Vite dei filosofi/Libro Settimo/Vita di Cleante
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CAPO V.
Cleante.
I. Cleante di Fania era assio. Costui al dire di Antistene, nelle. Successioni, fu da prima atleta. Ito in Atene con quattro dramme, come affermano alcuni, e accostatosi a Zenone, valorosamente filosofò, e persistette ne’ costui domini.
II. Fu celebrato per laboriosità; poichè essendo povero si applicava oltre il dovere a lavorar per mercede; e nottetempo attigneva acqua negli orli e di giorno esercitavasi negli studj. Il perchè fu chiamato il Vuotapozzi. Raccontano che fu tratto in giudizio a dar ragione in qual modo e’ vivesse per essere di una salute sì florida; che dopo fu assolto dando a testimonio e l’ortolano pel quale attigneva, e la farinaiuola a cui macinava la farina d’orzo; e che lodatolo, gli areopaghi decretarono ad esso dieci mine, cui Zenone gli vietò di ricevere. Narrasi che tre mila gliene donasse Antigono; e che conducendo alcuni giovanetti a non so quale spettacolo, essendo stato scoperto dal vento, fu veduto senza tunica; per la qual cosa gli Ateniesi, siccome dice Demetrio magnesio, negli Omonimi, lo onorarono d’applausi. Fu dunque ammirato anche per questo. — Narrasi pure che Antigono, essendo suo uditore, lo interrogò del perchè attigneva acqua, o ch’e’ rispose: Forse ch’io attingo soltanto? e non zappo anche? e non inaffio? e non faccio ogni cosa per la filosofia? Poichè anche Zenone lo esercitava in questi lavori ed esigeva portassegli un obolo del suo salario. — Una volta, tra suoi famigliari, recò in mezzo le piccole monete di rame che avea accumulale, e disse: Cleante, se n’avesse voglia, sarebbe capace di nutrire un altro Cleante; ma coloro i quali hanno di che mantenersi cercano dagli altri le cose necessarie, sebbene dediti apertamente alla filosofia. Ond’è che un altro Ercole fu appellato Cleante.
III. Era egli bensì studioso, ma senza natura, e straordinariamente tardo. Per la qual cosa Timone parlò così di lui:
Chi è questo monton che per le file
Vegli uomini s’aggira, cianciatore,
Stupido, astio, morlajo pusillanime?
IV. Posto in canzone da’ condiscepoli, il comportava, e udendo chiamarsi asino, lo approvò, dicendo, lui solo poter portare il fardello di Zenone. E un giorno biasimandolo quelli come timido, rispose: Perciò poche volte pecco. — Preferendo la propria vita a quella dei ricchi, diceva: Mentre costoro giuocano alla palla, io zappando lavoro la terra dura e sterile. — Spesso anche rimproverava sè stesso: il che udendo Aristone, gli chiese: chi rimproveri? ed egli ridendo: Un vecchio co’ capelli bianchi, ma senza giudizio. — Dicendo un tale che Arcesilao non faceva le cose debite, Finiscila, soggiunse, e non censurare; poichè se col discorso distrugge il dovere, certo e’ lo stabilisce coll’opere. E Arcesilao interrompendolo: Io non mi lascio adulare; e Cleante: Davvero ch’io non ti adulo affermando che altro dici, altro fai! — Uno lo interrogò, che cosa dovesse insegnare a suo figlio; Ciò che Elettra, rispose,
Taci, taci, leggèr vestigio.
— Dicendo un Lacedemone che la fatica era buona, egli proruppe con espansione:
Tu se’ dì buona razza, figliuol mio.
— Narra Ecatone, nelle Crie, che ad un giovine di bell’aspetto il quale dissegli: Se chi batte nel ventre ventreggia, anche quello che batte nelle cosce cosceggia; rispose: E tu abiti gli scosciamenti, che le voci analoghe non sempre indicano le cose analoghe. — Una volta disputando chiese ad un giovine s’egli sentiva; e accennando quegli di sì, Perchè dunque, soggiunse, io non sento che tu senta? — Il poeta Sositeo dicendogli sulla faccia in teatro:
Color che di Cleante la pazzia
Stimola a guisa buoi.
E’ non mutò aspetto. Per la qual cosa ammirati gli uditori e applaudirono lui e discacciarono Sositeo. Pentitosi questi d’averlo ingiuriato, disse Cleante, essere sconvenevole che mentre Bacco ed Ercole non si adiravano per le baje de’ poeti, egli mal comportasse una maldicenza volgare. — Diceva i Peripatetici provare qualche cosa di simile alle cetre, le quali suonano ottimamente, ma non odono sè medesime. — Raccontano, che dicendo egli, potersi, secondo Zenone, conoscere dall’aspetto i costumi, alcuni giovinotti spiritosi gli condussero un bagascione, allevato duramente in campagna, onde pronunciasse quanto e’ stimavalo circa il costume; che standosi egli in dubbio, ordinò che quell’uomo se ne andasse; e che nell’andare esso starnutò, e Cleante disse: Io l’ho; è un effeminato. — Ad uno che era solitario e parlava con sè stesso disse: Parli ad uomo non cattivo. — Un tale gli rimproverava la sua vecchiezza; Anch'io, dissegli, voglio andarmene; ma da che sono sano per tutto, e scrivendo e leggendo concepisco, in cambio rimango. — E fama ch’egli scrivesse, ciò che udiva dà Zenone, sui cocci e sulle scapule dei bovi per diffalta di denari a comperare la carta.
V. Tale essendo Cleante, potè, sebbene vi fossero molti altri scolari di Zenone degni di lode, succedergli nella scuola.
VI. Lasciò molti libri bellissimi, che sono questi: Del tempo — Della fisiologia di Zenone, due — Esposizioni dei domini di Eraclito, quattro — Del senso — Dell’arte — Contro Democrito — Contro Aristarco — Contro Erillo — Degli appetiti, due — Archeologia — Degli dei — Dei giganti — Delle nozze — Del poeta — Del dovere, tre — Dell’accortezza — Della grazia — Esortatorio — Della virtù — Del buon naturale — Di Gorgippo — Dell’invidia — Dell’amore — Della libertà — Arte amorosa — Dell’onore — Della gloria — Politico — Del consiglio — Delle leggi — Del giudicare — Del modo di condursi — Del discorso, tre — Del fine — Dell’onesto — Delle azioni — Della scienza — Del regno — Dell’amicizia — Del convito — Sull’essere una medesima la virtù e degli uomini e delle donne — Sull’usare sofismi il sapiente — Delle crie — Di diatribe, due — Della voluttà — Delle cose particolari — Delle ambigue — Della dialettica — Dei modi — Dei predicati. — Questi sono i suoi libri.
VII. Egli morì di tal modo. Gli si gonfiò la gengiva; per divieto dei medici si astenne due giorni dal cibo. E quantunque stesse bene al punto da concedergli i medici ogni cosa a cui fosse avvezzo, e’ non volle per altro cessare, ma dicendo essere già innanzi nel viaggio, astenendosene anche i giorni successivi, morì, avendo vissuto, come dicono alcuni, ottant’anni, e diciannove udito Zenone. E noi pure abbiamo sopra di lui scherzato così:
Lodo Cleante, ma più l’Orco io lodo,
Che vistol vecchio, comportar non volle
Ch’ei non avesse in seguito riposo
Tra morti, quanto tempo in vita attinse.