Una politica agraria nel segno di Pulcinella/VII
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IL GOVERNO PREPARA IL BANDO DEGLI O.G.M.
Il Ministro dell’agricoltura rischia l’infarto per il numero di pranzi e cene cui le settimane recenti lo hanno costretto con guru e sciamani del pensiero gastroeconomico nazionale per definire il testo del provvedimento che bandirebbe, totalmente e definitivamente, contro tutte le statuizioni dell’Unione Europea, la coltivazione di mais e soia o.g.m nelle italiche campagne. Intanto i bruciatori finanziati dai chiaroveggenti ministrini regionali stanno incenerendo quantità immense di mais del catastrofico raccolto 2012, che non possedendo i geni di difesa inclusi nei mais o.g.m. è stato in parte cospicua inquinato da una farfalletta che le estati sempre più siccitose rendono, ormai, calamità ciclica. Siccome la pullulazione dell’imenottero provoca quella di una pletora di patogeni produttori di tossine mortali, quel mais doveva essere distrutto. Dopo che agli agricoltori che detenevano mais inquinato è stata imposta, per l’intero inverno, l’omertà decisa dalla cupola della disinformazione nazionale, l’assessore emiliano ha proclamato la grande notizia: il mais inquinato sarà utilmente convertito in energia per alimentare, durante l’estate, i condizionatori dell’italica gente. Proclamando il grande annuncio il nume agrario emiliano si è dimenticato di spiegare, peraltro, cosa mangeranno, negli allevamenti italiani, fino al prossimo raccolto, vacche, suini e polli destinati ai supermercati italiani. Si può riparare alla dimenticanza senza rischio di errore: mangeranno mais e soia acquistati a Chicago ai prezzi più alti registrati negli ultimi 50 anni. A Chicago si vende, oramai, solo mais e soia o.g.m. I vati del pensiero agrochic che nei giorni scorsi pretendevano, unanimi, dalle pagine di uno dei maggiori giornali italiani, l’imposizione immediata, su tutti i prodotti derivati da o.g.m., di una inequivoca dichiarazione in etichetta, dovrebbero pretendere, per coerenza, che tutte le macellerie, latterie e pollerie italiane, esponessero, nei mesi futuri una sola scritta “qui si vendono solo prodotti ottenuti da o.g.m.” Una regola che dovrebbe valere per i supermercati battenti qualunque bandiera. Ma i vati del pensiero agrochic si battono per obiettivi ben più gravi: l’eguaglianza di tutti di fronte alla legge non li interessa. I supermercati che pagano consulenze degne di premi Nobel sono, per il profeta della società in cui l'informazione sia una sola verità, "più uguali degli altri".
L’articolo, pubblicato sulla rivista agricola della Regione, con cui il valente assessore all’agricoltura del governo bolognese annunciava, in aprile, che il mais “inquinato dal caldo” sarebbe stato bruciato per ricavarne energia elettrica, avviava a soluzione una situazione in instabile equilibrio tra l’insensato, il tragico e l’illegale. Chi vive tra i campi l’attualità agreste sapeva che il raccolto di mais del 2012 si è risolto nella catastrofe, fondamentalmente per due ragioni: i mais che si seminano in Italia, in pratica mais americani del millennio scorso, non hanno alcuna resistenza nè alla siccità né agli attacchi del peggiore tra i parassiti del mais, la Pyrausta nubilalis, la farfalletta che in condizioni favorevoli (per lei, non per il mais) si appropria di quote anche elevate del raccolto, aggiungendo al danno diretto quello, assai più grave, dell’accumulo, entro le cariossidi, delle proprie feci, il pabulum ideale per una serie di micromiceti capaci di produrre alcune delle tossine più potenti conosciute in natura.
Quindi un raccolto scarso perché le nostre anticaglie della genetica U.S. del secolo scorso non sono in grado di superare le nuove estati torride, un raccolto inquinato perché le stesse anticaglie, in condizioni torride, offrono alla farfalletta di proliferare incontrollata, e di predisporre una massa di escrementi che Fusarium & c. convertiranno in veleni dagli effetti incontrollabili. Veleni contro i quali la legislazione è severissima, obbligando chi abbia raccolto mais contaminato oltre una soglia minima a distruggerlo. Decine di agricoltori sapevano di dovere distruggere il proprio mais, le analisi erano state eseguite, ma sulle giacenze nei granai privati e cooperativi era stao imposto, da chi presiede all’illegalità nazionale, il più assoluto silenzio: riconoscere che un terzo del raccolto di mais (tale era l’entità del disastro secondo osservatori informati) avrebbe imposto la constatazione dell’insensatezza della proibizione dei mais o.g.m., che sono stati dotati di meccanismi che respingono la farfalletta. Coltivatori grandi e piccoli sono stati costretti, così, non si sa in base a quale legalità, a conservare mais che avrebbero dovuto distruggere, in attesa di disposizioni che era un mistero chi, e in base a quale autorità, avrebbe dovuto impartire.
Non è difficile immaginare quali pressioni, ricatti, abusi, siano stati perpetrati, durante l’intero inverno, per imporre il segreto su quanto la stampa, servitore sempre fedele del potere, non ha voluto, come le famose scimmie, vedere, ascoltare, capire. E’ immaginabile che la situazione, nei centri del potere agrario, fosse assai prossima al punto di deflagrazione quando l’assessore emiliano Rabboni ha pubblicato, in aprile, il bando tranquillizzante. Non è successo nulla, assicurava ai detentori, verosimilmente sgomenti, di mais inquinato: le temperature elevate hanno danneggiato il raccolto, ma la nostra preveggenza ha precostituito, per il caso, straordinari apparati di combustione. Il mais “inquinato dal caldo” sarà bruciato per ricavarne energia: un incidente dovuto al solleone ci consentirà di avvicinare un paese che tanto soffre per la dipendenza energetica all’autosufficienza. Il mais danneggiato dal caldo diverrà ricchezza energetica.
L’affermazione è in sé triplicemente mendace Primo, perché non è stato il caldo, ma la Pyrausta e i suoi ghiotti commensali, a “inquinare” il mais. Mais che fosse stato banalmente colpito dalla siccità avrebbe, semplicemente, ridotto la produzione, nutrito un numero inferiore di animali, nessuno dei quali avrebbe minimamente sofferto per la presenza di tossine capaci, se presenti in pochi milligrammi, di abbattere un cavallo. Secondo, perché al prezzo attuale, che gli Stati Uniti sono riusciti, in quattro anni, a triplicare, il mais non è certamente il combustibile da cui ricavare energia in termini economici. Terzo, perché l’Assessore non spiega che, se da un raccolto drasticamente ridotto dal clima torrido sottraiamo tutto il mais destinato a produrre elettricità nei suoi futuristici bruciatori, si aprono, per la zootecnia padana, due alternative inequivocabili: ammazzare metà del bestiame, che senza mais non potremmo alimentare, o importare il mais necessario dall’unico grande venditore mondiale, la borsa di Chicago, dove, però, tutto il mais disponibile è mais o.g.m. A proposito non mancherà, tra maghi e veggenti dell’agrodisinformazione nazionale, chi accuserà gli Stati Uniti di “speculare” sulla carenza di mais della Valle Padana. La falsità degli sciocchi non è solo inconsistente, è patetica. Quale accusa di speculazione sui prezzi può rivolgere al maggiore produttore mondiale di mais o.g.m. un paese che da vent’anni giura che di mais o.g.m. non ne comprerà più un chilo da nessuno? Se ques’anno non ne dovrà comprare solo un chilo, ma decine di milioni di quintali, il venditore potrà giustificare il prezzo (qualunque esso sia) proclamando che una domanda italiana di mais o.g.m non faceva più parte, da due decenni, dei propri piani commerciali, e che 20-30 milioni di quintali non sono entità che chichessia possa pretendere di trovare dopo avere distillato chissà quali accodi segreti tra ministro, assessori e titolari a diverso titolo del potere sulla una volta fiorente agricoltura nazionale. Magari pretendendo che nei certificati di carico non compaia la sigla o.g.m. Così, mentre il portaborse del ministro dell’agricoltura conserva, tra le carte di rilievo preminente, il disegno di legge per il bando definitivo di tutte le sementi o.g.m., perchè il ministro possa, anche al ristorante, accogliere le pretese di veggenti e sciamani che dominano, incontrastati, le italiche campagne, l’Italia si avvia a conquistare la coppa del mondo tra i grandi acquirenti di soia e mais o.g.m americani. E’ notorio, anche se la “cupola” dell’agroinformazione ha incluso il dato tra i segreti di Stato, che tre quarti dei maiali italiani, i maiali dai quali otteniamo i prosciutti che garantiamo esenti da o.g.m, sono prodotti con soia o.g.m. L’Italia, negli anni Ottanta assurta a star della soia europea, ne produce, oggi, una quantità che non ha alcuna relazione con quelle richieste dal nostro allevamento. Ci restava, protetto da qualche menzogna sui poteri nefasti di una farfalletta, il mais, ma la farfalletta ci ha beffato, nell’estate 2012, rendendo ridicola ogni menzogna. Sommando mais e soia siamo, ormai, tra i primi importatori mondiali del prodotto delle colture o.g.m che si realizzano sulle rive del Mississippi. Che possiamo superare tutti gli avversari è oltremodo probabile. Se la cupola agropolitica nazionale consentirà la diffusione dei dati.
A.S.