Temistocle/Argomento
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ARGOMENTO
Fu l’ateniese Temistocle uno de’ piú illustri capitani della Grecia. Conservò egli piú volte alla patria, col suo valore e co’ suoi consigli, e l’onore e la libertá; ma dopo la celebre battaglia di Salamina, nella quale con forze tanto ineguali fugò e distrusse l’innumerabile armata di Serse, pervenne a cosí alto grado di merito, che gl’ingrati cittadini d’Atene, o temendolo troppo potente, o invidiandolo troppo glorioso, lo discacciarono da quelle mura medesime, che aveva egli poc’anzi liberate e difese. E, considerando poscia quanto i risentimenti di tal uomo potessero riuscir loro funesti, cominciarono ad insidiarlo per tutto, desiderosi d’estinguerlo. Non si franse, in avversitá cosí grandi, la costanza del valoroso Temistocle. Esule, perseguitato e mendico, non disperò difensore, e ardí cercarlo nel piú grande fra’ suoi nemici. Andò sconosciuto in Persia, presentossi all’irritato Serse, e, palesatosi a lui, lo richiese coraggiosamente d’asilo. Sorpreso il nemico re dall’intrepidezza, dalla presenza e dal nome di tanto eroe, legato dalla fiducia di quello nella sua generositá, e trasportato dal contento di tale acquisto, invece d’opprimerlo, siccome aveva proposto, l’abbracciò, lo raccolse, gli promise difesa e caricollo di ricchezze e d’onori. Non bastò tutta la moderazione di Temistocle nella felicitá per sottrarlo alle nuove insidie della fortuna. Odiava Serse implacabilmente il nome greco, ed immaginavasi che non men di lui odiar lo dovesse Temistocle dopo l’offesa dell’ingiustissimo esilio; onde gl’impose che, fatto condottiere di tutte le forze de’ regni suoi, eseguisse contro la Grecia le comuni vendette. Inorridí l’onorato cittadino, e procurò di scusarsi. Ma Serse, che dopo tanti benefici non attendeva un rifiuto da lui, ferito dall’inaspettata repulsa, volle costringerlo ad ubbidire. Ridotto Temistocle alla dura necessitá o di essere ingrato al suo generoso benefattore o ribelle alla patria, determinò d’avvelenarsi per evitare l’uno e l’altro. Ma, sul punto d’eseguire il funesto disegno, il magnanimo Serse, innamorato dell’eroica sua fedeltá e acceso d’una nobile emulazione di virtú, non gl’impedí solo d’uccidersi, ma giurò inaspettatamente quella pace alla Grecia, che tanto fino a quel giorno era stata da lei desiderata invano e richiesta (Cornelio Nepote).