<dc:title> Storia della letteratura italiana </dc:title><dc:creator opt:role="aut">Girolamo Tiraboschi</dc:creator><dc:date>1822</dc:date><dc:subject></dc:subject><dc:rights>CC BY-SA 3.0</dc:rights><dc:rights>GFDL</dc:rights><dc:relation>Indice:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VI, parte 2, Classici italiani, 1824, VIII.djvu</dc:relation><dc:identifier>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Storia_della_letteratura_italiana_(Tiraboschi,_1822-1826)/Tomo_VI/Prefazione&oldid=-</dc:identifier><dc:revisiondatestamp>20190408160240</dc:revisiondatestamp>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Storia_della_letteratura_italiana_(Tiraboschi,_1822-1826)/Tomo_VI/Prefazione&oldid=-20190408160240
Storia della letteratura italiana - Prefazione Girolamo TiraboschiTiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VI, parte 2, Classici italiani, 1824, VIII.djvu
[p. vmodifica]PREFAZIONE
Eccoci finalmente giunti a quel secolo di cui non
credo che v’abbia il più celebre e il più glorioso nel la
stona dell’italiana letteratura, Io ammiro il secolo XVI,
in cui si può dire a ragione che l’Italia vedesse risorgere l’età d’Augusto; e quando mi converrà di parlarne, mi sforzerò di esporne, come meglio mi fia
possibile, i pregi e le glorie. Ma esso non sarebbe stato
sì lieto e sì fecondo di dotti ed eleganti scrittori , se
le fatiche e gli sforzi di que’ che gli aveano preceduti,
non avessero spianato loro il cammino, e segnata la
via. Dopo le invasioni de’ Barbari, l’Italia era a guisa
di un incolto terreno che altro non germogliava che
bronchi e spine, e ogni giorno più insalvatichendo, pareva omai ricusare qualunque coltura. Erano già oltre a
tre secoli, che alcuni aveano coraggiosamente intrapreso
a diboscarlo, ed aprirsi per esso a grande stento un
sentiero. Ma il loro numero era troppo scarso al bisogno; e mancavan loro comunemente que’ mezzi che
a riuscire nel gran disegno erano necessarj. Nel secolo xiv erasi continuato con più felice esito il faticoso
lavoro, e la munificenza dei principi per l’una parte,
e per l’altra l’industria e lo sforzo de’ diligenti coltivatori l’aveano tolto in gran parte all’antica orridezza.
I primi frutti che essi colsero co’ lor sudori, furono
quasi un segnale che invitò gli Italiani tutti ad accingersi alla difficile impresa, e accese ne’ loro cuori un
vivissimo generale entusiasmo per condurla a fine. Ecco
dunque sin dal principio del secolo xv tutta l’Italia
rivolta ardentemente a ravvivare le scienze, e a richiamare dal lungo esilio le belle arti. Si ricercano in ogni
angolo i codici, e s’intraprendono a lui fiue lunghi e [p. vimodifica]VI PREFAZIONE
disastrosi viaggi; si confrontan tra loro, si correggon,
si copiano , si spargon per ogni parte, si forman con
essi magnifiche biblioteche, e queste a comune vantaggio si rendon pubbliche; si apron cattedre per insegnare le lingue greca e latina, e in ogni città si veggon rinomatissimi professori d’eloquenza invitati a gara
dalle università più famose, e premiati con amplissime
ricompense. Le sventure de’ Greci costringon molti tra
essi a ricoverarsi in Italia; e si veggon in essa accolti con sommo onore, e ricercati dalle città e da’
principi che fan loro dimenticare le sofferte disgrazie.
Aristotele e Platone, Omero e Demostene non sono
più nomi o sconosciuti in Italia, o noti solo a pochissimi; e.appena vi ha uom dotto che non ne intenda
il linguaggio. Si formano numerose accademie, si tengono erudite adunanze , si propongono letterarj! combattimenti , si raccolgon da ogni parte diplomi, medaglie, iscrizioni, statue, cammei; si apron teatri; ogni
cosa spira antichità ed erudizione; si sporgono nuovi
lumi sulla filosofia e sulle matematiche; I astronomia
si rende più esatta, e scorti da essa i viaggiatori italiani scuoprono un nuovo mondo; la medicina, la giurisprudenza , le scienze tutte cominciano a rivestirsi di
luce non più veduta. I principi, i ministri, i generali
di armata , i magistrati, i grandi tutti si mostrano a
gara o coltivatori, o almeno mecenati e promotori delle
scienze; nè credon magnifiche abbastanza le loro corti,
se non danno in esso ricetto agli uomini dotti. A maggior felicità delle lettere si trova in Allemagna la stampa , ed ella è tosto ricevuta in Italia, sicchè nel corso
di pochi anni appena vi ha città in cui non sia introdotta. Al tempo medesimo risorgono a nuova vita le
belle arti, eia pittura, la scultura, l’architettura ritornano omai all’antica lor perfezione. In tal maniera questo terreno sì orrido prima e sì incolto, si vede già
libero e sgombro, e benchè serbi ancor qualche avanzo
del suo lungo squallore, vi alligna nondimeno il buon
seme, e vi germoglia felicemente, dando insieme speranza di frutti sempre migliori. Fu dunque il secolo xvi
per l’italiana letteratura assai più fecondo di leggiadri
ed eleganti scrittori, ma nei fasti di essi dee rimaner [p. viimodifica]PREFAZIONE VII
più glorioso il secolo xv, in cui tanti gran genj si videro
cospirare insieme, e affaticarsi con lieto successo a diradar del tutto le tenebre, a ricondurre f Italia allo
splendore e alla fama de’ primi secoli, e a renderla oggetto di meraviglia a tutto il mondo.
Questo è il gran campo eli* io prendo a correre; e
al primo entrarvi, e al vederne la sterminata estensione , per poco non mi vien meno il coraggio; tanti e
sì grandi e si diversi sono gli oggetti che mi si offrono
da ogni parte. Come poss’io lusingarmi di dare una
tale idea di questo gran secolo, che nulla ommettendo
di ciò che è glorioso alP Italia, non venga insieme ad
annoiare chi legge con soverchia lunghezza? E se ho
temuto in addietro di cader più volte in errore, mentre
pur la materia era assai più limitata e ristretta, quanto
più debbo temerlo, or che son costretto a ingolfarmi
in si vasto argomento? Ma pur mi conviene inoltrarmi;
e se avverrà che questo trattato della mia Storia sembri
più mancante e meno esatto degli altri; se parrà ch’io
abbia dimenticate più cose che ad onor dell* Italia si
dovessero ricordare; se si scopriranno più errori da me
commessi , io spero di ottenerne dal gentil animo de’
miei lettori quel cortese compatimento che non soglion
negare se non coloro che stoltamente lusingansi di non
errare giammai.
L’ampiezza dell* argomento mi ha necessariamente
costretto a dividere questo tomo in due parti e in due
volumi. La divisione sarà nondimeno la stessa che quella
dei tomi e de’ secoli precedenti. La prima parte abbraccerà il primo e il secondo libro; il terzo, la cui
materia è più vasta , sarà riservato alla seconda ch’io
tengo già pronta alla stampa (a). Solo il capo che appartiene alla storia, e che soleva esser l’ultimo del libro secondo, sarà ora il primo capo del terzo. Nè ciò
(a) Le copiose giunte poi fatte a questa parte della mia Storia
così nella prima edizione, come in questa, hanno costretto lo
stampatore a dividere non più in due, ma in tre parti questo
tomo, ciascheduna delle quali però formerà un volume di mole
non molto minore agli altri. [p. viiimodifica]Vili PREFAZIONE
pregiudica punto all’ordine delle materie } perciocché
la storia, come ho altrove osservato , può riferirsi ugualmente e alle scienze * in quanto ella è ricerca de’ fatti
accaduti, e all’amena letteratura t in quanto ella è
sposizione elegante e leggiadra de’ fatti medesimi. Ma
enlriam senz altro nell’argomento , che ci occuperà abbastanza , perchè non faccia d1 uopo di proemiar lungamente.