Novella del Grasso legnajuolo: differenze tra le versioni

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''Filippo di ser Brunellesco dà a vedere al Grasso legnaiuolo, ch’egli sia diventato uno che ha nome Matteo. Egli sel crede: è messo in prigione, dove vari casi gl’ interviene. Poi di quindi tratto, a casa di due frategli è da un prete visitato. Ultimamente se ne va in Ungheria.''
 
Nella città di Firenze, e negli anni di Cristo M.CCCC. IX. come è usanza, trovandosi una domenica sera a cena una brigata di giovani in casa d’un gentiluomo di Firenze, il cui nome fu Tommaso de’ Pecori, persona onorevole, e da bene, e sollazzevole, e che volentieri si trovava in brigata; ed avendo cenato, standosi al fuoco, e ragionando di molte cose, come in tali luoghi tra’ compagni avviene, disse un di loro: deh che vuol dire, che sta sera non ci è voluto venir Manetto Ammannatini, e tutti glie l’abbiamo detto, e non abbiamo potuto conducercelo? Il detto Manetto era, ed è ancora une che fa le tarsie, e stava a bottega in su la piazza di san Giovanni, ed era tenuto buonissimo maestro di dette tarsie, e di fare ordigni da tavole di donne; ed era piacevolissima persona, e di natura più tosto bonario, che no, e d’età d’anni xxviii; e perchè egli era compresso e grande, era chiamate il Grasso, e sempre era usato trovarsi con questa brigata di sopra nominata, i quali tutti erano di natura sollazzevole, e che si davano insieme buon tempo. Il quale o per altre faccende, o pur per bizzarria, che spesse volte ne sentiva, o che se ne fosse la cagione, quella sera, essendogli più volte detto, mai volle acconsentir d’andarvi, Il perchè ragionando costoro insieme, e pensando che di ciò fosse cagione, e non sapendo vederla, conchiusono tutti d’accordo, che da altro che da bizzarria non fosse proceduto; e di questo tenendosi un poco scornati, disse quello che cominciato avea le parole: deh perchè non facciamo noi a lui qualche trappola, acciocché non s’avvezzi per sue bizzarrie a lasciarci? A cui uno degli altri rispose: che gli potremo noi fare, se non fargli pagare una cena, o simili zacchere? Era tra questa brigata, che cenato aveano insieme, uno, il quale avea noma Filippo di ser Brunellesco, il quale per la sua virtù, credo che fosse, e sia conosciuto. Costui era molto uso col Grasso, e molto sapea di sua condizione. Il perchè stato alquanto sopra se, eseco medesimo fantasticando, che sottile ingegno avea, cominciò a dire: brigata, se noi vogliamo, e’ mi dà il cuore, oheche noi faremo al Grasso una bella beffa, tale, che noi n’arremo ancora grandissimo piacere; e quello che mi par da fare, si è, che noi gli diamo a credere, che e’ sia di se medesimo trasmutato in un altro, e che non sia più il Grasso, ma sia divenuto un altro uomo. A cui i compagni risposero, questo non esser possibile a fare. A’ quali Filippo, assegnate sue ragioni ed argomenti, come quello che era di sottile ingegno, per quelle mostrò loro questo potersi fare. E rimasi insieme d’accordo de’ modi e dell’ordine, che ciascuno tener dovesse in dargli a credere, che fosse uno che avea nome Matteo, ch’era di lor compagnia, il primo cominciamento fu la seguente sera in questa forma, che Filippo di ser Brunellesco più domestico del Grasso, che niuno degli altri, in su l’ora che è usanza di serrar la botteghe degli artefici, sen’andò alla bottega del Grasso, e quivi stato un pezzo ragionando, venne, come era dato l’ordine, un fanciullo molto in fretta, e domandò: usa qui Filippo di ser Brunellesco? e sarebbeci? A cui Filippo fattosi incontro, disse di sì, e che era desso egli, e domandoli quello che andava cercando. A cui il fanciullo rispose: e vi conviene venir testé infino a casa vostra, e là cagione si è, che da due ore in qua è venuto un grande accidente a vostra madre , ed è quasi che morta; sicché venite tosto. Filippo, fatto vista di avere di questo caso gran dolore, disse: Iddio m’aiuti, e dal Grasso prese licenza. Il Grasso, come suo amico, disse: i’ vo’ venir teco se bisognasse fare alcuna cosa; questi sono casi che non si vogliono risparmiare gli amici. Filippo lo ringraziò, e disse: io non voglio per ora tu venghi, ma se nulla bisognerà, te ’l manderò a dire.
 
Partito Filippo, e sembiante faccendo d’andare a casa, data una volta, sen’andò a casa il Grasso, la quale era dinanzi dalla Chiesa di Santa Reparata; ed aperto l’uscio con un coltellino, come colui che ben sapeva il modo, e n’andò in casa, e serrossi dentro col chiavistello per modo, che persona entrar non vi potesse. Aveva il Grasso madre, la quale di quei dì era andata in Polverosa ad un suo podere per fare bucato, e dovea tornare di dì in dì. Il Grasso, serrato ch’ebbe la bottega, andato parecchie volte su giù in su per la piazza di san Giovanni, come era usato di fare, avendo tuttavia il capo, a Filippo, e compassione della madre, ed essendo un’ora di notte, disse infra se: oggimai Filippo non arà bisogno di me, poiché non ha mandato per me. E deliberato andarsene in casa, ed all’uscio giunto, che saliva due scaglioni, volle aprire, come usato era di fare; e provato più volte, e non potendo, s’avvide l’uscio essere serrato d’entro; il perchè, picchiando, disse:chi è su? apritemi; avvisandosi, che la madre fosse tornata di villa, e avesse serrato l’uscio d’entro per qualche rispetto, o che ella non se ne fosse avveduta. Filippo, che dentro era, fattosi in capo di scala, disse: chi è giù? contrafaccendo la voce del Grasso. A cui il Grasso disse: apritemi. Filippo finse, che chi picchiasse fosse quel Matteo, che voleano dare ad intendere al Grasso, ch’e’ fosse divenuto; e faccendo vista d’essere il Grasso, disse: deh Matteo, vatti con Dio, che io ho briga assai, che dianzi essendo Filippo di ser Brunellesco a bottega mia, gli fu venuto a dire, come la madre da poche ore in qua stava in caso di morte, il perchè io ho la mala sera. E rivoltosi indietro, finse di dire a mona Giovanna ( che così avea nome la madre del Grasso ) fate che io ceni, perocché il vostro è gran vituperio, che è due dì che voi dovevate tornare, e tornate pur testé di notte. E così disse parecchi parole rimbrettose, contrafaccendo tuttavia la voce del Grasso.