Storia di Reggio di Calabria (Spanò Bolani)/Cronachetta
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CRONACHETTA
DI NOTIZIE VARIE RELATIVE ALLA STORIA DI REGGIO
Perchè resti appieno soddisfatta la curiosità di molti de’ miei concittadini, a cui non riescono sgradite talune minute notizie, che io non credetti necessario inserire nel testo della mia storia, ho preso consiglio di disporle qui in ordine cronologico, affinchè possano essere conosciute agevolmente da chicchessia.
1453. Antonio Cardona. Dice il Can.
che ne’ Quaternioni della Regia Camera Q. 00. fol. 92 in Napoli si legge: In anno 1453 Antonio de Cardona y Peralta s’intitolava Conte di Reggio, nel qual tempo esso Antonio era minore et pupillo. Et perciò Re Alfonso li destinò per suo Balio et tutore Fra Giovanni de Peralta (Precettore della Commenda di S. Giovanni Hierosolimitano) il quale era suo zio. Nello stesso Q. 00, fol. 58 sotto il detto anno, sta scritto: «Antonio Peralta, alias de Cardona, Conte di Reggio vende a Gondisalvo de Navi pro se et suis la terra di Mottarussa seu di Bello loco, cura turris seu fortellitio, vaxallis, mero, primis causis.»1465. I Greci che fuggendo da Costantinopoli vennero nel nostro Regno, suscitarono fra noi l’ardore delle greche lettere. Ferdinando I l’anno 1465 invitò a Napoli Costantino Lascari, che leggeva in Milano, e gli assegnò venticinque once d’oro di sessanta carlini l’una. Nell’anno 1490 il Lascari aprì una scuola in Messina, che divenne famosa; e dalla quale uscirono uomini valenti nella greca letteratura. E tanti studiosi vi accorsero a frequentarla dalla vicina Calabria, dal Regno e dalla rimanente Italia, che Messina allora acquistò nome di Atene della Sicilia.
1480. L’Abate Tegani notò nelle sue Memorie manoscritte: «Anno ab incarnato Verbo 1480 fuit pestis epidemiae in civitate Rhegina, quae dicitur prima pestis apud nos. Ma, come noi vedemmo nel libro 5.°, la prima peste in Reggio fu nel 1431.
1500. Vincenzo Villadicane messinese fu, a detta del Samperi, barone di Motta S. Giovanni nel secolo decimosesto, ed uomo assai celebre per prudenza, liberalità, e pietà in Dio. Ebbe insigne amore e carità per i suoi vassalli, i quali favorì e tutelò come fossero suoi proprii figli. E poichè il castello della Motta era esposto alle turchesche incursioni, «cum a sinu, quem vocant Sancti Ioannis, quo hostium classes solent appellare et in anchoris esse, non minus quam duo passuum millia distet, unde excurrere in Calabriae oppida et domus, atque agros ferro ac incendio vastare solent, ipse muro, propugnaculis, tormentis aeneis, ne detrimenti aliquid pateretur, egregie munivit. Quamobrem ut hanc erga suos vigilantiam indicaret, in januae suarum aedium fastigio, lapideum canem inter duas accensas lanternas fidei et vigilantiae hieroglyphicum posuit cum hac epigrafe: »Vigilat in somnis. Viveva nell’anno 1585.
1538. Da questo anno al 1560 l’uffizio annuale de’ sindaci incominciava al 1° maggio.
1543. Per rifazione ed innalzamento delle mura della città, e rifazione dalla Dogana, guaste da’ Turchi, furono spesi ducati quattromila sulla rendita delle gabelle, per conclusione reggimentaria del 26 agosto.
1548. Confraternita del Sacratissimo Corpo di Cristo. «Die 23 mensis septembris 7. Indict. 1548 in Archiepiscopali Palatio Rhegino cum consensu Illmi ac Rmi Dni Augustini Gonzaga Archiepiscopi Rhegini instituerunt Confraternitatem Salatissimi Corporis Iesu Christi Domini nostri sub vocabulo Misericordiae. Et eodem die dominico hora vespertina pari consensu Confratrum, nemine penitus discrepanti, in Metropolitana Ecclesia fuit electus Mcus Dnus Hannibal de Logoteta solemniter cum officio, et per osculum pacis ordinatus est caput hujus sanctae religionis in Cappella Stae Mariae de Ammelisa prope moenia civitalis, praesentibus quamplurimis Rdis Abbatibus, Canonicis, Doctoribus et Nobilibus; M.co Bernardo Monsolino, Nicolao Ioseph Campulo, et Nicolao de Lo Domino Coss.» (Cantore Tegani).
La bolla fu spedita da Paolo III, «a prid. Kal. decembris 1539 prout concessa fuit in Ecclesia Beatae Mariae super Minervam de urbe. E tal bolla leggesi presso N. Colantonioo Tegani foglio 117 del 1547 a 1548. (Canonico
).Quando la città andò in fiamme e rovina nella invasione turchesca del 1594, anche questa Confraternita rimase distrutta: ma poi nel 1616 fu riaperta e riordinata a cura de’ nobili fratelli Paolo Logoteta, Scipione Prato, Bernardino Malgeri, Ottaviano Parisio, Giuseppe di Capua, Cesare Benassai, Iacopo Laboccetta, Giovanni Trapani, Pietro Melissari, Giovanni Domenico Filocamo, e Giovanni Vincenzo Foti.
1547. Danaro pagato dalla città per la fabbrica del Castelnuovo:
A’ 25 giugno, scudi | 1,680. | aquile 6. | ||
1548 | — | A’ 26 gennajo |
2,000. | |
1551 | — | A’ 18 marzo |
1,462. | |
1556 | — | A’ 15 marzo |
2,580. | |
7,722.6. |
1556. Rendita della gabella del macino, scudi 1001.
1558. Dice nella sua Cronaca l’Ab. Teganio: «Die sexto mensis Augusti 1558 eadem Turcarum classis rediit, et Rhegii mansit diebus quatuor, et uno die insimul bona fide conversati sumus.»
1565. L’Arcivescovo Gaspare dal Fosso tenne in Reggio il primo Concilio provinciale, al quale intervennero tutti i Vescovi suffraganei, (meno quello di Cassano) ed i Vicarii di Bagnara e della SS. Trinità di Mileto.
1569. A’ 15 agosto fu portata in processione la statua di S.a Maria del Popolo, e collocata nella Cattedrale. Poi nel 1579 vi fa eretta una Cappella di S. Maria del Popolo a cura del Cantore Antonio Teganio; nella quale ne’ tempi successivi si facevano le cerimonie consuete del possesso de’ Sindaci e del Governatore.
1570. Dice il Canonico
: Da che la Chiesa di Reggio adottò il rito latino, uffizio secondò il rito gallicano. In quest’anno 1570 a’ 2 decembre Sabato dell’Avvento cominciossi ad ufficiare secondo il rito romano, ed il Cantore Tegani cominciò l’uffizio presente l’Arcivescovo del Fosso. Ecco le parole del Tegani: «A dì 2 di decembre 1570 sabato de lo advento se incomenzò ad offiziare nella Metropolitana Chiesa di Reggio l’offitio novo Romano, et io abb. Thegani ho incomenzato l’offitio primo in Choro, così nelli primi Vesperi del Sabato, come ancora l’offitio del matutino della prima Domenica dello Advento in presenza de mons. Fra Gaspare del Fosso Arcivescovo Rheggino.1572. Convento de’ Padri Domenicani. A’ 25 Marzo i Padri Domenicani ebbero il Convento dentro la città, avendo Mons. del Fosso conceduta loro la Chiesa di S. Gregorio Armeno; e vi passarono dall’Ospizio di Modena, ov’erano prima. La bolla della concessione è transuntata presso N.r Colantonio Spanò addì 1° settembre 1572. ( .)
1572. Prima del 1572 non v’era in Reggio che una sola fontana, ch’è quella stessa che oggi diciamo Fontana vecchia. Ma non essendo questa sufficiente a’ bisogni degli abitanti, si pensò di costruirne un’altra; e con conclusione reggimentaria del 14 agosto del 1571 fu provveduto di farsi col peculio delle gabelle, e furon disposti a tale uopo ducati tremila. All’esecuzione e vigilanza di tale opera furono deputati Nino Logoteta, Bartuccio Melissari, Consalvo Lumbolo, e Giovanni Tommaso dal Fosso. Nel maggio del 1572 fu dato alacre principio a tale opera pubblica, e tanto progredì il lavoro che l’anno appresso si vide scaturir l’acqua da cinque tubi di rame posti in cinque bocche di leoni marmorei. La fabbrica era rimasta incompiuta, e fu poi ripresa nel 1583 spendendovisi altri duemila ducati. Non fu compiuta però prima del 1617, e vi si spesero altri ducati tremila.
1582. Confinazione del territorio di Reggio nel secolo XVI. Ecco i termini dell’Università di Reggio a que’ tempi, giusta le parole di un vecchio Istrumento: »Comincia dalla montagna di Comitù, scende per la fiumara di Santa Marina, dalla parte di Privitera scende per la fiumara e per il vallone di Romanò, va sopra la chiesa di Sant’Oliva, e le acque pendenti sono di Reggio sino alla Rocca bianca; e cala via via ed esce ad Andramonaco, va al vallone di Cannavò, esce alla Carrubbara alla Croce di Polifaga, esce alla chiesa della Sala, e poi a S. Pietro. Sopra, parte dal casale delli Micheletti, passa alla fiumara di Sant’Agata alla Pietra Perciata, alle case di Guardavaglia, sino a’ sentieri di Lucagnana, e tutti li pendenti verso la marina sono di Reggio. Corrisponde alli petti di S. Giorgio, e va ad Aretina, esce al vallone di Bovetto, va sino alla Carrera, e va a Gambari, e sino allo pantano di Murmura, ed esce allo serro di Trunca, ed esce abbasso alla fiumara di Valanidi.»
1586. Confraternita de’ SS. Cosmo e Damiano. I medici e chirurghi edificarono una Chiesa sotto titolo de’ Santi Cosmo e Damiano fuori le mura della città, e propriamente fuori la porta di Crisafi. Fu benedetta dal Cantore Tegani la Croce, e fu processionalmente portata e piantata al luogo destinato. (Nava).
1587. Essendo sindaci Agamennone Spanò, Bartuccio Melissari e Giulio Schimizzi fu fabbricata la casa della città.
In questo anno, stando alla testimonianza del Politi «da uno che camminava da Bova verso Reggio, per istrada nel luogo detto Peripoli, fu visto un pezzo di collina, dalle cadute piogge, rotto ed aperto; dove accostatosi venneli nelle mani un quadretto di pietra circa un palmo e mezzo di piano quadro, ma nera al pari dell’ebano. Nelli quattro angoli di esse eranvi quattro Tritoni intagliati della medesima pietra, i quali con gran forza sosteneano sulle spalle una conca in cui giaceva una donzella ignuda; la conca e la donzella erano di marmo vie più bianco che l’avorio, il quale nulla era dal nero spiccato e diviso, ma tutti d’un sol pezzo, tuttochè di diversi colori meravigliosamente intarsiati, e scolpiti a misura dal nobilissimo artefice; di maniera che il bianco sortì solamente quella conca, ed il rimanente de’ Tritoni e della pietra era all’intuito nero. Era senza dubbio il nascimento di Venere, prodotta nel mare, e d’indi, dentro il seno della marina chiocciola, quasi fina e lucida perla, portata da’ Tritoni in terra. Cotesta ammirabile scoltura capitò allora in mano del Vescovo di Bova, il quale, conforme corse il grido, la mandò a Roma.
1590. In quest’anno era Vicesecreto e Maestro Portulano Blasco d’Alagona.
1592. Camposanto di Reggio. «Die 15 Martii 1592 Dominica Passionis cum processione ivimus in Caemeterium novum prope moenia Castri Civitatis Rhegii, et illud solemniter benedixi Ego Abbas Antonius Theganius Cantor Rheginus de licentia Illmi et Revmi Dni Gasparis a Fosso Arch. Rheg. sub titulo S. Stephani primi Pontificis Rhegini, et per cognomento dicitur vulgari sermone Camposanto». (Tegani)
1592. Il messinese Niccolò Colosso in un poema latino intitolato Rhegiades descrive minutamente il guasto, il sacco, e l’incendio fatto in Reggio da’ Turchi condotti dal Cicala. Lo Spagnolio trascrive nell’opera sua molti brani del detto poema.
1595. Santuario di S. Maria del Popolo nella Cattedrale. Ecco le notizie che se ne hanno nella Visita di Mons. d’Afflitto nel 1595. «Visitavit Sacellum dicatum gloriosissimae Virgini de Populo quod sacellum est sub protectione civitatis Rheginae, et anno 1580 ornaverunt illud, et composuerunt nonnullis ornamentis, et statuis depictis et deauratis circumcirca, prout ad praesens apparent in ipsomet fornice, in cujus summitatetn extant arma seu stigmata Regis Catholici sub pedibus imaginis, sub quibus extat imago S.ti Georgii insignia hujus civitatis. Ibi civitas Rhegina celebrat singulis annis festivitatem Assumptionis gloriosissimae Virginis Mariae.»
1599. Ospedale. Dalla stessa Visita: «Hospitale ordinarium in primo incendio fuit devastatum a Turcis, et propter urgentem necessitatem ad praesens infirmi detinentur in domo conductitia Monasterii Monialium de Victoria prope Metropolitanam, quae oliiu erat Nicolai de Iudice.» I Rettori dell’Ospedale eran due, de’ quali l’uno doveva essere eletto tra i Canonici della Cattedrale, l’altro tra i nobili della città. Il diritto dell’elezione stava nell’Arcivescovo. Gli uffiziali ordinarii dell’Ospedale erano: un Erario o Esattore; un Infermiere; un Medico; un Chirurgo; uno Speziale, ed un barbiere.
1600. Fiera di S. Giovanni Battista a Fiume Torbido. Dalla Visitazione di Mons. d’Afflitto del 1600, io traggo che ne’ tempi anteriori nella contrada di Fiume Torbido, a circa tre miglia dalla città, eravi la chiesa di S. Giovan Battista, dove nella festa solenne di detto Santo concurrebat populus Rheginus magna cum devotione, et nundinae, quae ad praesens fiunt in die S. Marci secus moenia civitatis, fiebant hic.
1601. In questo anno si vede Maestro Portulano di Reggio, e Regio Segreto della Provincia Giovanni Domenico Alagona.
1605. «Circa questo anno (dice il Politi) fuori della porta di S. Filippo, poco più di un tratto di pietra verso l’austro, in sulla strada, fu, nel cavar che si facea, scorto un sentiero selciato di marmi molto grandi, commessi l’un coll’altro con mirabil artificio, il quale tirava verso quel di mezzogiorno, dal quale sonosi cavati degli altri, e perchè rientrava in un giardino particolare, detto di Marazza, per non danneggiarvi gli alberi non andossi più oltre. Nell’istesso giardino fu visto un quadro, di pari quasi a quello, che da quattro lati per quattro ampissime scale fatte di opra latericia si scendea giù nel mezzo, in cui, come nel centro e cuore di nobilissimo anfiteatro, sorgea un marmoreo altare; sul quale posava una statua pur di marmo di giovinil sembiante, e senza piuma in guancia. Era per avventura l’ara dedicata ad Apollo; al cui onore fu parimenti, s’io non erro, la suddetta strada con tal magnificenza e lavoro formata.»
1611. Castellano e capitano di artiglieria Mattia Mazzola.
1611. Il Gigante Vincenzo Bonachepa. Visse pochi anni sono (riferisco le parole del Politi, che scrisse la sua Cronica di Reggio verso il 1615) un uomo meraviglioso detto Vincenzo Bonachepa, che fu di statura ed altezza di Gigante. Onde correano a frotte da lontani paesi per rimirarnelo. Era però alquanto stupido e scemo; non già che dal suo nascimento tal si fusse, ma cagion d’un accidente occorsogli, cioè che salitone sopra un albero, col grave pondo della sua corporea mole s’aperse e divise, al cui crollo venendo egli ancora giù pesto ed infranto, scemoglisi col vigor naturale anche la virtù sensitiva ed animale, e gli offese il celabro. Nacque costui da genitori ignobili e di mediocre statura, ma gigante divenne per meraviglia della madre spettatrice d’un’immagine di S. Cristofaro dipinta nel muro di smisurata grandezza.....
Corpi di Giganti. Questi anni passati (continua il Politi) verso il Monistero di S. Francesco di Assisi, cavandosi fu veduta una tomba molto grande, dentro della quale vi era un cadavere di smisurata e meravigliosa grandezza, tale che sembrava statura più tosto di gigante che di uomo ordinario, al cui capo era scritto in un mattone di terra a lettere greche Epicrateos, che vuol dire d’uomo gagliardo e di gran forza. Ed in un altro luogo dove oggi sono le fornaci ed i maestri che fanno le pignatte, s’è visto in una tomba fabbricata di gesso un altro busto di gigante di gran meraviglia, i denti del quale, quasi in sino a tempi nostri si son serbati di strana grandezza e peso. Come nella Calabria e nella Sicilia si ritrovino i teschi, i busti, i cadaveri interi di giganti, e d’onde a quella conferiti si fossero, rimando il lettore al libro dell’Antichità di Palermo scritto da quel gentilissimo spirito di Mariano Valguarnera.»
Satiro scolpito in pietra. Ci narra Fra Bernardino lo Giorgi, e dopo lui il Politi che di là dal Castello nel luogo che dicevasi Spatafora in un pezzo di pietra videsi con grande artifizio intagliato un lascivo Satiro che adocchiava due leggiadrissime Ninfe.
Statua di Venere. Ci viene riferito dagli anzidetti due nostri Cronisti che fra le cose preziose del Duca di Mantova trovavasi nel secolo XVII una bellissima statua di marmo della Dea Venere, tolta da Reggio, e venduta ad esso Duca per il prezzo di dodicimila ducati. Dicono che sia quella stessa ricordata da Cicerone nelle Verrine, e che nella sua base porti scolpito il nome della città nostra.
1614. Monumento Lapideo. Nel rione detto di S. Matteo (parla il Politi) dalla porta della Dogana per dentro della città verso l’austro lungi poco più di un trar di sasso, cavandosi da un gentiluomo della città nomato Giorgio Gerìa, con pensiero di trovarvi tesoro (del quale per antica tradizione n’ebbe egli notizia, ed ottennevi a tal effetto licenza dalla Regia Corte), si vide un piano ammassicciato di grandissime pietre con raro artificio unite insieme, e legate con assi di ferro, e distendeansi l’una sull’altra intanto che quasi si venne a scorger l’onda corrispondente all’uguaglianza del mare. Erano le sudette pietre di grandezza di una canna quadrata. Che cosa sembrasse la sudetta mole non si potè discernere: vero è che il tesoro, avidamente ricercato, svanì.
1617. Convento de’ Minori Osservanti Riformati di S. Francesco d’Assisi. Addì 28 giugno 1617 i sindaci comprano da Giovanni Gregorio Caccamo un fondo in contrada Donna Dinisa, confinante con quelli di Giando Chylà, strada pubblica e vinella «anale per fondarsi un Monistero «Ordinis Mionrum Observantium Reformatorum Divi Francisci de Assisio» per ducati 365 dedotto il peso del fiume. Per atti di notar Aurelio Dattola, pag. 450. ( ).
1618 | Gabella | del settino, o seta, duc. | 1,000. |
— | del vino |
2,060. | |
— | del salume |
0,401. | |
— | del trovatello |
0,240. | |
— | della carne |
1,000. |
1622. Il Gov. Ernando d’Aleto. Per dare a lettori un saggio del dettato latino dello Spagnolio (della cui opera non restano ormai che poche parti intere) mi piace far pubblica in questo luogo la descrizione ch’egli fa del governatore Ernando d’Aleto suo contemporaneo: «Cum Messanae Ossunae Dux esset, fructus a Reginis dono datos cum laude degustans, an vera essent. quae fama de aquis vulgaverat, percuntabatur: cumque de mira fontium, ac ubertim undique apud marinas undas scaturientium praestanta certior fieret, earum delitiarum desiderio captus, mense Iulio regio cum comitatu triremes conscendit, ac trajecit. Laute exceptus, praegustatis bellariis repetitis vicibus, bibit, et os manusque saepius abluens gustu, tactuque voluptuose tanto in aestu fruebatur. Cum quod jam ante audierat, suggerit quidam in tanta loci amoenitate divexari a potentioribus populum, regiosque ministros congerendis pecuniis magis quam sontibus compescendis intendere. Ducem is hinc ad Sancti Ioannis fossam, sinumque frequenti turcicae classis applicatione notum haud longe ab urbe dissitum digredientem, eadem repetens, et importune, oportune exagerans, subsequitur, et de Reipublicae Reginae statu participem piane facit. Quali Dux quantoque homine ad frenandam improborum licentiam, et servandum citra noxam innocuos in civitate, vicinisque locis opus esset edoctus, motusque acri longoque sermone, virum tum ad id maxime idoneum designat Ernandum de Aleto, qui apud Belgas diu et strenue militaverat, Hispanorum peditum copiae expraefectum, et dum Siculis Dux presideret tribunitia auctoritate functum; quem ubi primum Neapolim commigravit, suprema cum potestate super re militari ac civili Regium misit. Philippus Borgia praetor adhuc recens ab Ducis reveverentiam locum Aleto cessit. Ejusdem mox solertiae panis nautici, ac cibariorum ad usum classis parandorum cura est credita, coercendi quoque ac puniendi apolas, tondentes, aut adulterinos numos cudentes inquirendi, insectandique in regione universa facultas tributa. Copias demum ad hyberna locandi, et inferioris regni civitatibus milites distribuendi Prorex vices suas commisit. Asperior in initio erga primores viros fuit pubblico se intentum commodo, ut sane erat ostentans, plebi apprime faveri visus, popularem benevolentiam maximopere conciliavit. Adeo inde ingentem sui metum incussit, et territando magnates eam penes omnes severitatis formam excitavit, ut satis esset, quae fieri vellet significare; obedientibus ad nutum omnibus, seque continentibus intra justi limites ob formidinem universis. Debita ad solius Aleti nomen exsolvebantur ab ipsis etiam, qui duriores ac cervicoliores fuerant; hinc verum pretia venditorum; inveteratumque aes alienum a potentioribus exolutum est; et bona per vim aut calumniam usurpata dominis, viduis atque pupillis, reddita. Leviores egenis culpas exoratus, et plerique nitro condonatus, primates quacumque de causa delatos carceribus mancipando, vinculis, compedibusque obstringendo maxime exteruit; et emendare praeterita, et a gravaminibus abstinere coegit, suspendio extintis, exilio explosis, fugare ultronea exterminatis, furibus, insolentium etiam pluribus abactis, latrocinia, latrocinia e medio sustulit, pace et securitate incolis et viatoribus ubique reddita. Haec praestitere insitus ori rigor, et quam natura indidit, ipseque consulto sub initiis praesetulit ferocia, his addebatur; quoniam rata a Prorege, quaecumque Aletus gesserat, habebantur. Propterea usque adeo celebre in omni circum regione nomen ejus evasit, ut cum omnes nimium formidarent, plerique etiam quo conspectum ejus vitarent, manus ab inferendis injuriis retrahebant, et quod juris erat, causantibus citra controversiam dabant. Hunc igitur in modum jus fasque supra biennium eximio cum civium plausu docuit, compulitque omnes justitiam colere. Fontem interea urbemque ornavit, ac locis in pluribus communivit, et cumulare quotidie beneficia satagens, non secus ac suam in patriam gestiebat: cum conqueri nonnulli caeperunt, ac primum per litteras, pauloque post Neapolim, ut corani lamentarentur profecti; quod paucorum esset, et minus justa sit reputata quaerela, delatore carceribus mancipato, metu paenae perculsi fuga se reliqui subtraxere. Ferebatur Neapoli destinatas Borgiae Cardinali regni provincias, ac proinde Ossunae Ducem in Hispaniam regressurum eapropter Aletus Neapolim profectus cum indecore exautoratum Ducem videret, Cardinali adhaesit, quo mandante, denuo ad Rheginos rediit. De reditu hi summopere gratulantes, accurrentesque omnes illum cum exultatione ac plausu susceperunt; iis dumtaxat clam offensis, quibus gravis jam ante fuerat.
Diminuta nunc aliquantisper per Proregem ob contradictionem saeviendi, ac mulctanti licentia, sponte etiam sua, et amicis suadentibus lenius se gessit quam antea, conciliata insuper cum omnibus amicitia, uti preseferebat ipse in verbis atque actibus, quiete deinceps recturus credebatur. Atque quippequi pridem exasperatis numquam mox sedit animo; ubi primum ficte reconciliatis insimulandi cum se obtulit occasio, multis apud Cardinalem sunt criminati, atque ita insteterunt, ut Antonio Nervais in ejus locum suffecto, virum ad inquirendum omnium opinione probum Prorex emiserit. Hinc apertius in vituperium, laudemque hominis illius concrepatum est; malevoli cum civibus, exterisque caeteris Aleti defensoribus passim concertabant, et indefesse benefacta recensentibus, his, injurias illis exagerantibus, divisaque in factiones civitate, haec in cum probra encomiasse congesta dicuntur. Incusabant aemuli efferatam viri ferociam, atque obloquendi etiam in ecclesiasticos licentiam, et quod patricios contra generis decus opprobrii saepe saepius oneraret, compedibus obtrictos vili foetidoque in loco publicae custodiae traderet; quod in torquondis reis aequo saevior esset, quod jure minime dictante exequeretur permulta; quod argenti, auri, sericique multimi ab immeritis etiam dumtaxat extorserit. Contra, pro Aleto causantibus aliis quod licet excesserit in his modum, longe tamen majora fuere, si cum impendiis commoda conferantur. Et quo fiat id evidentius, circumeamus, ajebant, urbem; observemus nova et vetera, et addita, Aleto auctore, munimina et ornamenta extimatione volvamus. Inspiciamus primum quae in arce, quae in propugnaculis, maeniisque fuere a fundamentis constructa; quae provide accurateque refecta; quae circa portas ad praepediendum inimicis ingressum, fossas, pontes, mobiles, murum deforis in circuitu ad contuendum, plateas intus amplificatas, cocleas ad scandendum moenia faciles, porticus, inscriptiones, et picturas, media in civitate palma insignitum cavaedium, horariam turrim, et militaris residentiae diversorium, celebris fontis operimentum atque ornamentum. Quot hominum millia pistrinis, et fabrilibus operam dantium quotidie mercede aluit? Quot rei agendae cura demandata locuplelavit? Quantae fuit omnibus utililati, vetando ne in urbem ad civium hospitia reciperentur, cum navibus copiae ad hyberna descenderent? Quali periculo ac damno negotiatores ac provinciam universam sicariis et praedonibus aut suspensis, aut longe fugatis, ruricolis in tuto positis, liberavit? Quae fuerunt civium ac curialium lucra cum ejus causa maxime urbs a finitimis et exteris frequentaretur? Utque ultimo memoretur loco, quod magnopere Reginis profuit, Aleto praeside nec Turcarum motus urbs timuit, nec excitatis vane rumoribus, prout assuetum antea fuerat, extorsiones passa, nec dispendiis belli causa labefactata patrimonium auxit potius quam diminuit, repetundarum quamplurimis damnatis publico aerario ingentem pecuniarum vira immissam, ejus ope procomperto omnibus est. Ad haec quam ecclesiis, coenobiis, et aegenis omnibus fuerit utilis docent liberalitatis ejus monumenta, populi clamor, et frequens per ora pauperum recordatio.
Ergo objicies, si neminem laesit, sin ulla quempiam affecit injuria, cur tot quaeruntur, tot urgent adversarii? Si equa omnibus lance jus, suumque cuilibet tribuit, tandiu cur publica detentus est custodia? Respondent fautores non ita fuisse numeris omnibus absolutum, neque ita illibate semper et ubique rexisse ut multa non possit exactus censor calumniari; stultique esset hominis si omni cura culpa vacasse niteretur astruere. Caeterum facta ad alios, qui praecesserunt et subsecuti sunt comparatane laudatissimus extitit, ac supra caeteros, de plurimis, omnique populo fuit benemerentissimus. Fit hoc ex eo manifestum, quod adeo ejus exoptatur regressus, et ab omnibus etiam num deploratur abscessus. Quod detrusus primum carceribus, moxque fidejussoribus creditus, nondum sit absolutus, non est novum, nec peculiare ipsius infortunium. etc.».
1623. Regio Segreto e Maestro Portolano Diego Strozzi, figlio di Lamberto. I fratelli di Diego erano Giacomo, Giovanni, e Filippo, ed abitavano in Firenze.
Gabella | del pesce |
duc. | 0,220 | |
— | della Bagliva |
» | 0,226 | |
— | del campo (aquile 4 per | |||
ogni salma di grano) |
» | 2,050 | per due anni | |
— | del macino |
» | 4,518 |
1626. Oratorio di Gesù e Maria. A 17 marzo 1626 per Notar Giovanni Simone Spanò vi è la deliberazione del Parlamento con cui la città accorda il magazzino attaccato alla Chiesa di S. M. de Melisa per formarsi l’Oratorio di Gesù e Maria. (
).1638. A dì 27 marzo sabato delle Palme vi fu orribile tremuoto, che rovesciò buona parte delle due Calabrie. Il Gesuita Giulio Cesare Recupito nel Nuncius terraemotus Calabriae racconta che Reggio sentì il tremuoto, ma non soffrì danno alcuno, e che fu girata in processione la statua di S. Francesco Saverio nuovo Patrono della città. (Nava).
1642. Ludovico Giglio Maestro di Artiglieria.
1642. Tommaso Campanella giudicato dallo Spagnolio. Il nostro storico Spagnolio aveva descritto nell’opera sua i fatti del Campanella con quei foschi colori, e con quelle calunniose ingiurie, di che non fu risparmiato da molti de’ suoi contemporanei. Ma nel 1642 conosciuti meglio i tempi, e le azioni del gran Frate Calabrese, se ne disdisse con un’onorevole ritrattazione, espressa colle seguenti parole: «Non abs reduxi Religiosum ac doctum sane virum, quem experientia et ex rerum successu culpa vacasse, et veracem in praedictionibus fuisse comperi, et in quem calamus ipse noster, prout ferebant tempora, ex aliorum redattone maledicta congessit, ab injuria vendicare, et quae sub anno 1599 scripsi laudabilius retractare in iis, quibus illi indebite et multorum ductus errore, succensui. Thomam igitur Campanellam non seductorem appello, sed praesagientem, praevidentemque ex causarum connexione futura. Atque ex his, quae de eo ejusque adjunctis et familiaribus tunc literis consignavi, quae illius sunt contraria honori reverenter aboleo. De caeteris, jure an fraude et calumnia circumventi, saevis sint affecti suppliciis, aut morte puniti, nullo modo contendo: compertum omnidus est ipsum Thomam non paucis annis publica custodia maceratum, hiris quaestionibus quoque petitum, patienter et aequanimiter omnia tolerasse, et tandem Neapoli Romam transmissum, suo ex integro Ordini restitutum. Verum iterum recrudescente apud Ministros Regius suspicione, ut in tuto esset, trascendit in Galliam; ubi etiam ab ipso rege susceptus et cum onore habitus, suorum studiorum lucubrationes typis excussae acceptatissimae fuere, praesertim Magia Naturalis, et tractatus De sensu rerum. In omnigena eruditione versatus, antiquis philosophis comparandus, artem quoque medicam calluit, in Philosophicis Bernardino Thelesio Cosentino fama claro non inferior, in vaticiniis ad abbatem Ioachinum, item Consentinum, accessit; naturalia et supernaturalia proba acutissimus indagavi, et captu facilis explicuit. Curiosa et scitu dignasunt quae de Magia Naturali, et Sensu rerum conscripsit. Is tum intellectus acumine propensissime scrutando arcana naturae, caelorum et planetarum motum, concursus et aspectus observans, uti et alter Consentinus Rutilius Benincasa, quas videmus inter Principes et Reges altercationes, et quae imminent mutationes et damna praedixit. Earum rerum eventus tanti viri nomen et ingenium cohonestarunt».
Questo giudizio che Giovanni Angelo Spagnolio, Arcidiacono della Chiesa Reggina, uomo eminentemente virtuoso, e di rigida morale e religione, dava del Campanella nel 1642, cioè nella sua grave età di settanta anni, tanto più è da tenersi veridico, ed onorevolissimo alla fama del celebre Frate, in quanto che lo Spagnolio gli fu contemporaneo, ed ebbe l’agio di conoscere, senza rabbia di partito, la verità di quell’avvenimento. Ed io debbo compiacermi di essermi trovato concorde col citato giudizio dello Spagnolio, e di aver cercato di purgar la fama del Campanella dalle odiose imputazioni gravategli dal Giannone, e ripetute dal Botta; e ciò prima di leggere la ritrattazione dignitosa dello storico reggino, della quale non mi è venuta notizia che quando già il mio lavoro era compiuto in ogni sua parte. Tutti sanno l’elegante libro che della Vita e Filosofia del Campanella scrisse il mio egregio amico e chiarissimo letterato Michele Baldacchini. Ma io dissento da lui in qualche parte.
Festa dell’Osanna. Tra le funzioni che nel corso dell’anno facevansi nella Chiesa di S. Maria la Cattolica, ed ove era ad ammirarsi la maestà delle greche cerimonie, e la gravità del canto senza musicali strumenti, era magnifica soprattutto la funzione che celebravasi nella domenica delle Palme. Ecco quel che ne dice Pietro Pompilio Rodatà nella sua opera intitolata Dell’origine, progresso e stato presente del rito greco in Italia: «Il Protopapa, corteggiato dal suo Clero, incamminavasi dalla Chiesa della Cattolica all’altra detta di S. Croce di sua dipendenza; dove, a vista di un prodigioso concorso di popolo, e con festivo plauso della città, faceva la solenne benedizione delle Palme. Il sito, dove sorgeva la Chiesa di S. Croce, ora distrutta, ritiene di presente l’antica denominazione d’Osanna, (o come dicesi tuttavia dal volgo Sannà). La colonna, sulla quale il popolo divoto riponeva le palme perchè ricevessero la benedizione nel rito greco, è stata trasferita nell’atrio della Cattedrale, e si riguarda come un insigne monumento della greca antichità».
1643. Regio Segreto e Maestro Portulano Ambrosio Barone.
1667. In questo anno i Sindaci mossero lite in Napoli ed in Roma contro monsignor Matteo di Gennaro, per alcune prepotenze da lui fatte al Capitolo e Clero, ed a privati cittadini, e specialmente per aver proibito al Cantore Abate Massimiano Turbolo la mozzetta, ossia ferula che lo stesso aveva ottenuta dalla Sagra Congregazione debiti. Il Consiglio generale a sostener la lite elesse deputati Francesco Logoteta, Antonino Filocamo, Tobia Sirti, Giovanni Melissari, e Francesco di Decio Foti; i quali scelsero l’Abate Paolo Filocamo agente sostituto a recarsi in Napoli ed in Roma per attitare il giudizio; ed a tal uopo destinarono una competente somma di danaro, ordinando all’Erario Paolo Perrone, che dovesse sborsarlo sull’introito delle gabelle. Ma non pare che gli effetti sieno risultati favorevoli a’ querelanti.
1669. La città pagava al fisco, in forza di privilegio, duc. 7,470 per 666 fuochi.
Gabella de’ frutti, duc. 3610 per due anni.
1686. Da pubblico Istrumento di notar Mandica si rileva che in forza di Real privilegio la Real Tesoreria non esigeva dalla città di Reggio che ducati 7,470 per fuochi 666 2/3.
1696. Fuvvi carestia di tutti i generi di grasce. Tal calamità fu descritta in versi trocaici dal reggino Giovannantonio Cannizzoni, Padre Agostiniano. Eccone alcune strofe:
Valde fremunt cuncti cives
Dum mendicus atque dives
Granum habent nullibi.
Omnibusque generalis
Herba cibus est vitalis
Vix aceto conditus.
Instat Gerbae color carnis,
Similisque factus sanguis,
Vere sunt spectacula!
Habent corpora virorum
Vultus quoque mortuorum
Ipsi morti similes.
Non cognoscunt natos matres,
Non cognoscit soror fratres,
Tanta est deformitas.
. . . . .
Fame in mortem dum laborant,
Deum Patrem omnes orant
Ut expirent pariter. Etc.
169S. Salvatore Perez, Castellano.
In questo anno ebbe anche luogo la XV Abilitazione, per la quale due deputati Agostino Plutino e Domenico del Giudice non volevano accettare. E ritrovandosi in questa città il consigliere Guascone Preside della Provincia, mostrò molta premura di fare abilitare alcune persone, e tra le altre il Capitano Antonino Rodino ed Antonino Flesca. Ma i sudetli Plutino e del Giudice si ricusarono con protesta. Contutto ciò il Rodino ed il Flesca furono finalmente abilitati. Ciò si raccoglie da’ Diarii del Ferrante e dalla Platea del Suppa.
1699. «Era solito che intervenendo i sindaci in Chiesa sedevano nel loro scanno, e passando l’Arcivescovo si alzavano, e riverentemente lo salutavano a «ante eorum bancum» ma passando il Vicario generale «parum surgunt, et cum capite eumdem salutant, et reciprocam salulationem tam ab Archiepiscopo quam a Vicario generali recipiunt». In questo anno 1699 «in odium currentium emergentium cum praedicto Archiepiscopo (Monreal)» pretese il Vicario che fosse fatto a se l’onore e riverenza solita farsi all’Arcivescovo, minacciando censura. I sindaci ricorsero a Roma, ed in data de’ 22 agosto del detto anno ottennero monitorio di scomunica contro al Vicario per non essere molestati dal possesso in cui trovavansi, e che documentarono con fedi; e che avendo il Vicario cosa in contrario, comparisse in Roma. Questo monitorio in carta pergamena conservasi nell’Archivio della città, notificato al Vicario a’ 13 di settembre da notar Antonino Marrapodi. (Canonico ).
1701. Giuseppe Miceli, Capitano del Battaglione a piedi di Reggio e sua Paranza (Distretto).
1701. Pietro Gullì, Capo degli artiglieri, e Maestro della scuola di artiglieria.
1707. Girolamo, Domenico, e chierico Francesco Monsolino padre e figli ebbero questione per una casa a porta Mesa con Ignazio, Francesco e Diego Monsolino di Giovanni Battista, e Nicola e Francesco Monsolino, per cui vi furono molti uomini armati dall’una parte e dall’altra; e fecero una guerra civile, nè senza stento si pacificarono, come leggesi presso notar Giuseppe Caracciolo, a dì 8 settembre 1707 foglio 87. L’attacco seguì a dì 12 agosto alla Battagliola (Nava).
1717. Accademia Aschena. In questo anno il P. Fra Alberto Spagnolo Baccelliere de’ Carmelitani fondò in Reggio l’Accademia Aschena, derivandola come colonia dall’Accademia di Montalto, ch’era stata ivi fondata sin dal 1617, e s’intitolava Società degli Agricoltori de’ Monti Incolti. Vedi Capialbi, Epistole, Riviste, ec.
1719. Biblioteca pubblica di Reggio. «L’Abate Antonio Spizzicagigli Decano e prima dignità della Chiesa Metropolitana (di Reggio) aprì nel principio del secolo XVIII in quella città (di Reggio) sua patria una libreria per li poveri studenti, come lo stesso nella sottoscrizione di una lettera, diretta da Roma a’ 30 giugno 1719 al celebre sig. Girolamo Gigli, lo annunzia. (Capialbi).
Da un uffizio diretto dalla Suprema Giunta di corrispoudenza all’Arcivescovo di Reggio in data del 24 marzo 1792, si raccoglie la seguente notizia: »Si aggreghi al Collegio de’ PP. Filippini la biblioteca oggi addetta al Capitolo di quella città, una cogli annui ducati cento alla medesima fissati, con dover essi PP. succedere al Capitolo tanto ne’ pesi che nella indicata rendita, mantenendo aperta la detta Biblioteca per commodo pubblico, colla destinazione di un bibliotecario a tenore della loro istituzione».
1724. In questo anno vi fu provvisione che ogni sindaco, senza restrizione di abilitazione, dovesse nominare tre soggetti per successori, da esser poi approvati dal Vicerè.
1732. Al nono giorno di novembre vi fu una rottura di temporale terribile, con acqua, neve, fulmini, vento. Vi fu grandine di cinque once di peso.
In questo anno Giuseppe Miceli era amministratore del Regio Arrendamento de’ Tabacchi.
1738. In questo anno Paolo Filocamo barone di Galati, autore di parecchie lubriche poesie, compose un Sonetto sulle famiglie nobili di Reggio; ed io qui lo trascrivo:
SONETTO
Ecco gli antichi Eroi di patria mia:
Giovan, Boccetta, Fùrnari, Baroni,
Burza, Ferrante, Monsolin, Gerìa,
Francoperta, Castelli, e Riccoboni.
Logoteta, Parisi, Patamìa,
Mazza, Barilli, Giudice, Carboni,
Campol, Ricca, Pital, Suppa, e natìa
Da le Spagne prosapia gli Alagoni.
Ciriàco, Campagna, e Melissari,
Filocamo, Spanò, Capua, Diano,
E Mileto, e Bosurgi, ed i Malgeri;
Questi di Reggio figli illustri e chiari
Adornàr questi lidi e questo piano,
E l’alte eccelse imprese usàr primieri.
1739. La prima Sinodo Diocesana tenuta da Monsignor Polou fu nel 1739; della quale gli atti furono stampati in Napoli.
1741. In questo anno si ottennero provvisioni che il Governatore non dovesse ingerirsi in affari di annona.
Nel giorno di Natale di questo anno i Canonici della nostra Cattedrale presero possesso della mitra e cappa magna ad instar Capituli Messanensis, per mano del Cancelliere e Nunzio Apostolico Gaetano Miano, e Vicario generale Antonio Basili.
1742. Giuseppe Miceli, Amministratore delle tratte de’ seccumi, salumi, tavole e legnami della paranza di Reggio.
1747. Giovanni Guidet, Comandante della Piazza.
1749. In questo anno nella provincia di Calabria si formò un Reggimento nazionale per ordine del Governo. Gli uomini che a questo Reggimento dovea dare la Calabria ulteriore furono quattrocento trentanove. Si chiamarono Miliziotti, e dovevano servire otto anni. Venivano eletti in pubblico Parlamento dagli anni diciotto a’ quaranta, dell’altezza di palmi sei. Gli eletti dell’Università nominavano tanti individui quanti erano i suoi fuochi, e risultavano miliziotti quelli che ottenevano la maggioranza de’ voti. Reggio doveva eleggerne ventiquattro.
1751. Il reggino Cav. Fra Francesco Parisio era Generale dell’Ordine di Malta.
In questo anno Domenico Miceli fu fatto Luogotenente dell’Arrendamento delle sete del paraggio di Reggio.
1753. Per ordine del Real Governo passò da Messina in Reggio il Vicerè di Sicilia conte di Elcovil, e si recò a Sasperato con tutti gli uffizali e subalterni delle Miniere ad osservare lo stato delle medesime.
1753. Per esecuzione di Real Rescritto del 27 ottobre fu citata fra le altre l’Università di Reggio ad indicare la causa perchè in vece i carlini 42 a fuoco annui pagasse due: 10,872 in ogni anno. «Quella notificata, e non avendo opposta cosa in contrario, le si ordinò sotto il dì 25 settembre 1754 il solvat; e finalmente fatta un’unione di atti da essa domandata, assunse con istanza che essa in esecuzione di decreti della Regia Camera era stata stimata esente da qualunque peso, e solo soggetta al pagamento per li soli fuochi 666 \frac{2}{3}, senza esibire scrittura veruna in convalidazione dell’assunto, ma a solo fine di dilazione.» Non seppero adunque i sindaci di quel tempo far valere le loro ragioni, che assai chiare risultavano dagli antichi privilegi, e dal pubblico istrumento rogato da Notar Mandica nel 1686!
1754. L’Educandato di S. Francesco di Sales fu stabilito in Reggio a premura di Mons. Polou e del Vescovo di Bova Stefano Morabito. Dipendeva al tutto dal Governatore civile e politico.
1755. A’ 4 maggio Mons. Arcivescovo Polou si recò a Sasperato, e gittò e benedisse la prima pietra della Chiesa nuova delle Regie Miniere.
1760. La porta di S. Filippo formava un recinto murato attorno, che alla parte boreale aveva la porta grande che si chiudeva la sera, ed alla parte australe una seconda porta, sul cui architrave leggevasi inciso l’anno 1691. Fra l’una e l’altra porta tennesi il pubblico mercato ne’ giorni festivi sino al tremuoto del 1783.
1771. Con provvisioni della Regia Camera del 18 ottobre fu ordinato che Reggio dovesse pagare annui ducati 576 per otto Cavallari, e ducati 7,20 per munizione.
1772. Era Regio Tesoriero della Calabria ulteriore, residente in Catanzaro Antonio Fabiani, che si qualificava degli antichi Patrizii della città di Reggio.
Con provvisioni del 13 gennajo del Supremo Tribunale della Regia Camera fu ordinato che l’università di Reggio avesse a pagare il suo ordinario debito alla Regia Corte nel modo seguente:
Settembre |
duc. | 2,108.97 . |
Ottobre |
» | 2,108.97 . |
Novembre |
» | 2,108.97 . |
Dicembre |
» | 2,108.97 . |
8,435.90 . |
Per il mantenimento de’ Cavallari il Distretto o Paraggio di Reggio pagava con questa proporzione:
Ammendolea |
duc. | 218.70 |
Bova |
» | 147.60 |
Fiumara di Muro |
» | 291.60 |
Montebello |
» | 218.70 |
Motta S. Giovanni |
» | 291.60 |
Pentidattilo |
» | 218.70 |
Reggio |
» | 583.20 |
S. Lorenzo |
» | 291.60 |
Brancaleone |
» | 145.80 |
Palizzi |
» | 291.60 |
Torre Bruzzano |
» | 218.70 |
2,917.80 |
L’elezione de’ Cavallari doveva farsi in pubblico Parlamento coll’intervento del Governatore. Il servizio di costoro durava tre anni, come quello delle sentinelle delle Marine.
1780. Nel 1780 essendosi abolito il diritto proibitivo del tabacco, la Regia Camera per compensare tal vuoto formò una nuova lista di carico per le provincie. Nella qual lista non si tenne conto del numero de’ fuochi per privilegio, ma dei fuochi effettivi; ordinando però che mentre questa nuova tassa si dovesse pagare giusta i fuochi effettivi, le ordinarie funzioni fiscali continuerebbero a pagarsi secondo il censimento fatto nel 1669, ed a tenore de’ privilegi delle rispettive città. In questa nuova lista Reggio e suoi Casali furono tassati di annui ducati 1758.50 cioè ducati 586.16.8 per ogni quadrimestre; e la distribuzione fu la seguente per gli altri paesi:
Bova, fuochi |
293 | . . . | duc. | 146.50 |
Bagnara |
469 | . . . | » | 234.50 |
Calanna e Casali |
432 | . . . | » | 216.― |
Fiumara di Muro |
878 | . . . | » | 439.― |
Montebello |
878 | . . . | » | 91.― |
Motta S. Giovanni |
305 | . . . | » | 152.50 |
Pentidattilo |
125 | . . . | » | 62.50 |
Sambatello |
498 | . . . | » | 249.― |
S. Agata |
400 | . . . | » | 200.― |
Scilla |
480 | . . . | » | 240.― |
Torre Bruzzano |
66 | . . . | » | 33.― |
1787. La Parrocchia di S. Nicolò de’ Bianchi, dopo l’espulsione de’ Gesuiti passò nella loro chiesa, e da questa s’intitolò Parrocchia di S. Gregorio Magno.
1789. Dopo la soppressione del Convento de’ Cappuccini, la chiesa della Consolazione fu eretta in Parrocchia.
1790. Per la rifazione della Cattedrale, conquassata da’ tremuoti l’ingegnere Giovanni Battista Mori fece una perizia di duc. 26,483.40, cioè duc. 1,065.05 per rifare l’interno della chiesa, e gli altri per la facciata e vestibolo. Questa perizia parve eccessiva, e non fu approvata dal governo; poi le si fecero molte modificazioni e riduzioni e si mise mano a’ lavori sotto la direzione del detto Mori, e coll’assistenza del Cantore abate Fabrizio Plutino, e Canonico Domenico Giuseppe Barilla. Fu capomastro Antonino Calabrò.
1790. Formatosi nel 1789 un nuovo e stabile sistema per l’imposizione delle tasse fiscali, per l’Università di Reggio e suoi Casali fu stabilito il carico che qui trascriviamo:
Per ordinaria imposizione di carlini 42 a fuoco |
duc. | 6,037.51.8 |
Per grana 72 delle imposizioni straordinarie |
« | 0,393.70.- |
Per grana 57 di fondi del Battaglione |
« | 2,004.69.- |
Soldo degli Artiglieri (abolito e passato alla Corte) |
« | 0,625.60.- |
Per soldi e munizioni di otto Cavallari |
« | 0,583.20.- |
Per munizioni di due regie Torri |
« | 0,012.00.- |
Per carlini 35 al mese all’Aggiunto di Pentimele |
« | 0,042.00.- |
Per grana cinquanta a fuoco dell’abolita regalia |
||
del tabacco |
« | 1,758.50.- |
Per grana 20 a fuoco per la costruzione delle |
||
regie strade |
« | 0,703.40.- |
Per varie partite istrumentarie |
« | 0,991.70.- |
Per la Regia Azienda di Educazione |
« | 0,500.00.- |
Somma | 13,652.30.8 |
Le Università del Regno solevano mantenere in Napoli loro procuratori ed avvocati per accudire ed assistere agli affari del Comune. Nel 1790 ordinò il Re che dovesse cessare tale elezione per parte di esse Università. Ed in vece il governo medesimo stabilì ed elesse per la difesa, e per gli affari delle Università di questa Provincia sette Avvocati, e venti Procuratori, i quali soli dovessero essere riconosciuti per tali. E divisasi la Provincia in sette ripartimenti, la Suprema Giunta di corrispondenza ripartì fra dette Università il peso degli onorarii da pagarsi a tali avvocati e procuratori; ed all’Università di Reggio fu tassato il pagamento di ducati 160.
1791. A’ 9 settembre vi fu dispaccio che nominava il tesoriere can. Giuseppe Marra a Vescovo di Nicotera, il Cappuccino Padre Gesualdo a Vescovo di Martirano, l’Arcidiacono Alessandro Tommasini a Vescovo di Oppido. Il Padre Gesualdo rinunziò immediatamente.