Trattato utilissimo del beneficio di Giesú Cristo crocifisso verso i cristiani/Capitolo II
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Capitolo II
Volendo adunque il nostro Iddio, per la sua infinita bontá e misericordia, mandare il suo unigenito Figliuolo a liberar i miseri figlioli di Adamo, e conoscendo che bisognava prima farli capaci della loro miseria, elesse Abramo, nel cui seme promise di benedire tutte le genti, e accettò per suo popolo particolare li discendenti di lui, alli quali, dopo che fumo partiti di Egitto e liberati dalla servitú di Faraone, diede per mezzo di Moisé la Legge, la quale proibisse la concupiscenzia e comanda che amiamo Dio con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutte le forze, di modo che tutta la nostra speranza sia riposta in Dio, che siamo apparecchiati ad abbandonar la nostra vita per il nostro Dio, di patire ogni tormento nelle membra, di privarci di tutte le nostre facultá, dignitá e onori per onorar il nostro Dio, eleggendo prima di morire che di commetter cosa, quantunque picciola,’ che non piaccia al nostro Iddio, facendo tutte queste cose con ogni allegrezza e prontezza di cuore. Comanda poi la Legge che amiamo il nostro prossimo come noi medesimi, intendendo per «prossimo» ogni condizione de uomini, cosí amici quanto nemici, volendo che siamo apparecchiati a fare ad ognuno quello che desideramo che sia fatto a noi, e amare tutte le cose altrui come le nostre proprie. L’uomo adunque, riguardando, come in un lucido specchio, in questa santa Legge, tosto conosce l’infirmitá sua e impotenza di ubbidire alli comandamenti di Dio e rendere il dovuto onore e amore al suo Creatore. Adunque il primo ufficio, che fa la Legge, è questo: che fa conoscere il peccato, come afferma san Paulo; e altrove dice: «Io non ho conosciuto il peccato se non per la Legge». Il secondo ufficio della Legge è che fa crescere il peccato, perché, essendo noi separati dalla ubbidienzia di Dio, e fatti servi del diavolo, e pieni di viciosi affetti e appetiti, non possiamo tollerare che Dio ci proibisca la concupiscenzia, la quale tanto piú cresce quanto piú è proibita. Onde san Paulo dice che sopra modo divenne peccante. «Il peccato — come dice il medesimo — era morto; ma, venendo la Legge, risuscitò e crebbe». Il terzo ufficio della Legge è che manifesta l’ira e il iudicio di Dio, il qual minaccia morte e pena eterna a quelli che non osservano pienamente la sua Legge, perciocché la Scrittura santa dice: «Maledetto chi non osserverá constantemente tutte le cose che sono scritte nel libro della Legge». Perciò dice san Paulo che la Legge è administrazion di morte e ch’ella opera ira. Avendo adunque la Legge scoperto il peccato e accresciutolo e dimostrato la ira e furor di Dio, che minaccia la morte, fa il quarto ufficio, spaventando l’uomo, il quale viene in disperazione e vorrebbe satisfare alla Legge; ma vede chiaramente che non può, e, non potendo, si adira contro a Dio, e non vorrebbe che Egli fusse, temendo di esser castigato e punito acerbamente da lui, come dice san Paulo che la prudenzia della carne è inimica di Dio, perché non è suggetta alla Legge di Dio, né può. Il quinto ufficio della Legge è il proprio suo fine, e piú eccellente e necessario, e che dá necessitá all’uomo di andar a Cristo: si come li ebrei, spaventati, furono sforzati a dimandar Moisé dicendo: «Il Signor non parli a noi, acciocché non moriamo: parla tu a noi, e ubbidiremo e faremo ogni cosa». E il Signor rispose: «Hanno parlato ottimamente». E non per altro furon lodati, se non perché domandarono un mediatore tra essi e Dio, il quale era Moisé, che representava Iesú Cristo, che avea ad esser avvocato e mediatore fra l’uomo e Dio. E perciò Dio disse a Moisé: «Io gli susciterò un profeta del mezzo delli loro fratelli simile a te, e porrò la mia parola nella sua bocca, e parlerá loro tutte le cose ch’io li comanderò, e punirò chiunque non ubbiderá alle parole mie, le quali egli parlerá a mio nome».