Viaggio intorno alla mia camera/Capitolo VIII

Capitolo VIII

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CAPITOLO VIII.



S’è utile ed aggradevole l’aver un’anima sciolta dai vincoli della materia a segno di farla viaggiare soletta, quando si giudica a proposito; una tal facoltà non manca per altro dei suoi inconvenienti. Ad essa, per esempio, io debbo la scottatura, di cui parlava in uno de’ capitoli precedenti. — Io dò ordinariamente alla mia bestia la cura di apprestarmi la mia colezione. Essa quindi taglia a fette, e fa abbrustolare il mio pane; fa il mio caffè (a meraviglia per vero dire), e spessissimo anche sel beve; senza che la mia anima ne sappia nulla, a meno che questa non prenda piacere a riguardarla, il che non saprei propria[p. 38 modifica]mente quando avvenga. Poichè è troppo facile, quando si eseguisce qualche operazione meccanica, il pensare a tutt’altro; ma difficilissimo il guardarci, per così esprimermi, nell’atto di operare, — o, per ispiegarmi secondo il mio sistema, l’impiegare la nostr’anima ad esaminar la nostra bestia, e l’osservare questa mentre si affaccenda, senza prender parte a ciò ch’essa fa. — Ecco il più sorprendente de’ giuochi di forza metafisica possibili all’uomo.

Io avea distese le mie mollette in sulla bragia, per farvi abbrustolare il mio pane; e qualche tempo appresso, mentre la mia anima viaggiava, ecco un ceppo infiammato rotolarsi improvviso pel focolare; — la mia povera bestia portò le mani alle mollette, ed io mi bruciai le dita.