Storia della letteratura italiana (Tiraboschi)/Prefazione nuova edizione

Tomo I
Prefazione a questa edizione

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PREFAZIONE


A QUESTA NUOVA EDIZIONE.




II
l favorevole accoglimento, di cui gli eruditi Italiani hanno onorata questa mia Storia, le replicate edizioni, che nel corso di pochi anni se ne son pubblicate, e i Compendj, che se ne sono anche fatti nella Lingua Francese e nella Tedesca, potrebbono lusingarmi per avventura, ch’io avessi fatta opera degna della pubblica lode e dell’universale applauso. Ma il mio amor proprio non mi accieca a tal segno; e, consapevole a me medesimo de’ difetti del mio lavoro, non posso rimirare il favore, con cui è stato accolto comunemente, che [p. iv modifica]come un omaggio prestato all’Italiana Letteratura, che ne è l’argomento, e come un eccitamento a me stesso a correggerlo e a migliorarlo. A questo fine è diretta la nuova edizione, che ora ne offro al pubblico, in cui mi sono studiato di togliere dalla mia Storia gli errori, e di aggiugnerle molte altre notizie, che o l’erudizione e la gentilezza de’ miei amici mi hanno cortesemente additato, o la mia riflessione medesima mi ha suggerito.

Molti di fatto o colle opere lor pubblicate, o con lettere a me dirette mi hanno avvertito di qualche fallo, o comunicato qualche nuovo lume alla mia Storia opportuno. E io riconoscente alle amichevoli loro premure, ho emendati i passi, ne’ quali mi han fatto conoscere, ch’io m’era ingannato, o, se le lor ragioni non mi sono sembrate bastanti a farmi cambiar sentimento, con quella rispettosa sincerità, che trai coltivatori de’ buoni studj deesi usare a vicenda, ho addotti i motivi, che non mi permettevano di seguire la loro opinione. Così ho adoperato con quelli, che colle maniere proprie d’uom letterato hanno impugnato qualche passo [p. v modifica]della mia Storia. Ma perchè le difese, secondo i militari assiomi, debbon essere proporzionate alle offese, io spero, che i Lettori non si sdegneranno meco, se a chi talvolta con libri stampati ha vivacemente assalito non tanto me quanto l’onore dell’Italiana Letteratura, risponderò io pure alquanto vivacemente. Nel che però studierommi di fare in modo, che la vivacità si contenga entro i termini della urbanità e della moderazione, e che la maniera, qualunque ella siasi, dagli avversarj tenuta nell’assalirmi non mi ritenga giammai dal darmi lor vinto, quando io vegga, ch’essi combatton con armi alle mie superiori.

Io guarderommi qui dall’inquietar le ceneri de’ trapassati, e dal rispondere ad uno, che diffinì gravemente, la mia Opera non esser altro che un ammasso di fatti e di date col titolo di Storia Letteraria. Diasi ciò al dolore di un uomo, che veggendo dalla esatta osservazion delle date rovesciato un sistema, di cui compiacevasi, si rivolse sdegnosamente contro quell’arme, da cui sentivasi punto. Io son [p. vi modifica]persuaso, e spero, che niuno vorrà contrastarmelo, che la verità e l’esattezza sono la prima dote, che in uno Storico si richiede, e che le riflessioni e i sistemi cadono a terra, se i fatti, a cui sono appoggiati, non hanno che fondamenti o rovinosi o incerti. Perciò prima di ogni altra cosa io mi sono studiato di scoprire la verità e le circostanze de’ fatti, e ne ho poscia tratte le riflessioni, che mi son sembrate opportune. E io ardisco di lusingarmi, che se alcuno, spogliando la mia Storia delle Cronologiche discussioni, e delle minute ricerche, nelle quali ho creduto che mi obbligasse a trattenermi più volte l’essere io il primo a rischiarare un sì ampio argomento, ne traesse solo la sostanza de’ fatti, e le conseguenze, che ne ho dedotte, e le generali considerazioni sullo stato della Letteratura, che quà e là ho sparse in più luoghi, verrebbe forse a formare quel filosofico quadro, che ad alcuni sembra mancare a quest’Opera. Ma checchè sia di ciò, io non mi arresterò a provar lungamente, che il metodo da me seguito sia il migliore. Io mi compiaccio di vederlo [p. vii modifica]palesemente approvato dall’universal favore degli eruditi Italiani, e quindi non potrò pentirmi giammai di averlo seguito. Altri, a cui ne sembri diversamente, si accinga all’impresa; e se l’Italia dimenticata la mia Storia, onorerà di più grata accoglienza il nuovo lavoro, non sarò io tragli ultimi a fargli applauso. Ma di apologie basti fin quì, e passiamo a vedere, qual metodo io abbia tenuto in questa nuova edizione.

Sono stato lungamente dubbioso, se io dovessi cambiare o rifondere, ove il bisogno lo richiedesse, diversi passi della mia Storia, o se lasciandoli, quali essi sono nella prima edizione, dovessi in piè di pagina aggiugner note, che o rischiarassero o correggessero i passi medesimi. Questo secondo metodo mi è sembrato per più ragioni il migliore; e singolarmente, perchè non ispiacerà forse a’ Lettori il vedere, come io abbia pensato in addietro, e quali ragioni mi abbiano poi condotto a cambiar sentimento. Egli è vero, che in questo modo vengo io stesso a palesare gli errori, ne’ quali io era caduto, e a farne una [p. viii modifica]pubblica confessione. Ma non è egli meglio l’accusare spontaneamente il suo fallo, che l’udirselo rinfacciare? Il testo dunque della Storia sarà comunemente lo stesso, che nella prima edizione, trattone allor quando il cambiamento sarà sì lieve, che sembri inutile l’indicarlo. Le notizie nuovamente scoperte, lo scioglimento de’ dubbj su qualche punto propostimi, la correzion degli errori, le ragioni, per le quali ho creduto talvolta di non dovere abbandonare l’antica mia opinione, benchè da altri impugnata, tutto ciò sarà nelle note a piè di pagina aggiunte. Quelle tra esse, che si vedranno segnate coll’asterisco, sono quelle medesime, che si leggono nelle Correzioni e nelle Giunte da me poste al fine della prima Edizione, e nella Edizion Romana collocate ciascheduna opportunamente a lor luogo. Le altre segnate con qualche lettera dell’alfabeto son quelle, che a questa nuova edizione ora si aggiungono. Talvolta però, ove l’ordine e la chiarezza mi è sembrato richiederlo, ho inserita nel testo medesimo qualche giunta, ma contrassegnandola e racchiudendola tra i segni„, [p. ix modifica]acciocchè si avverta, ch’essa manca nella prima edizione. Questo metodo avrà ancora il vantaggio, che restando separate per tal maniera tutte le non poche aggiunte fatte ora alla Storia, esse si ristamperanno poscia a parte insieme unite a vantaggio di quelli, che avendo acquistata alcuna delle prime edizioni, di mal grado soffrirebbono probabilmente o il rimaner privi delle notizie a questa ristampa aggiunte, o il doverle a troppo caro prezzo acquistare comprando ancora questa nuova edizione.

Dovrei ora indicare que’ dotti e cortesi uomini, che alla correzione e al miglioramento di questa mia Storia mi hanno i lor lumi somministrati. Ma molti ne ho già annoverati nella Prefazione premessa al Tomo IX. della prima edizione; e nel riprodurla, che farò poscia innanzi all’ultimo Tomo di questa ristampa, aggiugnerò quelli ancora, a’ quali debbo le molte nuove notizie, di cui ora l’ho accresciuta. Io conchiuderò frattanto questa Prefazione protestando la sincera mia riconoscenza agli eruditi Italiani, non solo perchè [p. x modifica]accolta hanno e favorita questa mia Opera, più ch’io non le credessi dovuto; ma ancora perchè il mio esempio sembra avergli animati ad illustrare e a difendere sempre più le glorie dell’Italiana Letteratura. E non debbo io compiacermi al vedere tanti e sì dotti Scrittori, i quali, ben conoscendo, che a me non era possibile il ricercare, e l’indicare ogni parte del vastissimo campo, ch’io avea preso a correre, quali una, quali altra parte ne hanno con assai maggior diligenza esaminata e illustrata? Quanti bei lumi non ci hanno dati, ristringendoci solo alle Opere, che a Storia Letteraria appartengono, le Opere del Sig. Soria e del Sig. Barbieri e del Sig. Napoli Signorelli sugli Storici e sui Filosofi e sulla Letteratura in generale del Regno di Napoli, e le Notizie degli Scrittori del Regno stesso, il cui primo Tomo pubblicato dal P. d’Afflitto ci fa con impazienza aspettare gli altri, gli Archiatri Pontificj del Sig. Ab. Marini, il Catalogo delle edizioni Romane del secolo XV. del P. Audifredi, gli Scrittori Bolognesi del G. Fantuzzi, i Bassanesi del Sig. Verci, gli Asolani di Mons. [p. xi modifica]Trieste, i Discorsi sulle Lettere e sulle Arti Mantovane del Sig. Ab. Bettinelli, gli Illustri Comaschi del C. Giovio, diverse opere del P. Ireneo Affò e del Sig. Barone Vernazza, gli Elogj degli Illustri Piemontesi, diversi ben ordinati ed eruditi Cataloghi di Biblioteche, come di quella di S. Michel di Murano del P. Ab. Mittarelli, delle Biblioteche Nani, Farsetti, e Pinelli del Sig. Ab. Morelli, di quella del C. di Firmian, e singolarmente della Laurenziana del Sig. Can. Bandini! Tutta in somma l’Italia pare ora ardentemente rivolta a tali studj, che forse in addietro eran troppo trascurati e negletti; e io mi riputerei felice, se potessi lusingarmi di avere in qualche modo contribuito ad accendere sì bella gara. Egli è vero, che questa nuova luce, di cui l’Italia per le fatiche di tanti valentuomini si è mostrata adorna, ha eccitato in alcuni stranieri quel sentimento, che avendo una medesima origine produce nondimeno secondo la diversità degli animi, in cui si risveglia, diversi effetti, e che negli uomini grandi è emulazione, ne’ piccioli è gelosia ed invidia, e si sono [p. xii modifica]perciò vedute nel sen dell’Italia uscire al pubblico alcune Opere, colle quali si è preteso di oscurarne o di diminuirne le glorie. Ma sono anche insorti alcuni tra più valorosi Italiani a difendere la comun patria. E io ancora, come ho fatto in addietro, così studierommi in questa nuova edizione di ribattere le loro accuse, e mi parrà di aver raccolto il più dolce frutto, che dalle mie fatiche sperar potessi, se mi verrà fatto di assicurare all’Italia il glorioso vanto, di cui sopra ogni altro si pregia, di Madre e Maestra delle Scienze e delle Arti.