Trionfo e Danza della Morte, o Danza Macabra a Clusone. Dogma della Morte a Pisogne, nella provincia di Bergamo, con osservazioni storiche ed artistiche/Etimologia del nome Macabra

Etimologia del nome Macabra

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Dogma della Morte dipinta a Pisogne Illustrazione di un disegno d’Alberto Durero


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ETIMOLOGIA DEL NOME MACABRA


Il nome Macabra è vocabolo d’origine oscura, a cui si vollero attribuire tanti e sì diversi significati da renderlo quasi un nome favoloso, come ben dimostrarono Peignot e Douce, e più tardi Langlois1 e Fortoul nelle loro importantissime opere sulla Danza dei Morti. Io fo plauso alla loro opinione, ma non rinuncio alla mia. Macaber o Macabre, sarebbe il nome proprio di un Alemanno, autore di alcune poesie applicate a vecchie pitture rappresentanti la Danza della Morte: come pure d’un altro poeta francese chiamato Macabrei, Macabrus o Macabrèes, come le danze furono dette nel Medio Evo. Il bibliofilo Jacob, nella lettera al viaggiatore Taylor premessa all’opera: La Danse Macabre, Parigi, 1832, disse che alcuni la derivarono dall’arabo in cui maquebar equivale a cimitero, e questa opinione fu seguita in un articolo pubblicato nel Poliorama Pittoresco di Napoli dell’agosto 1844; ma vi si oppone che gli Arabi non usarono nè conobbero mai Danze di Morti. Altri la derivarono dall’inglese make-break che vale rompere, troncare; altri dall’ebraico maccahbi che corrisponde a plaga ex me, e perciò dissero Macabre quelle danze; altri dall’antico francese ma-cabre, mia capra; altri dal cognome di una famiglia di Troyes, d’artisti francesi del secolo XV, che molto lavorarono in simil genere di rappresentazioni. Un registro della chiesa di Besancon sotto l’anno 1453, pria di Danze Machabeorum o Danze Machabées; ma forse fu arbitraria traduzione. Il signor Rosa allla fine stimerebbe dover significare Danza del Diavolo, dal sentire che tutto giorno i Bergamaschi chiamano macabret il diavolo. Lo scrivente è sempre d’avviso con altri, che la parola Macabra non può che derivare da S. Macario, il quale fu de’ primi eremiti cristiani, che abitava l’Egitto, ed uno dei fonditori della teologia ascetica, che si rinnovellò nel XIII secolo dai discepoli di S. Francesco d’Assisi. Soltanto nel secolo XIII si cominciò a far uso della denominazione Macabra.

La Danza è istintiva come il canto, onde ogni pubblica allegrezza, ogni lugubre cerimonia, ogni grave solennità, noi la riscontriamo accompagnata dalla danza, tanto nei primordi della civiltà di un popolo, come in appresso per consuetudine; ne sian prova le danze dei Cureti, dei Coribanti, dei Salii, le Pirriche, le Funerarie, le Mitologiche delle Muse, delle Ore, e ne’ bassi tempi quelle dello Streghe. Il costume delle danze continuò anche dopo il Cristianesimo, per cui in un sermone attribuito a S. Agostino, leggiamo: — Erat gentilium ritus inter christianos retentus, ut diebus festibus ballationes, idest cantus et saltationes exercerent. Ballet riporta che nel capitolo della Chiesa di Besanzone, al dopo pranzo nel chiostro della chiesa si aprivano lo danze. Clodoveo II in un consiglio adunato nel 650, proibisce alle donne di intervenire alle danze nelle chiese, ed il Parlamento di Parigi nel 1547, vietò ai preti di danzare con donne in occasione della loro prima messa. — Siccome poi la morte, ovvero lo scheletro che la raffigura, era simbolo del peccato, ed il demonio di paganesimo, così appoggiati all’antica tradizione d’Apulejo, il quale nel secolo II scriveva usarsi scheletri nei sortilegi e nelle arti magiche, sembra che si evocassero queste danza in senso di reprobazione appunto da quegli stessi, che volevano abolito ogni specie di mondana allegrezza.

Che le rappresentazioni in versi o in prosa, sculte o dipinte della Morte danzante non fossero ignote ai tempi più remoti della Grecia e di Roma, si desume dalle citazioni sovente incontrate nelle opere d’Omero, di Virgilio, d’Ovidio e di Plutarco. Anzi alcune di esse si trovano descritte e rappresentate anche in figura dal Montfaucon, dal Gori e da Andrea Jorio. Per esempio nel lavoro illustrato dal Jorio dei tre morti danzanti, trovato nelle vicinanze del Lago di Liscola nel 1809 in un antico sepolcro, e pubblicalo nel 1810 sotto il titolo di Scheletri Cumani, ravvisi in quelle figure una diversa movenza come un diverso tipo che piace. Così il Gori nel Museum Florentinum diede l’incisione d’un’agata preziosa rappresentante un vecchio pastore seduto, col doppio flauto, che fa danzare uno scheletro: è questa un’opera rimarchevole in glittografia. Vedi la Tavola VII.ª

Lo spirito politico e religioso che diede origine alle danze macabre degenerò ai tempi della riforma in basse allusioni, in baccanali licenziosi; epperò nella storia di Carlo VII, verso l’anno 1429 si fa menzione avere gli Inglesi introdotto in Francia quelle Danze Macabre come soggetto di teatrali rappresentazioni, di popolari mascherate: simile depravato costume trovò ben presto imitatori in Italia e nella Germania.

A Berna nel convento dei Domenicani, ora chiesa de’ Francesi, esisteva in ventiquattro scomparti, dipinta a fresco verso il 1510, una delle più beffarde Danze dei Morti, in ogni quadro figuravano eminenti personaggi di quel tempo in atteggiamenti burleschi.

L’autore fu Nicola Manuel. detto l’Alemanno, d’origine francese, di nobile famiglia, rinomato scrittore e magistrato.

[p. 24 modifica]Nella stessa città, nella casa degli eredi Manuel, posta nella strada des Gentilshommes, vedesi un volume ove stanno i disegni ricavati dai dipinti, che ebbero pochi anni di vita. Anche lo scrivente possiede un volume contenente copia di quella stessa danza, col ritratto del pittore e l’Ossario eseguiti a tempera.



lo spettro.


Note

  1. Langlois nel suo Essai sur la Danse des Morts, 1852, occupò 25 pagine per l’etimologia del nome Macabre!