Tre libri dell'educatione christiana dei figliuoli/Libro II/Capitolo 87
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Dell’errore di alcuni indulgenti alla giovanezza. Cap. LXXXVII.
Prima che io entri a dire più in particulare dell’offitio et cura paterna, circa la castità del giovanetto figliuolo, non posso contenermi di non far querela contra alcuni, che si arrogano il nome di savii, et di prudenti, et sogliono dire, che non conviene esser tanto rigoroso, et che è bene dissimulare, et permettere, che gli huomini nella giovinezza loro sfoghino alquanto l’impeto giovanile, et facciano, come essi usano di dire, il corso loro; perche all’ultimo stracchi, et satii di certi vani diletti, a guisa di polledri indomiti, che habbino scherzato, et corso un pezzo per i larghi prati, si riducono poi con animo più sedato et composto alle facende, et alla cura civile et famigliare, et si dedicano totalmente a i pensieri gravi, et virili; la quale opinione, se nome d’opinione merita un errore apertissimo, dimostra assai chiaro per se stessa haver origine dalla prudenza carnale, chiamata nelle sacre littere, terrena, animale, diabolica, et nemica di Dio. Non s’entra, ne si può entrare per la porta del vitio alla virtù, ne per gli atti d’un contrario, si acquista dispositione allo altro, onde è cosa ridicola il persuadersi che l’allentar la briglia alla sensualità, sia via per diventar casto, et è falsissima propositione che la giovanezza sfoga il suo impeto, anzi lo accende maggiormente, et gli atti replicati, sono come legna che si aggiungono al fuoco, et è tanta la proportione che ha la nostra corrotta, et guasta natura co’l vitio carnale, che se non si reprime con gran sollecitudine, prende tanto vigore et forza che possiede tutto l’huomo, et si perde il timor di Dio, et il rispetto de gli huomini, talche senza ritegno alcuno il torrente del diletto gia gustato, del quale il senso è avidissimo, trasporta la ragione, in modo che ella non fa più officio alcuno, et diventano gli huomini come bestie; percioche come i santi dicono, non ci è vitio che tanto offuschi l’intelletto, et lo sommerga nel fango, et lo renda maggiormente obtuso et inetto alle operationi sue proprie, che il vitio della dishonestà; onde sino a i filosofi, et scrittori gentili hanno inteso, et detto, che gli huomini studiosi, et che vogliono darsi alle speculationi, conviene che si astenghino dalla crapula, et dal vino, et dalla lussuria. Hor quanto più deve astenersi il Christiano, che conosce non solo i danni et nocumenti temporali, et sensibili di questo peccato, ma i spirituali et eterni, cioè la disgratia di Dio, la morte della anima, et la pena sempiterna dell’inferno, ne i quali mali horribilissimi s’incorre per una sola semplice fornicatione, perilche è molto da maravigliarsi, che dalla bocca d’un christiano escano parole tali, quali spesse volte si odono, è giovane, lasciatelo fare, come che dicesse, lasciatelo sommergere, lasciatelo uccidere se medesimo; ma dall’altro lato è da maravigliarsi meno, che alcuni sentano, et parlino in questa guisa, poi che come è detto il fumo tenebroso della libidine ottenebra l’intelletto, anzi si perviene da alcuni a tal grado di cecità, che misurando tutti gli altri da se medesimi ardiscono di dire bestemmie, et non solo non credono che si viva, ma reputano per impossibile che si possa vivere castamente, et da questa tale credenza è poi un brevissimo transito all’heresie, et a molte heresie, come ne habbiamo tanti, et pur troppo chiari essempii a nostri tempi. Adunque sappia il nostro buon padre di famiglia, et tenga per cosa indubitata, che se per estirpare i semi di alcun vitio et piantar alcuna virtù nell’animo del giovanetto, conviene esser sollecito et cominciar a buon’hora, in questo particularmente di che trattiamo, conviene esser sollecitissimo perche è certo et per ragione, et per esperienza che questo nimico quando per tempo comincia ad esser vinto, diventa sempre più debole, et perde quasi del tutto le sue forze; dove per contrario se da principio ha cominciato a gettar per terra il misero giovane, diventa il vitio cosi gagliardo, et il vigore dell’anima tanto fiacco che è cosa difficilissima et rarissima il poter risurgere, et quando pur per singular gratia di Dio si risurge, non si fa senza fatica grandissima, et con sudore di sangue, per cosi dire, imperoche l’ardore della carne, abrucia, et stimola con maggior vehemenza quelli che maggiormente l’hanno esperimentata, etiandio che sia stata lecitamente nel santo coniugio, et però i padri hanno chiamato la continenza, et castità de i vedovi laboriosa, la dove i vergini che mai non sono stati gettati per terra da questo nimico intestino, lo sentono men feroce, et più facilmente con la divina gratia gli fanno resistenza.