Viaggio intorno alla mia camera/Capitolo XLI
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Traduzione dal francese di Giuseppe Montani (1824)
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CAPITOLO XLI.
Misi tosto il mio abito di viaggio, dopo averlo esaminato con occhio di compiacenza; e risolsi di scrivere un capitolo apposito, onde farlo conoscere al mio lettore.
Esso (parlo dell’invernale, il solo che meriti special menzione) è di stoffa la più morbida e calda che mi sia riuscito di trovare; m’avvolge interamente da capo a’ piedi; — e, quando io sono nella mia seggiola a bracciuoli, colle mani in tasca, e il capo entro il collare dell’abito, rassomiglio alla statua di Visnou, qual si vede nelle pagode dell’Indie.
Ma già la forma e l’utilità di simili abiti è abbastanza generalmente conosciuta. È meglio che dica del loro effetto sullo spirito de’ viaggiatori. Del loro effetto sullo spirito de’ viaggiatori! — Qual pregiudizio! — Ciò ch’io posso rispondervi di certo a questo riguardo si è che mi parrebbe così ridicolo l’innoltrarmi d’un sol passo nel mio viaggio intorno alla mia camera, vestito del mio uniforme e colla spada al fianco, come l’uscire e andar pel mondo in veste da camera. — Vedendomi in quell’abbigliamento, secondo i rigori della prammatica, non solo non sarei in istato di continuare il mio viaggio, ma credo che nol sarei pure di leggere quanto ne ho scritto fino al presente, e meno ancora d’intenderlo.
Ciò forse vi fa meraviglia? Ma non si veggono tutto dì persone, che si credono ammalate, perchè hanno la barba lunga, o perchè taluno s’avvisa di trovare in loro aspetto non sano, e di dirlo? Le vesti possono tanto sullo spirito degli nomini, che vi hanno de’ valetudinarj, i quali in abito nuovo e parrucca bene incipriata sentono di star meglio; — e fanno al mondo e a sè stessi innocente inganno, sicchè quando una mattina ben pettinati e ben affibbiati se ne muojono, tutti ne esclamano per maraviglia.
E in quella classe, fra cui io vivo, quanti non vi hanno che vedendosi coperti d’un uniforme si credono fermamente ufficiali, — fino all’istante che l’apparizione inattesa del nemico dissipa l’illusione? — Che se piace al re di permettere ad alcuno di loro d’aggiugnere al suo abito certo ricamo, ecco ei si crede generale, e tutto l’esercito gli dà senza ridere questo titolo; — tanto è il potere di ciò che appartiene al vestimento sull’umana immaginazione.
Il presente esempio proverà ancor meglio ciò ch’io asserisco.
Si obliava talvolta di far avvertire più giorni prima il conte di... ch’ei dovea montar la guardia. Un caporale andava a svegliarlo di buonissim’ora il dì stesso, ch’era a ciò destinato, e ad annunziargli la trista novella. L’idea d’alzarsi così subito, di calzare il suo pajo di stivaletti, e d’uscire senza avervi pensato qualche tempo innanzi, lo sconvolgea talmente, che preferiva il far dire d’essere ammalato, e rimanersene in casa. Metteva, quindi la sua veste da camera; rimandava il suo parrucchiere, e ciò gli dava un’aria pallida, languida, che intimoriva sua moglie e la sua famiglia. Quel giorno si trovava infatti egli stesso un po’ malandato.
E lo diceva a tutti, così per sostenere l’onor suo, come perchè lo credea veramente. — A poco a poco la veste da camera facea sentire i suoi effetti; i brodi lunghi, ch’egli o per amore o per forza avea presi, gli cagionavano nausee; i parenti e gli amici cominciavano intanto a mandar a prendere le sue notizie, nè tanto abbisognava per ridurlo al letto definitivamente.
Alla sera il dottor Ranson gli trovava il polso legato, e prescriveva il salasso per l’indomani. Se la guardia fosse durata un mese, il povero ammalato era ito.
Chi potrà dubitare dell’influenza degli abiti di viaggio sui viaggiatori, quando riflette che il povero conte di... corse pericolo più d’una volta di viaggiare all’altro mondo, per aver messo mal a proposito la sua veste di camera in questo?