Storia d'Italia/Libro VI/Capitolo IX

Capitolo IX

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IX

Commercio de’ portoghesi coll’Oriente e danno derivatone a’ veneziani. Cristoforo Colombo e la scoperta delle nuove terre a occidente. Errori degli antichi rivelati dalle nuove scoperte.

Ma non aveva dato tanta molestia a’ viniziani la guerra de’ turchi quanta molestia e detrimento dette l’essere stato intercetto dal re di Portogallo il commercio delle spezierie, le quali i mercanti e i legni loro conducendo da Alessandria, cittá nobilissima, a Vinegia, spargevano con grandissimo guadagno per tutte le provincie della cristianitá. La quale cosa, essendo stata delle piú memorabili che da molti secoli in qua [p. 128 modifica]siano accadute nel mondo, e avendo, per il danno che ne ricevé la cittá di Vinegia, qualche connessitá con le cose italiane, non è al tutto fuora del proposito farne alquanto distesamente memoria.

Coloro i quali speculando, con ingegno e considerazioni maravigliose, il moto e la disposizione del cielo n’hanno dato notizia a’ posteri, figurorno che, per la rotonditá del cielo, discorra dall’occidente all’oriente una linea distante in ogni sua parte egualmente dal polo settentrionale e dal polo meridionale, detta da loro linea equinoziale perché quando il sole è sotto sono allora eguali il dí e la notte; la longitudine della quale linea divisono con la immaginazione in trecento sessanta parti, le quali chiamorono gradi; cosí come il circuito del cielo per mezzo de’ poli è medesimamente gradi trecento sessanta. Dietro alla norma data da questi, i cosmografi, misurando e dividendo la terra, figurorono in terra una linea equinoziale che cade perpendicolarmente sotto la linea celeste figurata dagli astrologi; dividendo similmente quella e il circuito della terra con una linea cadente perpendicolarmente sotto i poli, in latitudine di gradi trecento sessanta: di maniera che dal polo nostro al polo meridionale posono distanza di gradi cent’ottanta, e da ciascuno de’ poli alla linea equinoziale gradi novanta. Queste cose furono dette in generale da’ cosmografi. Ma quanto al particolare dell’abitato della terra, data quella notizia che aveano di una parte della terra che è sotto al nostro emisperio, si persuasono che quella parte della terra che è sotto alla torrida zona, figurata in cielo dagli astrologi (nella quale zona si contiene la linea equinoziale) come piú prossima al sole, fusse per la caliditá sua inabitabile, e che dal nostro emisperio non si potesse procedere alle terre che sono sotto la torrida zona né a quelle che di lá da essa verso il polo meridionale consistono; le quali Tolemeo, per confessione di tutti principe de’ cosmografi, chiamava terre e mari incogniti. Onde ed esso e gli altri presupposono che chi dal nostro emisperio volesse passare al seno arabico e al seno persico, o a quelle parti della India [p. 129 modifica]che prima feciono note agli uomini nostri le vittorie di Alessandro magno, fusse costretto andarvi o per terra, o approssimato che si fusse per il mare Mediterraneo quanto poteva a essi, fare per terra il rimanente del cammino. Queste opinioni e presuppositi essere stati falsi ha dimostrato a’ tempi nostri la navigazione de’ portogallesi. Perché avendo cominciato, giá molti anni sono, i re di Portogallo a costeggiare, per cupiditá di guadagni mercantili, l’Africa, e condottisi a poco a poco insino all’isole del Cavoverde dette dagli antichi, secondo l’opinione di molti, l’isole [Esperide], e che sono gradi [quattordici distanti dallo equinoziale verso il polo artico], preso di mano in mano maggiore animo, venuti con lungo circuito navigando verso il mezzodí al capo di Buona Speranza, promontorio piú distante che alcun altro della Affrica dalla linea equinoziale, e il quale dista da quello gradi [trentotto], e da quello volgendosi allo oriente, hanno navigato per l’oceano insino al seno arabico e al seno persico; ne’ quali luoghi i mercatanti di Alessandria solevano comperare le spezierie, parte nate quivi ma che la maggiore parte vi sono condotte da [le isole Molucche] e altre parti della India, e di poi per terra, per cammino lungo e pieno di incomoditá e di molte spese, condurle in Alessandria, e quivi venderle a’ mercatanti viniziani; i quali condottele a Vinegia ne fornivano tutta la cristianitá, ritornandone loro grandissimi guadagni: perché avendo soli in mano le spezierie costituivano i prezzi ad arbitrio loro, e co’ medesimi legni co’ quali le levavano di Alessandria vi conducevano moltissime mercatanzie, e i medesimi legni i quali portavano in Francia in Fiandra in Inghilterra e negli altri luoghi le spezierie tornavano medesimamente a Vinegia carichi di altre mercatanzie: la quale negoziazione augumentava medesimamente molto l’entrate della republica, per le gabelle e passaggi. Ma i portogallesi, condottisi per mare da Lisbona, cittá regia di Portogallo, in quelle parti remote, e fatto amicizia nel seno persico co’ re di Caligut e di altre terre vicine, e dipoi di mano in mano penetrati ne’ luoghi piú intimi e edificate in progresso di tempo fortezze ne’ luoghi opportuni, [p. 130 modifica]e con alcune cittá del paese confederatisi altre fattesi con l’armi suddite, hanno trasferito in sé quel commercio di comperare le spezierie che prima solevano avere i mercatanti di Alessandria; e conducendole per mare in Portogallo le mandano poi, eziandio per mare, in quegli luoghi medesimi ne’ quali le mandavano prima i viniziani. Navigazione certamente maravigliosa e di spazio di miglia [sedicimila], per mari al tutto incogniti, sotto altre stelle sotto altri cieli; con altri instrumenti, perché passata la linea equinoziale non hanno piú per guida la tramontana, e rimangono privati dell’uso della calamita; né potendo per tanto cammino toccare se non a terre non conosciute, diverse di lingua di religione e di costumi, e del tutto barbare e inimicissime de’ forestieri: e nondimeno, non ostante tante difficoltá, s’hanno fatta in progresso di tempo questa navigazione tanto familiare che, ove prima consumavano a condurvisi [dieci] mesi di tempo, la finiscono oggi comunemente, con pericoli molto minori, in [sei] mesi.

Ma piú maravigliosa ancora è stata la navigazione degli spagnuoli, cominciata l’anno mille quattrocento novanta..., per invenzione di Cristoforo Colombo genovese. Il quale, avendo molte volte navigato per il mare Oceano, e congetturando per l’osservazione di certi venti quel che poi veramente gli succedette, impetrati dai re di Spagna certi legni e navigando verso l’occidente, scoperse, in capo di [trentatré] dí, nell’ultime estremitá del nostro emisperio, alcune isole, delle quali prima niuna notizia s’aveva; felici per il sito del cielo per la fertilitá della terra e perché, da certe popolazioni fierissime infuora che si cibano de’ corpi umani, quasi tutti gli abitatori, semplicissimi di costumi e contenti di quel che produce la benignitá della natura, non sono tormentati né da avarizia né da ambizione; ma infelicissime perché, non avendo gli uomini né certa religione né notizia di lettere, non perizia di artifici non armi non arte di guerra non scienza non esperienza alcuna delle cose, sono, quasi non altrimenti che animali mansueti, facilissima preda di chiunque gli assalta. [p. 131 modifica]Onde allettati gli spagnuoli dalla facilitá dell’occuparle e dalla ricchezza della preda, perché in esse sono state trovate vene abbondantissime d’oro, cominciorno molti di loro come in domicilio proprio ad abitarvi. E penetrato Cristoforo Colombo piú oltre, e dopo lui Amerigo Vespucci fiorentino e successivamente molti altri, hanno scoperte altre isole e grandissimi paesi di terra ferma; e in alcuni di essi, benché in quasi tutti il contrario e nell’edificare publicamente e privatamente, e nel vestire e nel conversare, costumi e pulitezza civile, ma tutte genti imbelli e facili a essere predate: ma tanto spazio di paesi nuovi che sono ‑ senza comparazione maggiore spazio che l’abitato che prima era a notizia nostra. Ne’ quali distendendosi con nuove genti e con nuove navigazioni gli spagnuoli, e ora cavando oro e argento delle vene che sono in molti luoghi e dell’arene de’ fiumi, ora comperandone per prezzo di cose vilissime dagli abitatori, ora rubando il giá accumulato, n’hanno condotto nella Spagna infinita quantitá; navigandovi privatamente, benché con licenza del re e a spese proprie, molti, ma dandone ciascuno al re la quinta parte di tutto quello che o cavava o altrimenti gli perveniva nelle mani. Anzi è proceduto tanto oltre l’ardire degli spagnuoli che alcune navi, essendosi distese verso il mezzodí [cinquantatré] gradi sempre lungo la costa di terra ferma, e dipoi entrati in uno stretto mare e da quello per amplissimo pelago navigando nello oriente, e dipoi ritornando per la navigazione che fanno i portogallesi, hanno, come apparisce manifestissimamente, circuito tutta la terra. Degni, e i portogallesi e gli spagnuoli e precipuamente Colombo, inventore di questa piú maravigliosa e piú pericolosa navigazione, che con eterne laudi sia celebrata la perizia la industria l’ardire la vigilanza e le fatiche loro, per le quali è venuta al secolo nostro notizia di cose tanto grandi e tanto inopinate. Ma piú degno di essere celebrato il proposito loro se a tanti pericoli e fatiche gli avesse indotti non la sete immoderata dell’oro e delle ricchezze ma la cupiditá o di dare a se stessi e agli altri questa notizia o di propagare la fede cristiana: benché questo sia in qualche [p. 132 modifica]parte proceduto per conseguenza, perché in molti luoghi sono stati convertiti alla nostra religione gli abitatori.

Per queste navigazioni si è manifestato essersi nella cognizione della terra ingannati in molte cose gli antichi. Passarsi oltre alla linea equinoziale, abitarsi sotto la torrida zona; come medesimamente, contro all’opinione loro, si è per navigazione di altri compreso, abitarsi sotto le zone propinque a’ poli, sotto le quali affermavano non potersi abitare per i freddi immoderati, rispetto al sito del cielo tanto remoto dal corso del sole. Èssi manifestato quel che alcuni degli antichi credevano, altri riprendevano, che sotto i nostri piedi sono altri abitatori, detti da loro gli antipodi. Né solo ha questa navigazione confuso molte cose affermate dagli scrittori delle cose terrene, ma dato, oltre a ciò, qualche anzietá agli interpreti della scrittura sacra, soliti a interpretare che quel versicolo del salmo, che contiene che in tutta la terra uscí il suono loro e ne’ confini del mondo le parole loro, significasse che la fede di Cristo fusse, per la bocca degli apostoli, penetrata per tutto il mondo: interpretazione aliena dalla veritá, perché non apparendo notizia alcuna di queste terre, né trovandosi segno o reliquia alcuna della nostra fede, è indegno di essere creduto o che la fede di Cristo vi sia stata innanzi a questi tempi o che questa parte sí vasta del mondo sia mai piú stata scoperta o trovata da uomini del nostro emisperio.