Viaggio intorno alla mia camera/Capitolo VIII
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Traduzione dal francese di Giuseppe Montani (1824)
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CAPITOLO VIII.
S’è utile ed aggradevole l’aver un’anima sciolta dai vincoli della materia a segno di farla viaggiare soletta, quando si giudica a proposito; una tal facoltà non manca per altro dei suoi inconvenienti. Ad essa, per esempio, io debbo la scottatura, di cui parlava in uno de’ capitoli precedenti. — Io dò ordinariamente alla mia bestia la cura di apprestarmi la mia colezione. Essa quindi taglia a fette, e fa abbrustolare il mio pane; fa il mio caffè (a meraviglia per vero dire), e spessissimo anche sel beve; senza che la mia anima ne sappia nulla, a meno che questa non prenda piacere a riguardarla, il che non saprei propriamente quando avvenga. Poichè è troppo
facile, quando si eseguisce qualche
operazione meccanica, il pensare a
tutt’altro; ma difficilissimo il guardarci,
per così esprimermi, nell’atto di operare, —
o, per ispiegarmi secondo il
mio sistema, l’impiegare la nostr’anima
ad esaminar la nostra bestia, e
l’osservare questa mentre si affaccenda,
senza prender parte a ciò ch’essa fa.
— Ecco il più sorprendente de’ giuochi
di forza metafisica possibili all’uomo.
Io avea distese le mie mollette in sulla bragia, per farvi abbrustolare il mio pane; e qualche tempo appresso, mentre la mia anima viaggiava, ecco un ceppo infiammato rotolarsi improvviso pel focolare; — la mia povera bestia portò le mani alle mollette, ed io mi bruciai le dita.