Trattato de' governi/Libro primo/VII

Libro primo
Capitolo VII:
Qual sia il guadagno necessario

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Aristotele - Trattato de' governi
(Politica)
(IV secolo a.C.)
Traduzione dal greco di Bernardo Segni (XVI secolo)
Libro primo
Capitolo VII:
Qual sia il guadagno necessario
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CAPITOLO VII.

qual sia il guadagno necessario.


È di qui manifesto il dubbio da principio proposto, se l’arte, dico, che è intorno a fare denari s’appartiene al governo di casa ed a quello della città, o no. Anzi è di bisogno, che tale guadagno sia loro perparato innanzi; perchè così come la facoltà civile non fa gli uomini, ma pigliandoli fatti dalla natura, gli va poi disponendo: medesimamente è di necessità, che la natura dia il nutrimento per mezzo della terra o del mare, o in qualche altro modo simigliante. E dopo questo l’uffizio del buon padre di famiglia è di tali cose rettamente disporre; che nè al tessitore s’appartiene fare la lana; ma bene [p. 33 modifica]d’usarla; e similmente è suo uffizio a conoscere quale sia buona, e atta al suo esercizio, e quale no. — Perchè, stando altrimenti la cosa, si potrebbe dubitare, onde avvenisse, che l’arte del far denari fosse parte del governo di casa, e non l’arte medicinale; e pure è di necessità avvertire, che la famiglia stia sana: così come si debbe avvertire, ch’ella viva, e faccia l’altre cose necessarie. Ma stando la cosa così, che in certo modo e’ s’appartenga al padre di famiglia, e al principe civile il considerare della sanità, e in certo modo non se gli appartenga: ma sia un tale uffizio del medico; così, dico, interviene dei danari, che in certo modo s’appartiene al padre di famiglia la provisione di essi; e in certo modo non se gli appartiene: ma appartiensi ad un’altra arte, che è del governo di casa ministra. E miglior determinazione è da dire, che sia la fatta innanzi; cioè che i danari, e gli altri bisogni gli debbino essere preparati dalla natura: perchè a lei s’appartiene di dare il nutrimento a chi ella ha generato. Ed a ciascuno animale è lasciato il suo nutrimento di quella cosa, che egli è fatto. Onde l’arte di guadagnar danari per via di natura sia quello, che nasce dai frutti, e dagli animali. — Ma essendo tale modo di guadagnare diviso in due membri, siccome io ho detto; e l’uno essendo usurario, e l’altro da governo di casa; e questo secondo membro essendo necessario e lodato; e il primo permutativo del danaro essendo biasimato con ragione, perchè tal modo non acquista per via di natura; ma acquista per via del torsi l’uno all’altro la facoltà; e però è meritamente odiata questa arte usuraria, per farsi il guadagno da lei per via del danaro; e non per via di quello, che e’ fu introdotto: che non fu altro, che per facilitare i baratti. Ma l’usura accresce sè stessa. Onde ha ella ancora avuto il nome tokos, che vuol dire parto; perchè [p. 34 modifica]i parti sono simili a chi gli ha partoriti. E l’usura non è altro, che danaro partorito da esso danaro; onde tal modo di guadagnare viene ad essere molto contro a natura. — Ma avendo noi determinato questa materia a sufficienza per la cognizione d’esse, sta bene ora discorrere di loro per cagion dell’uso. Ed invero tali considerazioni hanno del liberale, e l’esperienza d’esse ha del necessario. Hanno dell’utile le parti, che sono intorno al guadagno dei danari; quelle, dico, che ci fanno esperimentati delle cose che si posseggono: quali, cioè, sieno utilissime, e dove, e in che modo, come è dire dei cavalli, e dei buoi, e del bestiame pecorino. E così discorrendo per gli altri animali, che egli è necessaria l’esperienza, in ciascuna sorte di essi, per sapere quai sieno buoni, e dove; perchè altri altrove fanno prova. E questa medesima esperienza è necessaria nella agricultura, la quale si divide in agricultura nuda, e in agricultura arborata. Ed in sapere la natura delle pecchie e degli altri animali delle acque, e degli uccelli che ci possono porgere utilità. — Queste simili adunque sono le parti vere proprie dell’arte, che è intorno ai guadagni; e parte dell’arte che baratta ancor col danaro. La principale è la mercanzia, la quale ha tre capi, navigare, portare da luogo a luogo; e il tener ferme le merci, e negoziarle. E questi modi hanno ancora differenza per avere l’un modo più sicurtà: e per avere l’altro più dell’utile. Il secondo modo da guadagnare è l’usura. Ed il terzo è lavorare a prezzo. E una parte di questo modo si divide nelle arti meccaniche, e in arti senza artifizio; che sono tutte quelle che fanno i servigî con la persona. La quarta specie di guadagnar denari è nel mezzo di questa, e della prima; imperocchè ella partecipa della naturale, e partecipa della permutativa: ed è in tutte quelle [p. 35 modifica]cose, dico, che nascono dalla terra, o da cose, che sien della terra. Le quali se ben sono senza frutto, nondimanco elle sono utili. Nel quale genere sono i boschi da tagliarsi, e tutta l’arte dei metalli; la quale comprende molti modi, essendo dentro alla terra molte sorti d’essi. — Di ciascuna delle quali cose in generale ancora se ne è detto al presente. Ed a volere in particolare esaminare questa materia con diligenza, gioverebbe per chi volesse mettere in atto tali esercizî, ma ei non porta il pregio di consumarci più tempo. Questo basti dire, che infra gli esercizî quegli sono artificiosissimi, dove ha poco luogo la fortuna; e meccanichissimi quegli, dove il corpo troppo s’imbratta; e servilissimi, dove per lo più s’adopera la persona; e vilissimi quei, dove si scorge poco di virtù. — Ma perchè di tali cose è stato scritto da certi, infra i quali fu uno Carete da Pario, ed Apollodoro da Lemno, che dell’agricoltura trattarono nei loro scritti, e della nuda, e della vestita; e il simile è stato fatto da altri; però di tali considerisi mediante gli scritti loro da chi ha voglia di saperne i particolari. E oltre di questi legghin questi tali ciò che di tali cose è stato detto in più luoghi, e in più tempi; mediante i quali precetti è accaduto ad alcuni di diventar ricchi. E tali precetti è bene di mettergli insieme, perchè e’ giovano assai a chi ha in pregio la ricchezza; come fa il modo usato da Talete da Meleto. E tale invenzione fu buona per far denari, ancorchè a lui ella fusse attribuita per via di sapienza: e fu questo un certo universale così fatto, essendo stato, dico, rimproverato a costui lo studio della filosofia, come cosa disutile, per essere ei povero. Si dice, che per via d’astrologia e’ previde un anno, che aveva ad essere una grande abbondanza d’olio nella stagione che ancora era dell’invernata; onde, ragunata insieme poca quantità [p. 36 modifica]di danari, aver dato l’arra di tutto l’olio, che si doveva ricorre in quel di Meleto e di Scio: e ciò avere condotto con poco prezzo, non si trovando allora chi più n’offerisse. Ma poi che e’ fu venuto il tempo della ricolta, nel quale molti ne chiedevano, di subito avere in tal modo raccozzato quanto e’ volse gran somma d’oro; e così avere dimostrato, che egli è agevole impresa ai filosofi diventar ricchi; ma che essi non hanno questo fine. — Talete adunque si dice, che per tal verso dimostrò la sua sapienza. Ma un tale modo, come io ho detto, è buono universalmente per fare danari; io dico quando ei si può appaltare una cosa, che altri che tu, non ne possa vendere. E di qui hanno tratto molte republiche, e Stati qualche entrata nei tempi, che egli hanno avuto carestia di danari, serbandosi di certe cose per loro soli la licenza del vendere. — In Sicilia medesimamente fu uno, che avendo assai danari in deposito, appaltò tutto il ferro che si traeva delle miniere; dopo il quale appalto essendo comparsi i mercatanti da più bande per comperarne, egli solo lo vendette loro: non facendo nella vendita un gran divario dal prezzo consueto, ma con cinquanta talenti nondimanco facendone cento. — Il qual fatto avendo Dionisio presentito, volse bene che e’ se ne portasse il danaro, ma vietògli lo star più in Siracusa; come uomo che avesse trovato modi di guadagnare disutili allo Stato suo. L’invenzione di Talete e di costui fu la medesima; perchè l’uno e l’altro messe arte di condurre a sè stesso solamente la vendita. E simili invenzioni stan bene ancora a conoscersi dagli uomini, che governano gli Stati; imperocchè molte città si ritrova, che han bisogno di danari, e di farsi simili entrate siccome se n’abbia bisogno la casa, anzi n’hanno maggiore bisogno le città. Onde assai di quei, [p. 37 modifica]che governano nelle republiche, non attendono ad altro che a questi modi di fare entrate nella città.