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36 trattato dei governi

di danari, aver dato l’arra di tutto l’olio, che si doveva ricorre in quel di Meleto e di Scio: e ciò avere condotto con poco prezzo, non si trovando allora chi più n’offerisse. Ma poi che e’ fu venuto il tempo della ricolta, nel quale molti ne chiedevano, di subito avere in tal modo raccozzato quanto e’ volse gran somma d’oro; e così avere dimostrato, che egli è agevole impresa ai filosofi diventar ricchi; ma che essi non hanno questo fine. — Talete adunque si dice, che per tal verso dimostrò la sua sapienza. Ma un tale modo, come io ho detto, è buono universalmente per fare danari; io dico quando ei si può appaltare una cosa, che altri che tu, non ne possa vendere. E di qui hanno tratto molte republiche, e Stati qualche entrata nei tempi, che egli hanno avuto carestia di danari, serbandosi di certe cose per loro soli la licenza del vendere. — In Sicilia medesimamente fu uno, che avendo assai danari in deposito, appaltò tutto il ferro che si traeva delle miniere; dopo il quale appalto essendo comparsi i mercatanti da più bande per comperarne, egli solo lo vendette loro: non facendo nella vendita un gran divario dal prezzo consueto, ma con cinquanta talenti nondimanco facendone cento. — Il qual fatto avendo Dionisio presentito, volse bene che e’ se ne portasse il danaro, ma vietògli lo star più in Siracusa; come uomo che avesse trovato modi di guadagnare disutili allo Stato suo. L’invenzione di Talete e di costui fu la medesima; perchè l’uno e l’altro messe arte di condurre a sè stesso solamente la vendita. E simili invenzioni stan bene ancora a conoscersi dagli uomini, che governano gli Stati; imperocchè molte città si ritrova, che han bisogno di danari, e di farsi simili entrate siccome se n’abbia bisogno la casa, anzi n’hanno maggiore bisogno le città. Onde assai di quei,