Vite di illustri Numismatici Italiani - Ludovico Antonio Muratori
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Lodovico Antonio Muratori nacque in Vignola nel modenese l’11 ottobre 1672, da Francesco Muratori e Giovanna Altimani, in una casetta prossima al Castello, al cui piede scorre la fresca onda del Panaro. Fanciullo e povero fu accolto nella scuola di un maestro di buon cuore, che lo accettò gratuitamente fra’ suoi discepoli. Fin da quei primi anni diedesi agli esercizî religiosi, e vestì l’abito clericale. Toccati i tredici anni, cioè nell’autunno del 1685, trasferito a Modena, attese agli studi filosofici e legali nella scuola de’ Gesuiti, sotto la disciplina del padre Giandomenico Guidotti, ov’ebbe a maestri nelle leggi civili e canoniche Girolamo Ponziani, e nella teologia morale Giuliano Cassiani. Parve nel 1693 volesse dedicarsi tutto all’amena letteratura, al quale scopo studiò la lingua greca rivolgendo altresì le sue cure all’ebraica, e alle lingue viventi, cioè alla spagnuola, alla francese ed alla inglese. Non pago di ciò estese la sua prodigiosa attività alla diplomatica, alle antichità del medio evo, all’erudizione sacra, alla lettura dei Santi Padri e de’ Concilii sotto la guida del padre Benedetto Bacchini, abate cassinese. Nè sterili furono questi suoi studî, come c’insegna il lungo elenco delle opere da lui date alle stampe. Fregiato della laurea dottorale nell’Università della sua patria, 16 dicembre 1694, intraprese la pratica legale sotto gli auspici del dottor Nicolò Santi, trovando tuttavia il tempo d’esercitarsi nel decifrare le antiche pergamene dell’archivio della cattedrale modenese. Fatta conoscenza col marchese Gian Gioseffo Orsi bolognese e coi fratelli Francesco e Giberto Marsigli, il primo de’ quali divenne poi vescovo di Perugia, ed il secondo, salito all’onore cardinalizio, fu creato vescovo di Novara, a loro persuasione accolse l’invito del conte Carlo Borromeo di Milano, che lo chiamò a sedere fra i dottori dell’Ambrosiana. Recatosi pertanto nella capitale lombarda nei primi giorni del febbraio 1695, quivi fu ordinato sacerdote il 24 settembre di quello stesso anno. Nell’Ambrosiana nulla lasciò di inesplorato. Codici, antiche pergamene, cronache, documenti d’ogni genere furono oggetto delle sue indagini e delle sue pubblicazioni. Per tal modo ingrandivasi la sua fama e spargevasi per tutta la colta Europa, acquistandogli l’ammirazione e l’amicizia degli uomini più illustri per dottrina sì italiani che stranieri. Tenne viva corrispondenza coi più dotti del suo tempo, fra i nostri, col Noris, col Bianchini, col Ciampini, col Magliabechi, e fra gli estrani, col Mabillon, col Montfaucon, col Papebrochio. Cinque anni sedette all’Ambrosiana, frequentando pure le più accreditate Accademie che allora fiorivano in Milano, ed in ispecie quella istituita per di lui impulso nella casa Borromeo, quando all’esordire del 1700 il Duca di Modena, Rinaldo I d’Este, lo richiamò in patria eleggendolo suo archivista e bibliotecario. Ubbidì il Muratori e nell’agosto di quell’anno lasciò Milano e ritornò a Modena, applicando d’allora in poi il suo ingegno e la sua penna a difesa ed a lustro del suo Principe. Pose tosto mano all’ordinamento dell’archivio ducale, ed asportato questo da Modena per sottrarlo alle spogliazioni a cagione della guerra coi francesi nel 1702, non rifuggì dalla fatica del suo nuovo riordinamento nel 1705. In mezzo alle sue continue elucubrazioni, ricevette di buon grado dal Duca anche l’incarico dell’educazione de’ suoi figli, nel 1711, nè mai si mosse dalla patria, salvo che nell’autunno degli anni 1714-15, e nella primavera del 1716, perchè dal Duca stesso, e per incarico di Giorgio I re d’Inghilterra, fu spedito in compagnia del dottor Ercole Gherardi a ricercare ne’ più celebrati archivî e nelle biblioteche della penisola notizie e documenti onde scoprire ed illustrare l’origine comune delle due nobilissime prosapie degli Estensi in Italia, e dei Brunswick di Germania e d’Inghilterra. Fu in questa occasione che il Muratori potè raccogliere quell’immensa congerie di documenti, di cronache e di monumenti, che poscia da lui ordinati, commentati e illustrati costituiscono l’opera cui va in principal modo debitore della sua rinomanza, e della gratitudine perenne di tutti gl’Italiani. Di ritorno dalla sua dotta peregrinazione in Italia, toccando il quarantaquattresimo anno di sua età, gli fu dal Duca conferito il priorato di Sant’Agnese di Ferrara, e la prepositura di Santa Maria Pomposa di Modena. Ciò valse ad accendere maggiormente nel Muratori le più belle virtù. Persuaso che la sua nuova condizione gl’imponesse maggiori doveri, e trovandosi anche più ricco di mezzi, fa sua gioia della beneficenza; per sua iniziativa, e per l’aiuto di altri caritatevoli personaggi, viene istituito in Modena il Monte di pietà pei poveri; colle elemosine somministra le medicine agli ammalati, solleva gli indigenti, dota le figlie oneste de’ poveri; visita i carcerati, predica e catechizza nella sua chiesa; consola gli sventurati ovunque li trova. Esausto da tante fatiche s’ammala, 1720; ma ricuperata dopo alcuni mesi la salute, riprende i suoi lavori, 1721-22, raccoglie nuovi e preziosi materiali per l’illustrazione delle epoche meno conosciute della storia nazionale e comincia la stampa dell’opera immensa de’ Rerum italicarum scriptores dedicata all’imperatore Carlo VI, col concorso generoso di dodici nobili patrizî, nella tipografia del Palazzo ducale, 1723. La stampa di quest’opera durò vent’anni, ma non impedì al Muratori di attendere nel frattempo alla pubblicazione d’altre opere minori. Trascorsi dieci anni di quell’immane fatica, affranto il corpo, ed impedito di adempiere coll’usato zelo ai suoi doveri di Parroco, dietro anche il consiglio dei medici, affidò la cura della parrocchia a Gian Francesco Soli Muratori, suo nipote, 1733. Trovandosi alquanto più libero, nel 1738 pose mano a pubblicare anche le Antiquitates italicæ medii ævi, altra opera colossale, e riputata il suo capolavoro. Giunto all’anno settantesimo secondo di sua età, 1744, non ancora esausta la sua prodigiosa attività dona all’Italia i suoi Annali che sono tuttora l’unica storia nazionale completa, e neppure questo fu l’ultimo de’ suoi lavori, poiché altri gli fecero seguito nei cinque anni che ancor gli durò la vita. A settantasette anni un fiero colpo di paralisia tolse a quest’uomo prodigioso, prima la luce degli occhi, 4 dicembre 1749, indi la vita, tra le braccia del nipote Gian Francesco, 23 gennaio 1750.
Il Tiraboschi, il Maffei e il Gaddi1 ci diedero il catalogo cronologico di tutte le opere del sommo scrittore, le quali salgono a 68, comprese in 124 volumi.
Da quel lungo elenco desumesi la mirabile attività del Muratori, e com’egli continuasse a dotare la patria di opere preziose, fino agli ultimi giorni della sua vita, talchè anche a lui, sotto questo rispetto, potrebbesi attribuire l’elogio inciso in una medaglia dedicata ad un altro suo grande coetaneo ed amico, il dotto e famoso bibliotecario Antonio Magliabechi, IS UNUS BIBLIOTHECA MAGNA.2 Di tante opere però quelle che più direttamente interessano i nostri studii sono la Dissertatio de moneta sive de jure condendi nummos, e l’altra: De diversis pecuniæ generibus quæ apud veteres in usu fuere (ambedue inserte nel volume II delle sue Antiquitates italicæ medii ævi). — Nella prima di queste dissertazioni l’Autore riassumendo i lavori del Panvinio, del Ciacconio, del Fioravanti, del Le Blanc, del Vergara, e di quanti altri lo precedettero in questo arringo, offre un vasto quadro delle zecche e delle monete italiane conosciute fino al suo tempo, fra le quali trovano più largo posto gli antiquiores dei romani Pontefici, le monete di Pavia e di Milano, indi quelle di Benevento, di Lucca, di Napoli, di Venezia, di Bologna, quelle de’ Patriarchi d’Aquileja, ed altre. — Nella seconda raccoglie una preziosa serie di documenti, che si estendono dal principio del secolo VIII, alla fine del XIII, illustranti le monete in corso in quel lasso di tempo in Italia.