Storia della geografia e delle scoperte geografiche (parte seconda)/Capitolo III/Geografia generale
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23. Geografia generale. — A complemento delle cose dette precedentemente, non sarà inutile esporre per ultimo le opinioni manifestate dai più illustri geografi arabi intorno alla disposizione delle masse continentali e delle acque oceaniche, ed ai più importanti fra gli argomenti che entrano nel dominio della geografia fisica generale.
Contrariamente a quanto asserivano gli scrittori dell’antichità classica, che altre masse continentali vi fossero, affatto distinte da quelle cui appartengono l’Europa, l’Asia e l’Africa, Edrisi crede che l’emisfero opposto al nostro sia tutto coperto dalle acque. Queste ultime costituiscono il gran mare ambiente, che circonda, come una zona continua, il mondo conosciuto, e dentro il quale la Terra galleggia come un uovo in una catinella d’acqua. La zona abitabile si estende, verso mezzodì, sino alla linea equinoziale, oltre la quale non vi sono nè piante nè animali, tutto essendo inabitabile a cagione del caldo. Nella direzione del nord la medesima zona non oltrepassa il 64° parallelo: al di là di questo non vi ha altro che ghiaccio e verno perpetuo.
Il geografo e cosmografo Dimeschqi o Semhs-Eddin (vedi pag. 54), ammetteva pure che l’emisfero meridionale fosse tutto occupato dalle acque, e spiegava questo fatto osservando che, siccome la Terra è più vicina al Sole quando questo astro ci appare nei segni meridionali dello zodiaco, le acque mobili soffrono, per parte del Sole stesso, una maggiore attrazione, e debbono pertanto accumularsi nell’emisfero terrestre corrispondente.
L’Oceano Atlantico era comunemente conosciuto dagli Arabi col nome di Mare Tenebroso (Bahr-el-mohallam), perchè, dice Edrisi, non si sa nulla di ciò che è al di là. «Nessuno difatti potè sapere alcun che di certo intorno a questo mare, per causa della difficile navigazione, della profonda oscurità e delle frequenti tempeste». Lo stesso nome, o meglio quello di «mare di tenebre profonde», si dava pure alla parte del mare ambiente che limita l’Asia nella direzione del nord-est. Dal mare esterno dipendono sei mari secondari, cioè il mare di Sin (mare della Cina), il mare di Fars (golfo Persico), il Mar Rosso o golfo Arabico, il Bahr-el-Scham o Mare di Siria (Mediterraneo), detto altrimenti Mare Damasceno o Bahr-el-Rum; il Ponto e l’Adriatico o Mare di Venezia. Vi ha poi un settimo mare, quello di Khozar (Mar Caspio), affatto distinto dall’Oceano.
Sulla salsedine del mare ecco come si esprime il già citato Dimeschqi: «Il mare è il bacino dei fiumi, il serbatoio dei ruscelli e delle pioggie, l’arena dei marinai, il mezzo di salute delle città e dei paesi; da esso provengono le perle ed i coralli, e l’acqua salata produce l’acqua dolce, della quale l’uomo gode maggiormente mangiando della carne fresca. Grazie all’acqua marina l’aria è salubre e favorevole alla costituzione dei corpi degli animali ed alla vita. Se invece fosse dolce, si corromperebbe e si guasterebbe coll’andar del tempo, l’aria diverrebbe infetta, e tutti gli esseri viventi scomparirebbero dalla faccia della Terra».
I cinque maggiori fiumi del mondo sono, secondo Ibn Batuta, il Nilo, l’Eufrate, il Tigri, il Sihun (Syrdaria), ed il Dijhun (Amudaria). Altri cinque possono essere paragonati a questi, cioè il Sindh (Indo) chiamato Penjab o cinque fiumi; il Gung (Gange), lo Jun (Giamna, affluente del Gange sulla riva destra), il fiume Athil (Volga) ed il Saro nella Tartaria sulle sponde del quale è la città di Khanbalik (Pe-King). Il Nilo vince però, di gran lunga, tutti gli altri fiumi per la dolcezza delle sue acque, per la lunghezza del corso, e per i vantaggi grandissimi che derivano dalle sue piene annuali. Esso è inoltre diretto dal mezzogiorno al settentrione, contrariamente a quanto succede per gli altri fiumi.
Poche osservazioni si trovano, nei geografi arabi, intorno alle forme verticali della superficie terrestre. Le più alte montagne non superano 16 mila cubiti (circa 8800 metri), e questa affermazione è perfettamente esatta, giacchè è noto che tale è l’altezza dell’Everest o Gaurisankar. Massudi dice però che la cima del Demavend è visibile alla distanza di 100 parasanghe (500 chilometri), dal che si dedurrebbe per quella montagna della Persia settentrionale la enorme altezza di 14 mila metri. Giustamente osserva Biruni (secolo XI) che i più importanti sollevamenti della superficie terrestre si sviluppano nella direzione generale da oriente ad occidente: così l’Asia Centrale, le catene del Turchestan, le montagne che formano il lembo settentrionale dell’altipiano iranico, le Alpi ed i Pirenei. Secondo Dimeschqi, tre sono i grandi sistemi orografici; le masse montagnose della Cina meridionale e del Tibet, dalle quali si diramano pure i sollevamenti del Dekhan, dell’Iran settentrionale e meridionale; una catena settentrionale che si innalza agli estremi lembi della Cina e si perde verso il mare delle Tenebre (mar polare asiatico); in fine le montagne della Luna in Africa, dalle quali dipendono il Gebel Mokattam nell’Egitto inferiore, le montagne che segnano il lembo occidentale dell’altipiano arabico, il Libano, il sistema del Tauro e persino il Caucaso.
Erano ben note ai geografi arabi le variazioni cui va continuamente soggetta, per diverse cagioni, la distribuzione delle terre e delle acque. Osserva Biruni che molte delle isole coralline che compongono gli arcipelaghi delle Maledive e delle Laccadive si abbassano sotto il livello del mare, mentre altre si innalzano al disopra di questo livello, di maniera che gli abitanti di quelle isole sono costretti a cangiare sovente di dimora. Le variazioni nelle linee costiere sono attribuite da Massudi all’azione delle meteore liquide, le quali, insieme coi fiumi, obbligano il mare a ritirarsi continuamente. Così l’Eufrate e il Tigri tendono, colle materie solide che essi trasportano, a colmare il lago di Fars, e nel corso di 300 anni la città di Hira, la quale prima era visitata da giunche cinesi e da navi indiane, fu convertita in una città interna. E il Bengala era altravolta, secondo Biruni, un golfo di mare che venne a poco a poco riempiuto dalle alluvioni del Gange: di fatti, se si scava il terreno in tre luoghi, l’uno nel corso superiore, l’altro nel corso medio, il terzo nel corso inferiore, si trovano a poca profondità grosse masse di pietra nel primo, piccoli ciottoli nel secondo, e minuta sabbia nel terzo.
Dei vulcani gli Arabi conoscevano il Demavend già accennato, la lunga serie vulcanica delle isole della Sonda, l’Etna, e il focolare delle isole Lipari, in cui lo Stromboli è descritto da Edrisi come quasi continuamente attivo, il che è perfettamente vero.