Zecche e monete degli Abruzzi/Ortona
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IX.
ORTONA.
Posta sull’Adriatico, ond’ebbe il nome di Ortona a mare, quest’antica città del citeriore Abruzzo principiò noverarsi fra le zecche italiane dal 1846, allorchè Gianvincenzo Fusco pubblicò la moneta di rame ivi battuta col nome di Carlo VIII. La scoperta di un bolognino ortonese della seconda Giovanna, inciso al n. 42 della tavola quinta, fa rimontare ad età più lontana le origini di quella zecca, che forse ebbe, ne’ due periodi della sua attività, durata brevissima. Questa moneta, il cui possesso devo alla gentilezza del mio amico Giuseppe Porri sanese, pesa acini 17, e ci mostra dall’uno dei lati le lettere o. r. t. o. disposte in croce, che prendono in mezzo una rosa, e intorno ad esse la leggenda, preceduta da un fiordaliso, iohana.regina, mentre dall’opposto scorgesi una mezza figura di santo ravvolta in ampio manto, che solleva la destra in atto di benedire; e la scritta del giro ne annuncia il nome .s*thomas*a., apostolus. Si venera infatti nella maggior chiesa di quella città il corpo del santo apostolo e patrono Tommaso, recatovi da Edessa.
Per quello concerne l’epoca dell’aprimento di questa zecca, della quale niun documento ci è pervenuto, credo non andar lungi dal vero ritenendola contemporanea, o almeno di poco posteriore, al primo anno di Giovanna II, quando gli ortonesi, mediante i loro sindaci, collegati con altre università e baroni dell’Abruzzo chietino, giuravano nel parlamento di Chieti de’ 12 agosto 1414 di conservare illibata la fedeltà alla regina, appena ascesa al trono per la morte del fratello Ladislao. L’istromento della quale alleanza riportò per esteso il Ravizza, da cui traggo i frammenti che meglio fanno allo scopo nostro.
In primis quod quilibet dominus baro et universitas provincie memorate stent firmi et constantes ad honorem et fidelitatem sacre reginalis majestatis.... Item quod eligantur et ercentur oratores seu sindici pro parte ipsius provincie, qui se ad pedes majestatis affate debeant presentare ad dolendum de morte regie majestatis, et gratulandum de remansione sua.... In quo quidem parlamento seu Consilio et deliberatione, cum pleno mandato, interfuerunt infrascripti, videlicet... Ego Bartholomeus Antonij de Ortona ad mare sindicus et ambasiator hominum et universitatis predicte terre Ortone, una cum Nicolao Pinza et Jacobo de Aquila civibus terre predicte, habentes plenariam potestatem, auctoritatem et licentiam ab universitate terre predicte Ortone accedendi apud Civitatem Theatinam, ad consilium seu parlamentum ibi celebrandum per egregium locumtenentem Aprutij citra, et confirmandum quicquid in dicto parlamento fuerit conclusum et ordinatum ad honorem et fidelitalem sacre reginalis majestatis regine Johanne secunde, et honorem et statum pacificum totius patrie; in quo quidem parlamento communiter et voluntarie fuerunt conclusa et ordinata capitula suprascripta, que nomine et pro parte dicte universitatis notificamus et attestamur, et suprascriptione proprie manus mei predicti Bartholomei et dicte universitatis consueto sigillo in ejus robore munita1.
Se la zecca di Ortona si aprisse poi per espressa concessione della regina, o piuttosto per atto arbitrario dei maggiorenti di quel comune, mi è ignoto; ma credo più ammissibile la prima ipotesi.
Tacque anche la storia le vicende di Ortona durante la calata di Carlo VIII; ma la numismatica supplisce a quel silenzio, porgendo occasione ad ingegnose e ben verosimili conghietture, quali il sullodato Fusco ci offrì. Ha un cavallo di rame, delineato nella suddetta tavola al n. 45, che da una faccia rappresenta una croce gigliata cinta dalla iscrizione *ortona*fidelis*r*f. interpretate le due iniziali dal Fusco Regi Francorum, mentre dal lato nobile ci mostra il consueto scudo di Francia, accerchiato dalla scritta krolvs:d:g:rex: +2 o in altri esemplari krolvs*d:g*r.fr*. È opinione del nostro autore, che questo pezzo siasi improntato allorchè, dipartitosi dal regno il 20 maggio 1495 l’ardito conquistatore, e lasciatovi il conte Gilberto di Montpensier, Ortona, difesa da’ suoi forti baluardi, teneva inalberata la bandiera francese, nel tempo che molte città degli Abruzzi avean già rialzata l’aragonese, e i veneziani, scorrendo con poderosa flotta l’Adriatico, riconducevano i ribellati porti alla obbedienza al secondo Ferdinando. Altrove, invece, vedemmo la fedeltà di Amatrice a Ferdinando I di Aragona perpetuata nelle monete di quel monarca; come del pari si è accennato ad altre di Brindisi, serbatasi ligia a Ferdinando II durante il reggimento di Carlo VIII, che al rovescio della effigie del giovane re portano la iscrizione Brundusina fidelitas.
Note
- ↑ Ravizza, o. c., p. 125 a 130.
- ↑ G. V. Fusco, Monete di Carlo VIII, p. 74-78, tav. VI, n. 3 e 4. — Cartier, l. c., tav. V, n. 8.