Tisbe, il so, nol celar; non è difetto
Questo testo è stato riletto e controllato. |
◄ | Ecco l'alba, ecco l'alba, ecco il bel giorno | La ninfa sua d'orgoglio amica e d'ira | ► |
Questo testo fa parte della raccolta Poesie di Giovan Francesco Maia Materdona
IX
L’ESEMPIO
Tisbe, il so, nol celar; non è difetto
ch’abbi a celar, ch’opra è d’amore al fine:
ier, su l’ore piú fresche e mattutine,
t’abbracciò Coridon dentro un boschetto.
Fa’ ch’io t’abbracci ancor, ché ti prometto
tre canestri, un di gelse, un di susine
ed un altro o di fraghe o d’armelline,
e, s’al padre l’involo, anco un capretto.
Diman, cor mio, ne la medesim’ora
torna al boschetto istesso; ivi m’attendi,
ch’a quel luogo, in quel tempo, i’ verrò ancora.
Taciturna pian pian per l’orto scendi,
che non t’oda o ti veggia altri uscir fuora,
e lá m’aspetta, o lá t’aspetto: intendi?