Trattato utilissimo del beneficio di Giesú Cristo crocifisso verso i cristiani/Capitolo I

Capitolo I

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Capitolo II

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Capitolo I

Del peccato originale e della miseria dell’omo.


La Scrittura santa dice che Dio creò l’uomo ad immagine e similitudine sua, facendolo, quanto al corpo, impassibile, e, quanto all’animo, iusto, verace, pio, misericordioso e santo. Ma, poiché egli, vinto dalla cupiditá del sapere, mangiò di quel pomo proibito da Dio, perdette quella immagine e similitudine divina, e diventò simile alle bestie e al demonio, che l’avea ingannato: perciocché, in quanto all’animo, divenne ingiusto, mendace e crudele, impio e inimico di Dio; e, in quanto al corpo, diventò passibile e suggetto a mille incomodi e infirmitá, né solamente simile, ma ancora inferiore agli animali bruti. E, si come, se gli nostri primi padri fussero stati ubbidienti a Dio, ci averebbeno lasciato, come cosa ereditaria, la loro iustizia e santitá; così, essendo stati disubbidienti a Dio, ci hanno lasciato per ereditá la iniustizia, la impietá e l’odio loro verso Dio: di modo che è impossibile che con le forze nostre possiamo amar Dio e conformarci con la sua volontá, anzi li siamo inimici, come a quello, che, per esser giusto giudice, punisce li peccati nostri, né ci possiamo mai fidar della sua misericordia. Insomma questa nostra natura per lo peccato di Adamo tutta si corruppe, e, si come prima era superiore a tutte le creature, cosí divenne suggetta a tutte, serva del dimonio, del peccato e della morte, e condennata alle miserie dello inferno. Il iudicio del tutto si perdette, e cominciossi a dire il bene male e il male bene, stimandosi le cose false per vere e le vere false; [p. 6 modifica]onde, ciò considerando, il profeta dice che ogni uomo è mendace e che non è alcuno che operi il bene, signoriggiando il demonio pacificamente, come forte armato, il suo palagio, cioè questo mondo, del quale esso ne divenne principe e signore. Non è lingua che potesse esprimere la millesima parte della nostra calamitá, perché, essendo noi stati creati da Dio con le sue proprie mani, abbiamo perduta quella divina immagine e siamo divenuti simili al diavolo, fatti connaturali e una medesima cosa con lui, volendo tutto quello che esso vuole, e rifiutando parimente tutto quello che a lui dispiace; e, per esser noi cosí dati in preda a cosí maligno spirito, non è peccato tanto grave, che ciascun di noi non sia pronto a farlo, quando dalla grazia di Dio non siamo impediti. Questa privazione di giustizia e questa inclinazione e prontezza ad ogni iniustizia e impietá si chiama «peccato originale», il quale portiamo con noi dal ventre della madre, nascendo figliuoli dell’ira; e ha avuto origine dalli nostri primi padri, ed è cagione e fonte di tutti li vizi e iniquitá che commettiamo; dalle quali se vogliamo esser liberati, e ritornar a quella prima innocenzia, ricuperando la immagine di Dio, è necessario che conosciamo prima la miseria nostra. Perciocché, si come niuno mai cerca il medico, se non conosce di esser infermo, né conosce la eccellenzia del medico, né l’obbligo che gli deve avere, se non conosce che la sua infirmitá è pestifera e mortale: cosí niun conosce Cristo, unico medico delle anime nostre, se non conosce l’anima sua esser inferma; né può conoscer la eccellenzia di Cristo, né l’obbligo che gli dee avere, se non discende nella cognizione delli suoi gravissimi peccati e della infirmitá pestifera, che abbiamo contratta per la contagione de’ nostri primi parenti.