Viaggio sentimentale di Yorick (Laterza, 1920)/XXXIV. I guanti
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Traduzione dall'inglese di Ugo Foscolo (1813)
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XXXIV
I GUANTI
PARIGI
E la bellissima grisette s’alzò; e, facendosi dietro al banco, arrivò col braccio un involto e lo sciolse. Io me le appressai dirimpetto di qua dal banco; ma i guanti m’erano tutti assai larghi. La bellissima grisette misuravali uno per uno su la mia mano; ma né cosí poteva alterare le dimensioni: mi pregò che mi provassi un paio che unico parea meno grande; e mi teneva aperti gli orli del guanto: la mia mano vi sdrucciola dentro. — Non serve — diss’io scuotendo il capo. — No — dissella col medesimo cenno.
Senz’altro; vi sono certi sguardi animati d’ingenuità e di malizia, ne’ quali il senno, il capriccio, la serietà e la scempiaggine sono sí fattamente stemprati insieme, che, se tutte le lingue di Babele si sfrenassero a gara, non saprebbero esprimerli mai; e sono inoltre scoccati e còlti cosí di volo, che voi non potreste mai dire donde spiri primo o piú s’innesti l’aculeo1. Su di che lascio che i vostri parolai dissertino ampollosamente in piú pagine2; a me basti di ridirvi per ora che i guanti non mi servivano; e ci siamo l’uno e l’altra appoggiati con le braccia incrociate sul banco, ch’era un po’ stretto, e tra noi due vi capiva appena l’involto che giaceva nel mezzo.
La bellissima grisette guardava or i guanti, or verso la finestra, poi guardava i guanti, poi me. lo non mi sentiva di rompere quel silenzio; e, seguendo l’esempio, guardai i guanti, poi la finestra e i guanti e lei, e di volta in volta cosí.
M’avvidi ch’io scapitavo di molto a ogni assalto. Aveva un occhio nero, vivo, dardeggiante fra due palpebre contornate di lunghi cigli di seta; penetrante sino a mirarmi nel cuore e ne’ lombi3; parrà incredibile; ma io propriamente me lo sentiva.
— Non fa caso — diss’io, pigliando e riponendomi in tasca le due paia che mi trovai piú vicine.
Conobbi che la bellissima grisette non me le rincarò neppure d’una lira, ed io bramava a ogni modo che mi chiedesse almeno una lira di piú, e mi stillava il cervello per trovar verso a rifare il contratto.
— E le par egli? mio caro signore, — diss’ella — vedendomi in pensiero e sbagliando; — le pare ch’io venissi a chiedere un soldo di piú a un forestiere? a un forestiere che per civiltà, piú che per bisogno di guanti, mi onora e si fida di me? M’en croyez-vous capable?
— Dio me ne guardi! — risposi — ma sareste sempre la ben venuta. —
Le contai dunque il danaro; e, con un saluto piú rispettoso che per lo piú non s’usa ad una merciaia, me ne andai; e il fattorino col suo pacchetto mi venne appresso.
Note
- ↑ Pare che Yorick e la bella merciaia, parlando insieme della dimensione de’ guanti, sottintendessero qualche frascheria poco modesta, e si guardassero con quella inconsiderata malizia [F.].
- ↑ Letteralmente: «io lascio ciò a’ vostri uomini di parole a gonfiare pagine sopra di ciò». Intende forse egli degli eruditi, che commentano in un volume una bella frase poetica, che non è scritta se non se per chi ha piú fantasia che dottrina? oppure de’ metafisici, che si vanno assottigliando il cervello sui minimi effetti delle passioni che non hanno sentite? o de’ trattatisti sulle belle arti, i quali, non sapendo il come, mostrato dalla natura a’ suoi prediletti, vanno cercando il perché delle varie espressioni d’ogni affetto sul volto umano, e mandarono all’Italia tante profonde teorie, per le quali molti de’ nostri dottori son diventati pittori, e i pittori dottori? Ma fo’se Yorick parla di un’intera accademia [F.].
- ↑ «Scrutans corda et renes». Salm., VII, 10. «Et lumbi mei impleti sunt illusionibus» Salm., xxxvii, 8 [F.].