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Marmi di Varenna

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MARMI DI VARENNA

Un’industria che fu sempre molto fiorente è quella della lavorazione dei marmi del paese. Di questi marmi parla il Boldoni nel suo Lario; egli ci dice che ai suoi tempi ne fu scoperta una cava presso il promontorio di Morcate tra Varenna e Bellano.

Lo Stoppani qualificò il marmo nero di Varenna per il più bello del mondo; è dì un nero lucidissimo ed è molto adoperato per chiese e monumenti funerari.

Vi è poi un’altra qualità di marmo che si avvicina al verde antico ed è il lumachella verde, specie serpentino, del quale però sì sono perdute le vene; vi è poi il lumachella grigio misto di bianco e bruno nel quale si trovano frequentemente dei fossili. [p. 394 modifica]

Altra qualità di marmo è l’occhiadino che si trova a Pino, il marmo è grigio macchiettato di bianco.

Nel torrente Esino vi sono dei massi di marmo verde serpentino che quando è lucidato ha della malachite. Questo marmo è resistentissimo alle intemperie.

Il marmo nero era conosciuto già nei tempi romani. Ne dà prova il Museo di Como dove si conservano molti frammenti di lapidi romane in marmo nero di Varenna, rinvenute nei vari paesi del lago.

Ugo Monneret illustrando un mosaico romano trovato a Como nel 1908 nella fondazione della società bancaria italiana, dice che «il marmo nero è il così detto di Varenna»1.

Ancora il Monneret, in un elenco d’iscrizioni pagane trovate nell’Isola Comacina, dice: «N° 4, frammento in marmo di Varenna trovato tra le rovine della chiesa di St. Eufemia nell’isola con tracce di lettere»2.

Nel 1875 vennero scoperte nella via di Santa Maria Fulcorina, in Milano, gli avanzi di un edificio romano fra i quali si rinvennero i frammenti di sottilissime lastre di marmo nero pure di Varenna di circa 16 cm. di lato.

Anche nell’alto Medio Evo le cave di Varenna continuarono ad essere sfruttate.

Nell’antica chiesa di San Fedele di Como negli archi sottoposti alle tre finestre del Coro venne impiegato il marmo nero di Varenna. (Vedi il Dartein nella sua opera sull’architettura lombarda).

Nella chiesa di Sant’Abbondio di Como dice il Dartein, il pavimento del coro e dell’abside del V° secolo era ornato da un mosaico composto con marmi di Musso e di Varenna. E sempre in Como nell’anno 1850-55 si fece nel Duomo il pavimento a disegno con marmo bianco di Musso e nero di Varenna3.

Camillo Brambilla parlando delle opere di restauro della basilica di San Pietro in Cielo d’oro a Pavia, parla di un frammento di mosaico a vari colori molto antico composto di vari marmi fra i quali quello nero di Varenna. Secondo l’autorevole parere del Venturi, questo pavimento deve risalire al XII° secolo, e precisamente alla data prossima alla consacrazione della chiesa avvenuta nel 11324.

Ancora il Brambilla parla di un altro mosaico esistente nella chiesa di Santa Maria del popolo in Pavia ora distrutta, formato di vari marmi tra cui anche del nero di Varenna. [p. 395 modifica]

In un manoscritto contenente molte notizie sul Lario di Anton Giuseppe della Torre di Rezzonico della fine del XVIII° secolo, di proprietà del compianto canonico Don Santo Monti, e del quale abbiamo già parlato, è detto che i marmi di Varenna furono adoperati per ornare il Sudario della Santissima Sindone di Torino e il magnifico altare di San Giuseppe nella chiesa di San Francesco di Milano. Il Rezzonico aggiunge che a detta degli abitanti di Varenna i marmi Varennesi sarebbero stati adoperati anche nell’Escuriale di Madrid. Non è stato possibile controllare queste notizie che dà il Rezzonico.

Tornando a parlare delle cave di Varenna, noteremo che nel catasto così detto di Maria Teresa della metà del XVIII° secolo, figura una cava di marmo nero in territorio di Perledo di proprietà Valeriano Serponti. Quando venne costrutta la strada militare dello Stelvio nei primi anni del XIX° secolo, Lelio Mornico aveva cinque cave di marmo alla Punta di Morcate che vennero danneggiate dalla costruzione della strada e per il che il proprietario ebbe un indenizzo di lire 4025.

Nell’almanacco della Provincia di Como dell’anno 1845 è detto che fra Nobiallo e Menaggio e precisamente ai sasso Rancio vi era impiantata nel 1845 una segheria di marmi dove veniva segato il marmo nero di Varenna e il bianco di Musso.

L’articolista aggiungeva che si stava in quel tempo lavorando queste due specie di marmi pel Duomo di Como e per quello di Monza.

Due fratelli Gelsomino e Luigi del fu Carlo Scanagatta, intorno al 1848 emigrarono e si stabilirono a Rovereto dove impiantarono l’industria della lavorazione del marmi importando quello nero di Varenna.

I figli di Gelsomino Scanagatta si sono poi trasferiti a Caprino Veronese, dove hanno scoperto grandi giacimenti di marmo rosso, che scavarono su vasta scala in grossi blocchi dopo aver fatto un grandioso impianto di segherie a Rovereto.

Contemporaneamente Antonio Scanagatta, altro fratello, apriva in Vienna uno stabilimento per la lavorazione di marmi, che è uno dei principali della città.

Parecchi lavori in marmo nero di Varenna ebbero la fortuna di varcare l’oceano.

La ditta Calvasina Giovanni di Varenna nel 1882 eseguiva quattro camini in marmo nero per la ditta Greppi di Montevideo. Nel 1890 la stessa ditta eseguiva una fontana artistica in marmo di Carrara per il G. Jon Russel Vanderlip di Miemeapolis nel Colorado.

Nel 1892 altri camini in marmo nero mandarono i Calvasina a Buenos Ayres. Eseguirono inoltre numerose targhe per il cimitero di Staglieno a Genova su disegni del Prof. De Barbieri e degli scultori Bacigalupo, Rigoni ed altri. [p. 396 modifica]

In marmo nero di Varenna vennero costruiti dalla ditta Calvasina il pavimento e l’altare delle chiese di Rovetta e di Nosolino in provincia di Bergamo e moltissimi altri pregievoli lavori.

La ditta Pirelli ha eseguito il pavimento della Certosa di Pavia. Nel 1883 esegui un monumento in marmo nero a Staglieno su disegno dello scultore Saccomanno di Genova, intitolato Sonno eterno. Una riproduzione del medesimo monumento venne mandata nell’America del Nord ed un’altra a Innsbruch.

Nel 1885 la ditta Pirelli eseguiva il monumento a Pio IX nella cattedrale di Como. E nel 1888 una grandiosa urna in marmo nero per il cimitero di Staglieno. Altri monumenti per Staglieno eresse nel 1890, nel 1891, nel 1894 e nel 1898.

Nel 1897 spediva a Londra tre colonne di marmo verde. Nel 1898 due monumenti in marmo nero a Kustendel in Bulgaria.

Nel 1902 eseguiva un monumento per l’arcivescovo cardinale Borgognoni nel Cimitero monumentale di Bologna.

Diverse caminiere la stessa ditta spedì a Francoforte sul Meno, a Genova, a Napoli ed in altre località d’Italia e dell’estero.

Eseguì poi numerosi altari in varie chiese e vari lavori artistici nelle ville Monastero e dei Cipressi in Varenna.

Varie pregevoli opere in marmo si devono anche alla ditta di Carlo Scanagatta.

Nel 1887 questa ditta eseguì un grandioso monumento in marmo nero di Varenna, per conto dello scultore A. Ricchine di Genova, che venne poi spedito direttamente a Buenos Ayres per quel cimitero.

Altro monumento funerario rappresentante una grande urna di marmo nero eseguita per conto dello scultore Domenico Carli di Genova, venne pure inviata a Buenos Ayres per quel cimitero.

Un altro monumento funerario venne eseguito per conto dello scultore A. Rota di Genova, e collocato nel cimitero di Staglieno.

Pure pel cimitero di Staglieno venne eseguito un sarcofago in marmo nero lucido di Varenna, lavorato per conto dello scultore Lavezzari di Genova.

Nel 1908 la Ditta costruì un altare tutto di marmo nero in istile barocco, su progetto dello scultore Domenico Carli di Genova, per la chiesa principale di Montebello presso Casteggio.

Inoltre la Ditta eseguì vari altri notevoli monumenti funerari per i cimiteri di Staglieno, di Savona e di Santa Margherita Ligure.

Purtroppo si sono estinte quasi tutte le vene di marmo nero, ma da circa un anno la ditta Calvasina Luigi e figli di Varenna con stabilimento a Lecco, ha trovato vicino a Tondello in territorio di Perledo un ricco filone di bellissimo marmo nero.

Note

  1. Rivista archeologica. Antichità romane, di Como, 1912, fascicolo 63 e 64. Ugo Monneret. Archivio storico lombardo, anno 43 fasc. III 1916 pag. 341. Archivio storico lombardo. Bollettino della Consulta Archeologica. Anno 1875.
  2. Monneret, L’Isola Comacina, op. cit., Soc. Arch. Com. fasc. 70-71, p. 146.
  3. Boito Camillo, La chiesa di S. Abbondio e la basilica di sotto, Milano 1868.
  4. Vedi Adolfo Venturi - Storia dell’arte italiana, Torino III, arte romana.