Trattato d'Amore (Cavalcanti, 1941)/XLIII

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XLIII

     Amico, tu fai mal che ti sconforti
e ti lamenti sí di starmi servo,
dicendo ch’i’ ti son crudo ed acervo,
4vogliendoti però gittar tra i morti.
Non pare a me che ’n quella guisa porti
tua sofferenza, che ’n quel ch’i’ conservo
ti sia donato. Se, como lo cervo,
8non ti rinnuov’in saccenti ed accorti

     piaceri, e ’n soferir con be’ costumi
quanto che piacerá a me di darti,
11anch’io conoscerò lo tu’ cor dentro.
Ché ’n dar gioí’ a villan giá non mi pentro;
onde ti pena di cortese farti,
14acciò ch’io brevemente ti rallumi.