Sull'incivilimento primitivo/Parte II

Parte II

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II.


L’uomo, cotesta emanazione di Dio, da principio dovette essere necessariamente nomade; per procacciarsi la sussistenza dovette vagare come quelle barbare tribù, che nei deserti asiatici o nelle vergini foreste americane sono costrette a percorrere immense distanze per procurarsi novello vitto. Propagandosi così la specie umana, ogni parte della [p. 12 modifica]terraferma dovette essere percorsa dall’uomo, che fermavasi a stabile dimora allorchè fortuna lo faceva imbattere in propizie contrade, così restava tuttavia vagabondo negli aridi deserti e sui gelati dirupi delle montagne. Ove erano campi ubertosi nacquero le prime agglomerazioni, si coltivò la terra; cogliendo da questa un maggior frutto si aumentarono le popolazioni, vi si formarono i villaggi; allora si ebbe la necessità della divisione del lavoro, sursero le arti ed infine si costituiva la società, la quale tanto più si inciviliva quanto più l’individuo ritrovavasi in un clima che gli desse migliori condizioni di prosperità.

Per tale causa nei paesi temperati la razza umana si accrebbe in modo straordinario; non bastarono più i campi coltivati a sostenere le immense masse di gente che prolificavano, e però vennero le emigrazioni spontanee e quelle forzate; spontanee ove erano frutto dell’accrescimento delle popolazioni soltanto, forzate ove nascevano da guerre intestine; imperocchè dalla prosperità vennero le ricchezze, dalle ricchezze i vizi, dai vizi la corruzione, dalla corruzione la guerra. Vediamo tutti i primitivi imperii crollare per invasioni esterne, ed erano emigrazioni di popoli lontani, che avevano dovuto abbandonare il proprio suolo, perchè non vi si sostentavano più, e si gettavano come famelici lupi sui primi paesi ricchi che incontravano per via.

L’uomo adunque dalla sua prima culla asiatica dovette per certo superare le ampie steppe della Meotide e le infuocate arene dell’Africa, dopo aver occupato fino all’ultimo oriente, dalle Indie al Giappone, per spingersi da un lato: dall’Arabia all’Egitto; [p. 13 modifica]e dai gelidi campi della Scizia fino all’Orsa; e dall’altro varcando i Balcani per la Grecia e le spiagge adriatiche giungeva a coronare le Alpi, gli alti Appennini ed i Pirenei. I terreni terziarii erano allora in formazioni ancora, e l’uomo, almeno in Europa, poteva dirsi in istato quasi selvaggio; menava vita nomade; la pastorizia e la caccia erano la sua sussistenza; la tradizione, la scienza ed i monumenti pienamente sostengono tale tesi; in fatti si sono trovati dal Nord al centro d’Europa informi ruine, antichissime armi, rozze stoviglie, quali attestano essere quella civiltà primitiva stata eguale per ogni dove; esiste una bella collezione di simili oggetti a Stoccolma, tutti scoperti nella Scandinavia, mentre per una curiosa combinazione se ne svelarono sulle Alpi numerosi esempi; in alcuni dei laghi formati fra quelle montagne, furono trovati in sul limo sommersi villaggi, i quali sono costruiti sopra palizzate di legno, di cui non si ha alcuna tradizione; ma gli utensili, i vasi e le suppellettili ivi scoperte ne provano abbondevolmente la più remota antichità, e la maggior similitudine a quei che trovaronsi nella Scandinavia. Sono forse questi utensili, armi e suppellettili, oggetti prodotti dalla barbarie dei tempi istorici? Hanno forse impronta di una recente civiltà? No certo; imperocchè alcuni di essi furon trovati nei terreni di formazione fra la torbia e la lignite; sono dunque appartenenti ad una civiltà che fu di un’epoca anteriore alle ultime convulsioni terrestri: epoca di mistero, di favole, di prodigio; ma epoca certo che dovette esistere, perchè l’uomo era già sulla terra.