Tre libri dell'educatione christiana dei figliuoli/Libro II/Capitolo 136

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Si risponde ad alcuni che forse riprenderanno questa maniera di educatione. Cap. CXXXVI.

Io temo che alcuni huomini intendenti, et giuditiosi, se pure alle mani loro capitarà mai questo trattato, et havranno otio di leggerlo, oltra quello che meritamente potranno desiderarvi, di maggior prudenza, et dottrina, una cosa per ventura fra le altre riprenderanno, certo grave assai, et degna di consideratione, percioche diranno che questa maniera di educatione riuscirà non solo poco utile, ma dannosa alla republica, et che in cambio di allevare nobili Gentil’huomini, et Cavalieri, et Cittadini, quali il bisogno della patria richiede, si verrà à far tanti monaci, et religiosi, più idonei per starsi nel choro, et nelle celle, che per i palagi, et per le piazze, nelle administrationi, et commertii civili, et affermaranno questa esser cosa evidente, poi che con questi esercitii d’oratione, con gli esamini di conscienza, et co’l frequentare i sacramenti, tutti si daranno allo spirito, et vorranno farsi religiosi. Alla quale obbiettione volendo pur rispondere alcuna cosa brevemente, io prego il benigno lettore, che voglia ridursi à memoria, che il titolo di questa opera è della educatione christiana; onde se per altre vie io pensavo condurre il nostro fanciullo, che per quelle della osservanza della legge di Christo, per certo io potevo risparmiar questa fatica, quale ella si sia, et lasciar di scrivere. Ma passando più avanti vorrei sapere da chi sente altrimenti, se egli è vero, come non si può negare, che i Filosofi nelle Etiche, et Politiche loro, hanno proposto per fine dell’huomo la felicità di questa vita, [p. 117r modifica]che più oltra non scorgevano, se non forse molto debolmente, et dubbiosamente. Et se questa felicità l’hanno posta nell’operatione della virtù, come anchora è certo, per il che ricercano nell’huomo civile gli habiti di tutte le virtù morali, et intellettuali, che però non trapassano le forze della natura. Hor se i Filosofi si proposero, secondo l’intendimento loro, cosi alto fine, che per conseguirlo fosse necessario formare un perfetto virtuoso, che diremo dell’huomo christiano, il quale havendo per fine la felicità eterna, chi è che non sappia, che à tanta altezza non si può pervenire per altri mezzi, che per le operationi virtuose, fatte in gratia di Dio? et salendo per la scala di quelle altissime virtù theologali, Fede, Speranza, et Carità, che i Filosofi non conobbero? Ma la divina gratia, che è quella che dà vita, et efficacia di merito eterno all’opere nostre, ci è data, et moltiplicata per i sacramenti santi, come per alcuni canali d’oro, et per mezzo di quella fidata messaggiera, et ambasciatrice de i nostri bisogni, cioè per la oratione santa, della quale si è ragionato di sopra. Adunque concludendo diciamo, se la porta del paradiso sarà aperta solamente à gli amici di Dio, se l’amicitia di Dio, la quale egli per sola sua benignità ci dona, si conserva poi, et si accresce continuamente per i mezzi già detti; et se la gratia è quella che merita, et partorisce nova gratia à chi non tiene il talento otioso, ma opera secondo la gratia; se, dico, cosi è, per certo chi vuol poco commertio con i sacramenti, et con l’oratione, dimostra voler poco stretta amicitia con Dio, et voler poco del suo aiuto, et favore, et dimostra non conoscer bene tra quanti nimici, et quanti pericoli noi siamo, et quanto bisogno habbiamo della continua gratia di Dio, onde è scritto in san Luca; È necessario sempre orare, et non mancar giamai.