Versi editi ed inediti di Giuseppe Giusti/Frammento 2
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FRAMMENTO.
Questa nuova Susanna, a cui d’intorno
Un nuvolo di nonni ognor vedete
Di reumatico amor febbricitanti,
Più d’un Allocco ha preso a questa rete;
Ma a lei la castità non preme un corno,
Paura ha d’epigrammi e non di santi;
Cogli arrembati amanti
Palesemente va per darla a bere;
La notte chiama a sè chi piace a lei,
E di giorno a’ babbei
Fa regger santamente il candelliere.
Passano tra la baia universale
Gli amanti paralitici e grotteschi,
Che a mala pena rodon la minestra;
Addosso ognun di loro ha guidaleschi
Quanti può contenerne uno spedale;
E ciondolando per la via maestra,
Compongono un’orchestra
Di tossi e di starnuti: il vago stuolo
Guida sputando un Cavalier gentile
Che patisce di bile,
E d’amor piange con un occhio solo.
Non ha tanto cordame un bastimento
Quanto n’hanno costor, che ricerchiati
Vanno di qui e di là come una botte:
Diversamente son tanto sfrollati,
Che se non li reggesse il finimento
Si disfarebber come pere cotte.
Quando arriva la notte,
Svita pezzo per pezzo il cameriere,
E ripostigli mezzi in un cassetto,
Versa il resto nel letto;
Ma proprio è un far la zuppa nel paniere.
Oh quante volte, tutta spaventata,
Si vide far la Venere bigotta
Invece d’un inchino un traballone!
Oh quante volte differì la gotta
Le visite amorose, e soffocata
Restò nell’asma una dichiarazione!
«Di tanta affezïone»
Disse un di lor toccandosi la zucca
«Dolce pegno, amor mio, resti tra noi:»
E non potendo i suoi,
Un ricciolo tagliò della parrucca.
Insorse un dì rivalità d’amore
Fra loro, e per seguirne era una strage;
Ma tirò vento e disturbò l’assalto;
Tenerli bisognò nella bambage
Tre mesi, e ogni Speziale, ogni Dottore,
Ed ogni Ciuca prendere in appalto:
Le fiere grucce in alto,
I formidabilissimi accidenti
Brandian con un catarro da leoni;
Eran cinque i campioni,
E in cinque digrignavano tre denti.
A questi Adoni col mal della pietra
Amor saltella intorno, e i tremolanti
Passi ne guida pe’ sentier lascivi;
Arco non ha, ma pillole, purganti,
Gomma, siringhe, e invece di faretra
Una canna da dare i lavativi:
E più morti che vivi
Vedendoli, tien l’ali ripiegate,
Chè a quello sventolío più d’uno intasa,
E gira per la casa
Le bussole tappando e le vetrate.
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