Viaggio sentimentale di Yorick (Laterza, 1920)/XLIII. Il memoriale

XLIII. Il memoriale

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Laurence Sterne - Viaggio sentimentale di Yorick (1768)
Traduzione dall'inglese di Ugo Foscolo (1813)
XLIII. Il memoriale
XLII. Lo stornello XLIV. Le pátissier

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XLIII

IL MEMORIALE

VERSAILLES

Non vorrei che l’occhio del nemico mio spiasse nella mia mente quand’io mi movo a chiedere l’altrui patrocinio; ed ecco perché le piú volte m’ingegno di patrocinarmi da me. Se non che questo mio ricorso a monsieur le duc de Choiseul era un atto di compulsione: se fosse stato un atto d’elezione, mi sarei, credo, portato al pari di chicchessia.

Oh quanti bassi modelli di laide suppliche andò lungo la via disegnando il servile mio cuore! Per ciascheduna di quelle servilità io mi meritava la Bastiglia davvero.

Adunque, quando fui in vista di Versailles, rimanevami l’unico ripiego di rappezzare parole e sentenze e d’ideare attitudini e toni, che mi conciliassero la buona grazia del signor duca. — Or si va bene — diss’io; — oh sí davvero! — E mi ripigliai: — Bene? — come l’abito che un presuntuoso sartore gli presentasse, senza prima averlo attillato al suo dosso. — Balordo! vedi in prima in viso monsieur le duc; esplora i caratteri che vi sono scolpiti; nota in che positura t’ascolta; considera l’abitudine del suo corpo e delle sue membra; e, quanto al tono, il primo suono che gli esce di bocca te lo darà: ricava da tutto ciò un memoriale improvviso, né potrà dispiacergli; anzi è verosimile ch’ei l’assapori, poiché gl’ingredienti saranno suoi.

— Eppure! vorrei esserne fuori — diss’io.

— E torna, codardo! codardo! quasi che in tutto il cerchio del globo il mortale non fosse eguale al mortale! E s’egli è eguale nel campo, perché non anche a tu per tu in una stanza? Credimi, Yorick: chi si tiene dappoco, è traditore di se stesso: la natura è avara alle volte d’alcuna difesa all’uomo; ma l’uomo butta via le altre dieci ch’essa gli ha dato. Presentati al duca [p. 90 modifica] con la Bastille sul viso: ci giuoco la vita che tu in mezz’ora sei rimandato a Parigi e scortato.

— Credo — risposi: — me n’andrò dunque, giuro a Dio! con tanta ilarità e disinvoltura che nulla piú.

— E qui pure tu sbagli — replicai tosto. — Yorick, un’anima in calma non corre agli estremi: sta equabile nel suo centro.

— Egregiamente! — esclamai.

E in quella il cocchiere dava la volta verso la porta; e tanto ch’egli girò nel cortile e si fermò su la soglia, mi trovai sí ben convertito dalla mia predica, ch’io saliva le scale, né come la vittima della giustizia che va su l’ultimo gradino a morire, né in un paio di salti, come quand’io volo, o Elisa, a te per rivivere.

Presentandomi all’anticamera, mi si fe’ incontro un tale, forse il maitre-d’hôtel, ma l’avresti creduto piuttosto uno de’ vicesegretari; e mi disse che monseigneur era affaccendato.

— Ignoro al tutto — diss’io — con quali formalità s’ottenga udienza: sono mal pratico e forestiere; e il peggio, nelle congiunture d’oggi, si è ch’io sono inglese.

— Ciò non fa caso — mi rispos’egli.

Me gli inchinai appena, soggiungendo ch’io aveva da parlare d’importanza a monsieur le duc. Il segretario gittò l’occhio verso le scale, quasi volesse lasciarmi e riferire l’ambasciata.

— Ma io non v’ingannerò — gli soggiunsi: — ciò che ho da dire non può importare a monsieur le duc, bensí assaissimo a me.

C’est une autre affaire — mi diss’egli.

— Anzi no, per un galantuomo — diss’io: — ma piacciavi, mio buon signore, di dirmi quando potrà egli un forastiero sperare accesso? —

Osservò il suo oriuolo e rispose: — Tra un paio d’ore; non prima. —

La quantità delle carrozze nel cortile si conguagliava a quel calcolo; né mi dava lusinga di piú breve aspettativa. E s’io mi metteva a passeggiare per lungo e per largo, senza un’anima in quella sala con cui barattar tre parole, io per allora sarei stato a un di presso nella Bastille. E tornai tosto alla mia [p. 91 modifica] carrozza, dicendo al cocchiere che mi conducesse al Cordon bleu, ch’era il prossimo albergo.

Ma per forza di fatalità, coni’io credo, arrivo di rado al luogo per cui m’incammino1.

Note

  1. «Quanto al punto capitale di questa lettera... Povero me! il foglio è pieno, e il punto capitale mi resterà nella penna; e lo scriverò chi sa quando. Non mi attenterò di promettere il quando; perché io per destino sono fatto a sghembo; e vo innanzi e indietro tuttavia di traverso, né posso saper dove riescirò co’ miei pensieri. Addio dunque». Lettere dell’autore, vol. iii [F.].