Solone

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Polieno - Stratagemmi (II secolo)
Traduzione dal greco di Lelio Carani (1821)
Solone
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Solone


Gran tempo gli Ateniesi, e i Megaresi fecero guerra fra loro per cagion della città di Salamina. Laonde gli Ateniesi andatine col peggiore, ordinarono corta legge, che chi persuadesse loro a dover muover l’arme per combattere Salamina, fosse condannato alla morte. Solone, il quale non aveva punto paura della morte, levò questa legge in tal modo. Egli s’infinse d’essere impazzato, e montato in aringo, cantò certi versi elegiaci i quali contenevano le battaglie di Marte. Con

[p. 19 modifica]questi egli destò gli Ateniesi alla battaglia; i quali quasi che imperversati e per le Muse, e per Marte, levarono le ancore, e subito uscirono di porto cantando, ed insieme gridando superarono colla forza, e colla gagliardezza i Megaresi: e perciò Salamina da capo venne sotto all’imperio degli Ateniesi. Il perchè Solone era tenuto in grandissima venerazione, siccome quegli che non pure aveva cancellata la legge, fingendo d’essere furioso, ma eziandio aveva vinta la battaglia con la musica. Essendo similmente guerra fra gli Ateniesi, e Megaresi per conto di Salamina, Selene navigò in Coliade, là dove le donne facevano allora la festa di Cerere. Quindi Selene mandò certo rifuggito a’ Megaresi, il quale dicesse loro. Se voi navigherete in Coliade senza dubbio alcuno prenderete le mogli degli Ateniesi, le quali quivi danzano, purchè non siate pigri a ciò fare. I Megaresi ciò udendo, se lo credettero, e perciò quivi dirizzarono le prode delle navi. In questo mentre Selene impose alle donne, che quindi n’andassero; e, raccolta gran moltitudine di giovanetti sbarbati, e vestiti di abiti donneschi, ed inghirlandati comandò loro che, messesi sotto i panni le spade, saltassero, e danzassero lungo la riva del mare. I Megaresi giunti quivi, ed ingannati dal volto de’ giovanetti, che non avevano pelo in barba, e dalle vesti femminili, uscirono fuor delle navi, e s’ingegnavano di prenderli come se fossero state veramente donne. I quali subitamente dimostrando colle imbrandite spade, come essi erano maschi e non femmine, ammazzarono i nemici, e montarono sulle navi, e perciò s’impadronirono di Salamina.


    questa solennità, ci fanno osservare che siccome da Ομόκειτον derivò la voce ἄκοιτον, e da Ομόλεκζρον, ἀλοκον, così pure da Όμοπατριόν trasse origine la parola ἁπατύριον e che sia il vero: oggetto di essa solennità era quello di comprovare la discendenza da genitori ateniesi dei giovinetti presentati al tempio. Όμοπατόρες Il perché giunti questi alla età di quindici anni nella ricorrenza delle feste apaturie venivano condotti al tempio, e postili al cospetto de’ sacerdoti, Io vi presento, loro dicevasi, un figlio maschio o femmina cittadino ateniese. Quelli venerabili ministri aveano pieno diritto di caaminarli per togliere ogni inganno relativo al loro sesso. Erano quindi pesati e misurati. Tale incumbenza spettava ad un pubblico uffiziale detto Meiagogue, poiché doveva egli sempre trovate nel giovinetto peso e misura inferiori di quanto portava il regolamento, il che esprimeva pronunciando replicatamente la voce Meion quasi dicesse minore. Il terzo giorno delle solennità apaturie si distingueva col nome di Cureotis, ch’è quanto dire, giorno destinata alla prova della gioventù. I padri e le madri presentando i loro figli a giudici a tal uopo prescelti, dicevano, Ecco al vostro cospetto un vero cittadino di Atene dell’età di anni quindici, nato da cittadina ateniese. I giudici verificavano l’esposta età, ed assicuravansi in differenti modi del sesso dei candidati. A nuova presentazione erano questi esposti giunti all’anno decimottavo, ed erano in allora annoverati fra gli Efebi.