Timeo/Capitolo XXXVIII

Capitolo XXXVIII

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Platone - Timeo (ovvero Della natura) (IV secolo a.C.)
Traduzione dal greco di Francesco Acri (XIX secolo)
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E la respirazione dalla quale pigliò le mosse il ragionamento si generò altresí in questo modo e per queste cagioni, come detto è innanzi. E però che il fuoco minuzza i cibi, e poi levandosi su di dentro e accompagnando il respiro, in quello che si leva, dall’alvo attinge i cibi minuzzati e ne riempie le vene; però scorron per tutto il corpo, in ogni animale, i ruscelli del nutrimento. Il quale minuzzato di fresco, e veniente da cognati corpi, cioè parte da frutti, parte da erbe, le quali cose piantò per noi Iddio perché ci fossero nutrimento, a cagion della mischianza ha ogni ragion di colori: ma il rosso vi si sparge piú copiosamente, il quale è fatto da fuoco che incide e nell’umore sé impronta. Onde il colore del ruscello scorrente per il corpo tale è a vedere, qual si è descritto; e quello chiamiamo sangue, pastura delle carni e di tutto il corpo, dal quale le singolari parti irrigate, sí riempiono il vacuo fatto da ciò che ne va via. Il modo del riempimento e votamento è come il moto di ogni cosa nell’universo: cioè, egli è un trarsi che fa il simile al simile. Da vero, le cose di fuori ci sciolgono perseverantemente, e distribuiscono le parti sciolte, avviando ciascuna di quelle alla specie sua.

Ma le sostanze sanguigne dipartite minutamente entro noi, e comprese cosí da ogni organato animale come da cielo, sono necessitate d’imitare il moto dell’universo; e traendosi ciascuna di loro al cognato suo, sí riempiono novamente dove si fe’ vuoto. E se è piú di quel che scorre entro quel che ne va fuori, tutto scema; se meno, prospera e aumenta. E però se è fatto novellamente l’animale, e freschi in loro radice sono ancora i triangoli suoi formativi, ministrati da’ quattro generi di corpi, la loro commessura è forte: nientedimeno tenero è tutto il corpo suo, perocché è di midolla pure ora nata e nutricata di latte. Onde, allorché in essa midolla sono accolti i triangoli venuti da fuori, de’ quali si fanno i cibi e le bevande, essendo essi piú vecchi e deboli de’ triangoli della midolla, questa, incidendoli co’ suoi triangoli novelli, sí li vince, e l’animale, essendo nutricato di molti simili, cresce. Poi quando la radice dei triangoli della midolla dalle molte battaglie combattute in molto tempo, contro a molti, si rilassa, sí ch’essi non possano piú incidere a lor simiglianza, anzi per contrario son di leggieri sciolti da questi triangoli che invadono di fuori; allora vinto è tutto l’animale e si disfoglia: ecco la vecchiezza. Da ultimo, quando non piú tengono gli armoniosi legami dei triangoli della midolla, allentati per lo travaglio, allora allentano a loro volta i vincoli dell’anima: la quale, secondo il suo desio naturale sciolta, con suo diletto vola via: perciocché quello è doloroso, ch’è contro a natura; quello poi ch’è secondo natura, è dolce. E cosí anco dolorosa, violenta morte è quella ch’è per morbo o ferite; meno penosa poi di tutte è quella che giunge naturalmente per vecchiezza, e piú presto arreca ella piacere, che doglia.