Una campagna autonomistica/Riassunti di discorsi/11 Ottobre 1898
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11 Ottobre 18981
Porto ai piedi del monumento a Dante l’omaggio dei socialisti trentini; omaggio che per correttezza di partito deve esser precisato e spiegato.
L’idea, a cui aspira la falange organizzata dei proletari, compendia nella sua vastità un complesso di radicali riforme, alla cui attuazione occorre l’opera non d’una ma di molte generazioni. Mentre però noi lavoriamo con diuturna fatica all’emancipazione della classe operaia, e con essa dell’umanità intera, dalla miseria, non possiamo vivere estranei all’ambiente che ci circonda, non possiamo non sentire il fremito d’altre battaglie, che sul nostro suolo o vicino a noi si combattono per distruggere gli avanzi di quelle barbarie, che non del tutto potè sradicare il soffio gagliardo delle rivoluzioni borghesi. Così è che ora, dovunque il proletariato milita in schiere serrate e disciplinate, non s’astiene dar partecipare a quei movimenti borghesi che costituiscono un progresso civile e possono servire a render meno aspra la strada dell’emancipazione operaia. Bastò che un grido di dolore venisse dall’infelice Candia perchè a schiere corressero nella Grecia i socialisti d’Europa in aiuto degli oppressi contro la prepotenza turca. E, or son pochi mesi, nella Francia, il tentativo reazionario di asservire al militarismo e al gesuitismo la repubblica democratica trovò nei socialisti i più fieri avversari, pronti a difendere a qualunque costo la libertà repubblicana.
Noi socialisti trentini ci troviamo oggi di fronte ad una lotta, che, se poco è nota al di là delle natie montagne, non è per questo meno giusta e grande.
Un duplice nemico insidia le sorti del nostro paese e opprimendo la borghesia nostra, strema con essa le forze del nostro proletariato.
Nel vicino Tirolo si annida una borghesia prepotente che vorrebbe spezzare con losche trame l’unità nazionale del Trentino, invadendo col predominio linguistico le estreme parti, i recessi alpini della nostra regione; e non contenta di ciò aggrava su di noi la mano, impedendoci ogni sviluppo economico, tutelandoci come pupilli, negandoci l’indipendenza amministrativa, chiedendoci contributi di denari e di sangue......
Più lontano il governo centrale, pur esso noncurante degli interessi nazionali, intento a lanciare una nazionalità contro l’altra, premuroso di soffocare ogni germe di libertà, assolutista e feudale: un governo, in una parola, che permette il sorgere ed il prosperare di quegli elementi parassitari, che vivono a nostro unico danno.
Per combattere questi nemici, le schiere socialiste sono pronte, e sono pronte anche a condurre questa battaglia al fianco della borghesia. A un patto però: che essa non si mostri debole, non transiga, non contratti, che essa abbandoni i dubbi, i tentennamenti del passato, ingaggi un’agitazione che pervada le più intime fibre del paese, lo scuota dal letargo, lo conduca a volere in tutto e per tutti libertà e indipendenza.
Nè giorno migliore di questo può darsi per bene auspicare delle nuove e future battaglie; giacchè, qui raccolti attorno al simulacro di Dante, noi nel nome suo non onoriamo solo il padre dell’italianità; in Dante noi onoriamo il cittadino fiero che non piegò il capo nè a principi, nè a papi, che bollò a morte i vili, i simoniaci, i ladri, che fulminò le superstizioni, che, schivo di glorie e d’onori, visse perseguitato, esule, irrequieto, ribelle.
Onoriamo in Dante il pensatore, l’apostolo della giustizia, il profeta dei tempi nuovi, che sorge come luce fulgente dall’oscura notte del Medio Evo.
Per questo non Dante solo ha onore da questi marmi e da questi bronzi; essi sono altresì il monumento eretto al pensiero civile, alla civiltà nuova, ai mille martiri dell’idea e del lavoro, che, continuando l’opera civile del sommo poeta, combatterono con la penna o colla spada e, gloriosi od oscuri, hanno dato alla patria, alla scienza ed all’arte la vita: da Galileo a Segantini, da Garibaldi ai più umili caduti sui campi cruenti, senza che nessuno ne ricordi il nome e le azioni.
Alla civiltà fu eretto questo monumento; e per la civiltà deve unirci a combattere.
Questo, o cittadini, è il pensiero dei socialisti trentini, pensiero che essi sanno di poter esprimere anche in nome dei mille e mille fratelli emigrati, costretti a vivere lontani in terra straniera. Ad essi, a noi, agli avversari nostri, a quanti onestamente lottano su quest’aspra terra, rendi, o Dante, o padre, una patria forte, una patria dove non siano scherno la verità, la giustizia, l’indipendenza.
Note
- ↑ Parole dette davanti al monumento a Dante li 12 Ottobre 1898, secondo anniversario dell’inaugurazione, e già pubblicate nell’Avvenire del Lavoratore 13 Ottobre 1898.