
Quado tentar, quando ſchiuar Fortuna
Si dee, gli torna a mente ad vna ad vna.

[26]
11 reſto di quel di che da V accordo
     E dal trar de le ſorti foprauanza
     E ſpefo da gli amici in dar ricordo
     Chi al’guerrier chi all’altro eoe evfaza
     Il popul di veder la pugna ingordo
     S’ affreta a gara d’ occupar la danza:
     Ne baſta a molti inanzi giorno andarui
     Ch voglion tutta notte ancho veggiarui.

[27]
La ſciocca turba diſioſa attende
     Ch’ i duo buO cauallier végano í proua:
     Che non mira piú lungi, ne compréde
     Di quel ch’inanzi a gliocchi ſi ritroua,
     Ma Sobrino e Marſilio, e chi piú intede:
     E vede ciò che nuoce, e ciò che gioua:
     Biaſma queſta battaglia, & Agramante
     Che voglia comportar che vada inante.

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[28]
Ne ceſſan raccordargli il graue danno
     Che n’ha d’hauere il Popul Saracino,
     Muora Ruggiero, o il Tartaro tyranno
     Quel che prefitto e dal ſuo ſier deſtino,
     D’ un ſol di lor via piú biſogno haurano
     Per contraſtare al figlio di Pipino:
     Che di dieci altri mila che ci ſono
     Tra quai fatica e ritrouare vn buono.

[29]
Conoſce il Re Agramate che glie vero
     Ma no può piú negar ciò e’ ha promeſſo,
     Bè pga Madricardo, e il buon Ruggiero
     Che gli ridonin quel e’ ha lor conceſſo,
     E tanto piú, che’l lor litigio e vn Zero
     Ne degno in proua d’arme eſſer rimeſſo,
     E s’ in ciò pur no’l vogliono vbbidire
     Voglino almen la pugna differire.

[30]
Cinque o fei raefi il ſingular certame
     O meno o piú ſi differiſca, tanto
     Che cacciato habbin Carlo del Reame
     Tolto lo ſcettro la corona e il manto,
     Ma l’u e l’altro: achor ch voglia e brame
     Il Re vbbidir, pur ſta duro da canto,
     Che tale accordo obbrobriofo ſtima
     A ch’il conſenſo ſuo vi dará prima.

[31]
Ma piú de’l Re, ma piú d’ ognu ch’in váo
     Spenda a placare il Tartaro parole,
     La bella ſiglia del Re Stordilano
     Supplice il priega, e ſi lamenta e duole
     Lo prega che conſenta al Re Africano
     E voglia quel che tutto il campo vuole:
     Si lamenta e ſi duol, che per lui ſia
     Timida ſempre, e piena d’angonia.

[32]
Laſſa (dicea) che ritrouar pofs’ io
     Rimedio mai ch’a ripoſar mi vaglia?
     S’ hor còtra queſto hor quel, nuouo diſio
     Vi trarrá ſemp a veſtir piaſtra e maglia?
     dia potuto giouare al petto mio
     Il gaudio, che ſia ſpenta la battaglia
     Per me da voi contra quell’altro preſa
     Se vn’ altra non minor ſé n’e giá acceſa.

[33]
Ohimè ch’in vano i me n’ andaua altiera
     Ch’ un Re ſi degno vn cauallier ſi ſorte,
     Per me voleſſe in periglioſa e ſiera
     Battaglia, porſi al riſchó de la morte,
     C hor veggo per cagion tanto leggiera
     Non meno eſporui alla medeſma ſorte,
     Fu naturai ferocitá di core
     Ch’a qlla v’ inſtigo piú che’l mio amore.

[34]
Ma ſé glie ver che’l voſtro amor ſia qllo
     Che vi sforzate di moſtrarmi ogn’ hora
     Per lui vi prego, e per quel gra ſlagello
     Che mi percuote l’alma: e che m’accora:
     Che non vi caglia fe’l candido augello
     Ha ne lo ſcudo quel Ruggiero anchora
     Vtile o danno a voi non ſo ch’importi
     Che laſci quella inſegna, o che la porti.

[35]
Poco guadagno e perdita vſcir molta
     De la battaglia può, che per far ſete,
     Quado habbiate a Ruggier l’Aqla tolta
     Poca merce d’ un gra trauaglio haurete:
     Ma ſé Fortuna le ſpalle vi volta
     (Che non perho nel crin preſa tenete,)
     Caufate vn danno, ch’a penſarui ſolo
     Mi ſento il petto giá ſparrar di duolo.

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[389]
[36]
     Quando la vita a voi, per voi non ſia
     Cara, e piú amate vn’ Aquila dipinta:
     Vi ſia almen cara per la vita mia,
     Non fará l’una ſenza l’altra eſtinta,
     Non giá morir con voi graue mi ſia
     Son di ſeguirui in vita e in morte acclta:
     Ma non vorrei morir ſi mal contenta
Come io morrò, ſé dopo voi ſon ſpenta.

[37]
Con tai parole, e limili altre assai
     Che lachryme accópagnano e ſoſpiri:
     Pregar non ceſſa tutta notte mai
     Perch’alia pace il ſuo amator ritiri,
     E quel ſuggendo da glihumidi rai
     Quel dolce pianto, e quei dolci martiri
     Da le vermiglie labra piú che roſe,
     Lachrymado egli anchor, coſi riſpofe.

[38]
Deh vita mia non vi mettete affanno
     Deh non per Dio, di coſi lieue coſa,
     Clí ſé Carlo e’l Re d’Africa, e ciò c’hano
     Qui di gente Moreſca, e di Francioſa:
     Spiegaſſon le bandiere in mio ſol danno
     Voi pur non ne doureſte eſſer penſoſa:
     Ben mi moſtrate in poco conto hauere
     Se per me vn Ruggier ſol vi fa temere.

[39]
E vi douria pur ramentar, che ſolo
     (E ſpada io non hauea ne ſcimitarra)
     Co vn trócon di lacia a vn groſſo ſtuolo
     D’armati cauallier tolſi la ſbarra,
     Gradaſſo, áchor ch covergogna e duolo
     Lo dica, pure a chi’l domanda narra,
     Che ſu in Soria a vn cartel mio prigionero
     Et e pur d’altra fama che Ruggiero.

[40]
Non niega ſimilmente il Re Gradaſſo
     E fallo Iſolier voſtro, e Sacripante:
     Io dico Sacripante il Re Circaſſo:
     E’l famiifo Griphone: & Aquilante:
     Cent’ altri e piú: che pure a queſto parto
     Stati eran preſi alcuni giorni inante,
     Machometani, e gente di batteſmo
     Che tutti liberai quel di medeſmo.

[41]
Non certa anchor la marauiglia loro
     De la grá proua ch’io feci quel giorno:
     Maggior che ſé l’eſercito del Moro
     E del Franco inimici haueſſi intorno,
     Et hor potrá Ruggier giouine ſoro
     latini da ſolo a ſolo, o danno, o ſcorno?
     Et hor e’ ho Durindana e l’armatura
     D’ Hettor, vi de Ruggier metter paura?

[42]
Deh pche dianzi in proua nò venni io
     Se far di voi co l’amie io potea acquiſto?
     So che v’haurei ſi aperto il valor mio
     C haureſti il ſin giá di Ruggier preuiſto,
     Aſciugate le lachryme, e per Dio
     Non mi fate vno augurio coſi triſto
     E ſiate certa che’l mio honor m’ha ſpinto
     Non ne lo ſcudo il bianco augel dipinto.

[43]
Coſi dirte egli, e molto ben riſpoſto
     Gli ſu da la meſtirtima ſua donna,
     Che non pur lui mutato di propoſto
     Ma di luogo hauria morta vna colonna,
     Ella era per douer vincer lui torto
     Anchor ch’armato, e ch’ella ſorte i gòna
     E l’hauea indutto a dir, fe’l Re gli parla
     D’accordo piú, che volea contentarla.

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[44]
E lo facea, ſé non toſto ch’al Sole
     La vaga Aurora ſé l’uſata ſcorta:
     l’animoſo Ruggier, che moſtrar vuole
     Che con ragion la bella Aquila porta:
     Per non vdir piú d’ atti e di parole
     Dilation, ma far la lite corta,
     Doue circonda il popul lo ſteccato
     Sonando il corno s’ appreſenta armato.

[45]
Toſto che ſente il Tartaro ſuperbo
     Ch’alia battaglia il ſuono altier lo sfida
     Nò vuol piú de l’accordo intèderverbo:
     Ma ſi lancia del letto, & arme grida:
     E ſi dimoſtra ſi nel viſo acerbo
     Che Doralice iſteffa non ſi ſida
     Di dirgli piú di pace ne di triegua:
     E ſorza e inſin che la battaglia ſegua.

[46]
Subito s’ arma, & a fatica aſpetta
     Da ſuoi feudieri i debiti ſeruigi,
     Poi mota fopra il buon cauallo in fretta
     Che del gran difenſor ſu di Parigi,
     E vien correndo inuer la piazza eletta
     A terminar con l’arme i gran litigi,
     Vi giuſe il Re e la corte allhora allhora
     Si ch’all’aſſalto ſu poca dimora.

[47]
Poſti lor ſuro & allacciati in teſta
     I lucidi elmi, e date lor le lance:
     Siegue la tromba a dare il ſegno preſta
     Che fece a mille impallidir le guancie:
     Poſero l’haſte i Cauallieri in reſta
     E i corridori punſero alle pance,
     E venner con tale impeto a ferirfi
     Che parue il ciel cader la terra aprirli.

[48]
Quinci e quindi venir ſi vede il bianco
     Augel che Gioue per l’aria ſoſtenne,
     Come ne la Theſſalia ſi vide ancho
     Venir piú volte, ma con altre penne,
     Quato ſia l’uno e l’altro ardito e ſranco
     Moſtra il portar de le maſſiccie antenne:
     E molto piú, ch’a qllo incontro duro
     Quai torri a i vèti, o ſcogli all’onde ſuro.

[49]
I tronchi fin’ al ciel ne ſono aſceſi:
Scriue Turpin verace in queſto loco
Che dui o tre giú ne tornaro acceſi
Ch’eran ſaliti alla ſphera del fuoco,
I Cauallieri i brandi haueano preſi
E come quei che ſi temeano poco
Si ritornaro incontra: e a prima giunta
Ambi alla viſta ſi ferir di punta.

[50]
Ferirſi alla viſiera al primo tratto:
     E non miraron per metterſi in terra
     Dare a i caualli morte, ch’e mal’atto
     Per ch’effi non han colpa de la guerra:
     Chi penſa che tra lor foſſe tal patto
     Non fa l’ufanza antiqua, e di molto erra:
     Senz’ altro patto era vergogna e fallo
     E biaſmo eterno a chi feria il cauallo.

[51]
Ferirſi alla viſiera ch’era doppia:
     Et a pena ancho a tanta ſuria reſſe
     l’ú colpo appreſſo all’altro ſi raddoppia
     Le botte piú che grandine ſon ſpeffe,
     Ch ſpezza ſrode e rami e grano e ſtoppia
     E vſcir in van fa la ſperata meſſe:
     Se Durindana e Baliſarda taglia
     Sapete, e quanto in queſte mani vaglia.

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[52]
Ma degno di ſé colpo anchor non fanno
     Si l’uno e l’altro ben ſta ſu l’auiſo:
     Vſci da Mandricardo il primo danno
     Per cui ſu quaſi il buo Ruggiero vcciſo
     D’ uno di quei gran colpi che far fanno
     Gli ſu lo ſcudo pel mezo diuiſo:
     E la corazza apertagli di ſotto:
     E ſin fu’l viuo il crudel brando ha rotto.

[53]
L’aſpra peoſſa agghiaccio il cor nel petto
     Per dubbio di Ruggiero a i circóſtanti,
     Nel cui fauor ſi conoſcea lo affetto
     De i piú inchinar, ſé non di tutti quanti:
     E ſé Fortuna poneſſe ad effetto
     Quel che la maggior parte vorria inanti
     Giá Mandricardo faria morto o preſo:
     Si ch’I ſuo colpo ha tutto il capo oſſeſo.

[54]
Io credo che qualche agnol s’ interpoſe
     Per ſaluar da quel colpo il Caualliero,
     Ma ben ſenza piú indugio gli riſpofe
     Terribil piú che mai foſſe Ruggiero:
     La ſpada in capo a Mandricardo poſe
     Ma ſi lo ſdegno ſu ſubito e fiero
     E tal fretta gli ſé, ch’io men l’incolpo
     Se non mando a ferir di taglio il colpo.

[55]
Se Baliſarda lo giungea pel dritto
     L’elmo d’Hettore era incantato in vano,
     Fu ſi del colpo Mandricardo afflitto
     Che ſi laſcio la briglia vſcir di mano,
     D’andar tre volte accenna a capo ti 1 1 < •
     Mètre ſcorrendo va d’ intorno il piano
     Quel Brigliador che conofeete al nome,
     Dolente anchor de le mutate fonie.

[56]
Calcata ſerpe mai tanto non hebbe
     Ne ferito leon ſdegno e furore:
     Quanto il Tartaro, poi che ſi rihebbe
     Dal colpo che di ſé lo traſſe ſuore:
     E quanto l’ira e la ſuperbia crebbe
     Tato, e piú, crebbe in lui ſorza e valore
     Fece ſpiccare a Brigliadoro vn ſalto
     Verſo Ruggiero, e alzo la ſpada in alto.

[57]
Leuoflí in ſu le ſtaffe, & all’elmetto
     Segnolli, e ſi credette veramente
     Partirlo a quella volta fin’ al petto:
     Ma ſu di lui Ruggier piú diligente:
     Clí pria che’l braccio ſcèda al duro effetto
     Gli caccia ſotto la ſpada pungente:
     E gli fa ne la maglia ampia fineſtra
     Che ſotto difendea l’aſcella deſtra.

[58]
E Baliſarda al ſuo ritorno traſſe
     Di ſuori il ſangue tiepido, e vermiglio:
     E vieto a Durindana che calaſſe
     Impetuoſa con tanto periglio,
     Ben che ſin ſu la groppa ſi piegaſſe
     Ruggiero, e p dolor ſtrigneſſe il ciglio:
     E s’elmo in capo hauea di peggior tepre
     Gli era quel colpo memorabil ſempre.

[59]
Ruggier no ceſſa, e ſpinge il ſuo cauallo
     E Mandricardo al deſtro ſianco troua,
     Quiui ſcelta ſinezza di Metallo
     E ben condutta tempra poco gioua,
     Cetra la ſpada che non ſcende in fallo
     Che in incantata non per altra proua,
     Che p far ch’a ſuoi colpi nulla vaglia
     Piaſtra incantata & incantata maglia.

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[60]
Taglionne quato ella ne preſe, e inſieme
     Laſcio ferito il Tartaro nel ſianco
     Che’l ciel beſtèmia, e di tant’ ira ſreme
     Che’l tempeſtofo mare e horribil maco,
     Hor s’apparecchia apor le ſorze eſtreme
     Lo ſcudo oue in azurro e l’Augel biáco
     Vinto da ſdegno ſi gitto lontano
     E meſſe al brando e Puna e l’altra mano.

[61]
Ah (diſſe a lui Ruggier) ſenza piú baſti
     A moſtrar che non merti qlla inſegna,
     C’hor tu la getti, e dianzi la tagliaſti:
     Ne potrai dir mai piú che ti conuegna,
     Coſi dicendo ſorza e che gli attaſti
     Con quanta ſuria Durindana vegna
     Che ſi gli graua, e ſi gli peſa in ſronte
     Che piú leggier potea caderui vn mote.

[62]
E per mezo gli fende la viſiera,
     Buon per lui che dal viſo ſi difeoſta,
     Poi calo ſu P arcion che ferrato era
     Ne lo difeſe hauerne doppia croſta,
     Giunſe al ſin ſu l’arnefe, e come cera
     l’aperſe con la ſalda foprapoſta:
     E feri grauemente ne la coſcia
     Ruggier, ſi ch’assai ſtette a guarir poſcia

[63]
De l’un come de l’altro fatte roſſe
     Il ſangue l’arme hauea con doppia riga,
     Tal che diuerſo era il parer chi foſſe
     Di lor e’ haueſſe il meglio in qlla briga:
     Ma ql dubbio Ruggier toſto rimoſſe
     Con la ſpada che tanti ne caſtiga
     Mena di punta, e drizza il colpo crudo
     Onde gittato hauea colui lo ſcudo.

[64]
Fora de la corazza il lato manco
     E di venire al cor troua la ſtrada:
     Ch gli entra piú d’ un palmo fopra il fiáco
     Si che conuien che Mandricardo cada
     D’ogni ragion che può ne P augel biaco
     O che può hauer nela famoſa ſpada:
     E da la cara vita cada inſieme:
     Che piú che ſpada e ſcudo assai gli pme.

[65]
Non mori ql meſchin ſenza vendetta
     Ch’a quel medeſmo tépo che ſu colto:
     La ſpada poco ſua, meno di fretta
     Et a Ruggier hauria partito il volto,
     Se giá Ruggier no gli haueſſe intercetta
     Prima la ſorza, e assai del vigor tolto,
     Di ſorza e di vigor troppo gli tolſe
     Diazi ch ſotto il deſtro braccio il colſe.

[66]
Da Mandricardo ſu Ruggier percoſſo
     Nel punto ch’egli a lui tolſe la vita:
     Tal ch’u cerchio di ferro ácho ch graſſo
     E vna cuffia d’acciar ne ſu partita,
     Durindana taglio cotenna & oſſo
     E nel capo a Ruggiero entro dua dita:
     Ruggier ſtordito in terra ſi riuerſa
     E di ſangue vn ruſcel dal capo verſa.

[67]
Il primo ſu Ruggier ch’andò per terra
     E di poi ſtette l’altro a cader tanto
     Che quaſi crede ognun che de la guerra
     Riporti Mandricardo il pregio e il váto,
     E Doralice ſua che con glialtri erra
     E che quel di piú volte ha riſo e pianto,
     Dio ringratio con mani al ciel fupine
     Ch’ aueſſe hauuta la pugna tal ſine.

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[68]
Ma poi ch’appare a manifeſti ſegni
     Viuo chi viue, e ſenza vita il morto
     Ne i petti de i fautor mutano regni
     Di la meſtitia, e di qua vien conſorto:
     I Re, i Signori, i cauallier piú degni,
     Con Ruggier ch’a fatica era riſorto
     A rallegrarſi & abbracciarli vanno
     E gloria ſenza ſine e honor gli danno.

[69]
Ognun s’allegra con Ruggiero, e ſente
     II medeſmo nel cor e’ ha nella bocca:
     Sol Gradaſſo il penderò ha differente
     Tutto da quel che ſuor la llgua ſcocca,
     Moſtra gaudio nel viſo, e occultamente
     Del glorioſo acquiſto inuidia il tocca:
     E maledice, o ſia deſtino, o caſo
     Ilqual traſſe Ruggier prima del vaſo.

[70]
Che diro del fauor, che de le tante
     Carezze e tante affettuoſe e vere?
     Ch fece a ql Ruggiero il Re Agramate
     Senza ilqual dare al vento le bandiere
     Ne volſe muouer d’Africa le piante
     Ne ſenza lui ſi ſido in tante ſchiere:
     Hor ch de’l Re Agricae ha ſpeto il ſeme
     Prezza piú lui, che tutto il mòdo ífieme.

[71]
Ne di tal volontá gli huomini ſoli
     Eran verſo Ruggier, ma le done ancho:
     Che d’Africa e di Spagna ſra gli ſtuoli
     Eran venute al tenitorio Franco:
     E Doralice iſteffa che con duoli
     Piangea l’amante ſuo pallido e bianco:
     Forſè con l’altre ita farebbe in ſchiera
     Se di vergogna vn duro ſren non era.

[72]
Io dico ſorſè, non ch’io ve l’accerti
     Ma potrebbe eſſer ſtato di leggiero,
     Tal la bellezza, e tali erano i merti
     I coſtumi e i ſembianti di Ruggiero,
     Ella per quel che giá ne ſiamo eſperti
     Si facile era a variar penderò
     Che per non ſi veder priua d’Amore
     Hauria potuto in Ruggier porre il core.

[73]
Per lei buono era viuo Mandricardo
     Ma che ne volea far dopo la morte?
     Proueder le conuien d’ un che gagliardo
     Sia notte e di ne ſuoi biſogni, e ſorte:
     Non era ſtato intanto a venir tardo
     II piú perito medico di corte
     Che di Ruggier veduta ogni ferita
     Giá l’hauea afficurato de la vita.

[74]
Con molta diligentia il Re Agramante
     Fece colcar Ruggier ne le ſue tende,
     Clic notte e di veder fe’l vuole inante
     Si l’ama, ſi di lui cura ſi prende,
     Lo ſcudo al letto e l’arme tutte quante
     Che fur di Msdricardo, il Re gli appéde
     Tutte le appende eccetto Durindana
     Che ſu laſciata al Re di Sericana.

[75]
Co l’arme l’altre ſpoglie a Ruggier ſono
     Date di Mandricardo, e inſieme dato
     Gli e Brigliador, ql deſtrier bello e buono
     Che p furore Orlado hauea laſciato,
     Poi qllo al Re diede Ruggiero in dono
     Che s’auide ch’assai gli faria grato:
     Non piú di queſto, che tornar biſogna
     A chi Ruggier i van ſoſpira e agogna.

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[76]
Gliamoroſi tormenti che ſoderine
     Bradamante aſpettando, io v’ho da dire
     A Montalbano Hippalca a lei riuenne
     E nuoua le arreco del ſuo delire.
     Prima di quanto .di Frontin le anemie
     Con Rodomonte, l’hebbe a riferire
     Poi di Ruggier che ritrouo alla ſonte
     Con Ricciardetto e ſrati d’ Agrifmóte.

[77]
E che con eſſo lei s’era partito
     Con ſpeme di trouare il Saracino:
     E punirlo di quanto hauea fallito
     D’ hauer tolto avna donna il ſuo Frotino
     E che’l diſegno poi non gli era vſcito
     Perche diuerſo hauea fatto il camino,
     La cagione ancho perche non veniſſe
     A Montalban Ruggier, tutta le diſſe.

[78]
E riferille le parole a pieno
     Ch’in ſua ſcufa Ruggier le hauea 9meffe,
     Poi traſſe la lettera di ſeno
     Ch’egli le die perch’ella a lei la deſſe,
     Con viſo piú turbato che ſereno
     Preſe la charta Bradamante, e leſſe,
     Che ſé non foſſe la credenza ſtata
     Giá di veder Ruggier, ſora piú grata.

[79]
l’hauer Ruggiero ella aſpettato, e ivece
     Di lui, vederſi hora appagar d’un ſcritto
     Del bel viſo turbar l’aria le fece
     Di timor, di cordoglio, e di deſpitto,
     Bacio la charta diece volte e diece
     Hauendo a chi la ſcriffe il cor diritto,
     Le lachryme vietar che ſu vi ſparfe
     Che con ſoſpiri ardenti ella non l’arfe.

[80]
Leſſe la charta quattro volte e fei:
     E volſe ch’altretante l’imbafeiata
     Replicata le foſſe da colei
     Che l’una e l’altra hauea quiui arrecata:
     Pur tuttauia piangendo, e crederei
     Che mai non ſi faria piú racchetata
     Se non haueſſe hauuto pur conſorto
     Di riuedere il ſuo Ruggier di corto.

[81]
Termine a ritornar quindici o veti
     Giorni, hauea Ruggier tolto, & affermato
     l’hauea ad Hippalca poi, co giuramenti
     Da non temer che mai foſſe mancato,
     Chi m’aſſicura ohimè de gli accidenti
     (Ella dicea) e’ ha ſorza in ogni lato?
     Ma ne le guerre piú, che non diſtorni
     Alcun tato Ruggier che piú non torni ?

[82]
Oime Ruggiero, oime chi hauria creduto
     C’hauendoti amato io piú di me ſteffa
     Tu piú di me, non ch’altri, ma potuto
     Habbi amar gente tua inimica eſpreffa?
     A chi opprimer doureſti doni aiuto:
     Chi tu doureſti aitare, e da te oppreſſa:
     Non ſo ſé biaſmo o laude eſſer ti credi
     Ch’ai premiar e al punir ſi poco vedi.

[83]
Fu morto da Troian (non ſo fe’l fai)
     Il padre tuo, ma fin’ a i faſſi il fanno:
     E tu del figlio di Troian cura hai
     Che non riceua alcun disnor ne danno,
     E queſta la vendetta che ne fai
     Ruggiero? e a quei che vèdicato l’hano
     Rendi tal premio? che del ſangue loro
     Me fai morir di ſtratio e di martoro.

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[84]
Dicea la Dona al ſuo Ruggiero abſente
     Queſte parole, & altre lachrymando,
     Non vna ſola volta, ma ſouente,
     Hippalca la venia pur confortando.
     Che Ruggier ſeruarebbe interamente
     Sua fede, e ch’ella l’aſpetaffe, quando
     Altro far non potea, fin’ a quel giorno
     C’hauea Ruggier pſcritto al ſuo ritorno

[85]
I conſorti d’ Hippalca e la ſperanza
     Che de gliamanti ſuole eſſer compagna
     Alla tema e al dolor tolgon poſſanza
     Di far che Bradamate ogn’hora piagna,
     In Montalban ſenza mutar mai (tatua
     Voglion che fin’ al termine rimagna,
     Fin’ al promeſſo termine e giurato,
     Che poi ſu da Ruggier male offeruato.

[86]
Ma ch’egli alla promeſſa ſua mancaſle
     Non perho debbe hauer la colpa affatto.
     Ch’una cauſa & vn’ altra ſi lo traſſe
     Che gli ſu ſorza preterire il patto,
     Conuenne che nel letto ſi colcaſſe
     E piú d’un meſe ſi ſteſſe di piatto
     In dubbio di morir, ſi il dolor crebbe
     Dopo la pugna che col Tartaro hebbe.

[87]
l’inamorata giouane l’atteſe
     Tutto quel giorno e deſiollo in vano
     Ne mai ne ſeppe, ſuor quanto ne’ntefe
     Hora da Hippalca, e poi dal ſuo Germao
     Che le narro che Ruggier lui difeſe:
     E Malagigi libero e Viuiano,
     Queſta nouella anchor c’haueſſe grata
     Pur di qualche amarezza era turbata.

[88]
Che di Marphiſa in quel diſcorſo vdito
     l’alto valore e le bellezze hauea:
     Vdi come Ruggier s’ era partito
     Con elfo lei, e che d’andar dicea
     La doue con diſagio in debol Cito
     Mal ſicuro Agramante ſi tenea.
     Si degna compagnia la donna lauda
     Ma no che ſé n’allegri, o che l’applauda

[89]
Ne picciolo e il ſoſpetto che la preme:
Che ſé Marphiſa e bella come ha fama,
E che fin’ a quel di ſien giti inſieme
E marauiglia ſé Ruggier non l’ama,
Pur novuol creder’ acho, e ſpera e teme
E’l giorno che la può far lieta e grama
Mifera aſpetta, e ſoſpirando ſtaffi
Da Montalban mai non mouèdo i paſſi.

[90]
Stando ella quiui, il principe, il Signore
     Del bel cartello, il primo de ſuoi ſrati:
     Io non dico d’etade, ma d’honore
     (Che di lui prima dui n’erano nati)
     Rinaldo, che di gloria e di ſplendore
     Gli ha, come il Sol le ſtelle, illuminati,
     Giunſe al cartello vn giorno in ſu la non;
     Ne ſuor ch’un paggio, era con lui pſona.

[91]
Cagion del ſuo venir ſu, che da Braua
     Ritornandoli vn di verſo Parigi:
     Come v’ ho detto che ſouente andaua
     Per ritrouar d’ angelica veſtigi:
     Hauea ſentita la nouella praua
     Del ſuo Viuiano, e del ſuo Malagigi
     Ch’eran per eſſer dati al Maganzeſe:
     E perciò ad Agriſmonte la via preſe,

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[92]
Doue intendendo poi ch’eran ſaluati:
     E gli auerſarii lor morti e diſtrutti:
     E Marphiſa e Ruggiero erano ſtati
     Che gli haueano a quei termini ridutti:
     E ſuoi ſratelli, e ſuoi cugin tornati
     A Montalbano inſieme erano tutti,
     Gli panie vn’hora vn’anno di trouarſi,
     Con eſſo lor la dentro ad abbracciarli.

[93]
Venne Rinaldo a Montalbano, e quiui
     Madre, moglie, abbraccio, ſigli e ſratelli
     E i cugini che dianzi eran captiui:
     E panie quando egli arriuo tra quelli
     Dopo gran fame Hirondine ch’arriui
     Col cibo in bocca a i pargoletti Augelli,
     E poi ch’un giorno vi ſu ſtato o dui
     Partiſſi e ſé partire altri con lui.

[94]
Ricciardo, Alardo, Ricciardetto e d’effi
     Figli d’Anione, il piū vecchio Guicciardo
     Malagigi, e Viuian, ſi ſuron meſſi
     In arme, dietro al Paladin gagliardo,
     Bradamante aſpettando che s’appreſſi
     Il tempo, ch’ai diſio ſuo ne vien tardo,
     Inferma diſſe a gli ſratelli ch’era
     E non volſe con lor venire in ſchiera.

[95]
E ben lor diſſe il ver, ch’ella era inſerma
     Ma non p febbre o corporal dolore,
     Era il diſio che l’alma dentro inſerma
     E le fa alteration patir d’Amore:
     Rinaldo in Montalban piū non ſi ferma
     E ſeco mena di ſua gente il fiore
     Come a Parigi appropinquoffe, e quato
     Carlo aiuto vi dira l’altro canto.