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PREFAZIONE Eccoci finalmente giunti a quel secolo di cui non credo che v’abbia il più celebre e il più glorioso nel la stona dell’italiana letteratura, Io ammiro il secolo XVI, in cui si può dire a ragione che l’Italia vedesse risorgere l’età d’Augusto; e quando mi converrà di parlarne, mi sforzerò di esporne, come meglio mi fia possibile, i pregi e le glorie. Ma esso non sarebbe stato sì lieto e sì fecondo di dotti ed eleganti scrittori , se le fatiche e gli sforzi di que’ che gli aveano preceduti, non avessero spianato loro il cammino, e segnata la via. Dopo le invasioni de’ Barbari, l’Italia era a guisa di un incolto terreno che altro non germogliava che bronchi e spine, e ogni giorno più insalvatichendo, pareva omai ricusare qualunque coltura. Erano già oltre a tre secoli, che alcuni aveano coraggiosamente intrapreso a diboscarlo, ed aprirsi per esso a grande stento un sentiero. Ma il loro numero era troppo scarso al bisogno; e mancavan loro comunemente que’ mezzi che a riuscire nel gran disegno erano necessarj. Nel secolo xiv erasi continuato con più felice esito il faticoso lavoro, e la munificenza dei principi per l’una parte, e per l’altra l’industria e lo sforzo de’ diligenti coltivatori l’aveano tolto in gran parte all’antica orridezza. I primi frutti che essi colsero co’ lor sudori, furono quasi un segnale che invitò gli Italiani tutti ad accingersi alla difficile impresa, e accese ne’ loro cuori un vivissimo generale entusiasmo per condurla a fine. Ecco dunque sin dal principio del secolo xv tutta l’Italia rivolta ardentemente a ravvivare le scienze, e a richiamare dal lungo esilio le belle arti. Si ricercano in ogni angolo i codici, e s’intraprendono a lui fiue lunghi e