Storia della decadenza e rovina dell'Impero romano/Cenni sopra la vita di Edoardo Gibbon

Cenni sopra la vita di Edoardo Gibbon

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Cenni sopra la vita di Edoardo Gibbon
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CENNI SOPRA LA VITA

DI

EDOARDO GIBBON

L’istoria della Decadenza e Rovina dell'Impero di Roma viene generalmente collocata tra i più bei lavori della Musa dell’Istoria, illuminata dalla face della Filosofia. Zimmermann, nome caro a tutti i cuori gentili, diceva parlando di essa: “Tutta la dignità, tutto il diletto di cui è suscettivo lo stile dell’Istoria si trovano in Gibbon: tutti i suoi pensieri hanno nerbo ed ordine, ed i suoi periodi scorrono melodiosamente”. — “Io cercherò mai sempre la verità, esclamava Gibbon, finora non ho trovato che la verisimiglian/a 1”. Ed in fatto, se l’assenza delle passioni, la moderazione dei desideri, e quel medio stato di fortuna atto a reprimere le lusinghe dell’ambizione e il grido del bisogno, offrono l’idea dell’uomo sommamente acconcio all’imparzialità necessaria per dettare l’istoria, nessun uomo dovea più di Gibbon possedere le qualità di un istorico. [p. xx modifica]

Nato a Putney nella contea di Surrey li 27 Aprile 1737, da una famiglia a sufficienza antica, ma senza splendore, ei non poteva ritrarre da’ suoi antenati nè fama nè infamia 2. Le dissipazioni di suo padre avean ridotto ad una discreta misura le molte ricchezze adunate da suo avo, onde a lui ne tornava la necessità di adornare la vita con que’ nobili e pacifici trionfi che dall’ingegno son procurati. La vivacità della sua mente s’era manifestata fin dall’infanzia, negl’intervalli che a lui lasciavano una debole e vacillante salute, e le infermità che sino ai quindici anni lo afflissero. Al qual tempo la sua complessione afforzossi in un tratto, senza che di poi risentito egli abbia altro male, fuori della podagra. Trascurato da’ suoi educatori, Gibbon non andò obbligato che alla fertile sua memoria delle fondamenta del suo vasto sapere. Dotato di perspicacissimo spirito d’indagine, egli prese a comporre, di sedici anni, un’opera isteroca in cui volea determinare il secolo di Sesostri verso il tempo di Salomone. Datosi quindi alle controversie di religione, fu vinto dall’eloquenza degli scritti di Bossuet 3 ed abbiurò il protestantismo nelle mani di un prete cattolico in Londra. Cacciato dall’Università di Oxford per tal atto, e mandato da suo padre, che fieramente ne avea preso sdegno, a Losanna, presso il ministro pro[p. xxi modifica]testante Pavìllard, con assai meschina pensione, Gibbon si ricondusse alla religione riformata, o veramente non fu più in appresso nè cattolico nè protestante, ma bensì scettico come Bayle 4.

Il soggiorno di cinque anni in Losanna riuscì però assai favorevole allo spiegamento del suo intelletto. Le immense letture da lui fatte e intorno alle quali egli avea preso per divisa: Mai non dobbiam leggere, se non se per aiutarci a pensare 5 gli porsero i materiali di quella dottrina che con tanta sagacità e con tanto splendore egli seppe svolgere ed applicare in appresso. Con tutto ciò la calma dello studio non lo pose interamente al riparo delle perturbazioni della giovanezza. Egli vide a Losanna, ed amò la damigella Curchod, poscia Mad. Necker, ragguardevole pei fregi della persona, del cuore e dell’ingegno. Quest’amore fu quale provare il dovea un garzone d’onorati sensi per una virtuosa donzella, ed egli si rallegrava al sol pensarvi, fin nei suoi anni più tardi. Amendue inclinavano a tal nodo, ma il padre di Gibbon richiamollo in Inghilterra, e questi, sono le sue stesse parole, sospirò come amante, ma obbedì come figlio 6. Ei la rivide a Parigi nel 1763, sposa del celebre Necker, e ritrovò appresso lei, in tutti i tempi della sua vita, quella dolce intrinsichezza, con[p. xxii modifica] sequenza di un tenero ed onesto sentimento, cui la necessità e la ragione hanno potuto vincere, senza che di parte o d’altra vi fosse campo a rimproveri o ad amarezze.

Lo studio aveva sparso di fiori a Gibbon il soggiorno di Losanna: la sua immaginazione languiva in seno alle grandi città; la placid’aria de’ campi la ravvivava. Di ritorno in Londra, ci non ricercò che nello studio i suoi piaceri. Tre anni dopo il suo ritorno in Inghilterra, pubblicò in francese il Saggio sullo studio della Letteratura, opera lodevolmente scritta, e piena di eccellente critica: poco letta- in Inghilterra, essa piacque in Francia moltissimo 7.

Deliberato di dedicar la sua penna all’istoria, Gibbon ondeggiava fra diverse epoche, tutte egualmente importanti, quando un viaggio da lui fatto in Italia lo trasse in un subito dalla sua irresoluzione. „Egli è a Roma„, esso dice, che ragionando co’ miei pensieri, seduto sulle rovine del Campidoglio, mentre i frati cantavano vespro nel tempio di Giove, l’idea di delineare il declino e l’occaso di questa città venne per la prima volta ad occupar la mia mente„ 8.

Critico giudizioso e profondo, Gibbon passa a rassegna lutti i fatti, e supera tutti gl’inciampi. L’Istoria della decadenza e rovina dell’Impero di Roma valse a Gibbon gli elogj di Hu[p. xxiii modifica] me 9 e di Robertson, e gli assegnò non l’ultimo posto nel triumvirato degli storici inglesi.

Vent’anni di assiduo lavoro costò questa famosa Istoria al suo autore. Con affettuose tinte egli descrive il momento in cui l’ebbe finita.

„Fu il dì, o per meglio spiegarmi, la notte del 27 Giugno 1789, che nel mio giardino, nella mia villa d’estate, io scrissi le ultime linee dell’ultima pagina. Poscia ch’ebbi giù posta la penna, feci alcuni giri sotto un pergolato di acacie, d’onde lo sguardo si estende in lontano, e domina la campagna, il lago ed i monti. Temperato era l’aere ed il cielo sereno; l’argenteo globo della luna si rifletteva nell’onde, e tutta la natura posava in silenzio. Non occulterò i miei primi sensi di gioia, in quell’istante della mia libertà ricovrata, e forse della mia fama sodamente stabilita. Ma ben tosto fu umiliato il mio orgoglio, ed una pensosa malinconia mi si pose nell’animo, al riflettere che avea preso eterno commiato da un antico e grazioso compagno di viaggio, e che qualunque essere potesse il futuro durare della mia istoria, la precaria vita dello istorico più non poteva esser lunga.„

Da molte e gagliarde critiche venne però assalita quell’Opera che con tanti studj egli avea tratta a compimento. [p. xxiv modifica]

„Gibbon,„ dice la Biblioteca Istorica dì Muselio, dotto e laborioso Tedesco„ ha trovato nemici in patria e fuori di essa, perchè espose la propagazione della fede cristiana, non come suol fare il volgo, o come è usanza de’ teologi, ma bensì come si conviene allo storico ed al filosofo 10.„

Gibbon fu due volte deputato al Parlamento. Nel 1779 egli ottenne da’ ministri il posto di Lord commessarlo del commercio e dell’agricoltura, che perdè col cadere della famosa amministrazione di Bute. Egli applaudì da principio la rivoluzione francese; ma i delitti commessi in nome della libertà, o piuttosto i sentimenti di timore cui mal sapeva resistere, voltarono il suo animo, e desiderar gli fecero i trionfi della confederazione11. Egli viveva da dieci anni in Losanna, dimora ove ogni cosa gli tornava al pensiero le più grate memorie della sua gioventù, quando gli giunse a notizia che Lord Sheffield, suo dolcissimo amico, avea perduto una moglie diletta. Gibbon vola in Inghilterra per consolarlo, e sei mesi dopo scende nella tomba egli pure (16 gennajo 1794). Odoardo Gibbon ha lasciato le Memorie della sua Vita scritte da esso.


Note

  1. Car je rechercherai toujours la verité quoique je n’aye guères trouvé jusqu’ici que la vraisemblance. Memorie di Gibbon scritte da esso. NB. Sono costretto a citare la traduxìone francese di queste Memorie^ non avendo potuto procurarmene l’edizione inglese.
  2. Car je n’ai ni gloire ni honte à recueillir de mes ancêtres. Ivi.
  3. Les traductions anglaises de Bossuet evéque de Meaux, l’exposition de la doctrine catholique, et l’histoire des variatìona dea Protestans, achevèrent ma conversion: et certes, je fus renveré par un noble adversaire. Ivi.
  4. Je n’ai point à rougir que mon esprit si tendre encore se soit embarassé dans les pièges sophistiques dont n’ont pu se defendre les entendemens subtils et vigourenx d’un Chillìngworth et d’un Bayle, qui de la superstition se soni élevés ensuite au scepticisme. Ivi.
  5. Gibbon dice altrove che non permuterebbe l’invilcibil suo amore per la lettura, con tutti i tesori dell’India.
  6. Je la vis et j’aimai. Je la trouvai savante sans pédanterie, animée dans la conversation, pure dans ses sentimens, et élégante dans les manières. La première et soudaine émotion se fortifia par l’habitude et le rapprochement d’une connaissance plus familière. Elle me permit de lui faire deux ou trois visites chez son père. J’ai passé quelques jours heureux dans les montagnes de Franche-Comté. Ses parens encouragèrent honorablement ma recherche, Dans le calme de la retraite, les légères vanités de la jenuesse n’agitant plus son coeurdistrait, elle prêta l’oreille à la voix de la vérité et de la passion; et je puis me flatter de l’espérance d’avoir fait quelque impression sur un coeur vertueux. À Crassi, a Lausanne, je me livrai à l’illusion du bonheur: mais, à mon retour en Angleterre, je découvris bientôt que mon pêre ne voudrait jamaïs consentir k cette alliance, et que, sans son consentement, je serais abandonné et sans espérance. Après un combat pénible, je cédai à ma destinée. Je soupirai comme amant, j’obéis comme fils. Insensiblement, le tems, l’absence et l’habitude d’une nouvelle vie guérirent ma blessure. Ma guérison fut accélérée par un rapport fidèle de la tranquillité et de la gaieté de la demoiselle elle même; et mon amour se convertit peu-à-pen en amitié el en estime. Ivi.
  7. Tout considéré, je puis appliquer au premier fruit de ma plume, les paroles d’un artiste bien supérieur, passant en revue les premières productions de son pinceau, Après avoir examiné quelques portraits qu’il avait peint dans sa jeunesse, mon ami, Sir Josué Raynolds, convint avec moi, qu’il était plus humilié que flatté de la comparaison avec ses ouvrages actuels; et qu’après tant de tems et d’application, il s’était imaginé que ses progrès étaient beaucoup au-dessus de ce qu’il reconnaissait qu’ils etaient en effet. Ivi.
  8. C’est à Rome, un 15 octobre 1594, que révant, assis au milieu des ruines du capitòle, pendant que nus-pieds les moines chantaient vépres daus le temple de Jupiter, l’idée de tracer le déclin, et la chûte de cette ville, vint pour la première fois se saisir de mon esprit. Mais mou plan était borné d’abord à la decadence de la capitale plutôt qu’à celle de l’Empire; et quoique mes lectures et mes réflexions commençassent à se diriger vers cet object, quelques années s’ecoulérent, et bien des diversions survinrent, avant de m’engager sérieusement dans l’exécution de ce laborieux ouvrage
  9. Edimboug, le 18 mars 1776. Mon cher Monsieur, pendant que je suis encore à dévorer avec autant d’avidité que d’impatience votre volume historique, je ne puis résister au besoin de laisser percer quelque chose de cette impatience, en vous remerciant de votre agréable présent, et vous exprimant la satisfaction que votre ouvrage m’a fait éprouver. Soit que je considere la diguité de votre style, la profondeur de votre sujet, ou l’étendue de votre savoir, votre livre me parait également digne d’estime; et j’avoue que si je n’avais pas déjà joui du bonheur de votre connaissance personelle, un tel ouvrage dans notre sièole, de la part d’un Anglais, m’aurait donné quelque surprise. Vous pouvez en rire; mais comme il me parait que vos compatriotes se.sont livrés à-peu-près pour une génération entière, à une faction barbare et absurde, et ont totalement négligé tous les beaux arts, je ne m’attendais plus de leur part à aucune production estimable. Je suis sûr que vous aurez du plaisir comme j’en ai moi même à apprendre que tous les hommes de lettres de cette ville, se reunissent à admirer votre ouvrage et à désirer sa continuation avec sollicitude. Quand j’entendis parler de votre entreprise, il y a dejà quelque tems, j’avoue que je fus un peu curieux de voir comment vous vous tireriez du sujet de vos deux derniers chapitres (XV e XVI). Je trouve que vous avez observé un tempérament trés prudent, mais il était impossible de traiter ce sujet de manière à ne pas donner prise à des soupçons contre vous, et vous devez vous attendre que des clameurs s’éléveront. Si quelque chose peut retarder votre succès auprès du public, c’est cela; car à tout autre égard, votre ouvrage est fait pour réussir généralement. Mais parmi beaucoup d’autres sigres de décadence, la superstition, qui prevaut en Augleterre, annonce la chûte de la philosophie et la perte du goût, et quoiquepersonne ne soit plus capable de les faire revivre que vous, vous aurez probablement à votre début des combats à livrer. Je vois, ecc. ecc.

    Davin Hume,
    Ivi.

  10. Gibbonus adversarios cum in, tum extra patriam nactus est, quia propagationem religionis christianae; non, ut vulgo fieri solet, aut more theologorum, sed ut historicum et philosophum decet, exposuerat.
  11. L’ouvrage de Burke est le remède le plus admirable contre la contagion francaise qui a fait trop de progrès, même dans cet heureux pays. J’admire son éloquence, j’approuve sa politique, j’adore sa chevalerie, et il n’y a pas jusqu’à sa superstition que je lui passe. L’église primitive, que j’ai traitée avec un peu de liberté, fût elle-même à sa naissance une innovation, et je tenais à la vieille machine du paganisme.

    Lettere di Gibbon,
    Traduzione francese.