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la pietra di polifèmo
Questo gli dissi, ed a lui più nel cuore si prese la rabbia:
egli staccò d’un gran monte l’intero cocuzzolo e via che
ce lo slanciò, ma passò sulla nave di prora azzurrina.
L’onde del mare si fransero al piombar giù della pietra;
e riportavano l'onde, nel loro riflusso, la nave
dall’alto mare alla terra, e per poco non venne alla spiaggia.
Ma nelle mani afferrai un lunghissimo palo, e con quello
l’allontanai dalla riva, e ai compagni, spronandoli ingiunsi
forza di remi e vogare, perchè si fuggisse al malanno,
sempre cennando col capo: e vogarono quelli di forza.
Quando due volte quel tratto di mare noi fummo lontani,
anco al Ciclòpe parlavo, ed intorno i compagni, chi d’una
parte, chi d’altra impedir mi voleano con dolci parole:
“Ma, temerario, perchè stuzzicarlo quell’uomo selvaggio?
che poco fa con quello suo saettare condusse la nave
dietro, alla spiaggia, che già lì per lì noi credemmo morire.
Che se n’udiva una voce, che s’una parola n’udiva,
ci fracassava la testa ed il legno di tutta la nave
con uno scabro macigno: tant’è la sua forza nel gitto„.
Tanto dicevano senza piegarmi il magnanimo cuore.