Storia delle scienze agrarie/II/XII

Volume secondo
Precetti tecnici e norme di polizia per lo sfruttamento dei boschi

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Volume secondo
Precetti tecnici e norme di polizia per lo sfruttamento dei boschi
II - XI II - XIII

Pratiche di impianto, cure e taglio dei boschi

Poste, con le cognizioni raccolte nella Phisique des Arbres, le fondamenta botaniche e fisiologiche per lo studio della vita delle piante forestali, su di esse Duhamel costruisce il proprio edificio di tecnica ed economia del legname, il cui primo elemento è costituito dal trattato Des Semis et Plantations des Arbres et de leur culture. Nelle sue pagine compone il quadro delle pratiche necessarie per l'ottenimento di manti forestali più densi, per l’incremento del loro valore qualitativo e l'accelerazione della loro crescita, i tre obiettivi in cui si traducono le istanze della nuova scienza delle foreste: l'accrescimento e il miglioramento della produzione nazionale di legname. La chiave per il perseguimento dei medesimi obiettivi è enunciata, con significativa espressività, nello stesso titolo del trattato, che suggerendo la coltivazione degli alberi esprime l'esigenza che da percezione di prodotti spontanei della natura lo sfruttamento delle foreste si converta in autentica attività agraria.

Da Il governo dei boschi dell'enciclopedista francese, la tavola che illustra la successione delle operazioni con cui i carbonai predispongono la catasta di legna da trasformare in carbone e ne controllano la combustione fino all'estrazione.
Tratta da Biblioteca Nuova terra antica


La materia dell'opera è divisa in sei libri: nel primo l'autore propone i criteri per la valutazione delle caratteristiche pedologiche e climatiche del luogo in cui si voglia piantare un bosco, illustra, quindi, in 41 sintetici paragrafi, le qualità e le esigenze di altrettante specie forestali, scegliendo quelle più diffuse nelle regioni francesi. Nel secondo libro esamina le forme di propagazione più idonee per le diverse specie: la margotta, l'innesto, il pollone, la semente. Il terzo è dedicato alle tecniche di impianto e di coltura del vivaio e del piantonaio, il quarto alla collocazione a dimora degli alberi predisposti nel vivaio. Nel quinto Duhamel affronta il tema del ripopolamento delle grandi foreste, esaminando le tecniche di lavorazione del terreno e di risemina, i criteri per la selezione delle matricine, quelli per il controllo della competizione tra le piante delle diverse specie e di differente età, le precauzioni per la protezione dei semenzali dagli animali domestici e dalla selvaggina. L'ultimo libro è dedicato al miglioramento delle foreste degradate. L'agronomo francese considera le cause del deterioramento dei boschi: gli incendi, il pascolo e il taglio abusivo, sottolineata la gravità dei danni che ne derivano al patrimonio forestale, esamina l'efficacia delle disposizioni dell'Ordinanza reale che disciplina lo sfruttamento delle foreste francesi, evidenziando i pregi e le carenze dell'antica normativa e proponendo i criteri per il suo aggiornamento, al fine di renderla più consona alle nuove conoscenze botaniche e alle nuove tecniche per lo sfruttamento delle foreste.

Indagine scientifica, pratica tradizionale

Esaminata nel suo complesso, nell'opera possono distinguersi idealmente due parti: la prima, costituita dai quattro libri iniziali, delinea una metodologia generale per l'impianto di boschi e foreste, la seconda, comprendente gli ultimi due, affronta il problema della costituzione e del miglioramento dei boschi nelle condizioni concrete in cui proprietari privati e autorità pubbliche si trovano ad operare.

Nella prima delle due parti, seguendo uno schema espositivo di grande coerenza, Duhamel insegna a ricavare dall’esame della natura di un terreno, della sua profondità, della sua ricchezza o povertà di umidità, gli indizi per prevedere l'esito della piantagione che vi si intenda realizzare, detta le regole da seguire nella raccolta, nella conservazione e piantagione delle sementi delle specie forestali. Il tema suggerisce alcune considerazioni sulla variabilità genetica delle piante nate da seme, un fenomeno oggetto delle prime osservazioni dei naturalisti del Settecento, destinato a costituire uno dei temi di maggiore impegno per i biologi del secolo successivo, illustra, infine, gli accorgimenti per lo svolgimento delle operazioni colturali nei vivai e nei piantonai: ampliando il contesto dei metodi di coltura che abbiano visto delineare da Olivier de Serres, propone un quadro di pratiche adeguato alla produzione delle grandi masse di alberi necessarie al popolamento dei viali e dei parchi delle dimore reali, dei castelli nobiliari, delle città.

Un interesse ancora maggiore, per l'evoluzione delle tecniche forestali riveste la seconda parte, che abbiamo identificato negli ultimi due libri del volume. È lo stesso Duhamel a sottolineare, nell'introduzione del quinto libro, il significato della materia:

«Non abbiamo portato, fino ad ora, la nostra attenzione che su oggetti di entità minore, in confronto a quelli di cui stiamo ora per occuparci. È possibile, è vero, impiantare delle Foreste applicando quanto abbiamo illustrato in tema di boschi ornamentali. Non ignoro che persone molto facoltose hanno impiantato con successo boschi di grande estensione seguendo un metodo press'a poco simile, ...ma siccome le disponibilità della maggior parte dei Proprietari non consentono loro di abbandonarsi a tali imprese, è necessario offrire loro mezzi più economici per ricoprire di boschi i terreni nudi che non offrono loro alcuna utilità. Il tempo necessario a vedenre i risultati sarà più lungo, ma siccome noi non proporremo loro un'impresa al di sopra delle loro forze, essi potranno, senza gravi ostacoli, operare utilmente per la propria posterità.»

Prima di iniziare l'illustrazione delle tecniche di impianto delle grandi foreste, Duhamel risponde preliminarmente alla domanda di quali siano i terreni che ai proprietari conviene destinare alle piante boschive. Si rileva generalmente, osserva, che vengono utilizzati per le produzioni forestali i terreni montuosi: della constatazione dell'esperienza ricerca le ragioni naturalistiche ed economiche, giungendo alla formulazione dei principi per valutare la convenienza della destinazione forestale di un terreno, che enuclea in un criterio di natura economica, la sproporzione tra i costi di produzione e la quantità di derrate agricole ottenibili sui terreni montuosi, e in principio idrogeologico, la soggezione alle frane cui i suoli declivi vengono predisposti dai lavori colturali. Saranno due criteri acquisiti definitivamente dall'evoluzione dell'economia agraria e forestale.

Le specie boschive più comuni nella composizione delle foreste francesi sono la quercia, il castagno, il pino: è su di esse che Duhamel concentra l’attenzione illustrando le tecniche per l'impianto dei grandi boschi. Dettando le regole per la loro formazione, distingue le differenze sussistenti tra le operazioni di impianto di un bosco destinato a costituire una fustaia da quelle da eseguirsi per la costituzione di un ceduo, le differenze che abbiamo veduto delineate nelle pagine di Olivier de Serres. Per assicurare, in entrambi i casi, il successo dell’impianto l'agronomo francese propone i criteri cui affidarsi nella scelta tra la lavorazione del terreno mediante una o più arature, o un lavoro a mano, e quella tra la semina a righe e la semina a postarelle.

Ricalcando i moduli della letteratura agronomica inglese, sviluppa l'analisi delle differenti procedure mediante la stesura di una serie di relazioni, ciascuna delle quali esamina i problemi. affrontati per l'impianto di una foresta nelle condizioni particolari di una determinata proprietà. L'illustrazione delle tecniche colturali attraverso l'esame di situazioni particolari consente all'esposizione di penetrare le connessioni tra il metodo prescelto e le condizioni specifiche del suolo e dell'ambiente, predispone le premesse per l'analisi dei risultati, che dimostrano l'adeguatezza o l'improprietà delle tecniche impiegate. A conclusione di ogni relazione l'autore francese propone un'Osservazione di carattere generale, autentica riaffermazione dello spirito teorizzante della cultura francese sull'osservazione empirica, pure puntigliosamente minuziosa, delle circostanze particolari dell’esperienza. Leggiamo quanto scrive commentando l'esito dell'impianto di un bosco misto di castagni e querce a Derval nell'Anjou, eseguito da monsieur de Brue dopo il bruciamento della sterpaglia preesistente, l'aratura del terreno, a solchi alternati, con un aratro pesante, e la copertura dei frutti seminati con un aratro leggero:

«Questo metodo del signore di Brue è assai economico, siccome egli non ha arato che una sola volta circa un terzo del suo terreno. Può sussistere soltanto, mi pare, luogo al timore che non sia possibile trovare tanti terreni in cui questo metodo, ammirevole per la sua semplicità, possa avere lo stesso successo di quello ottenuto dal signor di Brue.»

Tutela dei boschi e disciplina del loro sfruttamento

Non è solo dall'impianto di nuovi boschi, tuttavia, che deve attendersi l'arricchimento delle risorse forestali del Paese: un contributo significativo al loro potenziamento può derivare dal miglioramento di quelli esistenti. A quel miglioramento Duhamel dedica l'ultimo libro del volume. Parallelamente all'esame della metodologia di governo delle foreste svolge l’esame delle disposizioni dell'Ordinanza reale che disciplina lo sfruttamento delle foreste francesi: nessuna acquisizione agronomica sarebbe in grado, infatti, di promuovere il miglioramento delle foreste ove non potesse godere del supporto di una coerente disciplina legislativa e di una efficace azione amministrativa.

In tema di difesa e miglioramento dei boschi il primo problema di cui Duhamel affronta l’esame è la prevenzione degli incendi: l'agronomo francese si chiede, innanzitutto, come controllare mendicanti e girovaghi che, vagando per le foreste, sono ritenuti i primi responsabili del loro erompere, illustra successivamente gli accorgimenti per la prevenzione: primo fra tutti la predisposizione di corsie rompifuoco, quindi quelli per l'estinzione: l'escavazione di trincee e l'abbattimento di alberi lungo il fronte di avanzamento del fuoco. Affronta, poi, l'esame dei danni arrecati ai boschi dal bestiame selvatico e da quello domestico: brucando i semenzali gli animali impediscono il rinnovamento spontaneo delle foreste e la chiusura delle radure. Gli antichi diritti comunitari, sottolinea Duhamel, non consentono di vietare il pascolo in gran parte dei boschi: ovunque le situazioni di diritto lo permetta, esso dovrebbe, tuttavia, essere rigidamente proibito.

«Se non si avesse ad obiettivo che la cura delle foreste -leggiamo nel secondo capitolo del VI libro- si dovrebbe impedire in modo assoluto l'ingresso dei bestiami in tutti i boschi. È ben vero che essi non producono alcun male alle fustaie, ma sotto i grandi alberi non si trova alcuna erba, e il bestiame non ne avrà alcun vantaggio. Vi sono tuttavia, si dirà, delle radure dove potrà pascolare, ma è proprio queste radure che è importante riguarnire ... Ma pure se in qualche caso particolare il pascolo del bestiame danneggia le fustaie ...questi casi sono assai più comuni nei cedui: quand'anche le branche dei ricacci possano difendersi, le giovani Querce da seme, che crescono tra i vecchi ricacci, non ne sono in grado; esse sono a portata dei denti degli animali; quell'albero che avrebbe fornito una bella matricina o un bel ricaccio, non può più alzarsi dal momento che è stato brucato, e successivamente egli sarà soffocato dagli alberi vicini.»

Dopo aver esaminato i danni recati alle foreste reali dal taglio abusivo, a opera soprattutto dei contadini più poveri viventi sui bordi delle foreste, lo scienziato francese affronta il tema, insieme tecnico ed economico, del miglioramento dei boschi privati. Occorrono almeno cento anni, annota, allo sviluppo dei boschi d'alto fusto, i più necessari per le esigenze della marina: è quindi comprensibile che siano rari i proprietari inclini ad un investimento di cui non godranno i frutti che discendenti lontani. Se qualche grande signore lungimirante può spingere tanto innanzi la premura per i successori, una preoccupazione simile sarà sempre estranea, rileva Duhamel, agli amministratori delle proprietà di manomorta, tra le quali sussistono ampie superfici boschive, i quali si mostrano propensi a trarre dai beni di cui dispongono un utile immediato piuttosto che a incrementarne il valore futuro.

È in considerazione di questa realtà l'Ordinanza ha imposto ai responsabili dei beni di usufrutto di riservare a fustaia un quarto delle aree forestali di cui dispongano, e di conservare ad ogni taglio dei cedui 16 matricine per arpento. La saggezza della disposizione è palese, annota lo scienziato francese: in termini pratici essa non è, tuttavia, del tutto razionale. Considerando, infatti, che al secondo taglio i fusti da rispettare salgano a 32, al terzo a 48, la loro entità giunge, inevitabilmente, a ombreggiare il ceduo, ostacolandone lo sviluppo, senza, tuttavia, date le condizioni in cui si sono sviluppati, che quei fusti giungano a costituire tronchi di elevata qualità:

«D'altra parte -leggiamo nel quinto capitolo del VI libro- tutti questi alberi, che nella loro giovinezza erano serrati in un fitto ceduo, hanno una scorza tenera, e quando vengono posti allo scoperto sono esposti gli uni a essere danneggiati dal gelo, gli altri dal sole, tanto che la maggior parte di essi rivelerà in seguito dei vizi interni.

Così i cedui danneggiano gli alberi di riserva per la quantità dei succhi che assorbono dal suolo, e gli alberi di riserva nuocciono ai cedui per l’ombreggiamento che producono.» Per rimediare agli inconvenienti che ha evidenziato, l'agronomo francese propone che la legislazione vigente venga modificata, in modo da imporre il rispetto di soli 6 alberi maturi per arpento di ceduo, che ritiene sufficienti per la disseminazione delle ghiande necessarie al rinnovamento del bosco, lasciando invece 16 fusti per ogni arpento di ceduo abbattuto in un'area circoscritta, dove le matricine, scelte per le proprie buone caratteristiche, possano svilupparsi insieme dando origine, nel tempo, ad un'autentica fustaia.

Dalle incisioni della medesima opera la prima fase dell'opera dei taglialegna in una foresta di alto fusto, in cui di ogni albero abbattuto viene scelta la parte del tronco destinata a tavolame, che speciali addetti affrontano con le seghe.
Tratta da Biblioteca Nuova terra antica


Conclude il volume l’esame dei criteri per ottenere il rinnovamento di una fustaia dopo il taglio simultaneo di tutte le piante, e di quelli per la scelta dell'età più conveniente per il taglio di un ceduo. Il primo problema è uno tra i più complessi dell'intero contesto della metodologia forestale: nel sottobosco di una fustaia matura non esistono, infatti, alberi di rinnovo, e gli stessi ricacci, estremamente radi date le distanze tra gli alberi maturi, sono destinati a perire nel corso della decomposizione dei vecchi ceppi. Per evitarne la degradazione, la vecchia fustaia dovrà essere sottoposta a risemina, allo stesso modo di un terreno di nuova forestazione.

Il secondo è problema insieme tecnico ed economico, il nodo sul quale si eserciterà, fino a quando i cedui conserveranno un valore economico, l'impegno dei cultori di economia forestale. La scelta dell'età più vantaggiosa per il taglio di un ceduo, secondo il lessico forestale il suo turno, presuppone la considerazione di una molteplicità di elementi, naturalistici, agronomici ed economici. Se, infatti, allungando il turno è teoricamente possibile ottenere assortimenti legnosi di dimensioni maggiori, destinabili ad impieghi dalla remunerazione più elevata, sui terreni più poveri, dopo un arco di anni alquanto breve, lo sviluppo della massa legnosa procederà faticosamente, mancando di ripagare con interesse adeguati la dilazione del reddito: converrà perciò accettare di ricavarne legna per le destinazioni più povere.

Sui terreni più fertili sarà conveniente, così, attendere più a lungo, fino al diciottesimo anno, quando il legname potrà essere destinata alla produzione di carbone, o addirittura al venticinquesimo, quando esso sarà adatto alla produzione di cortecce per la manifattura della corda e di pertiche da cui ricavare cerchi di botte. La scelta sarà, in ogni caso, rimessa al discernimento del proprietario, che dovrà valutare con accortezza le capacità di sviluppo del proprio bosco e il reddito che ne potrà trarre nelle ipotesi alternative.

«Non è possibile -sottolinea Duhamel concludendo, nell'ottavo capitolo del VI libro, i rilievi sull’argomento- fissare alcuna regola generale sullo sfruttamento dei Boschi. Poiché, pur essendo provato che è generalmente più vantaggioso non abbattere i cedui che all'età di venticinque anni, colui che avrà un bosco cresciuto su un cattivo fondo, dove gli alberi cessano di svilupparsi con vigore dall'età di dodici o quindici anni, egli sarà costretto ad abbattere il suo ceduo a quell'età, altrimenti non ne trarrà il reddito migliore.»

Produzione forestale e tecnologia del legno

Ai temi dello sfruttamento delle foreste, introdotti negli ultimi capitoli del trattato sulle Semis et Plantations des Arbres, Duhamel dedica i due volumi De l'Exploitation des Bois où Moyens de tirer un parti avantageux des taillis, demi futaies et hautes futaies, l'opera con la quale conclude, nove anni dopo la pubblicazione del Traité des arbres et arbustes, il proprio disegno di scienza forestale. E’ lo stesso titolo dell'opera che ne rivela il ruolo nell’enciclopedia forestale dell'agronomo francese: exploitation des bois, per la coincidenza, nella parola francese bois, del significato dei termini italiani bosco e legno esprime, insieme, il concetto di sfruttamento dei boschi e quello di utilizzazione del legname. L'esame del contenuto dell'opera conferma che l'obiettivo dell'autore corrisponde alla ricerca delle tecniche di sfruttamento delle foreste che ne consentano la crescita più rigogliosa al fine di poterne ritrarre la maggiore quantità e la migliore qualità dei legnami necessari ai diversi impieghi e alle diverse industrie.

Il legno costituisce, infatti, materia prima che la natura offre all'uomo nella più vasta gamma di qualità diverse, per durezza, per elasticità, per resistenza agli agenti atmosferici, per colore e marezzatura, una gamma che l'uomo ha appreso, nei secoli, a utilizzare in cento usi diversi, impiegando in ciascuno la qualità di legname che meglio ne soddisfi le esigenze specifiche. La ricerca delle connessioni tra produzione e impiego del legname è terreno nuovo della letteratura tecnico - scientifica: nella propria disamina Duhamel non può contare né sul contesto di cognizioni naturalistiche cui ha potuto attingere ponendo le fondamenta botaniche e fisiologiche della propria costruzione forestale, né sulla precettistica sull’impianto e il taglio dei boschi dei predecessori, Estienne e Liébault e Olivier de Serres. Le sole fonti cui può attingere componendo il proprio sistema di tecnologia del legno sono la propria esperienza di proprietario, la conoscenza diretta maturata, in quanto ispettore della marina, del lavoro dei cantieri navali, l'assidua osservazione delle industrie che utilizzano il legno, le consuetudini dei mercanti di legname, e, soprattutto, le pratiche tradizionali dei boscaioli:

«Badiamo bene -leggiamo nella prefazione, nella traduzione di Giulio Perini- di non trattar da Automati questi semplici, e buoni Lavoranti: io di buona voglia confesso essere stati quelli i miei primi Maestri; ma non bisogna poi persuadersi che questi possano saper tutto intorno a quelle cose, da cui sono occupati. Io dunque non ho creduto avvilirli, quando ho pensato che abbisognava soccorrerli. Ma prevalendoci dei lumi fisici, non bisogna che presumiamo troppo dei nostri lumi; guardiamoci dal cominciare ad immaginare dei sistemi per farli servir di base a degli speziosi raziocinj ...siamo persuasi, che se la fabbrica che d'inalzar si tenta non è piantata sull'osservazione, e sulla esperienza, poco potrà durare.»

E’ dichiarazione emblematica, da parte di un grande illuminista, sull'insufficienza dei lumi della ragione a risolvere i problemi operativi senza la costante aderenza alla realtà pratica, una testimonianza di indubbia autorevolezza, perché offerta da un rappresentante della scienza accademica, del contributo che allo sviluppo delle conoscenze e della tecnologia moderna hanno prestato creatività e abilità manuale di contadini e artigiani. Ordinando in sistema organico le pratiche forestali della tradizione Duhamel realizza gli auspici di un grande estimatore di tecniche tradizionali, Colbert, che ha auspicato la registrazione delle metodologie di lavoro di tutte le attività produttive della Nazione, un proposito in parte cospicua assolto dall’Encyclopedie di Diderot, che Duhamel integra illustrando processi tecnologici la cui analisi Diderot non avrebbe potuto affidare che a conoscitore altrettanto autorevole di boschi e legname.

La premessa di qualunque sistema razionale di tecnologia del legno è l'analisi chimica e fisica del materiale ottenuto dal taglio dei boschi. Con straordinaria lucidità, seppure nella limitatezza degli strumenti di analisi chimica disponibili al proprio tempo, Duhamel dedica il primo libro dell'opera all'esame del legno considerato fisicamente: nelle sue pagine raccoglie i risultati dei primi, primordiali tentativi di analisi chimica del legno, i procedimenti per distillare, dal legno delle specie che ne sono fornite, oli essenziali e resine, una serie di osservazioni sulla putrefazione dei materiali legnosi. Affronta, successivamente, il tema, di carattere eminentemente pratico, delle diversità che si riscontrano nei legnami delle medesime specie in dipendenza dei luoghi in cui siano cresciuti.

«Tutti convengono -asserisce nel terzo capitolo dello stesso libro-, che la natura del terreno o del suolo delle Boscaglie molto influisce sulla qualità dei legnami. Tutti accordano, che le Querce, gli Olmi ecc. cresciuti nei fondi paludosi sieno teneri di legno, e sottoposti a facilmente infracidirsi. Sono però varie le opinioni su di quella specie di terra che più convenga alle Piante, relativamente alla qualità del loro legno.»

Mercanti e artigiani sanno perfettamente che il legno di quercia, il legname da opera impiegato negli usi di maggiore rilievo, in particolare nell'edilizia e nelle costruzioni navali, presenta caratteristiche diverse secondo la regione di provenienza, e, per legni della medesima regione, secondo l'esposizione e la natura del suolo: per verificare la fondatezza dei canoni della tradizione lo scienziato francese illustra i risultati di una vasta serie di esperienze sulle proprietà dei legnami, in particolare di quercia, che ha condotto personalmente, o che ha fatto eseguire da funzionari della marina in regioni del Paese dalle diverse condizioni climatiche.

Oltre ai legnami francesi, ha esteso le prove a tronchi di quercia provenienti dall'Olanda e dall'Italia. A conclusione delle proprie indagini conferma le regole dell'esperienza, enunciando il principio che il peso specifico e la conservabilità dei legnami aumentano passando dai paesi settentrionali a quelli meridionali, dove il legname mostra generalmente una densità maggiore, purché, sottolinea, sia ricavato da alberi cresciuti su buoni terreni: terreni mediocri daranno ovunque legni cattivi. Ricercando una ragione naturalistica del risultato delle osservazioni, Duhamel avanza l'ipotesi, non priva di verosimiglianza, che sia la maggiore traspirazione cui gli alberi sono indotti dalle condizioni dei paesi caldi a rendere più consistenti i legnami: a conferma della propria supposizione ricorda la durezza dei legni tropicali, che giungono in Francia dalle colonie della Caienna, di San Domingo e della Martinica, che ha sottoposto a esperienze non meno minuziose di quelle che ha dedicato ai legnami del Vecchio Continente. Conclude la trattazione delle proprietà fisiche del legno del primo libro l'esposizione delle esperienze condotte dallo stesso Duhamel tra il 1733 e il 1744 per misurare le variazioni di peso durante l'invecchiamento di segmenti del tronco di grandi alberi ottenuti a distanza diversa dall'asse interno e a diversa altezza: all'argomento, come vedremo, lo scienziato francese dedicherà anche il terzo libro dello stesso volume, nel quale esaminerà la fondatezza delle antiche credenze sulla scelta dei tempi più convenienti per il taglio, e il primo libro del secondo volume, dove approfondirà l'analisi del comportamento fisico del legname durante l'invecchiamento. Il libro termina con l'esame delle pratiche amministrative necessarie per l'autorizzazione al taglio dei boschi.

Tecnica ed economia nello sfruttamento dei cedui

Il secondo libro del primo volume approfondisce il tema, già sfiorato nell'ultima parte del trattato Des Semis et Plantations des Arbres, dello sfruttamento dei cedui: nel corpo dell'opera dedicata allo sfruttamento dei boschi Duhamel riserva all'argomento uno spazio proporzionato all'estensione dei boschi a taglio turnato nel territorio francese, e alla molteplicità dei bisogni che i loro prodotti sono destinati a soddisfare nell'economia del tempo. Come abbiamo rilevato esaminando il terzo dei trattati forestali dell'autore francese, il problema capitale per lo sfruttamento razionale dei cedui è la scelta dell'età più conveniente per il taglio: ribadendo i criteri proposti nelle pagine del Semis et Plantations, Duhamel sottolinea che nella generalità dei casi sarà interesse del proprietario protrarre la durata del turno quanto possibile verso il limite massimo, che fussa a 40 anni. Siccome, infatti, l'incremento della massa legnosa è proporzionale al diametro già raggiunto dalle piante, il suo aumento risulta correlato all'età delle piante da una relazione geometrica. L'incremento ponderale degli ultimi anni sarà cioè maggiore di quello degli anni giovanili. Per di più, gli assortimenti che si trarranno da un ceduo maturo avranno un valore merceologico maggiore di quelli che si ottengono da un ceduo più giovane:

«Ne risulta -leggiamo, ancora nella traduzione dell'abate Perini, all'articolo II del primo capitolo del II libro- che un Campo di Piante da taglio di 20. anni, il quale desse 8. cataste di legne, 800. fascine, oppure un moggio, e mezzo di carbone, produrrà ai 25. anni 12. cataste, 1200. fascine, o due moggi, e 4/5. di carbone; ed ai 30. anni 18. cataste, 1800. fascine, o tre moggi, e 3/8. di carbone; di modo che se questo Campo sarà stato venduto 120. lire ai 20. anni, varrà 180. lire ai 25 anni, e 270. ai 30. anni, oltre l'aumento di prezzo degli alberi di riserva...

Si dirà che un Bosco di 25. anni ha occupato la terra per lo spazio di cinque anni, e siccome questo spazio di 5. anni viene ad essere il quarto di anni 20. aggiungendo un quarto al prodotto di questo Bosco, che abbiamo detto essere di lire 120 ... sarà di 150. lire; il suo prezzo ai 25. anni è di 180. lire: e quindi il profitto supera di gran lunga il quarto, o la somma di 30. lire.»

Proposti i criteri per determinare l'entità del reddito ritraibile da un ceduo in dipendenza della lunghezza del turno prescelto, monsieur du Monceau formula una serie di dettagliati computi per la ricerca del valore della massa legnosa di cedui a vari stadi di maturità, consistenti, secondo le modalità di impianto adottate, di diversi assortimenti delle varie specie forestali. Nella loro realizzazione dalla determinazione del valore di un ceduo la cui massa legnosa sia stata abbattuta e misurata, procede alla deduzione dei criteri di stima dei boschi in piedi: affronta, così, il tema fondamentale dell’economia forestale, costituendo la compravendita dei boschi in piedi la conclusione dell'impegno agronomico ed economico del proprietario, l'introduzione dei prodotti forestali, ad opera di un imprenditore commerciale, nel circuito del consumo e della trasformazione industriale.

Per la ricerca dell'entità più probabile della massa legnosa presente in un bosco Duhamel codifica le regole per la scelta di un campione di alberi che rispecchi le qualità medie della foresta oggetto di vendita, e propone una serie di criteri per la loro classificazione e per la stima delle loro dimensioni. La ricerca del valore della massa legnosa di una foresta si realizza, quindi, attraverso una serie di operazioni materiali, di calcoli matematici, di valutazioni economiche. Ordinandone con rigore logico la successione, Duhamel pone le fondamenta di una disciplina destinata a costituire una branca specifica delle scienze economiche: l'estimo forestale, che nella stima del valore dei boschi conserverà il più precipuo degli oggetti di indagine.

Dai cedui una messe di beni essenziali per l’economia umana

Abbiamo notato, commentando le pagine di Olivier de Serres, la vastità della gamma dei prodotti che l'economia rurale dei primi secoli dell'Età moderna trae ancora dalla foresta: moltiplicando e arricchendo le osservazioni del predecessore, Duhamel du Monceau ci offre un quadro straordinariamente articolato della pluralità di beni di consumo e oggetti durevoli che l'economia del suo tempo trae dallo sfruttamento dei cedui: fascine e legna spaccata per le stufe domestiche, carbone per i forni delle manifatture, cerchi per la fabbricazione delle botti, vinchi per la produzione dei cesti, rami per quella di forche e manici, pertiche per scale, scorze di quercia per le concerie, scorze di tiglio per la produzione di corda, pali e fascine per le trincerazioni militari. La singolare penetrazione con cui l'autore francese illustra la meccanica delle operazioni manuali, descrive gli attrezzi impiegati, esamina le caratteristiche dei prodotti finiti, attribuisce alla sua trattazione il ruolo di documento sul ruolo del legno nelle attività umane nel momento cruciale della storia dell'Occidente in cui l'antica economia rurale è investita dal sommovimento che porterà alla nascita dell'economia moderna, urbana e industriale.

Dal panorama delle industrie forestali che prende corpo nelle pagine del Governo dei boschi, tra gli innumerabili elementi significativi, trascrivo due passi, uno sul prelievo della scorza di quercia destinata alle concerie, uno sulla produzione del carbone. Oltre al significato di testo cardinale per la storia delle industrie del legno, la nitidezza della prosa di Duhamel ne fa testimonianza vibrante dell'intensità della vita e del lavoro nelle foreste europee del Settecento.

«Nel mese di Maggio, quando le Quercie sono in sugo -leggiamo al paragrafo 8 del secondo capitolo del secondo libro-, lavorano i Taglialegne nei Boschi per cavare la scorza. Levano primieramente col ronco tutti i rami, che partonsi dal tronco; poi col medesimo ferro fanno un taglio circolare da piedi, e in cima del tronco delle Quercie giovani, che possono avere una circonferenza di sei fino ai dodici, e quindici pollici; dopo fendono la scorza colla punta del detto ferro per tutta la lunghezza del tronco, ed allora passano un istrumento di ferro, o di legno duro simile ad una spatola, ed alquanto curvo di forma, tra il legno, e la scorza, che in quella stagione suole agevolmente staccarsi: sul far della notte si ammontano le dette scorze; si mettono l'una dentro dell'altra per fame dei mazzi, i quali si rinserrano a misura che dette scorze vanno seccandosi; e questi vendonsi a chi ha molini per le Concie.»

Leggiamo, invece, in tema di preparazione del carbone, al paragrafo 10 dello stesso capitolo: «Ogni sorta di legno è buona a far carbone: una delle principali condizioni si è, d'adoperare quel tale legno che costi manco, perché il prezzo del carbone sia moderato; varia per altro si è la qualità del carbone, secondo la varia specie del legno: il carbone di legno forte, come di Quercia, di Spina, ec. manda molto calore; quello di legno dolce è atto a temperare i metalli, che si lavorano; il carbone di Faggio, e di Carpine, vien dopo di quello fatto di Quercia, e di Spina... dopo di questo ne viene quello di Castagno, e di Acero... Il sito che si determina per farvi le fornaci da carbone, si chiama Fossa, o Buca. Si prende un luogo alquanto elevato, acciocché non si raduni l'acqua: non vi devono essere ceppaje, o almeno pochissime, per non danneggiare le piante: bisogna stare attenti, acciocché non si attacchi il fuoco alle Tamarici, o alle Felci, le quali potrebbero produrre grandi incendj … Il Capo Carbonajo, che chiamasi lo Spianatore, segna il giro della fornace, a cui egli dà un diametro di otto passi ...e dopo avere bene spianato colla pala e col zappetto il giro della fornace, pianta in terra nel centro di detto giro una pertica a guisa d'un albero da nave... I Carbonaj trasportano le legna alle fornaci colle carriole...e mentre molti operaj intenti sono a un tale officio, lo Spianatore comincia ad alzare la fornace; i primi pezzi di legno, che si mettono intorno all'albero, devono essere secchi...intorno a questo primo giro di legne secche dispone lo Spianatore una seconda fila con dei pezzetti da carbone; ne mette una terza, una quarta, una quinta, e così facendo finché il giro del terreno sia del tutto coperto di pezzi di legno...

Quando il primo letto... è formato dall'unione di quei giri che abbiamo detto, s'alza sù di questo primo un secondo letto, che si chiama cerchio...

Il terzo letto, che si chiama il grand'alto, si forma coll'unione di varj giri, come i due primi... Sul terzo letto, o sia sul grand'alto, si alza un quarto piano, che si chiama l'alto piccolo, ed alle volte un quinto; si seguita ad aggiunger legna alla circonferenza dei letti; cominciando sempre dal più basso, finché tutti i letti così accomodati presa abbiano la forma d'una cupola di Chiesa.»

Il governo delle fustaie per il legname da opera

Esaurito il tema dello sfruttamento dei cedui, nel terzo libro del primo volume l'autore francese affronta i problemi dell'utilizzazione dei boschi d'alto fusto. Seguendo il medesimo criterio con cui ha sviluppato il primo tema, anche per le fustaie Duhamel enuncia le regole per la stima in occasione della vendita in piedi, illustrando i criteri mediante i quali procedere alla misurazione della massa legnosa e all’apprezzamento delle sue attitudini al soddisfacimento delle diverse esigenze dell'industria, i due elementi dalla cui combinazione se ne desumerà il prezzo di mercato.

Ricordate le precauzioni per il corretto svolgimento della visita degli ispettori forestali cui è demandata l'autorizzazione all'abbattimento di una fustaia, che si concretizza nella bollatura degli alberi col martello-punzone portante l'emblema reale, l'agronomo francese propone la rassegna delle trentasei specie forestali più diffuse nelle foreste del Regno, illustrando di ciascuna i caratteri biologici, le esigenze climatiche e pedologiche, gli impieghi economici per i quali il legno è più consono. In tema di utilizzazione tecnologica delle diverse specie, Duhamel ribadisce che le qualità fisiche del legname della medesima specie mostrano un'ampia variabilità in dipendenza dell'ambiente in cui le piante siano cresciute. Come esempio delle sintetiche schede botaniche e dendrologiche che compone per ognuna delle specie considerate, trascrivo quella che dedica al pino:

«Fassi grand'uso del legno di Pino -leggiamo al paragrafo 13 del IV capitolo-. Con questo si fanno l'antenne delle Navi; si foderano le carene dei bastimenti destinati a scorrere i Mari fecondi di molti vermi;

...Ma le specie tutte del Pino atte non sono a tali usi; e quantunque noi coltiviamo molte specie diverse, io non sono ancora in istato di potere indicare precisamente a quale specie dare si debba la preferenza...

Il legno di Pino non deve esser bianco; questo è un colore, che indica ch'egli è poco resinoso: deve essere d'un giallo chiaro...

Bisogna che i Pini abbiano compiuta una certa età, prima di avere acquistata la perfezione della loro buona qualità: i giovani hanno troppo albume, lo che è un difetto.»

L’influenza della luna sulla qualità dei legnami

Col quinto capitolo del terzo libro Duhamel affronta il tema Della stagione, in cui si debbono atterrare gli alberi:

«Vi sarà certamente chi si sorprenderà del titolo di questo Capitolo -annota introducendo la trattazione- e di veder piantata una questione, la quale è determinata dalle leggi, e decisa da tutti quelli, che fanno tagliare i loro Boschi. Ingiunge la legge d'atterrare le Piante a Luna scema, e dopo il cader delle foglie fino allo spuntar delle gemme. Sostengono i Boscajuoli esser questa la regola da seguirsi perché secondo loro devonsi atterrare gli alberi in quel punto, che il legno ha in sé più di sugo.» È proprio il fondamento dell'antica convinzione, sulla quale si basa tanto la pratica dei legnaioli quanto la normativa di polizia forestale, che manca, secondo lo scienziato francese, di qualunque avallo sperimentale: per superare l'aleatorietà della consuetudine Duhamel si è proposto di verificarne la consistenza attraverso un'ampia serie di esperimenti, di cui descrive le modalità e i risultati. È un vasto novero di prove, confronti, osservazioni, alla cui illustrazione lo scienziato francese dedica le ultime cento pagine del primo volume, dense di tabelle che propongono con didascalica evidenza i dati acquisiti nel complesso programma di indagini.

Tra le prove più significative, per l'originalità della metodologia impiegata, si può citare la comparazione della densità del legno di alberi abbattuti in mesi diversi dell'anno, che Duhamel desume dal rapporto tra il peso di segmenti degli stessi alberi e il loro peso di volume rilevato con una bilancia idrostatica appositamente costruita. Un interesse equivalente propone la misurazione delle perdite di peso, rilevate a scadenze mensili, nel corso della stagionatura di segmenti di legno tagliati in inverno, primavera ed estate, e il confronto tra i carichi di rottura di sbarre di quercia ricavate da alberi atterrati in mesi diversi e stagionati per tre anni, un confronto che, per essere certo della significatività dei risultati, Duhamel ripete su una pluralità di sbarre ottenute da coppie di piante, così da compensare le differenze determinate dalla resistenza particolare di parti specifiche degli alberi.

Ma gli elementi più significativi del vasto piano sperimentale sono le esperienze che lo scienziato francese conduce per verificare la fondatezza dell'antico convincimento per il quale la qualità del legname dipenderebbe dalla fase lunare durante la quale se ne sia compiuto l’abbattimento. Affrontando, con la libertà intellettuale della scienza del suo tempo, e con originalità di coordinate sperimentali, uno dei temi inviolabili della più antica scienza della natura, Duhamel ricorda l’ossequio che macellai, levatrici e medici rivolgano alle antiche regole sugli influssi lunari: l'equiparazione dei medici ai macellai e alle levatrici non pare prova della speciale considerazione di un grande naturalista per la pratica medica del tempo: «Ma non v'è -sottolinea nell'VIII articolo del quinto capitolo- chi abbia nelle influenze Lunari tanta fiducia, quanto quelli che si dilettano d'Agricoltura.» Tra quanti si occupano di cose agricole, anche «Quelli, che fanno i tagli dei Boschi, si sono lasciati trasportare dalla corrente, ed hanno attribuito alla Luna tutti gli accidenti che hanno veduti succedere nelle Piante.»

Tramandati da una generazione a quella successiva, i convincimenti di proprietari e boscaioli non sono mai state sottoposte a verifica sperimentale. Per realizzare quella verifica riferisce di avere svolto un piano di ricerche di ampiezza pluriennale: abbattuti, in corrispondenza delle successive fasi di luna calante e di luna crescente, nel mese di dicembre dell'anno 1732, del gennaio e del febbraio dell'anno successivo, tre alberi cresciuti in identiche condizioni di terreno e di esposizione, conservatone uno per ogni tema in un diverso ambiente di stagionatura, ne ha esaminato, nel novembre del 1735, le caratteristiche fisiche. Ha condotto, contemporaneamente una seconda serie di prove per controllare l'andamento delle perdite di peso di alberi abbattuti secondo modalità identiche.

I risultati delle prove conducono ad una conclusione apparentemente paradossale: contro la credenza tradizionale, per la quale i legnami migliori si otterrebbero dagli alberi abbattuti in luna calante, da tutte le esperienze eseguite è risultata una lieve superiorità di quelli abbattuti in luna crescente. Nella spiegazione con cui commenta il risultato traspare l'ironia dello scienziato che ha dimostrato come, misurate sul terreno sperimentale, le credenze antiche possano dimostrarsi altrettanto vere del loro contrario:

«Ho esposto sul principio del presente articolo -leggiamo al paragrafo 25 dell'articolo VIII del quinto capitolo-, quanta apparenza vi sia che la Luna niente contribuisca sulla qualità dei legni che si vogliono tagliare, e le ragioni che addurre si possono per appoggiare un tal sentimento sono tanto palpabili, che quasi si accostano all'evidenza, ed alla dimostrazione; e confesso, che se prefisso io non mi fossi di non avanzar cosa alcuna senza provarla coll'Esperienza, avrei forse tralasciato di farne alcuna sù di ciò, ma pure si è visto, che nelle diciassette Esperienze quì di sopra riportate non solamente una non ve n'ha, con cui concludere, che debbansi tagliare gli alberi a Luna scema, come tutti credono; ma che anzi all'opposto sembra, che la maggior parte delle medesime dimostri essere utile il tagliarli a Luna crescente. Ma con tutto ciò è questa una conseguenza da dedursi? Io sono ancora ben lungi dal crederlo; e siccome nelle dette Esperienze molte se ne incontrano, ove tutto sta in parità, io credo cosa prudentissima il passar sopra di quelle piccole circostanze, che sono favorevoli alla Luna crescente.»

Tecnica ed economia della trasformazione del legname

Il secondo volume del Governo dei boschi è dedicato all’utilizzazione del prodotto delle fustaie: concluso, nel primo volume, l'esame del ciclo vitale dell'albero, dalla nascita all'atterramento, nell'ultima parte dell'opera Duhamel esamina le prime fasi del ciclo della trasformazione del legname. È nella foresta, infatti, sullo stesso terreno in cui l'albero è cresciuto ed è stato abbattuto, che il legname è sottoposto alle fasi iniziali dei processi che lo trasformeranno in arredi e strumenti per l'economia umana. Alla pari del ceduo, nel quadro dell'economia del Settecento la fustaia non fornisce, infatti, legni grezzi: i prodotti che prenderanno la strada delle città e delle manifatture sono costituiti fondamentalmente da semilavorati.

È sul luogo dell'abbattimento che il Mercante che ha acquistato la foresta decide della destinazione del legname, cercando per ogni tronco l'uso più vantaggioso consentito dalle caratteristiche della specie, dalle dimensioni, dalle qualità intrinseche. Secondo la sua scelta ogni tronco viene affidato all'opera di uno dei diversi mestieri che partecipano alla prima trasformazione del legname. Terminato il lavoro dei Taglialegne, i legnami passano, infatti, nelle mani di Artefici ripartiti in gruppi professionali distinti per la specificità delle mansioni, per la peculiarità delle procedure tecnologiche, per la particolarità degli attrezzi, per la specificità dei rapporti contrattuali con l'appaltatore: Fenditori, Lavoranti di sgorbia, Lavoratori di zoccoli, Tornitori, Segatori.

Dal profilo che Duhamel traccia di ogni gruppo prende vita un quadro dello stesso interesse tecnologico e del medesimo potere evocativo di quello che l'autore francese ha delineato dei lavori di trasformazione della legna dei cedui, una testimonianza di inestimabile valore di un contesto di attività produttive in pieno rigoglio, destinate a dissolversi, in meno di cento anni dalla pubblicazione dell’enciclopedia forestale, alle trasformazioni del tessuto produttivo determinate dalla rivoluzione industriale.

Con il rigore abituale, prima di affrontare i dettagli delle pratiche di trasformazione, Duhamel si preoccupa di verificare la razionalità della tradizione che prescrive che la prima lavorazione dei legnami si svolga sul luogo dell'abbattimento. A conferma della fondatezza della consuetudine identifica due ragioni, una di natura tecnologica, il procedere delle alterazioni del legname dopo l’abbattimento, una di natura economica: il costo minore del trasporto di prodotti semilavorati rispetto ai tronchi grezzi. Tra le due è la prima, condizione della qualità dei manufatti ottenuti, che sottopone all'esame più meticoloso. Riferendo i risultati di un'altra serie di prove sperimentali, logicamente complementari di quelle illustrate nel primo volume in tema di scelta dei tempi di abbattimento, propone alcune ipotesi per spiegare il processo di invecchiamento del legno e le conseguenze che ne derivano sullo stato fisico dei legnami conservati. Seppure non costituendo, secondo le parole dello stesso autore, che congetture preliminari, esse rivelano la straordinaria penetrazione dell'approccio sperimentale dello scienziato francese, la solidità delle acquisizioni che le sue ricerche assicurano per la comprensione di un processo in cui si sommano complessi fenomeni fisici e fisiologici.

Ogni tronco d'albero, spiega il naturalista francese, è costituito da una serie di cilindri legnosi concentrici, la cui densità risulta decrescente dal centro verso la periferia, dagli strati più maturi, cioè, a quelli più giovani. Alla diversa densità corrisponde un diverso contenuto d'acqua, che negli strati periferici è maggiore che in quelli centrali. Disseccandosi, il legno dovrà quindi perdere quantità d'acqua diverse alle diverse distanze dal centro del tronco: mostrerà, quindi, la tendenza a crepacciare, e la dimensione delle crepe sarà proporzionale al volume d'acqua contenuto dai diversi strati: esse avranno, perciò, una forma tendenzialmente parabolica. Oltre alla riduzione del volume, che determina la formazione di crepe, la perdita d'acqua è causa della contrazione delle fibre longitudinali, che provoca l'inarcamento dei legni nel corso della stagionatura. Abbandonati al processo naturale di disidratazione saranno i tronchi migliori, quelli costituiti, al proprio interno, dal legno più maturo, a subire le alterazioni più gravi. La constatazione dimostra i vantaggi della riduzione dei tronchi, immediatamente dopo l’abbattimento, alle dimensioni dei manufatti al cui ottenimento siano destinati.

«Ho provato con molte Esperienze -leggiamo all'articolo VIII del secondo capitolo del IV libro-, che i legni si squarciano tanto meno, quanto maggiore si è il numero delle parti, in cui sono divisi. Un albero se gato in due si fenderà meno, che se restato fosse intiero; si squarcierà anche meno, qualora si seghi in quattro... e quindi per ricavar profitto da quelle osservazioni...bisogna far segare nel bosco anche le assicelle, le tavole, le arcate... e generalmente tutti quei pezzi, che non devono essere impiegati interi nella costruzione delle Navi...»

Oltre ai vantaggi tecnologici, a favore della lavorazione del legno in foresta sussiste la ragione economica: il costo inferiore del trasporto dei semilavorati rispetto ai tronchi interi. Con l'abituale chiarezza, Duhamel la enuncia qualche riga più avanti: «La facilità del trasporto merita pure anch'ella d'essere valutata; poiché i pezzi lavorati in tal guisa, essendo meno grossi, potranno anche esser levati con piccoli cariaggi; nelle stagioni piovose, e per le strade cattive... anche più, tutti i membri della Gallera, eccettuate le ruote di poppa, e le stelle da prua, possono esser caricati sulla schiena di mulo...»

Carri da cannone, zoccoli, basti e scodelle

Enunciate le ragioni tecniche ed economiche che confermano la convenienza della prima lavorazione dei legnami nel bosco, Duhamel affronta la rassegna dei processi produttivi che si realizzano nelle officine forestali. Con l'abituale maestria espositiva ne ordina i prodotti in classi corrispondenti ai diversi procedimenti tecnologici, all'opera, cioè, dei diversi mestieri in cui si ripartiscono le maestranze che realizzano la prima trasformazione del legname.

La prima delle categorie merceologiche che esamina è quella dei segmenti destinati alla fabbricazione di carriaggi e affusti da cannone: la loro lavorazione non richiede che un primo dirozzamento del legname, che eseguono con l'ascia gli stessi taglialegna che hanno abbattuto le piante. La seconda produzione che descrive è quella degli zoccoli, la calzatura di uso abituale, al suo tempo, dei contadini francesi. La loro fabbricazione è opera di Artefici che tramandano da una generazione all'altra una complessa procedura di lavoro e un ricco corredo di arnesi. La qualità delle calzature dipende infatti dall'abilità del lavorante:

«Questo è un lavoro -leggiamo all'articolo IV del terzo capitolo del quarto libro-, che esige destrezza; perché: 1. bisogna che lo zoccolo sia più largo nel punto, dove corrisponde il forte del piede, che nell'ingresso, o sia imboccatura; 2. non bisogna lasciarvi troppo legno, perché allora sarebbe di soverchio peso; 3. bisogna scavare lo zoccolo in maniera che il piede agiatamente vi posi; ed a tal fine è d’uopo, che la intera forma dello zoccolo non sia in verun conto simmetrica, acciocché le dita dei piedi possano comodamente giocare...»

Tra le industrie boschive un'importanza particolare riveste la Fenditura, l'operazione con cui i membri di un altro dei mestieri forestali, servendosi di mazze e di speciali scalpelli, fendono longitudinalmente i tronchi ricavandone strumenti e utensili per gli usi più differenti, dai remi da galera alle doghe per botti, dagli embrici per la copertura delle case a cerchi per setacci, e i semilavorati destinati ad un'altra categoria di Artefici, che ne ricaveranno prodotti finiti per l'economia familiare: le opere di raschia.

Come le attività di trasformazione già esaminate, anche la Fenditura richiede considerevole destrezza: l'operaio deve infatti controllare la corsa dello scalpello in modo da determinare con precisione lo spessore dei segmenti di legno che separa dal tronco. È la lunga esperienza a insegnare al Fenditore come guidare, con un abile gioco di pressioni sullo strumento e sul tronco, serrato nello speciale Pancone per fendere, la traiettoria dello scalpello. Volendo superare i limiti della pratica artigiana, Duhamel esamina lo svolgimento dell'operazione in termini geometrico - meccanici, desumendo una serie di indicazioni per ottenere da ogni tronco il numero maggior pezzi, riducendo al minimo lo sfrido, e realizzando la più completa utilizzazione del legname.

Una parte dei legni lavorati dai Fenditori passerà nelle mani di un altro dei mestieri forestali: i lavoranti di raschia, una lunga lama terminante in due manici. Dai segmenti di legno grezzo ricavati dalla fenditura essi ricavano una serie di oggetti pronti per le attività domestiche o per successivi lavori industriali: fascere per la produzione del formaggio, pale da forno, cucchiai, mescole da bucato, assicelle per foderi da spada. Analogo al lavoro di raschia è la produzione di basti e selle, la cui fabbricazione è opera di un altro specifico mestiere, quello degli Arcionieri.

Una parte ulteriore del legno digrossato dai fenditori passa nelle mani dei Tornitori. Sono, anche questi, Artefici che si spostano al seguito degli appaltatori dei tagli: nelle foreste dove sostano per svolgere il proprio lavoro erigono una capanna di frasche, al riparo della quale montano un primitivo tornio a pedale. Da segmenti di legno di faggio, di olmo o di frassino ricavano scodelle, forme per la fabbricazione di candele, ruote per pulegge. I pezzi torniti vengono accatastati al riparo dal sole, alla fine di ogni settimana di lavoro i Tornitori accendono un fuoco di legna umida ed affumicano i propri prodotti, prestando grande attenzione, annota Duhamel, «non solamente perché il fuoco non s'appicchi ai lavori, ma anche perché i pezzi non prendano troppo calore, e non s'abbronziscano, o vengon neri.»

Legni dritti e legni curvi per vascelli di pace e di guerra

L'ultimo libro dell'opera è dedicato ai Legni quadri, le travi e le tavole squadrate a sega destinate alle opere di carpenteria edile e, soprattutto, alle costruzioni navali. Alla preparazione dei legnami per i cantieri navali Duhamel du Monceau dedica un'attenzione particolare: in piena età mercantilistica il mare è teatro del confronto tra le potenze europee per il predominio economico e militare. Per imporsi nel certame la prima condizione è la disponibilità di flotte di vascelli ben costruiti e bene equipaggiati, conservate nella propria potenza con l'immissione continua di nuove unità per sostituire quelle perdute in battaglia, deteriorate dagli anni o superate dai progressi delle tecniche nautiche.

Architetto navale e ispettore generale della marina, Duhamel è maestro di tecnologia navale: nello scibile multiforme delle proprie opere annovera, abbiamo rilevato, i prestigiosi Elements d'Architecture Navale, un manuale di cantieristica arricchito dei disegni dei tipi più importanti di vascello. La singolare combinazione delle conoscenze di cultore di scienze forestali e di architetto navale gli consentono di svolgere, nei capitoli sui legni per la cantieristica, una vasta revisione delle tecniche tradizionali di preparazione dei legni da nave, formulando i criteri con cui orientare il lavoro degli operai forestali in coerenza alle esigenze nuove dei cantieri. Sviluppando il proprio esame con la consueta penetrazione, il primo tema che affronta è la comparazione dei vantaggi delle diverse pratiche seguite dalle nazioni marinare nella fornitura di legname ai cantieri: «I legni da modello -scrive all'articolo I del terzo capitolo del libro V -, che cavansi dalle diverse Provincie per li Porti di Brest, e di Rochefort, sono tutti lavorati, come quelli di Provenza per li racconci...

Non sogliono comunemente gl'Inglesi dar forma alcuna ai legnami prima di condurli nei Porti; cavano solamente i rami inutili e la scorza, e molte volte gli mettono nell'Arsenale con due, e più rami dei più grossi.

Gli Olandesi seguitano in ciò la strada di mezzo; fanno riquadrare alla meglio i legni nei Boschi: dico alla meglio, perché tutti i legni che vengono nei loro Porti, hanno qualche porzione di grezzo...

Ciascheduna di queste pratiche ha i suoi vantaggi, e i suoi inconvenienti. Vi è un pochissimo discapito sui legni lunghi, che sono stati riquadrati nei Boschi quasi sul vivo... Dall'altra parte quando i legni sono stati solamente lavorati alla meglio, vi è il vantaggio di poter cambiare il di loro destino...»

Soffermandosi sugli inconvenienti dell'uso francese di sagomare i pezzi da nave sul luogo del taglio, Duhamel deplora gli sprechi provocati dalla diffusa pretesa di fornire ai cantieri pezzi per imbarcazioni di grandi dimensioni: ridurli alla misura adeguata a bastimenti di dimensioni medie impone inevitabilmente un grave sfrido di legname. «Si brama sempre nei Porti avere dei Vascelli molto grossi; ed a tale oggetto si chiedono continuamente ai Provveditori dei pezzi grossissimi a costo anche di ridurli, qualora non vi sieno da fabbricare, se non Vascelli di rango inferiore. Io dico, che le dimensioni che eccedono quelle dei membri dei Vascelli, che si costruiscono, tali quali si pratica assegnarle ai Provveditori...recano un notabile danno al servizio della marina.»

L'interesse dell'economia nazionale impone, quindi, la stretta intesa tra i responsabili dei cantieri e i funzionari che presiedono al taglio delle foreste, così da realizzare la maggiore corrispondenza possibile tra le parti necessarie alle costruzioni in corso ed i pezzi sagomati nei boschi. Enunciato il canone per lo sfruttamento più razionale dei legnami abbattuti, Duhamel svolge la sommaria descrizione delle categorie fondamentali dei pezzi impiegati nei cantieri, che sono tutti legni quadri, ridotti, cioè, dall'originaria forma tonda ad una forma a facce piane e spigoli quadri. La categoria si suddivide tra i legni dritti, i legni curvi, e i legni da sega. I pezzi delle prime due classi sono preparati direttamente con la scure dai Taglialegne che hanno abbattuto gli alberi, i legni da sega, le grandi tavole destinate alla costruzione dei ponti, ricevono la propria forma a opera di un'altra delle categorie degli operai della foresta, i Segatori.

«I Segatori per lungo -spiega Duhamel al I articolo del quarto capitolo- non possono essere meno di due Lavoranti per eseguire il lavoro; comunemente sono tre, e non son troppi per mettere i pezzi grossi sul cavalletto. Posto che sia un tal pezzo al suo segno, un Operante montato sul detto pezzo, rialza la sega e la dirige sopra del segno; uno, o due altri, situati sotto al pezzo, tirano abbasso la sega; e siccome i denti della sega non mordono, che nello scendere, così vi abbisogna maggior forza per farla scendere, che per farla salire, e per questo appunto vi sono due Lavoranti da basso...

Ogni volta che l'artefice ritira la sega all'insù, la discosta un poco, acciocché i denti non freghino il legno, lo che sarebbe molto faticoso... Per rendere anche la sega più scorrevole, si frega di tanto in tanto la lama con del lardo, e si caccia una zeppa nella già principiata apertura...»

È l'ultima delle vivide descrizioni dell'opera degli Artefici che ricavano dal bosco i prodotti che il legname assicura alla vita civile e alla potenza militare. Una testimonianza ulteriore dell'attenzione dell'enciclopedista francese per le tecniche di lavoro degli artigiani del suo tempo, quegli artigiani che nella prefazione del Governo dei Boschi ha invitato a «non trattar da Automati», dichiarandoli depositari di un patrimonio di cognizioni pratiche e di abilità operativa essenziale alla vita produttiva del Paese. L'imponente edificio forestale che si compie con gli ultimi capitoli dell’Exploitation des Bois non costituisce, peraltro, che l'espressione dell'impegno a sottoporre al vaglio della nuova metodologia sperimentale le nozioni agronomiche e le pratiche operative maturate nel confronto con la natura di decine di generazioni di boscaioli, artigiani, marinai. È assumendo la pratica contadina e artigiana quale termine costante di riferimento, fornendole il supporto delle proprie acquisizioni e lo stimolo dei propri interrogativi, che la scienza sperimentale appresta le condizioni fondamentali per lo sviluppo dell'economia moderna. La cui prima caratteristica sarà l'interscambio tra conoscenza scientifica e applicazione pratica, un interscambio che consentirà alla società umana il soddisfacimento di bisogni mai, nella propria storia millenaria, appagati