Vero non è, che il condannato Amor
Questo testo è completo, ma ancora da rileggere. |
◄ | Se del Perù l'argento | Anima misera | ► |
LXXVIII
PER LA MEDESIMA.
Vero non è, che il condannato Amor
Scocchi dall’arco strali,
Sicchè fra noi mortali
Non aggia forza da schermir un cor.
5La vergine Cecilia
Già ne feo con Tiburzio
Parole d’ineffabile valor;
Ella dicea: Sul ciel regno divin
Intrecciansi corone
10Singolar guiderdone
Alle vergini squadre intorno al crin.
Sì di bel premio onoransi,
Pur di là da quel premio,
Che d’ogni uman pensier varca il confin.
15Gran segno, che di lor gran stima fa
Il Monarca stellante.
Or dove cieca, errante,
Dove l’alma quaggiù, dove sen va?
Con qual consiglio misero
20Sì scioccamente abbagliasi
A’ scuri raggi di mortal beltà!
Viola, che brunetta usa fiorir,
O porpora di rosa
Per pioggia grandinosa
25Si rattamente non veggiam perir:
Come ratto periscono
Le bellezze e le grazie,
Onde foco divien nostro desir!
Perchè dunque prezzar cosa si fral?
30Non dee guancia leggiadra
In noi divenir ladra
Di perpetuo tesor, che tanto val.
Eterno è nostro spirito,
Per lui dunque procacciasi,
35Servendo a castità, pregio immortal.
Cetra, che fai? certo è soverchio osar
Di non saggio costume
In su fievoli piume
Caduco volo in su le stelle alzar.
40D’ammirabile Vergine
Parole alme di nettare
Fioca lingua non può rappresentar.