Storie fiorentine dal 1378 al 1509/XXVI

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LA POLITICA MALDESTRA DI PIERO SODERINI
LE MILIZIE CITTADINE. BERNARDO RUCELLAI (1505)


1505. L’anno 1505, fu in Firenze nel principio carestia grande, che el grano valse lo staio uno ducato, in modo si dubitò assai che e’ poveri e ’l popolo non facessino tumulto; pure si manteneva la brigata, per essersi condotta buona quantità di grano a Livorno, che prevedendo la futura carestia si era fatto venire di Francia e di Pollonia. Ma accadde che le gente nostre, faccendo una scorreria, furono per loro disordine rotte al Ponte a Capelletto da’ pisani molto inferiori di numero; per la quale cosa e’ nimici, rimasti superiori alla campagna, impedivano la venuta del grano da Livorno; pure finalmente si prese tale ordine; che venendo qualche parte del grano ed apressandosi la ricolta, la carestia si sopportò.

In detto tempo el re di Francia cominciato a migliorare, guarí fuora di speranza con tanta velocità, che in pochi dí fu fuora di pericolo; da altra parte, come sono vani e fallaci e’ disegni degli uomini, monsignore Ascanio, essendo sanissimo, morí a Roma in dua o tre giorni, e dissesi di peste; e cosí el subito guarire del re e la improvisa morte di Ascanio ruppe un disegno ed ordito grande che si era fatto. Nondimeno Bartolomeo d’Albiano, non avendo faccende e trovandosi in sull’arme, continuava el mettersi in ordine, deliberato per ordine di Pandolfo e Giampaolo seguire la impresa contro a’ fiorentini; e però trattandosi de’ provvedimenti che s’avevono a fare, si condusse per capitano el marchese di Mantova, el quale venne a Firenze con animo di accettare, e nondimeno, quello che se ne fussi la cagione, non ebbe effetto. Aggiunsesi che Giampaolo, ritornatosi a Perugia si alienò da’ soldi nostri; per la quale cosa la città, sendo sanza arme, condusse Marcantonio e Muzio Colonna, per opera del gonfaloniere el quale si confidava di loro perché erano inimici degli Orsini e perché cosí voleva el cardinale suo fratello, per avere in Roma l’appoggio loro e potere stare a petto al cardinale de’ Medici parente e favorito degli Orsini.

Erane stato tutto el verno grandissimo disparere, pignendola el gonfaloniere per satisfare al cardinale, che si diceva averlo loro promesso e cominciato di già a dare e’ danari, ed opponendosi e’ dieci de’ quali erano capi Alamanno Salviati e Lanfredino Lanfredini; e però fu poi opinione che el gonfaloniere guastassi la condotta del marchese, acciò che la città fussi necessitata a condurre loro. E perché e’ si dubitava che Consalvo non fussi fautore della impresa di Bartolomeo, vi mandorono e’ dieci mandatario Ruberto di Donato Acciaiuoli, avendone però fatto conclusione con grandissima difficultà; perché el gonfaloniere vi si opponeva, e per avervi uno uomo suo intrinseco, vi voleva mandare Niccolò Machiavelli, cancelliere de’ dieci, in chi si confidava assai. Mandossi ancora degli ottanta mandatario a Milano a monsignore di Ciamonte, Niccolò di Girolamo Morelli e si ritrasse da Napoli che Consalvo non era per volere aiutare Bartolomeo, ma che noi non molestassimo e’ pisani, che erano in protezione del re suo. Tennesi ancora pratica con Giampaolo di ricondurlo, la quale non ebbe effetto, ma si tolse uno suo piccolo figliuolo con venti uomini d’arme a che lui acconsentí, parendogli che doppo la morte di Ascanio e’ disegni contra noi fussino deboli, e la città lo fece volentieri, acciò che per questo rispetto Giampaolo si astenessi dal venirci contro.

Bartolomeo intanto, messo in ordine, ne venne per la via di Siena al principio di agosto, e non volendo seguitarlo Giampaolo, allegando la scusa di essere el figliuolo a’ soldi nostro, prese la volta di Pisa per la via di Maremma di Siena e poi di Volterra, e perché lo entrare suo in Pisa sarebbe stato danno grandissimo alle cose nostre, di chi era governatore messer Ercole Bentivogli e commessario Antonio Giacomini, si aviorono a quella volta; e finalmente sendo acchetate in luogo propinquo, e sendo pari d’uomini d’arme, benché e’ nostri avanzassino di fanterie, si venne a giornata a dí... di agosto, dove doppo una lunga zuffa, gli inimici furono rotti e presine assai, e Bartolomeo d’Albiano ebbe la caccia; pure fuggendo scampò. Furono presi tutti e’ carriaggi e bandiere sue, le quali si apiccorono nella sala del consiglio, sendo el gonfaloniere molto invanito di questa vittoria ed attribuendola a gloria sua.

Avuta questa vittoria, messer Ercole ed Antonio Giacomini che erano allora in somma riputazione, scrivendone molto in publico ed in privato al gonfaloniere che si andassi a campo a Pisa, accennando avervi intelligenzia e promettendone una vittoria certa, el gonfaloniere vi era su molto caldo e procedevavi non come chi ha speranza o fede in una cosa, ma come chi ha certezza. E’ cittadini savi e di autorità erano d’una altra opinione: presupponevano che, conoscendo quanta fussi la ostinazione de’ pisani e quante volte avevano con arte tenute pratiche di accordi, s’aveva a fare fondamento in sulla forza sola, e tutte le altre essere cose vane e però essere da pensare come colla forza fussimo sufficienti, in che s’aveva a considerare quanto e’ pisani erano uomini valenti ed esercitati e quanto la terra loro fussi piena ed abondante di artiglierie e cose necessarie a difendersi. E però bisognare tre cose alla vittoria di Pisa: una, uno valente capo, e questo non essere messer Ercole, tenuto uomo prudente e di grande giudicio a disegnare, ma di poco animo e male atto a mettere a esecuzione, e se bene aveva rotto Bartolomeo d’Albiano, che la sorte di uno dí non doveva avere tanta efficacia che scancellassi la opinione s’aveva di lui fondata in su e’ sua processi di molti anni; la seconda uno esercito grosso, massime di buone e pratiche fanterie la quale cosa non era possibile, e per la difficultà che avevamo da fare danari e perché rispetto alla scarsità del tempo bisognava con prestezza esservi a campo; la terza, potervi stare a campo tanti dí che, se non el primo impeto, almeno la lunghezza gli domassi, e questo non si potere fare, sí per la stagione del tempo, che si guasterebbe ragionevolmente presto poi che el campo vi fussi giunto, quale non vi poteva essere prima che a’ sei o otto dí di settembre, sí perché vi verrebbe aiuti da Consalvo co’ quali poi si difenderebbono francamente. Essere meglio, in sulla riputazione della vittoria fresca, volgere le gente in quello di Siena, dove era entrata tanta paura e viltà, che scorsa e predata sanza riparo quella Maremma e presa Massa o qualche altra terra grossa in pegno di Montepulciano, facilmente si muterebbe lo stato di Siena; e di poi, voltisi in quello di Lucca, fare e’ medesimi effetti e condurgli a qualche accordo, e cosí levati a’ pisani questi sussidi che gli mantenevano vivi, posarsi per quello anno, piú tosto che temerariamente andandovi a campo, perdere una tanta occasione di vendicarsi ed acconciare le cose di Siena e Lucca, gittare via una somma grande di danari, provocarsi inimico Consalvo e perdere tutta quella gloria ed onore che si era acquistato nella rotta di Bartolomeo.

Questi erano e’ discorsi de’ cittadini prudenti, e cosí, ragunati in una pratica de’ dieci circa quaranta de’ principali, quasi tutti d’accordo consultavano. Ma el gonfaloniere che aveva disposto altrimenti, sapendo quello che e’ cittadini di autorità consulterebbono, avendo affermata la vittoria di Pisa, aveva subito fatto chiamare gli ottanta, e loro avevano vinto vi si andassi a campo; e cosí fattolo intendere agli uomini della pratica, loro, veduto el suo consultare essere vano, ed essere dileggiati dal gonfaloniere, se ne andorono a casa. L’altro dí poi, fatto chiamare el consiglio, propose se s’aveva andare a campo a Pisa, e si vinse, non vi sendo, in uno numero di piú che mille uomini altro che centosei fave bianche. Fatte adunche la deliberazione, si attese ad eseguire ed ordinare che a dí... di settembre fussino a campo.

Intanto Consalvo, udito questo apparato, fatto chiamare Ruberto Acciaiuoli, si era molto doluto, dicendo questo essere contro alla fede datagli di non andare a campo a Pisa, e minacciando che vi manderebbe aiuto; a che replicandosi per Ruberto non avere notizia di questa promessa, lui chiamò in testimonio Prospero Colonna, el quale disse, el cardinale Soderino avergliene promesso per parte del gonfaloniere. Rispose Ruberto giustificando la città, che non era obligata per le promesse del gonfaloniere; ma non giovando nulla, Consalvi gli disse che voleva che ritornassi a Firenze e facessi imbasciada che tra otto dí sarebbono in Pisa le genti sue. Ritornato Ruberto, e riferendo al gonfaloniere, lui sorridendo rispose: «Ruberto, fra otto dí aréno noi acconcio e’ casi nostri»; tanto era ostinato nella opinione sua. Intanto ordinandosi el campo messer Ercole Bentivogli chiese el titolo di capitano, el quale ottenne non per voluntà della città, ma perché non si partissi.

Venne adunche el campo a Pisa a dí sei di settembre, e nello alloggiare fu morto el cavallo sotto a messer Ercole; ed a’ dí otto la signoria fece venire in Firenze la tavola di Santa Maria Impruneta. Ma come la impresa fu presta e temeraria, cosí fu debole e vituperoso el successo, perché non si scoprendo in Pisa intelligenzia alcuna, el capitano e commessario sbigottirono assai, ché aveano in su questo disegno fondata la maggiore parte della speranza loro; e di poi avendo gittate colle artiglierie in terra parecchi braccia di muro, e volendo dare la bataglia, fu ne’ nostri fanti tanta viltà e si poco ordine, che bruttamente ributtati non feciono effetto alcuno; e di poi, giugnendo in Pisa alcuni fanti spagnuoli mandati da Consalvi, fu necessario levarsi da campo, perduta ogni speranza, con gran carico del capitano, del commessario e del gonfaloniere. Cosí seguí secondo el parere de’ savi, co’ quali s’aveva a procedere non colla multitudine la quale non sa e non considera la circumstanzie delle cose e volenterosa si muove a ogni speranza, benché el gonfaloniere non si movessi per consiglio della multitudine, ma sendo disposto in ogni modo fare la impresa, pigliassi quel sesto e per sbigottire chi la sconfortava e per essere scusato in ogni evento, cosa troppo brutta e perniziosa a guidare e consigliare cosí le cose publiche di tanta importanza.

Levato el campo da Pisa, successe non molto poi la morte di Isabella regina di Spagna, cosa di momento grande, perché, non avendo lei figliuoli maschi, una parte di quegli regni che erano sua, per eredità avevano a venire in mano della figliuola moglie di Filippo duca di Borgogna, e cosí la potenzia del re Ferrando, si veniva a dividere; e benché lui cercassi rimanerne in vita governatore, nondimeno quegli populi chiamarono el duca Filippo, el quale subito insieme colla donna ne andò in Spagna.

In questo tempo el gonfaloniere disegnando, come di sotto si dirà fare una ordinanza di fanterie in sul nostro, e volendo farne capo don Michelotto spagnuolo che era stato a’ servigi del Valentino, uomo crudelissimo, terribile e molto temuto, deliberò, per facilitarsi la via condurlo per bargello del contado; e perché dubitava che se si metteva in pratica de’ dieci, e’ cittadini non la acconsentissino, fece prima destramente tentare dal Machiavello, cancelliere, lo animo di messer Francesco Gualterotti, Giovan Batista Ridolfi, Piero Guicciardini e di alcuno de’ primi, e veduto la contradicevano non ne fatta consulta alcuna, messe la condotta a partito negli ottanta, e trovatigli sori, la vinse al secondo e terzo partito. Ebbonne e’ cittadini di qualità grande alterazione, dubitando che questa voglia di avere don Michele non fussi fondata in su qualche cattivo disegno e che questo instrumento non avessi a servire o per desiderio di occupare la tirannide o, quando fussi in qualche angustia, per levarsi dinanzi e’ cittadini inimici sua; e benché molto se ne sparlassi, nondimeno, sendo vinta la condotta negli ottanta, fu necessario avessi effetto.

Ne’ medesimi tempi si cominciò a dare principio alla ordinanza de’ battaglioni, la quale cosa era state anticamente nel contado nostro, che si facevano le guerre non con soldati mercennari e forestieri, ma con cittadini e sudditi nostri; di poi era stata intermessa da circa dugento anni in qua, nondimeno si era, innanzi al 94, qualche volta pensato di rinnovarla; e doppo el 94, in queste nostre avversità molti avevano qualche volta detto che e’ sarebbe bene tornare allo antico costume, pure non si era mai messo in consulta, né datovi ne designatovi principio alcuno. Volsevi di poi l’animo el Machiavello e persuasolo al gonfaloniere, veduto che gli era capace, cominciò a distinguergli particularmente e’ modi; ma perché gli era necessario per riputazione e conservazione di una tanta cosa, che se ne facessi provisione in consiglio, e considerando che per essere cosa nuova ed insolita, el popolo non vi concederebbe se non avessi prima visto qualche saggio, o vero se e’ cittadini primi non la consentissino, e dubitando, come era vero, che la pratica non vi concorrerebbe cominciò el gonfaloniere, sanza fare consulta, colla autorità della signoria a fare scrivere pel contado, come in Romagna, in Casentino, in Mugello e ne’ luoghi piú armigeri, quegli che parevano atti a questo esercizio, e messigli sotto capi, cominciò el dí delle feste a fare esercitare e ridursi in ordinanza al modo svizzero, nella città non si fece nulla, perché era cosa sí nuova ed insolita che bisognava condurla a poco a poco.

Furonne ne’ primi cittadini di vari pareri: tutti acconsentivano lo ordine essere in sé buono, ma avere bisogno di due cose: l’una, che si dessi qualche premio a questi scritti, acciò che piú volentieri si esercitassino e piú fidelmente servissino; l’altra, che e’ si osservassi fra loro una severa giustizia perché altrimenti essendo in su le arme, si avezzerebbono a fare superchierie, e sarebbe pericolo che un dí non si voltassino contro alla città o cittadini. E perché chi credeva che queste cose si farebbono, chi no, però nascevano e’ dispareri: alcuni dubitavano che el gonfaloniere non gli adoperassi un dí a occupare la libertà o a spacciare e’ cittadini inimici sua, e però terribilmente la dannavano, el popolo non si sapeva risolvere, e però per pigliarlo cominciorono a farne mostre in piazza de’ Signori di seicento o ottocento per volta, ed esercitargli alla svizzera, in modo che colla moltitudine entrorono in riputazione.

In questo tempo Bernardo Ruccellai, inimico capitale del gonfaloniere, e che doppo la creazione sue non si era mai voluto trovare a pratiche né intervenire in cosa alcuna publica, si partí occultamente della città ed andossene a Vignone, non avendo conferito forse con alcuno questo suo proposito e le cagione che lo movevano, fecesene vari giudici: alcuni stimorono che e’ fussi partito perché veduto ordinare e’ battaglioni e condurre don Michele, avessi paura che el gonfaloniere non volessi con modo estraordinario e tirannico manomettere gli inimici sua, la quale cosa facendosi, stimava avere a essere el primo o de’ primi percossi, e lui ebbe caro si credessi fussi stata questa cause; alcuni crederono che Bernardo, male contento del gonfaloniere, avessi tenuto qualche pratica con Medici con Pandolfo Petrucci circa a mutare lo stato, e massime che Giovanni suo figliuolo, di cervello e modi simile al padre, era piú volte andato a Roma occultamente per le poste e però insospettito non essere messo in una quarantía, giudicio terribile, come di sotto si dirà, essersi partito. Ed a questa opinione, che era forse ne’ piú savi, faceva fede l’averne piú mesi innanzi mandato Giovanni a Vinegia e di poi menatolo seco a Vignone. Molto lo attribuirono che Bernardo, eziandio che fussi sanza sospetto, soportassi tanto male volentieri el gonfaloniere e modi sua, che per non avere questo dispetto in su gli occhi e discostarsi da questa passione, eleggersi el partirsi; a questo giudicio faceva fede la natura e modi sua, de’ quali, perché fu uomo eccellente e qualche volta in riputazione grande, non sarà fuora di proposito dirne qualche cosa.

Fu Bernardo Rucellai uomo di grande ingegno, di ottime lettere e molto eloquente, ma secondo el parere de’ savi, di non molto giudicio, e nondimeno per la lingua per gli ornati ed acuti discorsi che faceva, per molte destrezze di ingegno, era universalmente riputato savissimo. Ma fu di una natura che, o perché gli aspirassi di essere lui capo e guide della città, o perché e’ fussi amatore della libertà e desiderassi uno stato libero e governato da uomini da bene (ma con molte cose si apuntò, che era impossibile fermarlo altrimenti che di cera), non potette mai stare contento e quieto a alcuno governo che avessi la città. Era a tempo di Lorenzo cognato suo, e con grande autorità e credito, nondimeno impaziente cominciò a mordere le azioni sue, non però publicamente, ma con qualcuno e tanto che ritornava agli orecchi di Lorenzo, al quale dispiaceva assai, nondimeno perché l’aveva molto amato ed eragli cognato, lo comportava. Morto Lorenzo rimase, nel principio, grandissimo con Piero, ed in forma che pel parentado e per la età poteva sperare d’avergli a essere quasi padre; ma cominciato a intraversare seco, gli diventò in modo inimico, che, per mezzo di Cosimo suo figliuolo, tenne pratiche co’ figliuoli di Pierfrancesco e col duca di Milano; di che sostenuti e’ figliuoli di Pierfrancesco, Cosimo ebbe bando di rubello e Bernardo rimase in Firenze con pericolo e sospetto grande.

Cacciato Piero e fondato el consiglio grande, a lui dispiaceva sommamente, e però si oppose alle cose del frate e prese uno modo di vivere di non volere onori e starsi a specchio e pure attendere a ciò che si faceva, quanto altro cittadino di Firenze, che acquistò nome di essere ambizioso e male contento, in modo che venne in sommo odio al popolo. Arso el frate, dove si operò assai in beneficio de’ cittadini amici del frate, fu fatto gonfaloniere di giustizia, e rifiutollo; di che perdé molto, giudicando assai che in lui fussi una ambizione infinita, la quale non si saziassi degli onori consueti ed ordinari, ma desiderassi una potenzia ed autorità estraordinaria, e nondimeno era riputato tanto savio, che era di gran momento ed aveva fede grande nelle pratiche. Ma poi creato el gonfaloniere, del quale era prima privatamente inimico, lui, seguitando lo stile suo, non volle andare a visitarlo, non mai intervenire a pratiche, e vivendo malissimo contento benché in dimostrazione si fussi ristretto con molti litterati ed attendessi alle lettere ed al comporre, è opinione di qualcuno tenessi qualche pratica de’ Medici, tanto che ultimamente, o per paura o per sdegno, si partí da sé e non cacciato dalla città; cosa miserabile a pensarlo, che lui vecchio e che aveva in ogni stato avuto tanto credito, si partissi poi in quella forma; e nondimeno non parve se ne risentissi né curassi persona di qualità alcuna, tanto era cominciata a dispiacere la natura ed inquietudine sua.