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142 poesie

V

Per la Pudicizia.

Rapido piede impiumano,
     E le fresch’aure seguono
     Di capriol, che se ne va leggier,
     I veltri ed or s’avvallano,
     5Ora non men sormontano
     E ben franchi divorano il sentier.
Le vele empie di zefiri
     Per lo pian dell’oceáno
     Corsal dietro a nocchier carico d’ôr;
     10Ma con via maggior impeto
     Ver la bellezza avventasi
     Appetito mortale arso d’Amor.
Non con più gravi insidie
     Forte cittade assaltasi,
     15Che vaga donna in giovenile età.
     Ma non è palma nobile,
     Che non si deggia a Vergine,
     Che bene armarsi, e che schermir si sa.
Nomi sempre ammirabili,
     20O Barbara, o Cecilia,
     Quale fulgor non vi circonda il crin?
     E quali cor non eceita
     A candid’orme imprimere
     Dietro le vostre in così bel cammin?
25Or vado l’arco a tendere
     Il rio figliuol di Venere
     In riva di Cocito, onda infernal.
     Arco che sol trafiggere
     Sa mortalmente l’anime,
     30Perchè soffrano poi doglia immortal.

LXXVIII

PER LA MEDESIMA.

Vero non è, che il condannato Amor
     Scocchi dall’arco strali,
     Sicchè fra noi mortali
     Non aggia forza da schermir un cor.
     5La vergine Cecilia
     Già ne feo con Tiburzio
     Parole d’ineffabile valor;
Ella dicea: Sul ciel regno divin
     Intrecciansi corone
     10Singolar guiderdone
     Alle vergini squadre intorno al crin.
     Sì di bel premio onoransi,
     Pur di là da quel premio,
     Che d’ogni uman pensier varca il confin.
15Gran segno, che di lor gran stima fa
     Il Monarca stellante.
     Or dove cieca, errante,
     Dove l’alma quaggiù, dove sen va?
     Con qual consiglio misero
     20Sì scioccamente abbagliasi
     A’ scuri raggi di mortal beltà!
Viola, che brunetta usa fiorir,
     O porpora di rosa
     Per pioggia grandinosa
     25Si rattamente non veggiam perir:
     Come ratto periscono
     Le bellezze e le grazie,
     Onde foco divien nostro desir!
Perchè dunque prezzar cosa si fral?
     30Non dee guancia leggiadra
     In noi divenir ladra
     Di perpetuo tesor, che tanto val.
     Eterno è nostro spirito,
     Per lui dunque procacciasi,
     35Servendo a castità, pregio immortal.
Cetra, che fai? certo è soverchio osar
     Di non saggio costume
     In su fievoli piume
     Caduco volo in su le stelle alzar.
     40D’ammirabile Vergine
     Parole alme di nettare
     Fioca lingua non può rappresentar.

VII

Che bisogna attenersi alla Croce di Cristo.

Anima misera,
     Che in quest’Oceáno
     Puoi gli occhi chiudere;
     Nè de’ pericoli,
     5Che il circondano
     Prendi a pensar.
Svegliati, svegliati,
     O miser’anima,
     Che i nembi addensansi,
     10E i venti fremono,
     E sotto i fulmini
     Rimugghia il mar.
Ma che? già frangonsi
     Antenne ed alberi,
     15E già dispergonsi
     Timoni ed ancore,
     Veggo sommergerti,
     Che puoi tu far?
Alma, dirolloti:
     20Già sul calvario
     Sacro Legno ersesi,
     Che stillò porpora;
     A questo afferrati,
     Se vuoi campar;
25A questo Vergini,
     A questo Martiri,
     A questo apostoli
     Forti s’attennero:
     Anima stringilo,
     30Nè disperar.

VIII

Povertà con buona coscienza.

A torto sì gran scorno
     Oggi sostien fra gli uomini
     La bella povertà:
     Vada tamburo attorno,
     5Duce di lor, che bramano,
     Me non assolderà.
Che venne manco al mondo,
     Quando gli anni volgeano
     Tanto cantati ancor?
     10O lieto e ben giocondo,