Versi sciolti dell'abate Carlo Innocenzio Frugoni/13

A Pietro Scotti

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AL SIG CO: PIETRO SCOTTI.


Lo anima a fuggire dalla rete amorosa,
in cui è preso.


P
ietro, qual odo mai di Te narrarsi

Cosa, cui fede negar volli, e fede
Or prestar deggio? Udii, che se ben eri
Augel, cui non poteo nè lieto bosco
5Di giovanette piante, nè poteo
Piaggia dipinta d’almi fiori, e d’erbe
Trar ne gli ascosi inganni; or le già franche,
E di lor lunga libertà feroci
Ale t’involse l’amorosa pania,
10E legolle così, che poiché invano
L’oppresso lor natio vigor tentaro,
E il domo, e vinto lor primier costume,
Si stan dimesse, nè più scuoter piuma
Osan, cedendo a l’invincibile Fato.
15Nè il falso udii: troppo da te diverso
Troppo da quel di pria dissimil sei.
E quello il puote, e solo il puote Amore.
Amor, che se a gentil petto s’apprende
Sì ragion turba, sì commove, e mesce

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20I frali sensi, e sì travolve, e cangia
Il retto giudicar d’un sol disio
Tutta ingombrando la mortale, e l’altra
Divina parte, che spirò ne l’Uomo
L’aura celeste del Fattore eterno,
25Che tutto fassi, tutto in noi diviene
Cura, e pensier d’amor, nè de l’Uom primo
Resta vestigio. Tal là dove in Mare
L’Irrigator d’Egitto immenso fiume
Scende da sette ampie sonore foci
30Su l’onda salsa, con la vasta piena
Frange, e dissolve, e sì la tempra e molce,
Che per ben lungo tratto obblia se stessa,
E l’amarezza de’ nativi sali
Perde, onde ammira le mutate tempre
35Del patrio flutto il Notator squammoso.
Te il maggior Foro, Te l’augusto Tempio
Suo nobil Cittadin , suo Cultor pio
Vedean sovente, e dove l’ardue mura
Stende Piacenza, e al Passaggier disserra
40Comódo calle, Te il cadente Sole
Fra l’altra schiera al bel diporto uscita
Vedea scior lenti passi incontro al fresco

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Venticel, che da sera i vanni batte
Dolce ristorator de i dì cocenti.
45Or nulla parte Te più vede, e intanto
Non bugiardo romor serpe, e con mille
Lingue divulga, che straniera Donna
Sul Serchio nata, e al picciol Ren poi tratta
Per man d’alto Imeneo, scesa d’antico
50Inclito fangue, e per beltà non meno
Che per virtù di sommo pregio degna,
Sì co’ begli occhi, sì co’ i modi adorni
Te d’amor servo feo, che d’amor solo
Teco ragioni, teco pensi, e quanto
55Puote da Lei distor tua mente accesa
Fuggi, ed abborri, come scoglio, e cieco
Guado arenoso con rivolte vele
Schifa Nocchiero, che al diletto Porto
Drizza col buon desio la ricca prora.
60A qual mai fu de tuoi fedeli amici
De le tue stanze non concesso il varco?
Certo a nessun. Tutti accoglievi, o l’Alba
Di fresco avesse di Titon lasciato
I freddi ampless, e l’inamabil letto;
65O l’ardente meriggio anche a le gregge

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Fesse i paschi obbliare, e cercar l’onde.
Or su la Porta inesorabil stassi
Ordin, che vieta, e del vietato ingresso
Mentir non teme la cagion. Ben fanno
70Quei, che su l’orme lor tornansi indietro
Pensosi, e mesti, e del tuo mal pietosi;
San, che di tua Magìon rinchiuso in parte
Dove alcun non ti veggia al lento foco
D’amor ti struggi; ed or con ferme ciglia,
75Con basso volto fu dorato scanno
Immobil siedi, or con incerto passo
Inquieto t’aggiri, e col tenace
Meditar nutri la soave fiamma,
Che va di vena in vena, e i vagabondi
80Spiriti ad arder presti, e le motrici
Tenere fibre, e il ben tessuto sangue
Scorre, e depreda. Tal se al bel ritorno
Di Zefiro, e d’April mirò nel prato
Bianca intatta Giovenca, e subit’arse
85Torel feroce; non più i pingui paschi
Ama, qual già solea, non più l’erbose
Rive de i fiumi, nè col piè l’arena
Sparge superbo, nè col breve corno

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Fervido Cozzator l’aria più fende;
90Ma in erma selva, in solitaria valle
Vinto dal fier desio talor fui duro
Terren si stende, e talor, come il punge
L’amoroso furor s’ agita, e move,
Di flebile muggito empiendo l’aure.
95Perche la cetra tuo gentil diletto
Ora lì giace polverosa, e muta?
Perchè giù cadder da 1’ adorno crine
I sagri fregi, e le si rare a i Vati
Belle ghirlande? la divina Euterpe
100Torva sel vede, e ’l folle amor ne sgrida.
Taccio le notti, ahimè, che tu ben fai
Se lente vanno a terminar lor corso,
Che Tu, nè forse dal ver parto, e il vero
Mostrami l’uso de le umane cose,
105Tu nel comun riposo, ahimè non puoi
Bassar palpebra, e 1’ una, e l’altra sponda
Stanchi del letto ingrato: ingrati, e spessi
Sospir traendo dal profondo fianco.
Oh duro flato, oh de gli Amanti acerba
110Vita d’angosce piena! E qual poi credi
Che l'altre Donne, ond’il tuo Patrio suolo

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S’orna, e si pregia, abbiano in cor dispetto,
Che Tu contra i lor vezzi in pria sì saldo,
Sì le amorose insidie a schernir destro,
115Quali indomita schiera al laccio colta,
Di straniera beltade or Tu sii preda?
Qual pensi, ch’in lor cor giurin vendetta,
Che ad Alma femminil tanto ognor piacque:
Certo se mai fui lusinghier cristallo
120Nuove di rapir cuori apprettan arti,
Onde l’onor di lor bellezza inulto
Ornai più non si resti, or è che tutte
Ne i vaghi Volti, ne i leggiadri fguardi,
Ne le vezzose parolette accorte
125Contra Te le adunaro. Ed ahi! che franto,
Se pur credibil è, che mai si franga
Quel, che or ti lega d’ amor dolce nodo,
Forza farà, clic in altro laccio, e forse
Non men tenace, e non men fermo inciampi.
130Piero, che dir degg’io! So, che invan sempre
Brava Filosofia ragionò, dove
Ti ranno affetto suo soverchio adopra.
Nulla dirotti. Te qual meglio seppi
In quelle carte a Te medesmo pinsi.

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135In lor Te stesso, come in terso speglio
Mira, e pietà di Te ti vinca. Il faggio
A se medesmo è consigliero, e guida.
Ne l'aureo feudo, ch’il prudente Ubaldo
Improvviso gli offerse, appena vide
140Il buon Guerrier di Dio, tutta spirante
Lascivo odor l’inanellata chioma
Al pesante piumato elmo dovuta,
E vide in molle ornata gonna avvolto
Il dorso, e ’l petto, che solean di doppia
145Maglia, e di doppio acciar coprirsi in guerra;
In prima gli occhi da l’indegna villa
Tra nobil ira, e tra vergogna torse:
Poi quali scosso da profondo sonno
Squarciò le vane insegne, e qual fe rotta
150La ferrea gabbia aspro Leon Numida
Fugge, tel vedi al naturale orgoglio
Già ricomporsi, e ritornar le bionde
Giube scotendo de l’altero collo,
A le note foreste alto spavento
155Seco portando, e sanguinoso scempio
A i lievi Cervi, e a le selvagge Capre:
Tal egli in mezzo a que’duo prodi mosse

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Rapidamente in fuo pender volgendo
La guerra d’Alia, e le venture prove
160De la risorta sua virtù serbate
Il gran Sepolcro a liberar di Grillo.