Trattato del piede/Parte prima/Sezione terza/3° Accidenti cagionati unicamente dalla ferratura
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Traduzione dal francese di Carlo Cros (1838)
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Art. 3.° ACCIDENTI CAGIONATI
UNICAMENTE DALLA FERRATURA.
Questi accidenti leggeri o gravi derivano tanto dall’imperizia o dall’ignoranza del maniscalco, quanto dalla poca attenzione o negligenza usata praticando la ferratura. Gli uni sono prodotti dalla mal diretta imbrocciatura dei chiodi; gli altri provengono dall’inconsiderata applicazione del ferro; alcuni altri infine dipendono dal cattivo uso dell’incastro. Spesse volte il ferratore non si dà pena di pareggiare il piede, ed attacca nuovi ferri senza abbattere l’ugna esuberante. Prendendo allora lo zoccolo troppo volume, sopraccarica il membro, lo rende pesante, soggetto ad inciampare, a sforzi di nodello, ad essere affetto da riprensione, e ad avere la forchetta più o meno alterata. Alle volte il maniscalco abbrucia l’ugna col ferro rovente, affine d’intenerirla e poter pareggiare più facilmente; ed allorchè vi ha molto piede, applica molte volte questo ferro caldo e che non è più rosso, lo tiene molto tempo sulla parte, nell’interno della quale fa penetrare una quantità tale di calorico, da produrre la suola abbruciata e determinare una disunione più o meno estesa d’ugna dal tessuto sotto-ungulato. Alle volte pareggia inugualmente i quarti, rende il piede di traverso ed affatica le articolazioni. Di sovente fa portare il ferro molto più su di un punto che sugli altri, e determina compressioni, dalle quali risultano claudicazioni e diversi altri accidenti. Infine, gli inconvenienti che possono risultare dalle cattive ferrature sono incalcolabili: i membri i cui piedi sono continuamente mal ferrati si ruinano, si deteriorano, divengono preda di malattie gravi, le quali si complicano viemaggiormente, e finiscono col rendere il cavallo incapace di lavorare. Non saprebbesi adunque, raccomandare sufficiente diligenza ed abilità nella pratica della ferratura, sempre utile o perniciosa secondo che venga bene o male eseguita.
§ 1.° puntura (piqure).
Intendesi, in mascalcia, la puntura d’un chiodo il quale, essendo infitto, intacca il vivo, ma ritirasi prima d’imbrocciarlo compiutamente e di terminare la ferratura del piede. Questo genere di lesione dà scolo alle volte a gocciole di sangue; imprime di sovente un dolore subitaneo, il quale costringe l’animale ad eseguire movimenti pronti ed involontari, ed a zoppicare, se appoggia sul piede ferito. Questi segni, più o meno apparenti, colpiscono ordinariamente il maniscalco, il quale sollecita l’estrazione del corpo metallico, o sferra il piede se non può distinguere quale dei chiodi abbia cagionato il dolore risentito dall’animale.
La puntura può avere luogo, allorchè il chiodo sia imbrocciato troppo grasso; allorchè entrando incontri un corpo che lo dirigga nel vivo, allorchè sia impiantato nel foro antico e prenda una strada falsa; allorchè venga imbrocciato senza essere accompagnato e sia abbandonato dal maniscalco; allorchè in fine la sua punta, benchè buona, pieghisi e prenda un’inevitabile direzione nel vivo, nel quale penetra. Il ferro stampato troppo magro o troppo grasso, il piede il cui zoccolo è debole ed arido , i chiodi a lama troppo sottile, quelli la punta dei quali non è bene affilata, ec., possono dar luogo alla puntura, e meritano essere presi in grande considerazione dal maniscalco.
L’accidente risultante dalla puntura si dissipa ordinariamente senza esiti spiacevoli; produce però dolore, fa claudicare il cavallo, e dà luogo alla formazione di un piccolo ascesso, il quale essendo trascurato, si estende e dà origine a differenti disordini. In queste ultime circostanze , la puntura necessita presso a poco le medesime operazioni e le stesse cure del chiodo da strada, che intacca il tessuto reticolare. Fare breccia e praticare sufficienti scalfiture, per mettere a scoperto tutto il male; medicare secondo lo stato della piaga; saper prevenire le compressioni, le fistole, le carie e le escrescenze carnose: tali sono le indicazioni prescritte pel chiodo da strada, e convenevoli anche per la puntura1.§ 2.° inchiodatura (encloure).
Accidente dello stesso genere del precedente, dipendente dalle medesime cause, non differendo da questo se non in ciò che il chiodo resta impiantato nel piede. L’inchiodatura è più o meno grave secondo la natura della lesione e secondo il soggiorno del corpo vulnerante nel piede; ora si limita al tessuto reticolare, altre volte s’innoltra più nel vivo, ed intacca il lembo inferiore dell’osso del piede. Formandosi la materia purulenta, può spandersi sotto l’ugna, produrre una disunione più o meno ampia, soffiare al pelo e dar luogo a giavardi incornati.
Il cavallo il cui piede è inchiodato risente tosto, o solo dopo certo tempo, un dolore che lo porta a fingere od a zoppicare, e va sempre aumentando a meno si giunga a calmarlo. Tosto supponesi la causa della zoppicatura, bisogna affrettarsi a sferrare il cavallo ed esplorare il piede, per conoscere il punto doloroso se non è palese pel sangue che sorte, o per tutt’altra maniera.
Siccome fu detto in prima, l’inchiodatura può avere gli stessi esiti della puntura, e necessitare le stesse operazioni e le stesse cure. Ogni qualvolta non esista centro purulento, basta estrarre il chiodo e calmare il dolore con cataplasmi emollienti, l’accidente dissipasi prontamente e senza esiti spiacevoli.
Nel caso contrario si abbatte l’ugna sino alla rugiada, si pratica un intaglio tra la parete e la suola, si giunge sino al marciume, che bisogna scuoprire, e si medica con stoppe inzuppate d’acquavite o d’essenza di trementina, se vi ha principio o formazione d’ulcera. Tutte le volte che l’osso del piede si trova cariato, la dissuolatura parziale o generale diviene indispensabile, e la piaga deve essere governata come nel caso di chiodo da strada, seguito da necrosi del sessamoideo minore o dell’osso del piede.
§ 3° ritirata, punta di chiodo rimasta nell’ugna (retraite).
Non differisce dalle due precedenti lesioni, se non per dipendere essa da un chiodo sfaldato, il quale penetrando nell’ugna, si divide in due lamine, una delle quali offende il vivo e resta impiantata nel piede; mentre l’altra lamina sortendo, permette di serrare il chiodo ed imbrocciarlo compiutamente. La ritirata può anche avere luogo allorchè il chiodo imbrocciato incontri una punta vecchia, che lo svia e spinge sino nell’interno del piede.
La ritirata segue il medesimo decorso dell’inchiodatura, richiede le stesse attenzioni e può originare gli stessi accidenti. Allorchè si è sicuri del luogo in cui esiste la ritirata, bisogna far breccia alla riunione della parete colla suola, servendosi dappima della curasnetta, poscia della lama (rogne-pied), finchè siasi giunto al corpo straniero, che bisogna levare; si dà in seguito scolo al pus che può essersi formato, e si medica con stoppe cariche delle stesse sostanze come nei due casi precedenti.§ 4.° piede serrato dai chiodi (pied serré par les clous).
Questo accidente ha luoge più particolarmente nei piedi deboli e grassi; si fa anche rimarcare nei puledri, i quali,avendo ancora l’ugnatenera, vengono ferrati da maniscalchi inabili ed incapaci d’eseguire una ferratura conveniente alla natura dell’ugna.
L’animale il cui piede è serrato dai chiodi prova dolore, finge o zoppica più o meno ed indica la necessità di sferrarlo, calmare l’irritazione, riferrarlo leggermente, e serrare meno i chiodi. Il piede che sopporta a lungo questa ferratura potrebbe di venire ripreso, sovrattutto se si obbligasse il cavallo a camminare su terreni duri.
§ 5.° piede compresso dal ferro (pied comprimé par le fer).
Questo genere di lesione risulta dalla mancanza d’imborditura del ferro, o dall’applicazione troppo forte delle creste sulle quali l’operajo batte a grandi colpi di mazzolo. Il piede, così compresso è da principio poco doloroso; ma questo accidente produce, a capo di certo tempo, la claudicazione, la quale va sempre aumentando, finchè si faccia cessare la causa occasionale. Queste cattive ferrature, essendo rinnovate, cagionano nocchi, suggellazioni; possono anche dar origine alla riprensione, tutto se il cavallo facesse una lunga corsa su terreni duri.
L’accidente di cui trattasi si riconosce dopo avere sferrato il piede, che si ha cura esaminare prima di servirsi dell’incastro. Il ferro può avere impressa una depressione, una sorta di logoranza nel punto stesso sul quale esercitava la compressione; stringendo colle tamaglie, si assicura se esiste o no dolore. Questa prima esplorazione può riescire infruttuosa: armasi in allora dell’incastro e si pareggia sino ad una certa profondità; si esplora di nuovo colle tanaglie. Essendo scoperto il punto doloroso si involge il piede con un cataplasma emolliente, e si lascia il cavallo in riposo per due o tre giorni, finchè il dolore sia intieramente dissipato.
Se il cavallo non facesse che fingere, o non si distinguesse che leggero dolore, si potrebbe riferrare subito stabilmente, avendo cura di correggere i difetti del ferro, od applicarne un altro meglio adattato, in modo che il piede trovisi più comodo.
§ 6.° suola abbruciata (sole brûlèe).
Accidente prodotto da un ferro rovente o semplicemente riscaldato senza mutar colore, che il maniscalco tiene applicato sulla suola, a disegno d’intenerirla e poterla in segnito pareggiare con maggiore facilità: in allora il calorico, impresso in abbondanza, crispa, oblitera più o meno i vasi sierosi dell’ugna, dissecca la suola, la rende feltrata internamente, la solleva alle volte, e può anche staccarla in alcuni punti di sua estensione.
Riconoscesi la suola abbruciata, allorchè pareggiando il piede trovasi l’ugna dapprima bruna, poi gialla, infine crivellata da piccoli pori aperti, dai quali geme un umore sieroso. Se l’ugna venne disunita dal tessuto reticolare, i punti nei quali esiste la disunione sono come disseccati e non forniscono la rugiada di cui si parlò.
La suola abbruciata, essendo trascurata, dà luogo alla formazione d’un focolare purulento, solleva successivamente l’ugna e necessita in seguito l’operazione della dissuolatura; può anche, secondo Lafosse, produrre la gangrena e far perire il cavallo in poco tempo.
I piedi piatti o colmi, soprattutto quelli che lo sono in seguito di riprensione, trovansi molto esposti ad avere la suola così alterata, principalmente se la loro ferratura è continuamente praticata da maniscalchi ignoranti. Questa affezione della suola richiede sempre l’assottigliamento dello zoccolo, che si pareggierà quasi sino alla rugiada; in seguito si farà uso di sostanze grasse o mucillagginose per comunicare della pieghevolezza all’ugna e determinare un pronto accrescimento. Allorchè l’accidente è leggero, si leva minore quantità d’ugna che nel prino caso; si applica un ferro leggero e si spalma lo zoccolo con qualche grasso.
§ 7° suola riscaldata (sole chauffée).
Questa lesione non differisce dalla precedente che per essere portata ad un minor grado; riconosce le stesse cause, dipende pure dal ferro caldo, che il maniscalco tiene applicato sul piede, e proviene costantemente dalla negligenza od inabilità dell’operajo. Siccome abbiamo già detto, per risparmiare tempo e fatica, alcuni maniscalchi presentano sul piede il ferro rosso, vi appoggiano anche sopra con forza, affine d’abbruciare l’ugna, intenerirla e poterla in seguito pareggiare con maggior comodo. Altri, essendo poco esercitati od inabili, non hanno il colpo d’occhio formato e stanno lunga pezza osservando se il ferro ha l’aggiustatura e la forma conveniente; tengono il ferro applicato al piede mentre si rivolgono ed osservano se va bene; sono anche di sovente obbligati presentarlo molte volte ed agire sempre nello stesso modo.
Tosto s’accorge di uno stato di tormento suscettibile di palesare una suola riscaldata, conviene applicare sulla parte alcune sostanze emollienti, curare il cavallo e concedergli anche alcuni giorni di riposo, secondo richiede la circostanza.§ 8° suola inarridita o piede alterato (sole desséchée ou le pied altéré).
Distinguesi con questo titolo uno stato particolare di durezza che acquista la suola, in seguito di ciò che il maniscalco pareggia di troppo questa parte, ogni volta ferra il cavallo. Questo accidente in generale leggero, determina coll’andare del tempo il risserramento, del tessuto dell’ugna ed il ristringimento de’ suoi vasi: produce una maggiore o minore sottrazione dei fluidi necessari al mantenimento della flessibilità, e rende questa regione del piede più sensibile. I cataplasmi emollienti, continuati per qualche tempo, bastano per ristabilire la suola nel suo stato primitivo, e ridonare al piede la solidità che gli è propria.
§ 9° piede indebolito (pied affaibli).
L’alterazione di cui trattasi è sempre esito di cattive manovre dalla parte del maniscalco, il quale, ogni volta ferri il piede, lo pareggia di troppo, fa risserrare l’ugna, rende in cotal guisa il piede sensibile, l’indebolisce in totalità, o parzialmente nei talloni, nella forchetta, o nella suola. Il piede indebolito è più o meno doloroso, non resiste al cammino, e diviene soggetto alla suola compressa, alle sobattiture, ai nocchi, e persino alla riprensione.
Una ferratura meglio combinata, il riposo, l’uso di tutte le sostanze capaci di calmare il dolore e favorire l’accrescimento dell’ugna, sono mezzi da impiegarsi per prevenire gli accidenti diversi ai quali è esposto il piede indebolito, e ridonare alla parte la primitiva integrità.
§ 10° colpi d’incastro nella suola.
Secondo lo stato dello stromento e secondo la forza colla quale viene spinto, i colpi d’incastro producono ferite leggeri o profonde, semplici o contuse. Se la piaga è leggera, basta guarentirla dall’azione delle sostanze irritanti, e la guarigione operasi prontamente: se offre una certa profondità, conviene applicare un piccolo apparecchio: le prime stoppe saranno inzuppate d’acquavite diluita nell’acqua, e si avrà l’attenzione di porre le faldelle gradatamente, in modo da stabilire una pressione forte, suscettibile d’impedire le escrescenze linfatiche o carnose. Allorchè, per negligenza o cure male intese, l’accidente ha dato luogo alla formazione di un ascesso, bisogna regolarsi siccome fu prescritto nel caso di compressione suppurata.