Tommaso Moro (Pellico, 1834)/Atto Primo
Questo testo è incompleto. |
◄ | Personaggi | Atto Secondo | ► |
ATTO PRIMO.
SCENA PRIMA.
- ANNA
Con un detto potrei l’irato Arrigo
Spingere alfine a estinguere costui!
Il nemico de’ miei, Tommaso Moro!
Il mìo nemico! E pur... l’immensa fama
D’uom così forte d’intelletto, e caro
Cotanto al regno, ed onorato in tutte
D’Europa le contrade, ahi m’atterrisce!
Lasciarlo vivo io non volea; non oso
Dar mossa al ferro, onde il bramava io spento.
Britanna pur io sono, e qual Britanna
Strugger tal uom m’incresce, a cui la patria
di tanto lustro debitrice andava.
E s’io il salvassi? E s’amicarlo a mia
Causa potessi?
SCENA II.
- ANNA
Alfredo, tu?
- ALFREDO
Regina,
Uop’è che porgi a mie preghiere ascolto.
- ANNA
Onde affannato?
- ALFREDO
Alle mie antiche labbra
Spetta parlarti il vero, Anna Bolena.
Te tradiscono i più, te i più adulando
Vantano inimitabile nel senno
E nella gloria, perché in trono alzata
Accanto a se ti volle Arrigo ottavo.
Niun più di me del tuo splendor gioia,
Niun più di me che a’ tuoi parenti amico
Sin da’ miei giovenili anni ho vissuto;
Che te tra i figli miei crescer vedea;
Che te quasi mia figlia amo, e di tanta
Grazia del re, mio sir, vo debitore
All’amor tuo. Ma libera non posso
Da gravi rischi riputarti.
- ANNA
Come?
- ALFREDO
Deh! cauta sii. Provvedi onde aborrito
Non venga il nome tuo per le soverchie
Stragi che il re commette, e che dal volgo
Apposte sono a’ tuoi consigli.
- ANNA
Il Cielo
Sa che di stragi non son vaga.
- ALFREDO
E pure
Non t’adopri a scemarle.
- ANNA
Inevitata
Di fanatici molti era la morte,
Che al romano pontefice devoti,
Al divorzio del re maledicendo
E dell’anglica Chiesa alla riforma,
Volean ripor la mia rival sul trono.
- ALFREDO
Per sempre allontanata è Caterina;
Paventar non la dèi. Bensì paventa
Il biasmo universal. Paventa il core
Mutevol del tuo sposo. Ei del versato
Sangue potrebbe inorridir: potrebbe
Teco sdegnarsi, degli eccidii causa....
- ANNA
Quale ardito linguaggio!
- ALFREDO.
Anna....
- ANNA.
Prosegui
Prosegui, sì, ten prego. Il sento anch’io:
Fidi consigli occorronmi. Fra feste
E plausi vivo, e nondimeno io spesso
Dell’abbagliante mia sorte diffido,
E felice non son.
- ALFREDO.
Farti felice
Potresti, il re volgendo a più clemenza,
Dritti acquistando in cor d’ogni Britanno
A stima e gratitudine.
- ANNA.
Ah! maggiore
Ch’ella non è, ti par la mia possanza
Sovra l’alma d’Arrigo. Oh, che non dissi
Per liberar dal rogo o dalla scure
Or questo or quel?
- ALFREDO.
Creder tel vo; ma il volgo
Ahimè, nol crede. Ei scellerata autrice
Di tai scempii ti noma. Ei raccapriccia
Che tu salvato in questi dì non abbia
Quella vergin di Kent che tanto avea
Di santità rinomo.
- ANNA.
Elisabetta!
La furibonda Elisabetta! io volli
Per la pietà del sesso mio salvarla.
Tu non sai; l’empia mi spregiò; negommi
Il titol di regina, e orrende cose
Mi profetò. L’abbandonai.
ALDREDO.
La vidi,
La vidi trarre al rogo. Udii l’estreme
Parole due. Ridirtele degg’io?
ANNA.
Che?
ALFREDO.
Ridirtele, certo, uom non ardiva
In questa di mezogne e di lusinghe
Ridente corte. Or sappile, o infelice,
E non prenderle a scherno.
ANNA.
Oh ciel!
ALFREDO.
Motori
Noi di riforma nella Chiesa, indarno
Vorremo annoverar tra scellerati
Ogni nostro avversario, ogni seguace
Del roman culto. Ah no! v’ha tra coloro
Anime alte, piisime, dotate
Di tai dona da Dio, ch’averne è forza
Reverenza, terror. Quella fanciulla
Veramente parea da onniposente
Impulso mossa.
- ANNA.
E che dicea morendo?
Noi maledisse?
ALFREDO.
Perdonovvi, e Dio
Pregò per voi, per te.
ANNA.
Misera!
ALFREDO.
E sciolse
Nobil lamento sulla patria afflitta
Da sì lunghe discordie, e invocò grazia
Sul capo tuo, sì ch’a più degno calle
In avvenir t’avvii. Quindi.....
ANNA.
T'arresti?
Non osi proseguir?
ALFREDO.
Quindi proruppe:
«Ma guai d’Arrigo all’infelice amata,
«Se persiste nel mal! se compier lascia
«D’incolpati cattolici altro scempio!
«Se immolar de’ mortali il più innocente
«Lascia!
ANNA.
Chi?
ALFREDO.
Moro. E se immolato è Moro.
ATTO PRIMO.
7
Pronosticò la frofetante ad Anna
Il disamor d'Arrigo stesso a morte.
ANNA.
E tu potresti dubitar?.....
ALFREDO.
Che avviso
Fosse del Ciel. Tu incredula non sei:
Impallidir ti veggio
ANNA.
È ver: terrori,
E non so qual presentimento infausto
M' affliggono talor. Forse è fiacchezza,
Ma vincerli non so. Mercè ti rendo
Di tua animosa confidenza. Io voglio,
Sì, le mie forze addoppiar voglio, Arrigo
Adistor dalla ria carneficina
Cui lo sospingono altri. Arsi di sdegno
Contro Tommaso Moro, e pur non l'odio.—
Chi c'interrompe?—
SCENA III.
UN GENTILUOMO E DETTI.
Gentiluomo.
Maestà, concesso
Udienza avevate a Margherita
Figlia di moro.
- ANNA
- Dessa? qui? s’avanzi.
- Vanne, Alfredo: a me inutile non fia
- Del tuo zelo magnanimo l’avviso.
- ANNA
- Tutti abbiam d’uopo di virtù! Pur io
- Che da virtù m’allontanai cotanto,
- La stimo, l’amo, la desio! - Quel fero
- Profetar della vergine al solenne
- Momento di sua morte mi conturba.....
- Stata davver fosse di Dio una voce
- Per ritirarmi a virtù?.....
MARGHERITA E DETTA
- MARGHERITA
- Donna.....
- (S’inginocchia)
- ANNA
- Infelice,
- Sorgi.
- MARGHERITA
- L’avermi alfin benignamente
- Questa udienza consentita, in core
- Qualche speranza mi ripon.
- ANNA
- Doveri
- Dolorosi, e che forse immaginarsi
- Altri non sa, mi vietano alla figlia
- D’un accusato così spesso ascolto
- Dar quant’io bramerei.
- MARGHERITA
- Creder non posso
- Che l’imposta corona interamente
- Cangiasse Anna Bolena. Io vi conobbi
- Mite, soave cogli afflitti. Ah quella
- Quella voi siete ancor, sebben da cure
- Di regno e da lusinghe ora agitata!
- Quella voi siete ancor! Nella pupilla
- Vi leggo i sensi che nudrire un tempo
- Vi degnavate di bontà, d’amore
- Per la figlia di Moro.
- ANNA
- Ah fortunato
- Tempo era quello, in cui vantarti amica
- Lecito m’era! Parla; in che potrei
- Le tue angosce lenire?
- MARGHERITA
- Il padre mio
- Perchè da un anno fra esecrande mura
- Giace prigion? Non perchè a voi dispiacque?
- Indulgente deh siategli! A rispetto
- Vi mova il suo magnanimo, sincero
- Sentir; non date di delitto il nome
- Ad opposizion ch’ei lealmente,
- Non per odio, vi fea. S’ei nell’ardore
- Del suo zel trascorreva, il suo dissenso
- Manifestando al vostro imen col sire,
- Pensate che ingannarsi egli potea
- Per amor di giustizia e della patria,
- E di voi stessa. Ah sì, di voi! Nè solo
- Fu il padre mio in temer, che a voi fatale
- Tornasse quest’imen. Più d’un amico
- Dissuaderven già tentò. - Dispetto
- Deh non vi rechin mie parole: udite.....
- Poichè il temuto imene Iddio permise,
- Or benedicalo ei! Ma benedirlo
- Iddio mai non potrà, s’angiol di pace
- Anna Bolena non divien; se i giusti
- Per sua cagion periscon; se mio padre,
- Infra i regii ministri il più fedele,
- Qual traditore oppresso vien.
- ANNA
- M’accusa
- Il volgo, il so, di queste stragi tutte
- E del destino di tuo padre. Ah credi,
- Ch’io non son così rea; credi ch’io bramo
- E ardentemente cotai grazie imploro
- Spesse volte dal re, ch’ei mi ricusa,
- Sebben di me amantissimo. Intentata
- Pel padre tuo non lascerò una via;
- Salvarlo anelo io, sì. Ma secondati
- Gl’intenti miei sieno da lui. L’altero
- Spirito alquanto innanzi Arrigo ei pieghi.
- MARGHERITA
- Perchè l’altero spirto ei pieghi alquanto,
- Deh m’ottenete ch’io il rivegga. Idarno
- Con sì orribile carcer, con sì fera
- Solitudin, con barbare minacce,
- Domar credete alma gagliarda e pura.
- Molcer la può dolcezza; empii rigori
- Altro non puon, che più e più inforzarla.
- ANNA
- Che? di vedere i figli suoi gli è tolto?
- MARGHERITA
- Sì
- ANNA
- Per cenno del re? Creder nol posso.
- Sarà comando di zelanti audaci;
- sarà comando di Cromwell, che troppa
- Autorità s’arroga, ed odiosa
- Così fa spesso del suo re la possa. -
- - Cromwell, sei tu? T’avanza. Odi.
CROMWELL E DETTE
- CROMWELL
- Regina. -
- ANNA
- Che sento! A Moro in carcere i suoi figli
- Pur è tolto abbracciar? Questa barbarie
- Il re non volle mai.
- CROMWELL
- Donna. -
- ANNA
- All’illustre
- Infelice conduci or questa pia,
- Nè a’lor colloquii mai divieto v’abbia.
- CROMWELL
- Obbedirvi non posso.
- ANNA
- Audace! e dubbio
- Potresti accor che Arrigo al voler mio
- Sì tenue grazia dinegasse?
- CROMWELL
- Il regno
- Pieno è di trame, e ne’ colloqui astuti
- Del prigioniero e de’ congiunti suoi
- Temere è dritto perfidi concerti
- Contro la nuova Chiesa e contro Arrigo.
- ANNA
- Tu il vedi, Margherita: ogni mia brama
- Legge stimavi; ahi, tal non è!
- CROMWELL
- S’inoltra
- Lo stesso Arrigo.
ARRIGO E DETTI
- ANNA
- Sposo. -
- ARRIGO
- E chi è costei
- Che a’ piedi mi si getta?
- MARGHERITA
- Ah, sir!
- ARRIGO
- Tu dessa?
- Tu? Di Moro la figlia entro mia reggia?
- Chi t’introdusse? In questa guisa adunque
- Son rispettati i miei divieti?
- ANNA
- Amato
- Arrigo, deh, ti placa! Io.....
- ARRIGO
- Tu, regina,
- Esser devi la prima, i cenni miei
- Fedelmente a osservar. Tommaso Moro
- Sperar grazia non dee.
- MARGHERITA
- Truce parola!
- Disdicila, o signor.
- ARRIGO
- Di queste mura
- Costei si tragga, e più non v’entri mai!
- MARGHERITA
- Oh me misera!
- ANNA
- Sposo, io sono, io sono
- Che parlare a lei volli. Io divisava
- Per mezzo della figlia ancor di Moro
- L’alma tentar; vincerla alfin.
- ARRIGO
- Tal alma
- Niuna forza più vince: io la conosco.
- Troppo alla mia, troppo alla mia somiglia.
- In eterno doveano esser concordi,
- O irreconciliabili in eterno!
- MARGHERITA
- Ahi! di qui vengo strascinata! Addoppia,
- Anna, gli sforzi tuoi; mitiga l’ire
- Terribili del sir! rendimi il padre!
ARRIGO, ANNA
- ARRIGO
- Imprudente, inegual sarai tu sempre,
- O mia diletta? Or tuoi nemici abborri,
- Or per essi intercedi. A te le gravi
- Cure di Stato non s’aspettan.
- ANNA
- Sempre
- Mi s’aspettan del mio sposo le cure.
- ARRIGO
- In tempi io regno di tumulti e sangue;
- In tempi in cui richiesto è dallo scettro
- Formidabil vigor.
- ANNA
- Vigor che tutti
- D’Europa i regi e i popoli stupìa
- Mostrasti, allor che anàtemi affrontavi
- E tradimenti e guerre, e me a regina
- Di cesarei natali anteponevi.
- Di tuo spirto il vigor not’è abbastanza,
- Or tu palesa, ch’ogni dì adoprarlo
- Per terror delle turbe non t’è d’uopo.
- Rimanga a tua diletta Anna la gloria
- D’ottener qualche volta a rei clemenza.
- Io fui da’ miei nemici empia chiamata,
- Perchè m’amasti ed io t’amai. Smentita
- Deh sia l’accusa. Il mondo sappia, ch’io
- Covar non so durebol ira; ch’io
- Nei primi impeti miei se talor chiesto
- Ho da te sangue, pochi istanti appresso
- Raccapricciai di mia ferocia; e pianto
- Versai sugli infelici offensor miei,
- E salvarli agognai.
CROMWELL E DETTI
- ARRIGO
- Cromwell che rechi?
- CROMWELL
- Una sentenza.
- ANNA
- Ohimè! Di chi? Di Moro?
- CROMWELL
- No, giudicato ancor non è.
- ARRIGO
- (Dopo letta la sentenza.) Dannato
- È l’amico di Moro alla mannaja.
- ANNA
- Chi?
- ARRIGO
- L’arrogante vescovo, che noi
- Dagli altari imprecava.
- ANNA
- Ingiurie atroci
- Dimenticar leve non m’è. Ten chiesi
- Con lagrime vendetta; or che vendetta
- Vicina sta, m’inorridisce, e chieggo,
- Chieggo che a sua vecchiezza, al sacro manto
- Che si lungh’anni gli omeri gli cinse,
- All’avermi fanciulla un dì portata
- Fra sue braccia, tu miri, e gli perdoni.
- ARRIGO
- E non pensi che il vescovo implacato
- Era di Moro l’anima? l’impulso
- A biasimar le mie leggi? a rimanersi
- Nel culto ch’io riprovo?
- ANNA
- Ah! la sentenza,
- Te ne scongiuro, non soscriver. M’odi.
- Neri presagi mi funestan; mai
- Così atterrito il cor non ebbi. Un fine
- Abbiano tanti eccidii. Al regno tuo
- Vuoi tu fermezza dar? Moro costringi
- A benedirti ancor, traggilo a forza
- Fra i difensori tuoi. Digli che grazia
- Al suo amico tu fai, dannato a morte,
- Purch’ei gl’imposti giuri omai ti presti.
- ARRIGO
- Inutil prova! E pur.....
- ANNA
- Sol questa volta
- Deh, segui il mio consiglio. Oh, se sapessi
- Come l’universale abborrimento
- M’avvelena ogni gioja! E quando mesta
- Anna tu vedi e il suo dolor ti crucia,
- Sappi, o sir, che invincibile una forza
- V’è nell’anima sua che la tormenta,
- Dicendole: «Infelice! odiata sei,
- Odiata dei da’ popoli!» - Oh quant’io
- Nel concetto di tutti ambirei fama
- Di pacificatrice e di sincera
- De’ buoni amica! Da te stassi, Arrigo,
- Che questa nobil fama Anna gioisca.
- Il vuoi tu, signor mio? Sì; l’occhio tuo
- Di tenerezza brilla; a me trionfo
- Quegli sguardi promettono.
- CROMWELL
- Signore.....
- ARRIGO
- Sentenza oggi di morte io non soscrivo.
- La prova ch’Anna mi propon s’adempia.
- Vanne, o Cromwello, a Moro. A lui palesa
- Che pel vescovo reo pregar clemenza
- La regina degnò. Digli che pronto
- Sono a sottrar dalla mannaja il capo
- Di quel fellon, solo ad un patto.
- CROMWELL
- Quale?
- ARRIGO
- Che Moro giuri alla riforma ossequio,
- E il mio divorzio e le mie nozze approvi.
- ANNA
- O me felice! Amata io son da Arrigo.
- (Parte col re.)
- CROMWELL
- Insensata! Che fia di lei, di noi,
- Se un mortal qual è Moro in grazia torna?
- (Parte.)