Tanto speranza vinsemi
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LXI
Invano si sdegna con la sua Diva.
Tanto speranza vinsemi
Nel mezzo del martír,
Ch’ella a creder sospinsemi,
Che un dì potrei gioir:
5Filli mostrava accendersi
In amoroso ardor,
E meno a schifo prendersi
Le fiamme del mio cor.
La fronte serenavasi
10Cosparsa di pietà,
E lo sguardo placavasi
Tra’ raggi di beltà,
La bella bocca aprivasi
Col riso di rubin,
15Indi cortese udivasi
Il favellar divin.
Non paventò di porgermi
L’avorio della man,
E si degnò di scorgermi
20Ove altrui piè non van:
Ah crudo aspe di Venere!
Chi porrà fede in te?
Fu come al vento cenere
Al fin tanta mercè.
25Sbiecarsi i raggi imparino
Del tuo sguardo seren,
Perfida Filli, e s’arino
Le nevi del tuo sen:
Ria febbre immedicabile
30Ti strugga in fuoco e in gel,
Per via, che miserabile
Tu ti nasconda al ciel.
Misero piango, e dolgomi,
Che altro omai far non so;
35Lasso! ma non disciolgomi
Da chi m’incatenò:
Oimè, che non s’ascoltano
Parole d’amator,
E li sdegni si voltano
40Pur in fiamma d’amor!