I Nibelunghi (1889)/Avventura Ventesima

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Anonimo - I Nibelunghi (XIII secolo)
Traduzione dal tedesco di Italo Pizzi (1889)
Avventura Ventesima
Avventura Diciannovesima Avventura Ventunesima

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Avventura Ventesima

In che modo re Etzel mandò in Borgogna per Kriemhilde


     Un tempo fu, che donna Hèlche morìa,
E re Ètzel cercavasi all’intorno
Un’altra sposa. Appo un’altera vedova,
Là, ne la terra di Borgogna, quale
5Donna Kriemhilde si dicea, ne andavano
Gli amici suoi. Da che morta si giacque
D’Hèlche leggiadra la persona, ei dissero:
     Se disïate nobil sposa, quella
Che più illustre e migliore ebbesi mai
10Un sire, questa stessa, o re, prendete.
Era l’uom suo Sifrido valoroso.
     Disse quel re possente: Oh! come dunque

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Avvenìr ciò potria, ch’io son pagano,
Nè battesmo ebbi mai? Fedele a Cristo
15È la donna, e però non fia che mai
Ella acconsenta a ciò. Sarìa prodigio,
Ove cotesto si avverasse. — E quelli
Agili rispondeano: E che, se tanto
Forse ella fa? Pel vostro inclito nome,
20Per vostra gran ricchezza, è d’uopo invero
Che tenti alcun la nobil donna. Voi
La leggiadra persona amarne intanto
Di gran voglia potrete. — E il nobil sire:
A chi fra voi, dicea, note sul Reno
25Son le genti e la terra? — E gli rispose
Il buon Rüedgèr di Bechelara: L’inclita
E nobile regina io già conobbi
Nella sua infanzia. E Gernòt e Gunthero
Conobbi, illustri cavalieri e buoni,
30Il terzo ancora che Gislhèr si chiama;
E fa d’essi ciascun quanto in begli atti
D’onore e di virtù gli è far concesso,
E il medesmo hanno fatto i lor maggiori.
     Ed Ètzel disse allor: Tu mi dirai,

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35Amico mio, s'ella dovrà in mia terra
La corona portar. Che se leggiadra
N’è la persona quale a me si dice,
Nullo dolor ne avranno mai cotesti
40Amici miei migliori. — Ella d’assai
A quella sì leggiadra, e mia signora,
Hèlche possente rassomiglia; e certo,
Quaggiù nel mondo, d’alcun re la donna
Esser più bella non potrìa. Colui,
45Ch’ella si accoglie per amico, oh! molto
Potrà per essa consolar sua vita!
     Ruëdgèr, la chiedi adunque, il re gli disse,
Ov’io caro a te sia. Che se m’è dato
Giacermi al fianco di Kriemhilde, in guisa
50Miglior ch’io possa, ti darò mercede,
Chè avrai tu veramente allor compiuta
Ogni mia brama. Da’ tesori miei
Dar ti farò tutto che vuoi di vesti
E di cavalli, perchè tu e i consorti
55Viver lieti possiate. Io, per cotesto
Messaggio vostro, d’apprestar gran cose
Cenno farò. — Se le dovizie tue

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Io disïassi, il margravio possente,
Rüedgero, gli rispose, indegna cosa
60Davver sarìa. Tuo messaggiero andarne
Io voglio al Reno, e volentier, del mio
Solo spendendo, quale un giorno m’ebbi
Da queste mani tue. — Deh! quando, allora
Disse il possente re, deh! quando mai
65Andrete a quella, d’amor degna? Iddio,
Con tutto onor, vi guardi nel vïaggio
E guardi ancor la donna mia. Fortuna
Tanto m’aiti, ch’ella dolce a noi
Mostrar si deggia! — Ma dicea Rüedgero:
     70Pria che la terra lasciam noi, ci è d’uopo
Vesti ed armi apprestar, sì che dinanzi
A’ prenci tutto onor sempre ci segua.
Cinquecento vogl’io menar sul Reno
Prodi gagliardi. Quando alcun mi vegga
75E vegga i miei là fra i Burgundi, almeno
Questo dica di te, prence, che mai
Tanti e sì ben forniti uomini suoi
Non mandò un sire, quanti hai tu sul Reno
Invïati così; ciò, se cotesto,

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80O re possente, abbandonar non vuoi,
Perchè Kriemhilde nel suo puro amore
Già fu soggetta di Sigmundo al figlio,
Prence Sifrido, quale hai tu veduto
Un tempo qui.1 Per verità ch’è giusta,
85Dar si puote a Sifrido onor ben grande!
     Re Ètzel disse allor: Se di quel forte
Era la sposa, di tal pregio egli era,
Il nobil prence, ch’io della regina
Vergognarmi non deggio. Ella, davvero!
90Per sua molta bellezza assai mi piace.
     Disse il margravio: Questo ancor vo’ dirvi
Che di qui partirem, venti passati
E quattro giorni. A Gotelinde, a quella
Diletta donna mia, che per Kriemhilde
95Io medesmo partir vo’ messaggiero,
Ora intender farò. — Mandò Rüedgero
A Bechelara, e trista e lieta a un tempo
La margravia ne fu. Le annunzïava

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Che donna pel suo prence egli cercava,
100E quella intanto ripensò a colei,
Hèlche, leggiadra tanto. Allor che intese
Di tal messaggio la margravia, parte
Che le toccò, fu duol, sì che convenne
Ch’ella piangesse, pensando se mai
105Donna acquistata avria pari a colei
Di prima. Ad Hèlche il suo pensier volgea,
E ciò le dava interna doglia. Intanto
D’Ungheria si partì ne’ sette giorni
Rüedgero, e n’era lieto e n’era allegro
110Ètzel re; poi che in Vienna altri apprestate
Le vestimenta avea, dal suo vïaggio
Rüedgero non potea più a lungo esimersi.
Gotelinde attendealo in Bechelara,
E la giovin margravia, di Rüedgero,
115Essa, la figlia, volentieri il padre
Rivide allor, rivide volentieri
Gotelinde il suo sposo. Anche da belle
Giovinette e fanciulle ivi si fea
Attesa grande con amor. Ma innanzi
120Che a Bechelara cavalcando il nobile

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Rüedgero, da città di Vienna uscito,
Così venisse, acconciamente tutte
Eran le vesti sue raccolte e pronte
Sovra le some. Di tal guisa andavano,2
125Che nulla d’esse via fu tolto. Allora
Che a Bechelara elli in città discesero,
Quell’ospite signor con molta grazia
Del vïaggio alloggiar volle i compagni
E lor grand’agio procacciò. La ricca
130Gotelinde pur anco il suo signore
Volentier vide di ritorno, e ancora
Ciò fea la dolce figlia sua, la giovane
Margravia. Il suo ritorno, oh! non potea
Venirle mai più grato! E quegli eroi
135Degli Unni de la terra, oh! quanto mai
Volentieri ammirò! Con sorridente
Bocca dicea la nobile fanciulla:
     Il benvenuto ora ci sia d’assai
Il padre mio con le sue genti! — E allora
140Da molti prodi cavalieri a gara

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Fûr rese a lei, la giovane margravia,
Debite grazie. Gotelinde assai
La mente conoscea del suo signore,
Prence Rüedgero; e come accanto a lui
145La notte ella giacea, deh! con qual cura
Amorosa l’inchiese, a qual mai fine
Il suo signor degli Unni da la terra
Lui inviò! — Mia donna Gotelinde,
Egli rispose, volentier cotesto
150Vo’ farti noto. Or che d’Hèlche morìa
La persona leggiadra, al mio signore
Deggio altra sposa ricercar. Vogl’io
Andarne al Reno per Kriemhilde, e poi
Appo gli Unni ella sia nobil regina.
     155Iddio voglia cotesto e ciò ne avvenga,
Gotelinde dicea, poi che di lei
Tante udiamo affermar virtudi elette!
Ne’ tardi nostri giorni, ella potrìa
Di quella che fu a me nobil signora,
160Noi risarcire. Anche potremmo noi
Volentieri adoprar ch’ella fra gli Unni
Porti corona. — O donna mia diletta,

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Disse il margravio, a quelli che con meco
Cavalcar dènno fino al Reno, vostre
165Dovizie con amor v’è d’uopo offrire.
Gli eroi, come son ricchi, anima altera
Portano ovunque. — Ed ella disse: Alcuno
Qui non sarà, qual donativi prendasi
Volentieri da me, cui ciò che assai
170Gli si addice, io non doni, e pria che voi,
Coi vostri tutti, di qui andiate. — E questa
Grata cosa mi fia, disse il margravio.
     Deh! quante allora da’ tesori suoi
Furono addotte ricche vesti! e d’esse
175A’ nobili guerrier parte bastante
Si fece. Elli n’andâr forniti e colmi
Dalla cervice in giù fino agli sproni.
Quelle Rüedgero trascegliea che acconce
Parvero al suo disegno. Egli al mattino
180Che settimo seguì, da Bechelara,
Sire del luogo co’ gagliardi suoi,
Cavalcando partiva. Or, per la terra
De’ Bavari le vesti egli menavano
E l’armi ancora in copia grande, e in quello

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185Viaggio mai non ebber da ladroni
Alcuno assalto.3 Al Reno elli giugneano
Al dodicesmo giorno, e tal novella
Restar celata non potè. Fu detto
A re Gunthero e agli uomini con lui
190Che ospiti estrani eran venuti, e il sire
A chieder cominciò se mai potea
Qualcun dirgli cotesto. Anche veduti
Fûro i giumenti portar carchi assai,
Indi fu noto che opulenti egli erano.
195Ne la vasta città, ratto fûr presti
I loro alberghi, e com’egli v’entraro
Ignoti assai, a’ nobili stranieri
Attenzïon d’assai fu volta, e tutti
Meravigliâr donde venìano al Reno
200Questi gagliardi, e de la terra il sire
Hàgen fece appellar, quand’elli mai
Gli fosser noti. E quegli di Tronèga
Così rispose: Ancora io non gli ho visti.
Come avremgli veduti, io con certezza

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205Dir vi potrò donde son elli scesi
A questa terra cavalcando. Assai
Esser dènno stranieri, ov’io d’un tratto
Ravvisarli non possa. — E fûro accolti
Ne’ loro alberghi gli ospiti, e con vesti
210Ricche d’assai ne venne coi compagni
Il messaggiero. A corte elli venièno
Cavalcando così; buona recavano
E tagliata con arte ogni lor veste.
     Hàgene impetüoso allor dicea:
215Per ciò che dir poss’io, da che veduti
Non ho da lungo tempo esti signori,
Egli hanno aspetto come se l’un d’essi
Rüedgero fosse, il prode ardito ed inclito
Della terra degli Unni. — Oh! disse il prence
220Ratto a l’istante, come mai degg’io
Creder cotesto, ch’ei venisse mai
Da Bechelara in questa terra? — Allora
Che re Gunthero ebbe compiuto il detto,
Hàgene accorto vide4 il buon Rüedgero.

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     225Egli e i congiunti suoi corsero fuori,
E là fûr visti dai cavalli scendere
Ben cinquecento cavalieri. Quelli
De la terra degli Unni ad onor grande
Furono accolti. Così ricche vesti
230Messi non recâr mai. Hàgene allora,
Quei di Tronèga: In Dio questi gagliardi,
Ad alta voce disse, a noi qui sono
I benvenuti, quei, di Bechelara
Principe, e tutti gli uomini di lui.
     235Agli Unni arditi con onor cotesta
Accoglienza si fea. Ortwin da Metze
Disse intanto a Rüedgero: Ospiti mai
Sì volentieri non vedemmo noi
In tutto il tempo. E ciò pel vero affermo.
     240Elli a tutti gli eroi per tal saluto
Rendeano grazie, indi, co’ lor consorti,
Nell’aula entrâr, là ’ve con molti suoi
Valenti e prodi ritrovarno il sire.
Si levò il sire dal suo seggio, e questo
245Si fe’ da lui per cortesia ben grande.
Incontro al messaggier, deh! con quale atto

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Andò gentil! Con gran desìo Gunthero
E Gernot accogliean con le sue genti
L’ospite, in guisa che addiceasi a lui,
250E il re della sua man prendea pur anco
Il buon Rüedgero e menavalo al seggio
Ov’ei prima assidea. Mescer fu ingiunto
(E ciò si fe’ di voglia buona) agli ospiti
Idromele squisito e il vin migliore
255Che nella terra, là dal Reno intorno,
Rinvenir si potè. Gere e Gislhero
Ambo venìano intanto, e le novelle
Udite avean degli ospiti venuti
E Volkero e Dancwarto. Eran di lieta
260Alma per tanto, e là, dinanzi al sire,
Ai cavalieri e nobili ed onesti
Fean le accoglienze, ed Hàgen di Tronèga
Al suo signor così dicea: Gli è d’uopo
Che di tanto abbian merto in lor servigi
265I nostri cavalier, per che il margravio
Tale amor ci addimostra. Egli, lo sposo
Di Gotelinde bella, abbia per questo
La sua mercede. — Tralasciar cotesto,

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Re Gunthero dicea, no, non poss’io.
270Com’ei stanno ambedue, Ètzel ed Hèlche
De la terra degli Unni, a me v’è d’uopo
Narrar frattanto. — Noto a voi cotesto
Io volentier farò, disse il margravio.
     E si levò con tutti i suoi dal seggio
275E al sire favellò: Questo da noi
Farassi, o prence, se da voi concesso
Tanto mi fia. Nè scorderò l’annunzio
Ch’io qui reco, ma tosto, e volentieri,
A voi dirollo. — Disse il re: Qualunque
280L’annunzio sia che altri per noi v’impose,
Io vi concedo, senza ch’io d’amici
Consiglio cerchi, di narrar. Deh! fate
Udirlo a me, fate che l’odan questi
Uomini miei, da che vogl’io che tutto
285Onor vi abbiate qui. — L’esperto messo
Così dicea: V’offre qui presso al Reno
Fedel servigio il nobil mio signore,
L’offre pur anco a tutti che qui avete
Congiunti vostri. Ancor, questo messaggio
290Con tutta fè per noi si compie. Voi

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Prega il nobil mio re di pianger seco
La sua sventura. È senza gioia il suo
Popolo intanto, e la mia donna è morta,
Hèlche potente assai, del mio signore
295La sposa, sì che molte giovinette
Orfane diventâr, figlie di nobili
Prenci ch’ella educò.5 Doglia d’assai
È però in quella terra, e non v’è alcuno,
Ahimè! che con amor de le fanciulle
300Prendasi cura. Ed io mi penso ancora
Che lento cesserà del re l’affanno.
     Lui ricompensi Iddio, disse Gunthero,
Perch’egli a me, per ch’egli a’ miei congiunti
Offre i servigi suoi di voglia onesta!
305Quel suo saluto volentieri, intanto,
Io qui m’ho accolto, e volentieri ancora
Lui serviranno li congiunti miei,
Gli uomini miei pur anco. — Allora disse

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Gernòt gagliardo, fra i Burgundi: Sempre,
310D’Hèlche leggiadra per la morte, affanno
Avrà la gente, per le varie e molte
Virtù che in opra ella ponea. — Cotesto
Sermone confermava Hàgene ancora,
Illustre spada. Ma Rüedgero, il nobile,
315Inclito messaggier, fe’ questi detti:
     Siami concesso, o re, ch’io pur vi dica
Il mio prence diletto a questa corte
Che mai vi annunzia, or che di tanto è mesta
L’anima sua per Hèlche. Al mio signore
320Detto fu già che priva del suo sposo
Kriemhilde si restò, morto Sifrido
Principe. Se cotesto è di tal guisa,
Vogliate voi concedere che innanzi
D’Ètzel ai valorosi ella si porti
325Regal corona! Il signor mio tal cosa
D’annunzïarvi indisse a me. — Rispose
Il re possente (bene a ciò disposta
L’anima sua): S’ella farà cotesto
Di voglia buona, il voler mio pur anco
330Ella udirà. Fra giorni tre, di tanto

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Annunzio vi darò. Pria che la prova
Io fatto ne abbia appo Kriemhilde, questo
Ad Ètzel ricusar come potrei?
     Ogni agio intanto agli ospiti apprestava
335La gente. Di tal foggia ebber servigi,
Che Rüedgero affermò che veri amici
Fra gli uomini ei si avea di re Gunthero.
Volentieri Hàgen gli servìa, chè questo
Fatto ancora gli avea Rüedgero un tempo.
     340In fino al terzo dì, così rimase
Rüedgero, e il sire (e questo ei fea da saggio)
Per consiglio mandò se a’ suoi congiunti
Ciò ben fatto parea ch’Etzel a sposo
Tôr dovesse Kriemhilde. E quelli tutti
345Acconsentian, se togli Hàgen soltanto.
A Gunthèr valoroso ei così disse:
     Mente giusta se avete, e da voi questo
Si eviterà per che voi nol facciate
In alcun modo, anche se tal consiglio
350Ella seguir vorrà. — Deh! perchè mai,
Disse Gunthero, io non dovrei seguirlo?
Ciò che più grato alla regina avviene,

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Io sì davver concederò, chè mia
Sirocchia ell’è. Se ad onor suo cotesto
355Esser potrà, noi sì ’l dobbiam curare.
     Ma disse Hàgen allor: Questo sermone
Abbandonate. Che se aveste voi,
Quale io l’ho ancor, d’Etzel contezza, quando
Ella dovesse, come a dir qui ascolto,
360Prenderlo a sposo, grave cura a voi,
Di tutte prima, incoglierebbe. — Disse
Gunthero allor: Deh! perchè mai? Cotesto
Io ben posso evitar, perch’io giammai
Tanto a lui m’avvicini onde alcun atto
365D’odio soffrir mi debba, anche se sposa
Essa di lui sarà. — Cotesto io mai
Consigliar non vorrò, Hàgen dicea.
     Per Gemòt e Gislhèr gente invïavasi
Per ch’elli anche venissero, se mai
370Ad ambo i prodi ciò parea ben fatto
Che prendesse Kriemhilde il nobil sire
E valoroso. Contraddisse ancora
Hàgen, degli altri non un solo, e intanto,

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Fra que’ Burgundi, Giselhèr gagliardo
375Così dicea: Con fede ora v’è d’uopo,
Hàgen amico, oprar. D’ogni dolore
Che voi le fêste, orsù la risarcite.
Quel ben che tocca alla mia suora, voi
Lasciate d’osteggiar. — Da che sì grande
380Recaste angoscia alla sorella mia,
Gislhero aggiunse, il prode cavaliere,
Cagione ella si avea, per che nemica
Anche vi fosse. A niuna donna mai
Tanta felicità qualcuno tolse.
     385Hàgene disse: Quel ch’io ben conosco,
Aperto vi farò. S’ella sorvive
Fino a quel tempo ch’Ètzel potrà togliere,
Gran male ancora, sia qualunque il modo,
A noi ella farà, chè di lei servi
390Molti saranno e valorosi e prodi.
     Gernòt ardito ad Hàgene rispose:
Accader ciò potrìa che, d’ambo i prenci6
Fino alla morte, cavalcar concesso

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A noi non sia più mai fino alla terra
395D’Ètzel. E noi dobbiamo alla sirocchia
Serbarci fidi, e questa fia parvenza
D’onor per noi. — Hàgene disse: Ninno
Contraddir mi potrà. Se la corona
D’Hèlche portar dovrà Kriemhilde illustre,
400Ella, di guisa che le sia concesso,
A noi male farà. Lasciar cotesto
V’è d’uopo, e meglio assai questo s’addice
A voi, che siete cavalieri. — Disse
Giselhèr con disdegno, ei, de la bella
405Ute il figliuol: Nulla dobbiam far noi
Che sembri fellonia. Per ogni onore
Che a lei si faccia, lieti andrem noi pure;
E, per cose che dire, Hàgen, vi piaccia,
Con tutta la mia fede io vo’ servirla.
     410Come intese cotesto, Hàgen si fece
D’alma crucciata. Ma Gernòt, Gislhero,
Alteri e buoni cavalieri, e al fine
Gunthèr potente, asseverâr che quando
Kriemhilde acconsentisse, elli voleano
415Darlo vènia di ciò, senza rancura.

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     Principe Gere disse allor: Cotesto
Alla donna dirò, perchè di tanto
Re Ètzel accontenti. E sottoposti
Molti gli sono valorosi in guerra
420Per timor alto, ed ei potrà colei
Del male risarcir che altri le fece.
     Là ’v’ei Kriemhilde rivedea, ne andava
L’agile cavalier. Graziosamente
L’accolse quella, e, oh! quanto ei le parlava
425Con balda gioia! Volentier v’è d’uopo
Salutarmi, ei dicea, donarmi ancora
Il guiderdone del messaggio. Voi
Vuol la fortuna allontanar da tutte
Sciagure vostre. Per l’amor di voi,
430Donna, il miglior di quanti conquistavano
Terre di regi con perfetto onore
O ne portano il serto, appo di noi
Messaggieri invïò. Fanno l’inchiesta
Nobili cavalieri, e ciò comanda
435Il fratel vostro di narrare a voi.
     E quella, ricca del suo duol, rispose:
Iddio vi guardi, e guardi ognun de’ vostri

[p. 384 modifica]

Congiunti, perchè mai piacciavi scherno
Far di me, sì tapina! E che potrei
440Per uom, che già si avea l’amor del core
Di donna onesta? — E quegli assai di tanto
Le contraddisse, e vennero pur anco
Gernòt fratello a lei, Gislhèr con esso,
Il giovinetto, ed amorosamente
445Lei supplicâr di consolarsi in core.
Vera fortuna ciò sarìa per lei,
Quand’ella il re prendesse. Oh! ma nessuno
Vincer potè la donna, ond’ella ancora
Persona amasse d’alcun uomo. Questo,
450Questo, dicean pregando i cavalieri,
Fate si avveri almen, perchè vi piaccia
Veder que’ messi, ove null’altra cosa
Facciate voi. — Cotesto io diniegarvi
Mai non vorrò, dicea la nobil donna,
455Per ch’io non vegga volentier, per sue
Molte virtù, Rüedgero. Ove mandato
Egli non fosse e fosse un altro il messo,
Io sare’ per costui non vista mai.
     Però, v’è d'uopo, ella soggiunse, invito

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460Fargli perchè ne venga alle mie stanze
Diman mattina, qui, ch’io la mia voglia
Intender gli farò qual dirò ancora. —
Il suo gran pianto, allor, si rinnovava.
     Niun’altra cosa il nobile Rüedgero
465Bramar potea che la regina augusta
Di rimirar. Tanto ei teneasi accorto,
Che ove accader potea ch’ei la vedesse,
A convincer da lui, gagliardo e prode,
Ella sè stessa data avrìa. Nel primo
470Sorger del dì, quando si cantò messa,
Venìan gl’illustri ambasciatori, e grande
Fu accalcarsi di gente. Or, fra cotesti
Che ivano insieme con Rüedgero a corte,
Molti fûr visti in nobil portamento
475Uomini adorni di gran robe. Intanto
Kriemhilde illustre, d’anima dolente,
Rüedgero, messaggiero inclito e buono,
Stavasi ad aspettar. Là, con le vesti
Ei la trovò che sempre ella portava
480In ogni tempo, ma, d’accanto a lei,
Ricche vesti d’assai portavan tutte

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Le ancelle sue. Fino alla porta incontro
Ella gli andava, e grazïosamente
L’uom d’Ètzel accogliea. Dinanzi a lei
485In quelle stanze dodicesmo7 entrava,
E grandi omaggi gli si fean, chè a lei
Messi più illustri non venìan di questi
In alcun tempo mai. Fu indetto al prence
D’assidersi con quelli uomini suoi,
490E i due margravi intanto, Eckwarto e Gere,
Buoni ed illustri cavalieri, innanzi
A lei in piè fûr visti. Or, per colei,
Donna del loco, non vedeano alcuno
Che di cor fosse lieto. Innanzi a quella
495Vedeano assise molte donne vaghe,
E Kriemhilde frattanto il suo dolore
Solo sentìa. Le vesti erano molli
Dinanzi al petto di lagrime calde,
E il nobile margravio agevolmente
500Vide cotesto in lei. L’inclito messo
Così parlò: Figlia di nobil sire,

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A me, a’ compagni miei che qui con meco
Venuti son, deh! concedete voi
Che innanzi a voi ci stiamo in piè, dicendovi
505L’annunzio per che noi fin qui venimmo.
     E la regina: E ciò vi sia concesso
Per quel che dir vogliate, e la mia mente
Sta di tal guisa, che cotesto assai
Volentieri udirò, chè messaggiero
510Voi sète onesto. — La sua mente avversa
Inteser gli altri, ma prence Rüedgero
Di Bechelara disse allor: Con fede
Di grande amore, Ètzel, un sire augusto,
In questa terra, qui, donna, v’invia
515Un suo messaggio. Per l’amor di voi
Buoni fin qui mandò suoi cavalieri,
E v’offre intanto, dall’imo del core,
Amor da doglia esente. Anche egli è presto
Al fermo affetto che già un dì portava
520A donna Hèlche, quale al cor di lui
Sì presso stette. Per virtù ch’ella ebbe,
Giorni infelici ei mena intanto assai.
     Rüedgèr margravio, la regina disse,

[p. 388 modifica]

Chi ben conosce la mia doglia acerba,
525Altr’uom d’amar non offre a me. Perduto
Ho quel miglior che donna ebbesi mai.
     Attutire il dolor, disse l’accorto,
Qual cosa mai potrìa, se alcun l’acquista
E tal si elegge che si addice a lui
530Veracemente, fuor di un dolce amore?
Per angoscia del cor nulla cotanto
Puote giovar. Se l’inclito mio sire
Amar vi piace, donna voi sarete
Di dodici corone inclite e ricche,
535E il signor mio daravvi ancor la terra
Di trenta prenci, quali un giorno vinse
Quella sua man potente assai. Di molti
Uomini degni anche sarete voi
Donna e signora (ed erano soggetti
540A donna Hèlche cotesti) e di ben molte
Donne pur anco, d’inclita prosapia
Di prenci; ebbe poter su tutte un giorno
Hèlche regina. — Così disse il baldo
E accorto cavalier. Soggiunse poi:
     545Daravvi ancora il mio signor (ciò stesso

[p. 389 modifica]

D’annunzïar m’indisse a voi) possanza
Altissima fra tutte e quale avea
Hèlche, se accanto al re piacciavi in fronte
Portar corona. Questa, innanzi agli uomini
550D’Ètzel, terrete voi con tutta forza.
     La regina dicea: Deh! come mai
Questa persona mia goder di tanto
Ancor potrìa per che donna i’ mi fossi
D’un valoroso? Così acerba doglia
555Morte per un mi fe’, ch’io sconsolata
Restar ne deggio fino al giorno estremo.
     Ma gli Unni le dicean: D’Ètzel al fianco
La vita vostra, o possente regina,
Degna tanto sarà, che ove ciò avvenga,
560Vi colmerà di gioia; ed ha ben molti
Guerrieri illustri il mio signor possente.
Le ancelle d’Hèlche e le fantesche vostre,
Queste accanto di quelle, una saranno
E sola compagnia, sì che potranno
565Andarne lieti i cavalieri. Oh! donna,
Lasciate che altri vi consigli. A voi
Ciò veramente volgerassi in bene.

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     Ella cortese disse allor: Lasciate
Fino a diman per tempo esto sermone.
570Voi qui verrete allor, ch’io la risposta
Vi darò pel desìo che avete in core.
     I cavalieri, accorti e buoni, allora
Il consiglio seguîr. Quand’elli tutti
Si fûr renduti ai loro alberghi, quella
575Inclita donna per Gislhèr mandava,
Anche per la sua madre, e ad ambedue
Questo affermò che le addiceasi ’l pianto
E null’altro di più. Ma Giselhero,
Fratello suo, le disse: A me si dice,
580Sorella mia, e ciò vogl’io pur credere,
Che ogni tua angoscia toglierà, se il prendi
A sposo tuo, re Ètzel. Se diverso
Consiglio altri ti dà, che il mio tu segua,
Sembrami fatto bellamente. — Ancora
585Gislhero aggiunse: Egli potrà di tutto
Compensarti. E dall’Elba in fino al mare
E dal Rodano al Reno, alcun monarca
Sì possente non è. Deh! che potrai
Veramente gioir, s’ei ti fa sposa!

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     590Dolce fratello mio, deh! perchè mai
Ciò mi consigli? E piangere e dolermi
Sempre più mi si addice. E innanzi a prodi
Come potrei andarne in corte. S’era
Leggiadra un dì la mia persona, orbata
595Ora son io di mia beltà. — Dicea
Donna Ute intanto alla sua dolce figlia:
     Figlia diletta, ciò che a te consigliano
Li tuoi fratelli, deh! tu fa. Tu segui
Gli amici tuoi; così avverrà che bene
600Indi ti accada. In grave doglia assai
Troppo lunga stagione io t’ho veduta!
     Soventi assai Kriemhilde avea preghiera
A Dio rivolta perchè tanto ancora
Ella avesse a donar d’argento e d’oro
605E di vesti pur anco, in quella guisa
Che appo il suo sposo ella facea, nel tempo
Che incolume ei restò. Ma più non visse
Ella così dopo quell’ore liete.8

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     Ella pensava nella mente sua:
610E dovrei dunque (e son fedele a Cristo)
A chi è pagano dar me stessa? Avrei
Di ciò ignominia appo la gente sempre.
S’anche tutto il suo regno ei mi donasse,
Da me tal cosa non farassi mai!
     615Così cotesto abbandonò. La notte,
In fino al dì, giacea costei sul letto
Con suoi molti pensieri, e i fulgid’occhi
Non si tersero mai, fin che alla messa
Mattutina ella andò nel primo albore.
620E intanto, de la messa al tempo giusto,
Eran venuti i re. Prendean per mano
La lor sorella e davanle consiglio
Perch’ella amasse il re qual si dicea
De la terra degli Unni. Oh! ma di nulla
625Più lieta la incontrò d’essi nessuno!
     Gli uomini d’Ètzel si fe’ cenno allora
Di addur, chè veramente ei volentieri
Per commiato venìan, qualunque fosse
Cosa accaduta, o diniegata o accolta;
630E venne in corte anche Rüedgero. I prodi

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Novellamente gli dicean che udita
Di buona voglia elli si avrìan la mente
Del nobil sire; in opportuno tempo
Ciò si facesse ancor. Buono cotesto
635Parrebbe a tutti, e lunghe eran le vie
Per ritornarsi alla lor terra. Credo
Che null’altro in colei fuor che un diniego
Ei rinvenìan, ch’ella più non volea
Porre suo amore in alcun uom. Cotesto
640Male per voi si fa, disse il margravio.
Deh! perchè mai persona sì leggiadra
Perder volete? Con onor v’è dato
La sposa divenir d’uom valoroso!
     E nulla anche giovò ch’ei la pregassero,
645Fin che Rüedgero all’inclita regina
Segreto disse che di ciò che avvenne
Di male a lei, volea degli Unni il sire
Darle vendetta. Cominciava in parte
Grave di lei corruccio a mitigarsi.
     650Alla regina ei disse: Il pianger vostro
Abbandonate. Che se là tra gli Unni
Fuor di me, fuor de’ miei fidi congiunti

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E degli uomini miei, nessuno avete,
Quei che vi offese dovrà sempre grave
655Portar pena di ciò. — Così addolcita
L’anima fu di quella donna. Allora,
Voi mi giurate un sacramento, disse,
Che, se qualcun mi fea non giusta cosa,
Quei che il mio duol vendicherà primiero,
660Sarete voi. — Disse il margravio: O donna,
Io qui son pronto a ciò. — Con tutti i suoi
Rüedgero allor fe’ sacramento, lei
Con tutta fede di servir mai sempre,
Giurò che i valorosi, incliti in quella
665D’Ètzel contrada, diniegato a lei
Nulla avrìano mai più di ciò chiedere
Parea suo grado. E di Rüedgèr la mano
Cotesto le affermò. Quella frattanto,
Forte in sua fè, così pensava: Amici
670Poiché cotanti m’acquistai, la gente
Lascierò dir ciò che più vuole, io, donna
Ricca d’ambascia. E che? se per tal foggia
Vendicata sarà del mio diletto
Sposo la vita? — Ella pensava ancora:

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     675Ètzel guerrier poi che ha sì gran dovizia,
E s’io comando avrò, ciò ch’io mi voglia
Farò pur anco. Ricco egli è in tal guisa,
Ch’io sì m’avrò di che donar. Di tutta
La mia dovizia duramente orbata
680Hàgen mi fece. — A Rüedgero ella disse:
     S’io mi sapessi ch’ei non è pagano,
Volentieri io verrei sì come ei vuole
E il prenderei per sposo mio. — Cotesto
Sermon lasciate, o donna mia, le disse
685Il margravio, chè tanti egli ha con seco
Di fè cristiana cavalier, che nullo
Appo quel re vi toccherà travaglio.
E che? se tanto acquisterete voi
Ch’ei si battezzi? Per cotesto, è d’uopo
690Che volentier di prence Ètzel la donna
Voi diventiate. — Ora, sorella mia,
Ognun le disse de’ fratelli, a tanto
Acconsentite, e d’uopo è inver che questo
Vostro dolor posar lasciate. — A lungo
695Elli pregâr finchè dolente quella
Promettea, degli eroi nella presenza,

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Ch’ella sarìa d’Ètzel la donna. Voi,
Ella dicea, vo’ seguitare, io, misera
Regina assai, per ch’io mi tragga agli Unni,
700Tosto che ciò far si potrà, sol quando
Amici io m’abbia che di lui mi adducano
Alla terra. — Dinanzi ai cavalieri
Kriemhilde bella diè perciò la mano.
     Disse il margravio allora: Anche se aveste
705Uomini due soltanto, oltre a cotesti
Io n’ho molti d’assai. Acconciamente
Ciò si farà, che noi di là dal Reno
Vi trasportiam con tutto onore. Intanto
Non più a lungo v’è d’uopo in fra i Burgundi
710Restarvi, o donna. Cinquecento ho meco
Uomini, e sono consanguinei miei,
Ed essi qui vi serviranno e ancora
Là, nel mio suol natìo, per ciò che a voi
Ingiungere lor piaccia. E parimente
715Io cotesto farò, quando il mio detto
Mi rammentiate,9 per ch’io mai di tanto

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Non mi vergogni. Ora, deh! fate cenno
Che altri v’appresti la gualdrappa. A voi
Di Rüedgero i consigli unqua di doglia
720Non saranno cagione. Anche accennate
A vostre ancelle quali addur volete
Fin là con voi. Verranno in su la via
Con noi ben molti cavalieri eletti.
     Ancora elle si avean de’ ferramenti,
725Quali un dì si recavano, nel tempo
Del cavalcare appo Sifrido, e questi
Poteano usar molte fanciulle ancora,
Se partirsi volean, con onor grande.
Oh! quante selle acconcie altri apprestava
730Per le donne leggiadre! Or, se colei
Splendide vesti portò mai, per essa,
In quel vïaggio, molte n’apprestaro,
Poi che d’Ètzel regnante in quella guisa
Le fu detto d’assai.10 Schiusero allora
735I forzieri che pria stavan serrati.
     Cinque giorni e metà d’un giorno ancora

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In gran travaglio ei furo, e quello assai
Che dentro vi giacea, da’ ripostigli
Trassero fuori. Incominciò Kriemhilde
740Le stanze a schiuder de’ tesori; tutti
Gli uomini di Rüedgèr volea far ricchi.
     De’ Nibelunghi de la terra ancora
Avea costei dell’oro (e si pensava
Che là, fra gli Unni, la sua man dovea
745Tutto spartirlo), quanto a carreggiare
Non valean cento muli. Oh! ma cotesta
Novella Hàgene udì, qual si dicea
Da Kriemhilde. Egli disse: A me propizia
Poi che Kriemhilde non sarà più mai,
750Anche resti appo noi l’or di Sifrido.
Sì gran dovizia alli nemici miei
Perchè dovrei lasciar? Bene io conosco
Ciò che farà con li tesori suoi
Kriemhilde! Se di qui li trae con seco,
755Creder poss’io che dispartirli attorno
Ella vorrà per l’odio mio. Giumenti
Qui alcun non ha per trasportarli seco,
Ma ritenerli Hàgene vuol. Cotesto

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Altri a Kriemhilde dir dovrà. — Quand’ella
760Udì annunzio di ciò, grave dolore
Le fu cotesto. Anche di ciò fu detto
Ai re sovrani, ed elli di gran voglia
Ciò vollero evitar. Ma poi che tanto
Non s’avverò, con molta gioia assai11
765Disse il nobil Rüedgero: A che cotanto
L’oro piangete, o possente regina?
Re Ètzel tanto a voi del cor propende,
Che, se v’han visto gli occhi suoi, cotanto
Ei vi darà che nol potrete voi
770Tutto elargir. Cotesto io vo’ giurarvi,
O donna mia. — E la regina disse:
     Molto nobil Rüedgèr, di re una figlia
Più ricchezze non ebbe unqua di tante
Onde Hàgen mi spogliò. — Ne andava allora,
775Fratel di lei, Gernòt a quelle stanze,12

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E con vènia del sire entro a le porte
Pose la chiave; e tosto altri spartìa
L’or di Kriemhilde fino a trenta volte
Mille marchi, o di più. Gernòt fe’ cenno
780Che ne toccasser gli ospiti, e cotesto
A Gunthero piacea. Di Gotelinde
Lo sposo intanto, quel di Bechelara,
Così dicea: La donna mia Kriemhilde,
S’anche aver si potesse ogni sua cosa,
785Quale, de’ Nibelunghi da la terra,
Già le fu addotta, poco assai13 ne debbe
Toccar la mano mia, la man pur anco
Della regina.14 Ora accennate voi
Che quest’oro si guardi; io niuna parte
790Ne vo’ per me. Dalla mia terra tanto
Di mia dovizia mi portai con meco,
Che agevolmente per la via di questo

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Oro bisogno non avrem. La nostra
Spesa bene starà per nostra andata.
     795Ma per tutte quell’ore, e di ciò in pria,
Dodici scrigni di tutt’or più bello
Che nella reggia esser potea, ricolmi
Ebber le ancelle, e ciò di là fu addotto
Con ornamenti assai per le donzelle,
800Quali in vïaggio erano d’uopo. Oh! quella
Soverchia volontà d’Hàgen feroce
Forte parve a Kriemhilde! Aveasi ancora,
Per suffragio da offrirsi, un mille marchi,
E per l’alma di lui, l’uom suo diletto,
805Spartir li volle. Parve ciò a Rüedgero
Con vera fè ben fatto. E la dolente
Donna così dicea: Dove son dunque
Gli amici miei che di me per l’amore
Vônno uscir di lor terra? E dovrann’essi
810Venir meco degli Unni alle contrade?
Del mio tesoro prendano essi, e acquisto
Faccian di vesti e di cavalli intanto.
     E margravio Eckewardo alla regina
Così dicea: Da che di tutti io fui

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815Vostro primo compagno,15 anche con fede
Io v’ho servita. E voglio anche, soggiunse
L’uom valoroso, far servigi miei.
Fino alla morte, presso a voi. Con meco
Io vo’ menar cinquecento de’ miei,
820Quali con vera fè vi serviranno.
Inseparati inver siam noi, se morte
Non fa cotesto. — S’inchinava a quelle
Parole sue Kriemhilde, e avea di tanto
Un verace dolor. Ma i palafreni
825Traeansi fuori, chè di là partirsi
Gli ospiti già volean. Gran pianto allora
Dagli amici si fe’. La ricca Ute
E assai vaghe donzelle addimostrarno
Che per donna Kriemhilde era davvero
830Ogni lor doglia. Cento ricche ancelle
Di là menò con seco, ed eran esse,
Qual s’addicea, vestite. Oh! molte caddero

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Da occhi lucenti lagrime di pianto!
Eppure, ella vivea per quella molta
835Gioia ch’ebbesi poi d’Ètzel al fianco.
     Prence Gislhero, anche Gernòt, venièno
Con lor compagni. Cortesia cotesto
Loro indicea. La sirocchia diletta
Vollero accompagnar; menaron seco
840I lor gagliardi, mille valorosi.
Anche sen venne Gere ardito; ancora
Ortwin, Rumòldo, mastro alle cucine,
Dovean irne colà. Fino al Danubio
Fean lor dimora ne la notte, e solo
845Non più di poco fuor de la cittade
Gunthero cavalcò. Pria che dal Reno
Andasser quelli, innanzi elli invïavano
Lor messaggieri degli Unni alla terra,
Quali al sire dicean che per sua sposa
850La nobile regina, inclita, ormai
Conquistata gli avea prence Rüedgero.


Note

  1. Leggenda ignota, secondo cui Sifrido sarebbe stato alla corte di Etzel.
  2. Così ben guardate.
  3. I Bavaresi erano allora in fama di ladroni.
  4. Lo ravvisò.
  5. Erano figlie giovinette di nobili famiglie mandate a corte, per ricevervi eletta educazione.
  6. Etzel e Kriemhilde.
  7. Cioè egli e altri undici messaggieri con lui.
  8. Cioè non visse mai più così bene come con Sifrido.
  9. Il giuramento di aiutarla.
  10. Le fu parlato della grandezza e magnificenza di Ètzel.
  11. Perchè era certo di vendicarla.
  12. Di Gunthero, dove Hagen aveva trasportato l’oro. Ma non era stato gettato nel Reno? Ecco una delle solite contraddizioni di questi poemi.
  13. In senso di nulla.
  14. Io e la regina Kriemhilde non ne abbiamo bisogno.
  15. Quando seguì Kriemhilde in Niderland, appena essa fu sposata a Sifrido. Vedi Avventura XI.