Storia della letteratura italiana (Tiraboschi, 1822-1826)/Tomo VI/Prefazione
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PREFAZIONE
Eccoci finalmente giunti a quel secolo di cui non credo che v’abbia il più celebre e il più glorioso nel la stona dell’italiana letteratura, Io ammiro il secolo XVI, in cui si può dire a ragione che l’Italia vedesse risorgere l’età d’Augusto; e quando mi converrà di parlarne, mi sforzerò di esporne, come meglio mi fia possibile, i pregi e le glorie. Ma esso non sarebbe stato sì lieto e sì fecondo di dotti ed eleganti scrittori , se le fatiche e gli sforzi di que’ che gli aveano preceduti, non avessero spianato loro il cammino, e segnata la via. Dopo le invasioni de’ Barbari, l’Italia era a guisa di un incolto terreno che altro non germogliava che bronchi e spine, e ogni giorno più insalvatichendo, pareva omai ricusare qualunque coltura. Erano già oltre a tre secoli, che alcuni aveano coraggiosamente intrapreso a diboscarlo, ed aprirsi per esso a grande stento un sentiero. Ma il loro numero era troppo scarso al bisogno; e mancavan loro comunemente que’ mezzi che a riuscire nel gran disegno erano necessarj. Nel secolo xiv erasi continuato con più felice esito il faticoso lavoro, e la munificenza dei principi per l’una parte, e per l’altra l’industria e lo sforzo de’ diligenti coltivatori l’aveano tolto in gran parte all’antica orridezza. I primi frutti che essi colsero co’ lor sudori, furono quasi un segnale che invitò gli Italiani tutti ad accingersi alla difficile impresa, e accese ne’ loro cuori un vivissimo generale entusiasmo per condurla a fine. Ecco dunque sin dal principio del secolo xv tutta l’Italia rivolta ardentemente a ravvivare le scienze, e a richiamare dal lungo esilio le belle arti. Si ricercano in ogni angolo i codici, e s’intraprendono a lui fiue lunghi e VI PREFAZIONE
disastrosi viaggi; si confrontan tra loro, si correggon, si copiano , si spargon per ogni parte, si forman con essi magnifiche biblioteche, e queste a comune vantaggio si rendon pubbliche; si apron cattedre per insegnare le lingue greca e latina, e in ogni città si veggon rinomatissimi professori d’eloquenza invitati a gara dalle università più famose, e premiati con amplissime ricompense. Le sventure de’ Greci costringon molti tra essi a ricoverarsi in Italia; e si veggon in essa accolti con sommo onore, e ricercati dalle città e da’ principi che fan loro dimenticare le sofferte disgrazie. Aristotele e Platone, Omero e Demostene non sono più nomi o sconosciuti in Italia, o noti solo a pochissimi; e appena vi ha uom dotto che non ne intenda il linguaggio. Si formano numerose accademie, si tengono erudite adunanze , si propongono letterarii combattimenti , si raccolgon da ogni parte diplomi, medaglie, iscrizioni, statue, cammei; si apron teatri; ogni cosa spira antichità ed erudizione; si sporgono nuovi lumi sulla filosofia e sulle matematiche; I astronomia si rende più esatta, e scorti da essa i viaggiatori italiani scuoprono un nuovo mondo; la medicina, la giurisprudenza , le scienze tutte cominciano a rivestirsi di luce non più veduta. I principi, i ministri, i generali di armata , i magistrati, i grandi tutti si mostrano a gara o coltivatori, o almeno mecenati e promotori delle scienze; nè credon magnifiche abbastanza le loro corti, se non danno in esso ricetto agli uomini dotti. A maggior felicità delle lettere si trova in Allemagna la stampa , ed ella è tosto ricevuta in Italia, sicchè nel corso di pochi anni appena vi ha città in cui non sia introdotta. Al tempo medesimo risorgono a nuova vita le belle arti, eia pittura, la scultura, l’architettura ritornano omai all’antica lor perfezione. In tal maniera questo terreno sì orrido prima e sì incolto, si vede già libero e sgombro, e benchè serbi ancor qualche avanzo del suo lungo squallore, vi alligna nondimeno il buon seme, e vi germoglia felicemente, dando insieme speranza di frutti sempre migliori. Fu dunque il secolo xvi per l’italiana letteratura assai più fecondo di leggiadri ed eleganti scrittori, ma nei fasti di essi dee rimaner PREFAZIONE VII più glorioso il secolo xv, in cui tanti gran genj si videro cospirare insieme, e affaticarsi con lieto successo a diradar del tutto le tenebre, a ricondurre f Italia allo splendore e alla fama de’ primi secoli, e a renderla oggetto di meraviglia a tutto il mondo. Questo è il gran campo ch’io prendo a correre; e al primo entrarvi, e al vederne la sterminata estensione , per poco non mi vien meno il coraggio; tanti e sì grandi e si diversi sono gli oggetti che mi si offrono da ogni parte. Come poss’io lusingarmi di dare una tale idea di questo gran secolo, che nulla ommettendo di ciò che è glorioso alP Italia, non venga insieme ad annoiare chi legge con soverchia lunghezza? E se ho temuto in addietro di cader più volte in errore, mentre pur la materia era assai più limitata e ristretta, quanto più debbo temerlo, or che son costretto a ingolfarmi in si vasto argomento? Ma pur mi conviene inoltrarmi; e se avverrà che questo trattato della mia Storia sembri più mancante e meno esatto degli altri; se parrà ch’io abbia dimenticate più cose che ad onor dell* Italia si dovessero ricordare; se si scopriranno più errori da me commessi , io spero di ottenerne dal gentil animo de’ miei lettori quel cortese compatimento che non soglion negare se non coloro che stoltamente lusingansi di non errare giammai.
L’ampiezza dell’ argomento mi ha necessariamente costretto a dividere questo tomo in due parti e in due volumi. La divisione sarà nondimeno la stessa che quella dei tomi e de’ secoli precedenti. La prima parte abbraccerà il primo e il secondo libro; il terzo, la cui materia è più vasta , sarà riservato alla seconda ch’io tengo già pronta alla stampa (a). Solo il capo che appartiene alla storia, e che soleva esser l’ultimo del libro secondo, sarà ora il primo capo del terzo. Nè ciò (a) Le copiose giunte poi fatte a questa parte della mia Storia così nella prima edizione, come in questa, hanno costretto lo stampatore a dividere non più in due, ma in tre parti questo tomo, ciascheduna delle quali però formerà un volume di mole non molto minore agli altri. Vili PREFAZIONE pregiudica punto all’ordine delle materie } perciocché la storia, come ho altrove osservato , può riferirsi ugualmente e alle scienze * in quanto ella è ricerca de’ fatti accaduti, e all’amena letteratura t in quanto ella è sposizione elegante e leggiadra de’ fatti medesimi. Ma enlriam senz altro nell’argomento , che ci occuperà abbastanza , perchè non faccia d1 uopo di proemiar lungamente.