Versi editi ed inediti di Giuseppe Giusti/All'Amico, nella primavera del 1841
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ALL’AMICO
NELLA PRIMAVERA DEL 1841.
Già, prevenendo il tempo, al colle aprico
Il mandorlo è fiorito,
A te simíle, o giovinetto amico,
Che impaziente al periglioso invito
Corri della beltade,
Coi primi passi della prima etade.
Godi, Roberto mio, godi nel riso
Breve di giovinezza:
E se il raggio vedrai d’un caro viso
Che il cor t’inondi di mesta dolcezza,
Apri l’ingenuo petto
Alla soavità d’un primo affetto.
Possa la donna tua farti beato
Coi lieti occhi amorosi;
A te fidata consigliera allato
In atto di benigno Angelo posi,
E nell’amor ti sia
Come perpetuo lume in dubbia via.
Non ti seduca dei vani diletti
La scena allettatrice;
Leggier desio diviso in molti obietti
Ti prostra l’alma e non ti fa felice:
Sente bennato cuore
Fiorir gioia e virtù d’un solo amore.
Soave cosa un’adorata immago
Sempre vedersi innante,
E serenare in lei l’animo pago,
In lei bearsi riamato amante,
E di sè nell’oblio
Viver per altri in un gentil desio.
Oh! mi sovviene un tempo a cui sospiro
Sempre dal cor profondo:
Or che degli anni miei declina il giro
E agli occhi stanchi si scolora il mondo,
Passa la mia giornata
Dalla stella d’amor non consolata.
Pure, a quel tempo ripensando, parmi
Gustar di quella pace,
E alle speranze antiche abbandonarmi.
Così, se cessa il canto e l’arpa tace,
Senti per l’aere ancora
Vagare e mormorar l’onda sonora.
Non farò come quei che al pellegrino
Fonti e riposi addita,
Tacendo i mali e i dubbi del cammino:
Forse da cara mano a te la vita,
Di basse frodi ignaro,
Sarà cosparsa di veleno amaro.
Sgomento grave al cor ti sentirai,
Quando svanire intorno
Vedrai l’auree speranze e i sogni gai;
Quando agl’idoli tuoi cadranno un giorno
Le bende luminose
Che la tua mano istessa a lor compose.
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Nel tuo pensiero di dolor confuso
Con inquïeta piuma
Volgendosi e gemendo amor deluso,
Qual dell’aere che intorno a sè consuma
S’alimenta la fiamma,
Ti struggerà la vita a dramma a dramma.
Ma che? se di viltà non ti rampogna
Rea coscïenza oscura,
Lascia dar lode altrui della menzogna.
Seduto in dignità nella sventura
Sprezza i superbi ingrati
Che nome hanno d’accorti e di beati.
Tu nel dolore interroga te stesso
Come in sicuro speglio;
Fortificando il mite animo oppresso
Per via d’affanni ti conduci al meglio,
E con fronte serena
I carnefici tuoi conturba e frena.
Risorgerai dalle pugne segrete
Del core e della mente
Saggio e composto a nobile quïete.
Vedi? passò la bruma, e alla tepente
Feconda aura d’aprile
Ti dà l’acuta spina un fior gentile.